Oggi la Chiesa Universale fa memoria di un povero indio nato all’incirca nel 1474 in Messico, il suo nome azteco era Cuauhtlatoatzin, che significava “colui che parla come un’aquila”; Juan Diego era un piccolo coltivatore, quindi il suo ruolo era pari a niente in una società complessa e molto gerarchizzata come quella azteca. All’arrivo degli spagnoli fu uno dei primi a ricevere il Battesimo, che gli fu amministrato nel 1524, insieme alla moglie Malintzin, che prese il nome di Maria Lucia, mentre il nuovo nome cristiano di Cuauhtlatoatzin, fu appunto Juan Diego; si distinse fin da subito per lo zelo e la sollecitudine con cui affrontò la nuova religione, tanto che praticamente ogni giorno si sobbarcava molte ore di cammino per raggiungere i francescani a Santiagodi Tlatelolco, dove si tenevano delle lezioni di Catechismo. Nel 1528 Juan Diego rimase vedovo ed il triste avvenimento lo avvicinò ancora di più a Dio, oramai si ... ... dedicava esclusivamente al lavoro nei campi, al Catechismo e alla Messa; ma dopo il tragico evento, un meraviglioso miracolo stava per cambiare per sempre la vita del povero contadino e di tutti fedeli sudamericani. La mattina del 9 Dicembre del 1531 Juan Diego stava attraversando la collina del Tepeyac, quando udì un canto armonioso ed ebbe la visione di una Donna che lo chiamava per nome dicendogli “sono la perfetta sempre Vergine Maria, la Madre del Verissimo ed unico Dio”; Juan Diego corre subito ad avvisare il Vescovo, come gli chiese la Donna, ma non fu creduto. Tornando a casa, l’indio incontra nuovamente la Vergine, a cui riferisce l’insuccesso della sua missione e chiede di esserne esonerato, ma la Donna gli ordina di tornare dal Vescovo il giorno successivo, per riferirgli dell’apparizione, in cambio lui chiede un segno inconfondibile da parte della Madonna e Lei promette di darne uno unico e grandioso; ma il giorno successivo uno zio di Juan Diego seriamente malato è moribondo e lui non può recarsi dal Vescovo, perché nel frattempo deve cercare un sacerdote per portare il Viatico allo zio. Lui cambia strada e cerca di evitare la Madonna, ma Lei gli si presenta in un altro luogo e Juan Diego si deve scusare per non aver potuto compiere la missione, la Signora lo rassicura e nel frattempo lo zio è già miracolosamente guarito; la Madonna lo invita a salire sulla sommità del Tepeyac per cogliere dei fiori bellissimi, i cosiddetti “fiori di Castiglia”, è il 12 Dicembre, cioè il solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora in vigore, quindi non è né la stagione, né il luogo dove si possono trovare fiori tanto delicati. Juan Diego ne raccoglie un mazzo e li porta in omaggio alla Signora, ma Lei chiede di recapitarli al Vescovo, come prova della sua apparizione; lui obbedisce e tiene il mazzo al riparo dal freddo, dentro al suo mantello, quindi al cospetto del Vescovo apre la cappa, dove all’improvviso si imprime l’immagine della Santa Vergine, davanti a quel prodigio il Vescovo cade in ginocchio, insieme a tutti i presenti. La mattina successiva Juan Diego accompagna il Vescovo sul luogo dell’apparizione, dove la Madonna chiese che Le venga innalzato un tempio; nel frattempo l’immagine diventa oggetto di devozione per milioni di fedeli e viene conservata ancora incorrotta come allora. Il Vescovo Zumarraga fa erigere un cappella in onore della Madonna di Guadalupe e a fianco ad essa costruisce una piccola abitazione, dove Juan Diego vive in orazione per 17 anni; la morte lo coglie nel 1548 a 74 anni, intanto la sua fama di santità aveva già fatto il giro del mondo. Bisogna attendere però oltre quattro secoli per dare avvio alla causa di beatificazione, nel 1984 partì l’iter ecclesiastico e con il decreto “Exaltavit humiles” del 6 Maggio 1990, PapaGiovanni Paolo II beatifica Juan Diego; lo stesso Pontefice lo innalza agli onori degli altari nel 2002. Emanuele |
Spunti – ottobre 2002 (Pag. 8 a 12)
La Madonna di Guadalupe: pietra angolare della cristianità americana
Un nuovo mondo nato dalla comune fede cattolica
Nonostante qui da noi non sia stato sottolineato col dovuto rilievo, sulla strada del Santuario della Madonna di Guadalupe il 31 luglio scorso Giovanni Paolo II è stato salutato da una tra le folle più imponenti del suo pontificato: tre milioni di persone lo hanno acclamato mentre si recava alla cerimonia di canonizzazione del veggente di Guadalupe, l’indio Juan Diego. Le pretestuose notizie giornalistiche sul supposto carattere leggendario della figura di Juan Diego non hanno certo ostacolato questa imponente manifestazione di fede.
Le apparizioni di Guadalupe costituiscono uno degli avvenimenti più importanti della storia. E’ lì infatti che nasce la grande opera di conversione dei popoli americani, l’evento che ha permesso a diversi Papi di affermare che l’America è il “continente della speranza”. Uno scontro di civiltà in atto fino al 9 dicembre 1531, si risolve prodigiosamente nella fioritura di un nuovo mondo che ha le sue radici nella fede cattolica.
Scrive uno studioso, il sac. Fidel González Fernández: “Due mondi, due visioni religiose e culturali umanamente inconciliabili, inoltre la violenza anche fisica dello scontro, eliminava ogni possibile ponte tra i due mondi ed escludeva ogni immaginabile conciliazione. Ciò nonostante, si incontrarono e si riconciliarono. Quelle circostanze rendevano semplicemente impossibile la conversione dei popoli indigeni: eppure nessuno può negare che si convertirono. L’immagine stampata nel mantello dell’indio Juan Diego Cuauhtlatoatzin continua a rimanere nel suo posto e certi aspetti della sua composizione e conservazione continuano a rappresentare ancora una sfida. A ciò si riferisce l’Arcivescovo di Città del Messico quando si domanda: ‘Come potremmo noi esistere se il suo materno amore (della Madonna) non avesse riconciliato ed eliminato l’antagonismo tra i nostri padri spagnoli ed indigeni? Come avrebbero potuto i nostri antenati accettare Cristo, se Lei non avesse completato quello che a loro predicavano i missionari, spiegando in forma magistralmente adatta alla loro mente e cultura?” (1).
Infatti, come continua a spiegare Padre González Fernández, “Il Verbo Incarnato si fece presente attraverso cristiani itineranti e missionari, nonostante le loro deficienze” (2). Sì, perché entrambe le visioni religiose del mondo erano radicalmente diverse: quella degli spagnoli, nonostante già corrosa dall’umanesimo neopagano allora predominante in Europa, era ancora largamente permeata dal Vangelo di Gesù Cristo, unico Dio e Salvatore degli uomini, ed era questa la buona novella predicata dai molti missionari saliti con i conquistadores sulle navi. Quella degli aborigeni invece era una religione politeista, il cui culto principale era il sacrificio umano, praticato su vasta scala dagli aztechi ai danni dei popoli vinti e concepito come l’unico modo di mantenere la pace cosmica. Nonostante l’oggettivo orrore ed errore di questa visione, assieme a una quantità di falsi miti gli indios avevano alcuni interessanti elementi spirituali. Il cronista spagnolo all’epoca dei fatti guadalupani, Fra’ Bernardino di Sahagún, ci dice che si esprimevano in “metafore bellissime” e con un “linguaggio molto tenero e amoroso dalle mille inflessioni e infioriture” (3). Questo linguaggio fa uso abbondante di “immagini di fiori, canti di uccelli di delicate piume e di molteplici colori, il sussurrare dei venti e l’arcobaleno” (4), per esprimere un desiderio di verità e felicità infinite che superassero le contraddizioni e frustrazioni della situazione terrena. Nostra Signora a Guadalupe viene incontro a questa mentalità, e rivela loro la vera fede facendo largo uso di questi elementi. “Da qui l’importanza che ha per la mentalità indigena il fatto che precisamente con i ‘fiori e i canti’ si verifichi l’apparizione del Tepeyac . Fu la risposta percepita a questo antico grido dove il desiderio dell’impossibile trova chi gli risponde concretamente (…) qualcosa che arrivò improvvisamente, ‘da fuori’ e che cambiò gli atteggiamenti degli indios. (...) Il risultato è stata la nascita di un popolo che ha nelle sue vene la gloria e i dolori del sangue di tutti e due. Il miracolo guadalupano riconciliò Indios e Spagnoli” (5).
Il 9 dicembre 1531
Cosa fu questo qualcosa venuto da “fuori”, questo miracolo guadalupano? Lasciamo che a raccontarcelo sia il postulatore della causa di canonizzazione di Juan Diego, il sacerdote Eduardo Chávez Sánchez, che prende spunto dal Nican Mopohua, scritto dall’indigeno Antonio Valeriano dopo averne sentita la narrazione dallo stesso veggente.
“Juan Diego Cuahtlatoatzin (nome indigeno che significa ‘aquila che parla’) fu il testimone delle Apparizioni di Guadalupe, che ebbero luogo dal 9 al 12 dicembre 1531 (…). (Egli) nacque verso l’anno 1474, a Cuauhtitlán, nel quartiere di Tlayácac, regione che apparteneva al regno di Texcoco. Fu battezzato dai primi francescani, attorno all’anno 1524, all’età di 48 anni.
Al tempo delle apparizioni, Juan Diego era un uomo maturo di circa 57 anni, vedovo da appena due anni, poiché sua moglie Maria Lucía era morta nel 1529. Juan Diego era molto pio, il sabato e la domenica si recava sempre a Tlatelolco, un quartiere di città del Messico, dove non vi era ancora un convento ma una cosidetta ‘doctrina’, dove si celebrava la Santa Messa e si conoscevano ‘le cose di Dio che insegnavano i suoi amati sacerdoti’. A tal fine, doveva partire molto presto dal paese di Tulpetlac, dove in quel momento viveva, e camminare verso sud fino a costeggiare la collina del Tepeyac.
Sabato 9 dicembre 1531 fu un giorno molto speciale: nel fiancheggiare la collina del Tepeyac, infatti, si accorse cha da essa proveniva un meraviglioso canto e una dolce voce lo chiamava dall’alto: ‘Juanito, Juan Dieguito’.
Giunto sulla cima della collina, incontrò una bella Donzella che era lì in piedi, avvolta in un vestito splendente come il sole. Parlando in perfetto náhuatl, si presentò come la Madre di Ométeotl, dell’unico Dio di tutti i tempi e di tutti i popoli, la cui volontà era che si edificasse un tempio in quel luogo per poter offrire tutto il suo amore a ogni essere umano.
Gli chiese quindi di essere il suo messaggero e di comunicare la sua volontà al Vescovo. (…) Juan Diego si rivolse al vescovo, Juan de Zumárraga, e dopo una lunga e paziente attesa, gli comunicò ciò che aveva ammirato, contemplato e ascoltato, e gli ripeté puntualmente il messaggio della Signora del Cielo, la Madre di Dio, che lo aveva inviato, e la sua volontà che le venisse eretto un tempio affinché potesse donare da lì tutto il suo amore.
Il Vescovo ascoltò l’indio, non sapendo se credere alla sue parole e riflettendo su quello strano messaggio.
Juan Diego tornò sulla collina dinanzi alla Signora del Cielo e le raccontò come era andato l’incontro con il capo della Chiesa a Città del Messico.
Juan Diego aveva capito che il Vescovo pensava che gli stesse mentendo o che stesse fantasticando.
Disse allora con tutta umiltà alla Signora del Cielo che forse sarebbe stato meglio inviare qualche nobile o qualche persona importante, visto che lui era un uomo dei campi, un semplice facchino, una persona comune senza importanza, e con tutta semplicità affermò: ‘Vergine mia, figlia mia più piccola, Signora, Bambina, per favore dispensami: affliggerò con pena il tuo volto, il tuo cuore; cadrò nel tuo sdegno, nel tuo disgusto, Signora Padrona mia’.
La Regina del Cielo ascoltò con tenerezza e bontà, ma gli rispose con fermezza: ‘Ascolta, più piccolo dei miei figli, sii certo che non sono scarsi i miei servitori, i miei messaggeri, quanti potrei incaricare di portare il mio incoraggiamento, la mia parola, perché compiano la mia volontà: pero è necessario che tu, personalmente, vada, preghi, che per la tua intercessione si realizzi, si metta in pratica il mio volere, la mia volontà. Molto ti prego, figlio mio minore, e con rigore ti chiedo di andare un’altra volta domani a vedere il Vescovo. Da parte mia fagli sapere, fagli udire il mio volere, la mia volontà, affinché realizzi, faccia il tempio che io gli chiedo. Ebbene, digli nuovamente come io, personalmente, la sempre Vergine Santa Maria, che sono la Madre di Dio, ti invio’.
Il giorno dopo Juan Diego tornò dal Vescovo per portargli nuovamente il messaggio della Vergine e questi gli chiese un segno che lo confermasse. Juan Diego nel tornare abbattuto a casa sua, trovò suo zio gravemente ammalato, il quale, dinanzi all’imminente morte, chiese a suo nipote di andare a Città del Messico per cercare un sacerdote che gli offrisse l’ultimo soccorso.
“Non sono qui io, che sono tua Madre?”
Così il 12 dicembre, di mattina presto, Juan Diego si affrettò verso il convento dei francescani a Tlatelolco, ma nei pressi del luogo dove aveva incontrato la bella Donzella, pensò ingenuamente che era meglio deviare i suoi passi e seguire un altro cammino, aggirando la collina del Tepeyac dalla parte orientale per non incontrarla e potere quindi giungere al più presto possibile al convento di Tlatelolco; poi sarebbe potuto tornare dalla Signora del Cielo per compiere la sua volontà portando il suo segnale al Vescovo.
Maria Santissima però gli andò incontro e gli disse: ‘Cosa succede al più piccolo dei miei figli? Dove vai, dove ti dirigi?’ L’indio restò sorpreso, confuso, timoroso, e le comunicò turbato le pena che portava nel cuore: suo zio stava per morire e lui doveva trovare un sacerdote che lo soccorresse. Maria Santissima ascoltò il pretesto dell’indio con espressione tranquilla: comprese perfettamente il momento di grande angoscia, tristezza e preoccupazione che Juan Diego viveva.
Fu proprio allora che la Madre di Dio gli rivolse le parole più belle, che penetrarono nel più profondo del suo essere: ‘Ascolta, mettilo nel tuo cuore, figlio mio minore, che non è nulla ciò che ti spaventa, che ti affligge; che non si turbi il tuo volto, il tuo cuore; non temere questa malattia, né altra malattia, né altro dolore pungente. Non sono qui io, che sono tua madre? Non sei sotto la mia ombra e protezione? Non sono io la fonte della tua gioia? Non sei sotto le pieghe del mio mantello, nel mio abbraccio? Hai forse bisogno di qualche altra cosa?’
E la Signora del Cielo lo rassicurò: ‘Che nessun’altra cosa ti affligga, ti turbi; che non ti opprima con dolore la malattia di tuo zio, perché per ora non morirà. Sii certo che già sta bene’. Effettivamente il quel preciso momento Maria Santissima ridiede allo zio Juan Bernardino la salute, come Juan Diego avrebbe saputo più tardi.
Il segno del Cielo che porterai al Vescovo
L’indio credette fermamente in ciò che gli aveva assicurato Maria Santissima, Regina del Cielo, per cui, consolato e deciso, la supplicò immediatamente di inviarlo a vedere il Vescovo, per presentargli la prova, affinché credesse nel suo messaggio.
La Vergine Santissima gli ordinò di salire sulla cima della collina, dove si erano incontrati la prima volta, e gli disse: ‘Lì vedrai che vi sono diversi fiori; tagliali, riuniscili, mettili tutti insieme, poi scendi e portali qui, davanti me’. Juan Diego salì immediatamente sulla cima della collina, nonostante sapesse che in quel luogo non vi erano fiori, poiché era arido e pieno di rocce, e vi erano solo cardi selvatici, fichi d’india, mezquites e spine . Inoltre faceva molto freddo, era tutto gelato.
Giunto sulla cima, rimase però stupito poiché dinanzi a sé vi era un bel giardino pieno di fiori, diversi, freschi, coperti di rugiada, che diffondevano un profumo dolcissimo. Iniziò allora a tagliare tutti i fiori che poteva contenere la sua tilma (il mantello). Scese poi dalla collina per deporre il suo bel carico dinanzi alla Signora del Cielo.
Maria Santissima prese fra le sue mani i fiori e poi li mise nuovamente nel mantello di Juan Diego dicendogli: ‘Mio figlio minore, questi fiori sono la prova, il segnale che porterai al Vescovo; da parte mia digli che veda in essi il mio desiderio, e che per questo realizzi il mio volere, la mia volontà; e tu…, tu che sei il mio messaggero… in te ripongo assolutamente la mia fiducia’.
Al termine di una lunga attesa, Juan Diego si ritrovò dinanzi al Vescovo, che dopo averlo ascoltato comprese che aveva con sé la prova per convincerlo a realizzare ciò che la Vergine chiedeva attraverso l’umile indio. In quel momento Juan Diego consegnò il segno di Maria Santissima aprendo il suo mantello, da cui caddero i preziosi fiori; su di esso era ammirevolmente dipinta l’immagine di Maria Santissima, come si vede oggigiorno, conservata nella sua casa sacra.
Il Vescovo Zumárraga, la sua famiglia e i servitori che lo circondavano, provarono una grande emozione, non potevano credere a quanto i loro occhi contemplavano: una bellissima immagine della Vergine, la Madre di Dio, la Signora del Cielo.” (6)
Più di venti milioni di pellegrini ogni anno
Fin qui la commovente narrazione del postulatore della causa di san Juan Diego. Il resto è davanti agli occhi di tutti, ed è anche un fatto statistico: cominciò subito la costruzione del tempio richiesto dalla Madonna e oggi la collina del Tepeyac, dove si venera la tilma divenuta immagine, è il punto di pellegrinaggio più affollato della terra, con più di venti milioni di visitatori all’anno. La Madonna di Guadalupe è venerata come Regina di tutta l’America e le riproduzioni di questa sacra icona si trovano dappertutto nel mondo.
Non entriamo qui nell’analisi della tilma da parte degli studiosi, perché esulerebbe troppo dal tema di questo articolo. Limitiamoci a dire soltanto che essa, nelle sue forme e nei suoi colori, è uno stupefacente codice degli insegnamenti fondamentali della fede su Gesù Cristo e Sua Madre, adatto “alla loro forma normale di ragionare e di comunicare, a base di metafore, consonanze e assonanze” (7), dove per “loro”, certo, s’intendono gli indigeni. Anche la datazione dell’apparizione stessa si trova sul tessuto, per chi sa leggere i codici náhuatl. “L’immagine è una sintesi di tecniche di pitture miste (indigene ed europee), di per sé incompatibili” (8), ci dice lo studioso P. Fidel González Fernández, a dimostrazione della missione di questo dipinto nella formazione di un nuovo popolo e a compimento delle parole dell’Apostolo: “non c’è più diversità fra giudeo e greco, tra schiavo e uomo libero, tra uomo e donna, perché tutti voi siete uno solo in Gesù Cristo” (Gal 3, 28). Lo stesso volto meticcio della Vergine, oggi assolutamente normale nella nazione messicana, era al momento solo la prefigurazione di un qualcosa che si sarebbe compreso soltanto col passar del tempo.
Ti glorificherò
Dopo una vita nella pratica delle virtù, in particolare quella dell’umiltà nel servizio di pulizia e mantenimento del tempio innalzato per volere della sua “Signora e Bambina”, Juan Diego morì nel 1548 e fu sepolto proprio nel santuario che tanto amò. La Madonna gli aveva detto: “Sii certo che molto te ne sarò grata e te lo pagherò, per questo ti arricchirò, ti glorificherò, e ne avrai molto merito con il quale io retribuirò la tua stanchezza e il servizio per il quale vai a sollecitare la richiesta per la quale ti invio” (9).
La glorificazione di Juan Diego Cuauhtlatoatzin, l’aquila che parla, è avvenuta il 31 luglio 2002 sulla collina di Tepeyac.
Note:
(1) Attualità dell’avvenimento guadalupano e di Juan Diego, Fidel González Fernández L’Osservatore Romano 2/8/02.
(2) Attualità dell’avvenimento guadalupano e di Juan Diego, cit.
(3) I tratti delle personalità di Juan Diego Cuauhtlatoatzin, Fidel González Fernández, L’Osservatore Romano 3/8/02.
(4) Attualità dell’avvenimento guadalupano e di Juan Diego, cit.
(5) Attualità dell’avvenimento guadalupano e di Juan Diego, cit.
(6) Juan Diego Cuauhtlatoatzin: la santità di un umile indio, Eduardo Chávez Sánchez, postulatore, Supplemento dell’Osservatore Romano 22-23/7/02
(7) L’Avvenimento Guadalupano, cit.
(8) L’Avvenimento Guadalupano, cit.
(9) Secondo la versione del Nican Mopohua, in L’Avvenimento Guadalupano, cit.
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