ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 4 marzo 2011

deicidio o suicidio dottrinale?

San Tommaso d’Aquino, il Dottore Comune della Chiesa, insegna che “i giudei peccarono, non solo uccidendo Cristo come uomo, ma anche come crocifissori di Dio” (S. Th., III, q. 47, a. 5)... La Chiesa, modernista, insegna esattamente il contrario...

 Anime devote [...] mettiamoci spesso dinanzi agli occhi, particolarmente nei giorni di venerdì, Gesù moribondo sulla croce; e fermiamoci ivi con tenerezza a contemplare per qualche tempo i suoi dolori e l'affetto che aveva per noi, mentre stava agonizzando su quel letto di dolore. [...] Oh che dolce riposo trovano le anime amanti di Dio nei tumulti di questo mondo e nelle tentazioni dell'inferno ed anche nei timori dei divini giudizi, nel contemplare da solo a solo in silenzio il nostro amoroso Redentore, mentre egli agonizzava sulla croce e il suo divin sangue gocciolava da tutte le sue membra ferite già ed aperte dai flagelli, dalle spine e dai chiodi! Oh come nel pensare a Gesù crocifisso si allontanano dalle nostre menti tutti i desideri di onori mondani, di ricchezze di terra e di piaceri di senso! Allora spira da quella croce un'aura celeste, che dolcemente ci distacca dagli oggetti terreni ed accende in noi una santa brama di patire e morire per amor di colui, che volle tanto patire e morire per amor nostro. E come è possibile che non accenderà l'affetto di tutti i cuori, un Dio che muore in un mare di disprezzi e di dolori per amor delle sue creature? Come poi queste creature possono amare altra cosa all'infuori di Dio? come pensare ad altro che ad esser grate a questo loro così amante benefattore? [...] Ah che così han fatto già tanti santi e tanti martiri che han lasciato tutto per Gesù Cristo. O vergogna nostra! Ma come è possibile che a molti Cristiani fa tanto poca impressione la Passione di Gesù Cristo? Ciò avviene, perché poco si fermano a considerare quanto patì Gesù Cristo per nostro amore.

(Brano tratto dagli scritti di Sant'Alfonso Maria de Liguori)

1. - 1224 – Papa Innocenzo IV all’Illustre Re di Francia (Luigi IX)

 Altre BOLLE PONTIFICIE SUL GIUDAISMO...
IMPIA JUDAEORUM PERFIDIAL’empia perfidia dei Giudei – dal cui cuore il nostro Redentore non tolse il velame a causa dell’immensità dei loro delitti ed anzi permise che sino ad oggi rimanessero nella cecità che ancora compenetra Israel -, commette enormi misfatti, causa di sconcerto e di orrore in chi li ascolta e in chi li riferisce, e non considera che solo per compassione la pietà cristiana li accoglie e sopporta la loro coabitazione. I Giudei, infatti, ingrati verso Nostro Signor Gesù Cristo che attende la loro conversione con la sua paziente indulgenza, trascurando e disprezzando la Legge Mosaica e i Profeti, seguono certe tradizioni dei loro antenati e non mostrano nessuna vergogna della loro colpa né rispetto verso la Fede Cristiana. Per questo il Signore nel Vangelo li rimprovera dicendo: In tal modo voi trasgredite il comando del Signore e lo avete reso vano a causa delle vostre tradizionali che insegnano le dottrine ed i comandi degli uomini.
§ 1. I Giudei, infatti, istruiscono e nutrono i loro figli con queste tradizioni( che in lingua ebraica sono dette Talmud, che per i Giudei è il sommo libro), Questo Talmud si allontana straordinariamente dal testo della Bibbia e vi si trovano espresse bestemmie verso Dio, verso Cristo e verso la Beata Vergine: storie incomprensibili, erronei abusi e inaudite sciocchezze. In questo modo essi rendono i loro figli del tutto estranei alle leggi e alle dottrine dei Profeti, per il timore che si convertano alla Fede e ritornino umilmente al loro Redentore, dopo aver conosciuto la verità insita in quelle leggi e nei Profeti, che chiaramente dà testimonianza che il Figlio Unigenito di Dio si incarnerà.
§ 2. Non ancora soddisfatti, a disprezzo della Fede cristiana, prendono nutricicristiane per i loro figli e con queste donne commettono molti azioni turpi. Perciò i fedeli devono temere di incorrere nello sdegno divino, fino a quando sopportano che costoro compiano indegnamente atti che generano turbamento alla nostra Fede.
§ 3. A buon diritto il nostro diletto figlio Cancelliere di Parigi ed i Dottori Reggenti in Parigi(in sacra pagina) su mandato di Papa Gregorio di felice memoria, Nostro predecessore, hanno bruciato pubblicamente al cospetto del clero e del popolo,sia il suddetto libro degli abusi,sia altri libri con tutte le loro glosse, dopo averli integralmente letti ed esaminati nell’esercizio della loro podestà. Dalle loro lettere abbiamo visto che Tu,come Re cattolico e Principe cristianissimo,hai fornito l’aiuto conveniente e accordato la Tua approvazione: per questo, con degne lodi al Signore raccomandiamo la regale eccellenza e La accompagniamo con azioni di grazia.
§ 4. Poiché tuttavia il sacrilegio abuso di questi Giudei non si è ancora placato né,finora, il tormento ha dato loro capacità di comprensione, Noi Ti preghiamo,o Altezza reale, e Ti supplichiamo nel nome di Nostro Signore Gesù Cristo, che proseguendo lodevolmente quanto con pietà hai già iniziato tu faccia in modo che siano annientati con la dovuta severità coloro che hanno commesso trasgressioni cosi detestabili ed enormi a offesa del Creatore ed a ingiuria del nome Cristiano. E ancora, Ti preghiamo e supplichiamo che Tu comandi che col fuoco vengano ridotti in cenere in tutto il tuo regno,ovunque si siano potuti trovare, sia i libri predetti degli abusi con le loro glosse sia in generale tutti quelli che i medesimi dottori hanno letto e condannato.
§ 5. Proibiamo inoltre fermamente ai Giudei di avere nutrici e servi Cristiani, affinché i figli di donna libera non siano a servizio dei figli di una serva ma che, come servi respinti dal Signore, alla cui morte cospirarono in modo indegno, e si riconoscano,almeno per questo fatto, servi di coloro che la morte di Cristo ha reso liberi mentre hai reso loro schiavi: potremo cosi con lodi al Signore raccomandare lo zelo della Tua sincerità.


Dato in Laterano il 9 Maggio. Anno primo del Nostro Pontificato, 1243.


Veniamo ora ai tempi dei Pontefici di oggi...



Dal Concilio Vaticano II in poi, grazie alla dichiarazione " Nostra Aetate " c'è stato un cambio di rotta dottrinale che ha portato un nuovo rapporto, di dialogo, con il mondo ebraico, ora questo documento è in linea con la dottrina Cattolica professata per 1958 anni? Assolutamente no, difatti il suddetto documento conciliare sopracitato ha un origine che definire luciferina e dire un eufemismo:
È storicamente accertato che la “Nostra aetate” fu preparata da Jules Isaac, ebreo ateo filo-comunista, con l’aiuto del Bené Berìth (la massoneria giudaica) di cui era membro (come ha dichiarato, il 16 novembre 1991, in occasione della premiazione del card. Decourtray, Marc Aron, presidente del “B.B.” francese) e dal card. Agostino Bea coadiuvato da p. Paul Démann, ebreo “convertito” e da p. Jean de Menasce (idem). L’accordo tra Jules Isaac e papa Roncalli fu organizzato dal “B.B.” e da alcuni politici social-comunisti (J. Madiran, “Itineraires” III, settembre 1990, p. 3, nota 2). Un altro artefice di “Nostra aetate” fu Nahum Goldman, presidente del “Congresso Mondiale Ebraico”, che preparò anche la bozza di “Dignitatis humanae” sulla libertà religiosa. I documenti furono presentati dal Goldman assieme a Label Katz (anche lui del “B.B.”) a nome della “Conferenza Mondiale delle Organizzazioni Ebraiche”. Quindi “Nostra aetate” e “Dignitatis humanae” sono state preparate, materialmente, dalla massoneria ebraica. Dulcis in fundo, il rabbino Abraham Heschel, collaborò intensamente con Bea e compagni alla elaborazione di “Nostra aetate”. Tutto ciò è stato svelato dall’israelita Lazare Landau (“Tribune Juive”, n° 903, gennaio 1986 e n° 1001, dicembre 1987), che scrive: “nell’inverno del 1962, i dirigenti ebrei ricevevano in segreto, nel sottosuolo della sinagoga di Strasburgo, p. Yves Congar, incaricato da Bea e Roncalli di chiederci, ciò che ci aspettavamo dalla Chiesa, alla vigilia del concilio (…). La nostra completa riabilitazione, fu la risposta”(j. madiran, “Itineraires”, autunno 1990, III, pp.1-2).
(Don Curzio Nitoglia)
Vedere anche: 

Sant'Agostino e San Giovanni Crisostomo, contro gli Ebrei, dottrina che il Concilio Vaticano II ha abbandonato attraverso il documento "Nostra Aetate"...

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“L’ECUMENISMO”: CONCILIAZIONE TRA “CRISTO E BELIAR”?

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VATICANO II UNA SOVVERSIONE RIUSCITA del sac. dott. Luigi Villa ...

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Recentemente un articolo di Damian Thompson, propone alcuni stralci dell'ultimo libro dell'attuale pontefice, Benedetto XVI, che noi abbiamo tradotto:

 I Giudei non sono responsabili della morte di Gesù Cristo, dice il Papa.                   
 (di Damian Thompson)



Papa Benedetto XVI ha dichiarato esplicitamente che il popolo ebraico non era – e quindi “non è” – responsabile della morte di Gesù. Il significativo estratto del suo libro “Gesù di Nazareth”: La Settimana Santa, è stato diffuso oggi.

Ovviamente, sarebbe stato estremamente sorprendente se il Papa avesse accennato ai giudei colpevoli della morte del Salvatore, che per molti secoli è stato l’elemento fondante dell’anti-Semitismo. Ma qui, per la cronaca, c’è il fulcro dell’argomento di Benedetto. Quando il Vangelo di Giovanni parla de “i Giudei” – egli afferma – non si riferiva ai Giudei in quanto tali, ma all’ “Aristocrazia del Tempio”.


Ora dobbiamo chiederci: chi erano, esattamente, gli accusatori di Gesù? Chi ha insistito affinché Egli fosse condannato a morte?  Dobbiamo prendere atto delle diverse risposte che i Vangeli danno alla questione. Secondo Giovanni erano semplicemente “i giudei”. Ma l’uso in Giovanni di questa espressione non è in alcun modo indicativa – come il lettore moderno potrebbe supporre – del popolo di Israele in generale, né tantomeno ha un carattere “razzista”.  Dopotutto lo stesso Giovanni era un Ebreo, come lo erano Gesù e tutti i suoi seguaci. L’intera comunità paleocristiana era formata da ebrei. Nel Vangelo di Giovanni questa parola ha un significato preciso, chiaro e definito: egli si riferisce all’Aristocrazia del Tempio. Perciò il cerchio degli accusatori, che fomentarono la morte di Gesù, è precisamente indicato nel Quarto Vangelo e chiaramente ristretto: è l’Aristocrazia del Tempio – e non senza alcune eccezioni, come mostra il riferimento a Nicodemo (Gv 7,50-52).


Ed ecco la spiegazione del Papa, circa il dibattuto passaggio del Vangelo di Matteo, in cui i Giudei dicono: “Il Suo Sangue ricada su di noi e sui nostri figli”, Benedetto scrive:


“Quando in Matteo il “popolo intero” dice “Il Suo Sangue ricada su di noi e sui nostri figli” (Gv 27, 25), il Cristiano ricorderà che il Sangue di Gesù parla un linguaggio diverso dal sangue di Abele (Ebr 12, 24): Esso non invoca vendetta o punizione, ma porta riconciliazione. Esso non viene versato contro nessuno: Esso è versato per molti, per tutti. “Tutti hanno peccato, e sono privi della Gloria di Dio … Dio lo pose [Gesù] come strumento di espiazione, mediante il Suo Sangue” (Rm 3, 23-25).

Proprio come le parole di Caifa, circa la necessità della morte di Gesù, devono essere lette in una luce completamente nuova, da una prospettiva di Fede, lo stesso vale per il riferimento di Matteo al Sangue: letto alla luce della Fede, significa che noi tutti siano bisognosi della potenza d’Amore purificatrice che è il Suo Sangue. Queste parole non sono una condanna, ma piuttosto redenzione, salvezza. Solo se inteso in termini di Teologia dell’Ultima Cena e (Teologia) della Croce, provenienti della totalità del Nuovo Testamento, questo versetto del Vangelo di Matteo assume un significato corretto.”
 ( Interpretazione del tutto personale e lontanissima dalla verita' evangelica di cui, in questo passaggio, si fa' dire al Vangelo di San Matteo cio' che non voleva dire, e questo pur di seguire la nefasta linea conciliare della Nostra Aetate )


I pareri su questi argomenti erano stati dati in precedenza; il significato di questi estratti è che questi sono stati scritti dal Capo della Chiesa Cattolica, parlando non per Autorità Papale, ma, pur tuttavia, mentre occupa la Sede Petrina. Una volta ancora, ci viene rammentato che l’accusa di anti- Semitismo, a volte sollevata contro Joseph Ratzinger, è una grossa calunnia.

Ora noi non vogliamo commentare le tesi del giornalista ma vogliamo mettere in evidenza che la dottrina corretta sul popolo Ebraico è stata profondamente cambiata da i modernisti che oggi comandano cio' che resta della Chiesa Cattolica, noi allora vogliamo ricordarci quali sono i punti fermi per un corretto rapporto con il popolo Ebraico:

a)    Il deicidio: per i cattolici Gesù è vero Dio e vero uomo, la sua uccisione, perciò, è un vero ‘Dei-cidio’. L’ebraismo non crede alla sua divinità, ma non può imporre ai cristiani di rinnegarla o di non professarla pubblicamente (cfr. mons. Brunero Gherardini, La vexata quaestio del deicidio, Città del Vaticano, in “Divinitas”, n.° 2/2008, pp. 215-223. Id, Sugli Ebrei: così, serenamente, Frigento, in “Fides Cattolica”, n.° 1/2009, pp. 245-278). Per i Vangeli e tutti i Padri della Chiesa, da sant’Ignazio d’Antiochia (+ 107) a sant’Agostino (+ 430), e quindi infallibilmente, il giudaismo religione rabbinica o post-biblica è responsabile della morte di Gesù. San Tommaso d’Aquino, il Dottore Comune della Chiesa, insegna che “i giudei peccarono, non solo uccidendo Cristo come uomo, ma anche come crocifissori di Dio” (S. Th., III, q. 47, a. 5). Infatti per il dogma dell’Unione Ipostatica, la natura umana di Cristo sussiste nella Persona divina, onde ciò che è fatto contro Cristo uomo è fatto anche contro Cristo Dio, perciò vi è vero “deicidio”, anche se non è morta la divinità ma solo l’umanità di Gesù, sussistente nella Persona del Figlio consustanziale al Padre e allo Spirito Santo.
b)    La frase sui “fratelli maggiori nella Fede” pronunciata da Giovanni Paolo II, il 13 aprile 1986 alla sinagoga di Roma, per la Fede cattolica è falsa non solo ambigua, poiché l’ebraismo dopo Cristo è fedele al Talmùd e non a Mosè; infine è divinamente rivelato (san Paolo 1 Tess., II, 15-16) che “Gli ebrei hanno ucciso il Signore. Non piacciono a Dio, sono nemici di tutti gli uomini, poiché ci impediscono di predicare ai pagani affinché si salvino”. Quindi con gli ebrei post-biblici non abbiamo nulla in comune quanto alla religione, non possono essere nostri fratelli maggiori (nel senso ontologico di “prediletti”, come ha precisato poi G.P. II e non cronologico in quanto sono nati prima di noi), essi sono un ostacolo alla salvezza degli uomini, poiché nemici tuttora del Vangelo di Cristo che è l’unico mezzo di salvezza. La religione ebraica dopo Cristo non è una realtà viva, ma ‘morta e mortifera’. Gli ebrei che vissero prima di Cristo e furono fedeli ad Abramo e all’Antico Testamento sono nostri fratelli maggiori (solo cronologicamente, infatti ontologicamente o quanto al valore, sono in uno stato oggettivamente inferiore, poiché l’Antica Alleanza è imperfetta rispetto alla Nuova ed Eterna, onde il cristianesimo è superiore, quanto al valore oggettivo, all’ebraismo dell’Antico Testamento). Lo stesso Gesù, quando gli ebrei increduli professano di avere per padre Abramo, risponde che lo è carnalmente, ma non spiritualmente o quanto alla Fede, poiché Abramo credeva in Cristo venturo mentre loro lo rinnegano e quindi hanno “per padre il diavolo” (Gv., VIII, 42). Se fossero “nostri fratelli maggiori quanto alla fede” (G. P. II, 13 aprile 1986), anche noi avremmo “per padre il diavolo”. Spero proprio di no!

c)     L’Antica Alleanza è stata rimpiazzata dalla Nuova ed Eterna, nel Sangue di Cristo, onde la Chiesa fondata da Gesù è il nuovo e vero Israele. San Paolo, divinamente ispirato, insegna: “dicendo Alleanza Nuova, Cristo ha dichiarato antiquata la prima; ora ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a sparire” (Ebr., VIII, 13). È di Fede rivelata.
d)    Se Cristo è Dio, il giudaismo post-biblico che nega la sua divinità è una falsa religione. Per il principio di non-contraddizione: “una stessa cosa [Cristo] non può essere [Dio] e non essere [Dio] nello stesso tempo e sotto lo stesso rapporto” (Aristotele). Gesù o è Dio o non è Dio, “tertium non datur”. Se è Dio il cristianesimo è vero e il giudaismo falso; se non è Dio viceversa. È assolutamente certo.
e)     La ‘shoah’ non è una questione puramente storico-politica (come è stato rimproverato a mons. Williamson), ma essa pretende essere la nuova ‘religione immanente’ dell’ebraismo “messia collettivo”, padrone e signore di questo mondo (cfr. “Il caso Williamson” e “Giona: un uomo per il nostro tempo” su questo stesso “sito”). Tutto questo, per la Fede cattolica, è inaccettabile. Inoltre la storia la si fa con prove certe di documenti, di archivi, di reperti bellici e non a forza di minacce di incarcerazione e di scomuniche laiche ed ecclesiastiche. Inoltre è una questione di “verità”, ossia di conformità del nostro intelletto e giudizio alla realtà. Non si può chiedere di aderire all’errore (difformità tra giudizio e realtà), per il vero rispetto della dignità della natura umana, fatta per aderire al vero e al bene. Occorrono le prove storiche, chimiche e fisiche per aderire alla volgata olocaustica. Gesù ci ha insegnato “la verità vi farà liberi”; l’errore, invece, rende schiavi del padre della menzogna. 

È impressionante constatare quanto profondamente “la Sinagoga di satana” (Ap., II, 9) sia infiltrata in Vaticano. Ciò che turba non è quello che chiede il rabbinato (fa il suo mestiere), ma il fatto che il Papa ceda ad esso (non fa il suo dovere, ma purtroppo da cinquanta anni ci siamo abituati). Ciò che però lascia maggiormente attoniti è che una parte del “tradizionalismo” cattolico non abbia nulla da obiettare, sia pronto ad onorare l’olocausto ebraico (implicitamente a fianco di quello di Gesù). (Don Curzio Nitoglia)
            
OMELIE CONTRO GLI EBREI di San Giovanni Crisostomo.
Invero non stupitevi se ho definito miseri i Giudei. Infatti sono ben sventurati e disgraziati poiché hanno ricevuto nelle loro mani tanti beni e li hanno ripudiati, ed hanno respinto i tesori che erano loro offerti. È sorto per loro il sole della giustizia ed essi, rifiutati i suoi raggi, stanno nelle tenebre:
mentre noi che eravamo nelle tenebre, abbiamo attirato a noi la luce e ci siamo liberati dall’ombra dell’errore. Essi erano i rami della radice sacra (Rom. XI,16 - 17) ma sono stati spezzati; noi non eravamo parte della radice, eppure abbiamo portato il frutto della pietà. Essi hanno letto i Profeti sin dalla più tenera età ed hanno crocifisso Colui che dai Profeti era stato annunziato. Noi che non avevamo mai udito parlare delle Sacre Scritture, noi abbiamo adorato questo stesso crocifisso. Perciò essi sono miseri, perché hanno respinto i beni che erano loro inviati mentre altri li hanno presi per sé, portandoli loro via. Ma essi, chiamati ad essere adottati come figli, si sono abbassati alla condizione di cani: noi che eravamo nella condizione di cani, con l’aiuto della grazia divina abbiamo potuto spogliarci di questa indole bruta ed elevarci alla dignità di figli. Cosa lo fa manifesto? Cristo ha detto alla donna di Canaan "Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cuccioli" (Mt. XV, 26), designando come figli i Giudei e come cani i gentili. Vedete quindi come
l’ordine è stato invertito, i Giudei sono diventati cani e noi figli. "Guardatevi dai cani, dice Paolo, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi dai circoncisi. Siamo noi i circoncisi" (Filipp. III, 2-3). Vedete dunque come quelli che prima erano figli sono caduti nella condizione di cani? Volete sapere in qual modo noi che eravamo nella condizione di cani siamo diventati figli? "Invero, a tutti coloro che lo hanno ricevuto, Egli ha dato il potere di diventare figli di Dio" (Gv. I, 12). Nulla è più miserabile di questi Giudei che da ogni parte vanno in senso contrario alla loro salvezza. Quando bisognava osservare la Legge, essi l’hanno calpestata: adesso che la Legge è stata abrogata, con insistenza essi vogliono che sia osservata. Che cosa ci potrebbe essere di più miserabile di costoro che dispiacciono a Dio non soltanto quando trasgrediscono la Legge ma anche quando la osservano? Per questo è detto: "Duri di cervice e incirconcisi di cuore, voi sempre resistete allo Spirito Santo" (Atti VII, 51): non soltanto violando le leggi, ma anche volendole osservare a sproposito.

martedì 1 marzo 2011

"Semina Verbi"


 

È ormai diventato un luogo comune ritenere che nelle religioni non-cristiane siano presenti alcuni semina Verbi (= germi del Verbo) o che esse costituiscano una sorta di praeparatio evangelica (= preparazione al Vangelo). All’origine di tale convinzione c’è l’insegnamento del Concilio Vaticano II. Il Decreto sull’attività missionaria afferma:

«[I cristiani] conoscano a fondo le loro [= dei non-cristiani] tradizioni nazionali e religiose; con gioia e rispetto scoprano i germi del Verbo in esse latenti» (Ad gentes, n. 11; cf Lumen gentium, n. 17).

Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa si afferma:

«La divina Provvidenza [non] nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che senza colpa non sono ancora arrivati ad una esplicita conoscenza di Dio, e si sforzano, non senza la grazia divina, di vivere una vita onesta. Poiché ciò che in essi si trova di buono e di vero è ritenuto dalla Chiesa come preparazione al Vangelo, e dato da colui che illumina ogni uomo perché abbia finalmente la vita» (Lumen gentium, n. 16; cf Catechismo della Chiesa cattolica, n. 843).

La Dichiarazione sulle religioni non-cristiane, per esprimere il medesimo concetto, ricorre all’immagine del raggio di luce:

«La Chiesa cattolica non rigetta nulla di quanto c’è di vero e di santo in queste religioni. Guarda con sincero rispetto a quei sistemi di agire e di vivere, a quei precetti e a quelle dottrine che, sebbene differiscano in molti punti da ciò che essa pensa e propone, tuttavia non di rado riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini» (Nostra aetate, n. 2).

Dopo il Concilio, le metafore dei semina Verbi e della praeparatio evangelica sono state riprese dai Sommi Pontefici. Paolo VI, nell’Esortazione apostolica sull’evangelizzazione, afferma:

«[Le religioni non-cristiane] sono tutte cosparse di innumerevoli “germi del Verbo” e possono costituire una autentica “preparazione evangelica”, per riprendere una felice espressione del Concilio Vaticano II tratta da Eusebio di Cesarea» (Evangelii nuntiandi, n. 53).

Da parte sua, Giovanni Paolo II, nella sua prima enciclica, scrive:

«Giustamente i Padri della Chiesa vedevano nelle diverse religioni quasi altrettanti riflessi di un’unica verità come “germi del Verbo”, i quali testimoniano che, quantunque per diverse strade, è rivolta tuttavia in una unica direzione la piú profonda aspirazione dello spirito umano, quale si esprime nella ricerca di Dio ed insieme nella ricerca, mediante la tensione verso Dio, della piena dimensione dell’umanità, ossia del pieno senso della vita umana» (Redemptor hominis, n. 11).

Sembrerebbe dunque di trovarci dinanzi a una dottrina consolidata, oltretutto ben radicata nella tradizione, visto che le espressioni usate sono di origine patristica. L’immagine dei semina Verbi è tratta da san Giustino e da Clemente Alessandrino; il concetto di praeparatio evangelica invece, come ci ricordava Paolo VI, lo troviamo in Eusebio di Cesarea. Tutto vero. Il problema è: siamo sicuri che i Santi Padri, con tali espressioni, si riferissero alle religioni non-cristiane (che a quel tempo si identificavano con la religione pagana)? Faccio rispondere a questa domanda uno dei maggiori patrologi del XX secolo, Berthold Altaner (Patrologia, Marietti, 7ª ed., 1977). A proposito di Giustino, che parla dei “germi del Verbo” nelle sue Apologie, scrive:

«Con la sua teoria del λόγος σπερματικός [logos spermatikos] Giustino getta un ponte tra la filosofia antica e il Cristianesimo. In Cristo apparve, in tutta la sua pienezza, il Logos divino, ma ogni uomo possiede nella sua ragione un germe (σπέρμα) del Logos. Questa partecipazione al Logos, e conseguente disposizione a conoscere la Verità, fu in alcuni particolarmente grande; cosí nei Profeti del giudaismo e, fra i greci, in Eraclito e Socrate. Molti elementi della verità sono passati, cosí egli opina, nei poeti e nei filosofi greci dell’antica letteratura giudaica, poiché Mosè era ritenuto lo scrittore assolutamente piú antico. Di conseguenza i filosofi, in quanto vissero e insegnarono conformemente alle regole della ragione, furono dei Cristiani, in un certo senso, prima della venuta di Cristo. Tuttavia solo dopo questa venuta i Cristiani sono entrati in possesso della verità totale e sicura, priva di ogni errore. Il pensiero teologico di San Giustino è fortemente influenzato dalla filosofia stoica e platonica» (pp. 70-71).

Quanto a Eusebio, che compose un’opera dal titolo Praeparatio evangelica, Altaner scrive:

«La Praeparatio evangelica (Εὐαγγελικὴ προπαρασκευή), in 15 libri, composta tra il 312 e il 322, vuole dimostrare ai catecumeni e ai pagani, forse scossi dagli attacchi di Porfirio, come i Cristiani abbiano avuto ragione nel preferire il Giudaismo al paganesimo. La “Filosofia degli Ebrei” è superiore alla cosmogonia e alla mitologia dei pagani. I sapienti pagani, soprattutto Platone, hanno attinto dall’A.T.» (p. 223).

Come si può vedere, i Santi Padri non rinvengono alcun “germe del Verbo” nella religione pagana, né considerano questa una “preparazione al Vangelo”. Tali immagini vengono da loro applicate non alla religione, ma alla cultura del tempo, in particolare alla filosofia e alla poesia, le quali, secondo loro, avrebbero attinto a Mosè. I primi cristiani non hanno mai fatto proprio alcun elemento della religione pagana, mentre non si sono fatti scrupolo di adottare le categorie dell’ellenismo addirittura per esprimere la loro fede. La preoccupazione dei cristiani dei primi secoli non era il dialogo interreligioso, ma l’inculturazione del Vangelo.

Una conferma a questo, che è stato l’atteggiamento della Chiesa di tutti i tempi fino al Vaticano II, la troviamo in Padre Matteo Ricci (1552-1610). Solitamente il missionario gesuita viene proposto come antesignano dell’attuale dialogo interreligioso, vista la sua simpatia nei confronti del confucianesimo. Ma non si tiene conto che tale simpatia scaturiva proprio dalla «consape­volezza che nessun elemento vi era nel confucianesimo che potesse far pensare ad una religione … il confucianesimo, lungi dal presentarsi alla stregua di una religione, perseguiva lo scopo di dare una giusta e retta amministrazione al gover­no del paese» (Franco Di Giorgio). Al contrario, Padre Ricci non si fece scrupolo di criticare il taoismo e il buddismo, che considerava inconciliabili col cristianesimo.

Ci si potrebbe dunque chiedere se, su questo punto, il Concilio non rappresenti una rottura con la tradizione o, piuttosto, una sua legittima evoluzione. Non sta a me dare una risposta a questa domanda, che pure costituisce un problema di capitale importanza. L’unica cosa che posso dire è che non mi sembra corretto affermare, come fa Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis, che «i Padri della Chiesa vedevano nelle diverse religioni quasi altrettanti riflessi di un’unica verità come “germi del Verbo”». Un Papa ha tutta l’autorità di interpretare la rivelazione, ma non ha autorità di stravolgere la storia.