Damnatorum ad Inferos (Leo XIII)

E pensare che, se Cristo non fosse disceso fin lì, per noi non ci sarebbe altra possibilità che l’angoscia. Alla luce di questa semplice realtà si capisce fin troppo bene come mai il mondo ottenebrato degradi, accanitamente e cupamente, verso ogni aberrità snaturata.
Fratelenzo con occhio secolarista dichiara l’amara credenza del pensiero ateologico: possiamo essere tutti felici. E Dio non ha parte in questo.
L’uomo puó essere umanamente felice senza credere in Dio, cosí come puó esserlo un credente: non é la fede in Dio a determinare la felicitá o l’infelicitá di un essere umano. (Per un’etica condivisa, Einaudi)
Non così Papa Leone XIII, l’ultimo pontefice a parlare e scrivere correntemente in latino.
Questi ci lascia un cammeo arcadico sull’angoscia infernale, dove l’illusione di una felicità senza verità evapora, mentre la radicalità della propria scelta esautora ogni gesto della pietà divina.
Sia lode a Cristo, se oggi davanti al suo Sepolcro sigillato, possiamo nutrire sentimenti di speranza e gratitudine, lode ed amore, anziché illuderci di false felicità e deciderci per atrocità di angosce subumane.

DAMNATORUM AD INFEROS LAMENTABILIS VOX

“Oh si daretur hora!”
Auditus stygiis gemitus resonare sub antris:
“O detur miseris, hinc procul, hora brevis!”
Quid facerent? Imo elicerent e corde dolorem:
Admissumque brevis tolleret hora nefas.
***
“Oh se  fosse concesso un’istante!”
S’udì risuonare un gemito dalle grotte infernali:
“Oh, sia concesso ai miseri un brev’istante,  lontano da qui!”
Che farebbero? Caverebbero il dolore dal profondo del cuore:
ma il breve istante porterebbe il crimine empio.**
(Leo XIII, Damnatorum ad Inferos lamentabilis vox (1876), in Id., Carmi latini, Tipografia Poliglotta della S.C. De Propaganda Fide, Roma 1899 (1897)).
**Mons. Giuseppe Bortolotti traduce: Ma a tor la colpa fora quel breve istante invan.

Pubblicato ilaprile 7, 2012