Il dibattito su Teilhard de Chardin,
innescato da un recente articolo di Agnoli su Il Foglio, merita
attenzione. Dal mio punto di vista il pensiero di questo controverso
gesuita può essere sintetizzato nel tentativo che ha operato di
conciliare l’inconciliabile, ossia l’Assoluto con ciò che si evolve o è
termine dell’evoluzione.
Purtroppo il suo approccio appare attraversato da una prospettiva di stampo panteistico
che, d’altra parte, è lo stesso Teilhard ad ammettere. “Avevo sempre
avuto (…) un’anima naturalmente panteista. – scrive nell’opera “Le
Christ dans la matiere” (1916) – Ne provavo aspirazione invincibile,
nativa; ma senza usare di utilizzarla liberamente, perché non potevo
conciliarla con la mia fede”.
Nonostante questo freno della fede che
sembra voler porre alla sua “aspirazione invincibile”, ad un anno della
sua morte scriverà un passo che mostra in modo piuttosto chiaro la
difficoltà di azionare questo freno rispetto ad una prospettiva monista.
“Non lo Spirito per evasione fuori della Materia; né lo Spirito accanto
alla Materia (tomismo), ma lo Spirito emergente (per totalitaria
operazione cosmica) dalla Materia: Materia Matrix”
(lettera del 13/3/1954 in Psychè pag. 99-100 del 1955). Inutile dire che
la sintesi tra materia e spirito non è una questione scientifica, ma
deve collocarsi nell’ambito di una corretta metafisica, e qui si deve
escludere ogni possibilità di trasformazione dell’una nell’altra, pena
cadere in un chiarissimo materialismo.
Questa confusione si riverbera in molti
passi dell’opera di Teilhard e mi sembra il punto più controverso del
suo pensiero. Anche non entrando nel dettaglio di complesse questioni
cristologiche si può fare riferimento alla sua dottrina del cosiddetto
“Punto Omega” che egli propone come un “vertice dell’Universo”, il Cristo cosmico
che tende a confondere evoluzione cosmica e mistero salvifico, il
naturale e il soprannaturale. In questo contesto ciò che viene a
risentire maggiormente della prospettiva teilhardiana è la nozione
soprannaturale del Cristo Totale, ossia quella del Corpo Mistico.
Nei lavori di Teilhard molti hanno voluto individuare un nuovo ponte tra cristianesimo e mondo moderno, ma non tutti hanno concordato con questa visione. A questo riguardo il servo di Dio Pier Carlo Landucci
(1900-1986) scriveva: “il primo dovere dell’anima è la verità. Non può
essere veramente utile una ascetica fondata sull’errore e
sull’equivoco”. E ancora: “La lettura del Teilhard, innanzitutto, anche a
prescindere dalle tesi errate, abitua alla superficialità fantastica e
all’avventatezza nei delicati campi della filosofia e della teologia,
con l’aggravante di nascondere tale superficialità dietro l’illusione
della profondità ed elevatezza concettuale, spirituale e dietro il
fascino dello stile”. Da questo punto di vista direi che è possibile
scorgere una continuità nello stile del pensiero teilhardiano in quella
dottrina che prima del suo contenuto si preoccupa del metodo,
ambiguamente proteso verso l’indefinito per abbracciare tutti, senza
però offrire mai una sponda sicura con certezze metafisiche
indispensabili per aprire l’orizzonte del soprannaturale cristiano.
Il giudizio decisamente negativo di Pier
Carlo Landucci sul pensiero di Teilhard de Chardin non è stato l’unico
all’interno del mondo cattolico, tra gli altri, mi sembra rilevante
quello di un vero mistico come don Divo Barsotti per cui Teilhard è “il pensatore che sta dietro a molti degli errori che inquinano la teologia (e la mentalità) moderne”.
Oggi lo si studia per il suo ruolo al
fine di una rinnovata evangelizzazione, ma non vedo quale contributo
possa fornire a tal scopo. “Tutta una serie di modificazione si
impongono – scriveva nel 1953 nel suo L’étoffe del l’Univers – ne ho
perfettamente coscienza ( se vogliamo francamente cristificare
l’Evoluzione), a certe descrizioni o atteggiamenti che ci paiono
definitivamente fissati nel dogma cristiano. Da questo capo, e per forza
delle cose, si potrebbe dire che nel cuore dell’uomo moderno, nel solco
aperto dall’idea di Evoluzione, sta per germinare una forma ancora
sconosciuta di religione.” Alla faccia della riforma nella continuità.
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