Ma avvisa: «Non è il motivo che ha portato alle dimissioni del papa».
Nuove rivelazioni sul caso Vatileaks, a pochi giorni dal Conclave: «Il maggiordomo del Papa non è l'unico corvo del Vaticano. I corvi sono tanti, più di 20 persone, tutte legate alla Santa Sede.
Siamo donne e uomini, laici e prelati. Se abbiamo fatto uscire i documenti dall'appartamento del Papa è stato per compiere un'operazione di trasparenza nella Chiesa. Ora, dopo la rinuncia di Benedetto XVI al pontificato, e alla vigilia del Conclave, il caso Vatileaks continua a tenere banco. E per noi è venuto il momento di tornare a parlare», lo ha affermato una ''gola profonda'' del Vaticano in un'intervista a Repubblica.«VERISSIMA LA STORIA DELLA LOBBY GAY». La persona, che si è definita un «ex corvo», ha poi proseguito: «Non ci sono più papi da difendere o verità da far emergere. È tutto nel rapporto segreto compilato dai tre cardinali anziani», ha spiegato. Nel rapporto c'è la storia della lobby gay, che «è verissima: potrei fare nomi e cognomi di cardinali e monsignori, di vescovi e funzionari». Ci sono poi «questioni finanziarie legate allo Ior», ha proseguito il corvo, che ha sottolineato l'esistenza di altri documenti oltre a quelli emersi: «Il libro 'Sua Santita'' non contiene tutti i documenti in possesso di Nuzzi».
«VATILEAKS NACQUE DUE ANNI FA». Per risalire alla nascita di Vatileaks «bisogna fare un passo indietro a circa un paio di anni fa, nel momento in cui il Santo Padre decise di realizzare, attraverso monsignor Carlo Maria Viganò, un'operazione di razionalizzazione nelle attività economiche dalla Santa Sede, unite all'opera di trasparenza affidata a Gotti allo Ior», ha spiegato il corvo. «L'operazione di Viganò fu ostacolata perché considerata lesiva di determinati equilibri all'interno degli istituti soggetti a verifiche. Così nacque una lobby in Vaticano, composta da persone che lavoravano fra Governatorato, Apsa, Segreteria di Stato, Biblioteca, Archivio, Musei, Cei, Osservatore Romano, che ha cominciato a dialogare. Abbiamo pensato che rendere noto quello che succedeva nella Curia potesse sollevare l'opinione pubblica scatenando un'operazione di pulizia che avrebbe portato alla trasparenza».
«LA RINUNCIA? UNA SFIDA PER RIPARTIRE». L'operazione, i cui mandanti andrebbero cercati «nelle alte sfere», non ha portato alle dimissioni di Benedetto XVI, che «non si è dimesso per Vatileaks. Anzi, la sua presenza continuava a giustificare un determinato andazzo che invece Ratzinger voleva scardinare», ha detto il corvo. La rinuncia del Papa «è una sfida per ripartire da zero». Il successo di Vatileaks, ha aggiunto, «dipende da chi sarà il Papa eletto, da quale fazione verrà votato, e da chi sarà alla testa della prossima Segreteria di Stato».
Malumori a fine giornata: “Discorsi ancora troppo generali”
ANDREA TORNIELLICITTA' DEL VATICANO
Un porporato straniero, durante la congregazione generale di ieri, ha preso la parola e riferendosi a Vatileaks ha chiesto informazioni su due nomi che sarebbero presenti nel dossier preparato dai tre cardinali detective. Ma un comunicato interno, voluto dal cardinale camerlengo Tarcisio Bertone e dal decano Angelo Sodano, ha invitato i presenti a non «far nomi» se non si è «sicuri», perché in questo modo si rischia soltanto di incrementare un clima di sospetti e veleni.
Da quanto apprende La Stampa, le due persone citate ieri non sono ecclesiastici. Si tratta invece due laici. Il primo non lavora Oltretevere ma ha avuto frequenti contatti e collaborazioni ad alto livello con le istituzioni della Santa Sede, mentre il secondo è un dipendente vaticano. La richiesta così esplicita del porporato straniero sta a indicare che, pur non essendo il caso Vatileaks il punto focale della discussione in vista del conclave, sono in diversi a desiderare di conoscere meglio il contenuto del dossier che finirà nelle mani del futuro Papa.
«La Chiesa nel mondo di oggi e le esigenze della nuova evangelizzazione», la riforma della Curia e «il rapporto tra la Santa Sede, i dicasteri e gli episcopati», il profilo del futuro Papa. Questi i grandi temi dibattuti ieri durante la quarta congregazione, alla quale hanno partecipato 153 porporati, 113 dei quali destinati a entrare nella cappella Sistina per eleggere il successore di Ratzinger. È intervenuto il cardinale Fernando Filoni, Prefetto di Propaganda Fide, che ha presentato il suo dicastero snocciolando dati e cifre sulle terre di missione. È già intervenuto anche il Prefetto del clero, Mauro Piacenza, che ha parlato del sacerdozio e delle vocazioni. Un tratto del profilo del nuovo Papa l’ha invece abbozzato il cardinale Camillo Ruini, ultraottantenne e dunque escluso dal conclave. In sintonia a diversi porporati intervenuti pubblicamente nei giorni scorsi, l’ex Vicario di Roma ha suggerito ieri di eleggere un Pontefice «energico» e non troppo avanti con l’età, per far fronte alle sfide che attendono la Chiesa.
Due interventi di altri autorevoli cardinali curiali in questi giorni hanno toccato da diversi punti di vista la questione inedita del «Papa emerito». Non si era mai verificato nella storia della Chiesa che un Pontefice si dimettesse per vecchiaia, non si era mai posta la questione di quale titolo dovesse essergli attribuito. A parlare di questo sono stati il canadese Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione dei vescovi con Benedetto XVI nonché «papabile», e l’americano Raymond Leo Burke, il Prefetto della Segnatura apostolica.
Ieri mattina è stato anche il turno dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola, che ha dedicato il suo intervento al tema della natura della Chiesa, e si è scusato per aver sforato il tempo consentito, che per l’ultima discussione è stato fissato a cinque minuti, con avviso nel momento in cui sono trascorsi e implicito invito a concludere.
«Anche oggi abbiamo ascoltato interventi generali, discorsi a ruota libera. Sembra proprio di stare a un Sinodo. E vorrei sottolineare che questo paragone non lo faccio con una valenza positiva». Così un importante porporato europeo ha sintetizzato il senso della terza giornata di incontri. L’impressione che si ricava è che si stia ancora procedendo a tentoni. I curiali presentano le attività del loro dicastero, non ci sono quasi mai interventi che direttamente interloquiscono con quelli precedenti. «Serve tempo, per conoscerci, per parlare di più, per elencare le principali necessità della Chiesa di oggi. E per trovare l’uomo giusto per affrontarle», chiosa il cardinale: «Pensando al compito che dovremo affrontare la prossima settimana, tremano le vene. Direi che al momento non siamo ancora pronti».
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/22950/
Vaticano, spionaggi interni e verità su Vatileaks
Le intercettazioni ordinate da Bertone. L'ombra di un prelato fra i corvi. Dossieraggio sul papa. Ultimo giorno di Ratzinger.
Fino all'ultimo giorno di pontificato di Benedetto XVI le verità anche più scomode che hanno agitato negli ultimi tempi i palazzi vaticani continuano a venire a galla. E offuscano la commozione per la scelta del papa e il suo addio pubblico al mondo.
LA RICHIESTA DEL SEGRETARIO DI STATO. L'ultima verità parla di trame e spionaggi interni conseguenza di quella fuga di notizie passata sotto il nome di Vatileaks e finita poi all'interno del libro di Gianluigi Nuzzi. E soprattutto su quei 'corvi' che decisero di passare alla stampa informazioni private per portare avanti battaglie e interessi personali.
Da oltre un anno, infatti, in Vaticano telefoni, email e colloqui personali sono 'intercettati' e messi sotto osservazione. La richiesta di un controllo a tappetto è arrivata direttamente dal cardinale e segretario di Stato Tarcisio Bertone. Così la gendarmeria vaticana guidata dal generale Domenico Giani, ex ufficiale dei servizi segreti italiani, si è messa a lavoro per un controllo a tappetto all'interno della Santa Sede.
CONTROLLI A TAPPETO. A rivelarlo è il settimanale Panorama, secondo cui le 'intercettazioni' sarebbero partite dopo il settembre 2012, data in cui sono iniziate ad arrivare lettere di minaccia a Bertone e poi fughe di documenti riservati. Quelli che, in molti casi, sono alla base degli scandali - Vatileaks in testa - che negli ultimi mesi hanno investito la chiesa.
UNA SCHEDATURA DI ABITUDINI. Si tratterebbe di una colossale schedatura di abitudini, amicizie e frequentazioni consegnata in mano a pochissime persone che innervosisce e preoccupa molti prelati e rischia di pesare sul Conclave.
LA RICHIESTA DEL SEGRETARIO DI STATO. L'ultima verità parla di trame e spionaggi interni conseguenza di quella fuga di notizie passata sotto il nome di Vatileaks e finita poi all'interno del libro di Gianluigi Nuzzi. E soprattutto su quei 'corvi' che decisero di passare alla stampa informazioni private per portare avanti battaglie e interessi personali.
Da oltre un anno, infatti, in Vaticano telefoni, email e colloqui personali sono 'intercettati' e messi sotto osservazione. La richiesta di un controllo a tappetto è arrivata direttamente dal cardinale e segretario di Stato Tarcisio Bertone. Così la gendarmeria vaticana guidata dal generale Domenico Giani, ex ufficiale dei servizi segreti italiani, si è messa a lavoro per un controllo a tappetto all'interno della Santa Sede.
CONTROLLI A TAPPETO. A rivelarlo è il settimanale Panorama, secondo cui le 'intercettazioni' sarebbero partite dopo il settembre 2012, data in cui sono iniziate ad arrivare lettere di minaccia a Bertone e poi fughe di documenti riservati. Quelli che, in molti casi, sono alla base degli scandali - Vatileaks in testa - che negli ultimi mesi hanno investito la chiesa.
UNA SCHEDATURA DI ABITUDINI. Si tratterebbe di una colossale schedatura di abitudini, amicizie e frequentazioni consegnata in mano a pochissime persone che innervosisce e preoccupa molti prelati e rischia di pesare sul Conclave.
Le intercettazioni e i documenti nascosti al papa
In realtà sul tema “intercettazioni” le notizie dal Vaticano hanno un precedente. Un articolo comparso sul quotidiano Il Giornale nel marzo del 2011. L'articolo raccontava la storia di un alto prelato (di cui non veniva citato il nome) che stava strutturando un servizio di sicurezza informativo parallelo all'interno dei Sacri Palazzi.
Ma il pezzo stranamente non venne inserito nella rassegna stampa del papa, attività monitorata dal nipote di monsignor Carlo Maria Viganò, il prelato appunto a cui vengono rivolte le accuse nell’articolo pubblicato sul giornale.
VIGANÒ NUNZIO A WASHINGTON.Quando il papa scoprì la cosa decise di allontare Viganò inviandolo a Washington nel ruolo di nunzio apostolico. Lui replicò con delle lettere che incolpavano di ogni tipo di reato i suoi presunti accusatori, in particolare il direttore delle Ville Pontificie accusato di furto, il direttore amministrativo dei Musei Vaticani don Paolo Nicolini, colpevole di voler rubare il posto a Viganò, uomini di finanza come Pellegrino Capaldo, accusati di malagestione nelle finanze vaticane e Marco Simeon, quale regista dell'operazione di siluramento.
ALLA BASE DELLO SCANDALO VATILEAKS. Ma anche la conversazione tra Viganò e Bertone (così come il famoso articolo pubblicato su Il Giornale) non finì sulla scrivania di Benedetto XVI. E, nonostante non potessero essere state viste e maneggiate dal “corvo” Paolo Gabriele, sono proprio alla base dello scandalo conosciuto come Vatileaks.
Nel 2011 un tribunale interno aprì proprio un’inchiesta per verificare le accuse di Viganò agli uomini vicini a Bertone che furono riconosciuti innocenti. Il prelato cercò di invocare a sua difesa le deposizioni di tre cardinali, ma Joseph Ratzinger allontanò Viganò.
LA CORRISPONDENZA PRIVATA CON BERTONE. Ora, come fa notare Dagospia, se la fonte del libro scandalo di Nuzzi fu Paolo Gabriele, è strano che i documenti pubblicati furono proprio quelli a cui il “corvo” non poteva avere accesso e che non arrivarono mai sulla scrivania del papa.
Si tratta infatti della corrispondenza privata di Bertone con Viganò.
Insomma, dietro gli scandali vaticani c'era un lavoro di dossieraggio e diffusione di informazioni destabilizzanti per l'equilibrio vaticano e della segreteria di Stato. L'obiettivo dei corvi e di prelati come Viganò era non perdere il proprio potere e riuscire ad avere un ruolo decisivo nella scelta di quello che sarebbe stato in un futuro non troppo lontano - come si auguravano loro stessi - il nuovo pontefice. E per portare a termine questo progetto sarebbe stata decisiva la nomina a cardinale di Viganò, che così avrebbe potuto partecipare al Conclave. Ma ciò fu impedito proprio da Ratzinger. Che, forse consapevole dei rischi, decise di allotanarlo inviandolo a Washington.
Ma il pezzo stranamente non venne inserito nella rassegna stampa del papa, attività monitorata dal nipote di monsignor Carlo Maria Viganò, il prelato appunto a cui vengono rivolte le accuse nell’articolo pubblicato sul giornale.
VIGANÒ NUNZIO A WASHINGTON.Quando il papa scoprì la cosa decise di allontare Viganò inviandolo a Washington nel ruolo di nunzio apostolico. Lui replicò con delle lettere che incolpavano di ogni tipo di reato i suoi presunti accusatori, in particolare il direttore delle Ville Pontificie accusato di furto, il direttore amministrativo dei Musei Vaticani don Paolo Nicolini, colpevole di voler rubare il posto a Viganò, uomini di finanza come Pellegrino Capaldo, accusati di malagestione nelle finanze vaticane e Marco Simeon, quale regista dell'operazione di siluramento.
ALLA BASE DELLO SCANDALO VATILEAKS. Ma anche la conversazione tra Viganò e Bertone (così come il famoso articolo pubblicato su Il Giornale) non finì sulla scrivania di Benedetto XVI. E, nonostante non potessero essere state viste e maneggiate dal “corvo” Paolo Gabriele, sono proprio alla base dello scandalo conosciuto come Vatileaks.
Nel 2011 un tribunale interno aprì proprio un’inchiesta per verificare le accuse di Viganò agli uomini vicini a Bertone che furono riconosciuti innocenti. Il prelato cercò di invocare a sua difesa le deposizioni di tre cardinali, ma Joseph Ratzinger allontanò Viganò.
LA CORRISPONDENZA PRIVATA CON BERTONE. Ora, come fa notare Dagospia, se la fonte del libro scandalo di Nuzzi fu Paolo Gabriele, è strano che i documenti pubblicati furono proprio quelli a cui il “corvo” non poteva avere accesso e che non arrivarono mai sulla scrivania del papa.
Si tratta infatti della corrispondenza privata di Bertone con Viganò.
Insomma, dietro gli scandali vaticani c'era un lavoro di dossieraggio e diffusione di informazioni destabilizzanti per l'equilibrio vaticano e della segreteria di Stato. L'obiettivo dei corvi e di prelati come Viganò era non perdere il proprio potere e riuscire ad avere un ruolo decisivo nella scelta di quello che sarebbe stato in un futuro non troppo lontano - come si auguravano loro stessi - il nuovo pontefice. E per portare a termine questo progetto sarebbe stata decisiva la nomina a cardinale di Viganò, che così avrebbe potuto partecipare al Conclave. Ma ciò fu impedito proprio da Ratzinger. Che, forse consapevole dei rischi, decise di allotanarlo inviandolo a Washington.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.