ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 20 maggio 2013

Il Cattoconfuso


 L'equivoco del Papa progressista che non ci fa capire Francesco

Valgono alcune considerazioni per capire, a poco più di due mesi dall'elezione, il pontificato di Papa
Bergoglio. Per tutti quelli che non hanno compreso gesti e parole del Santo Padre.
A poco più di due mesi dall'elezione al pontificato di Jorge Bergoglio appare sempre più giustificato
un sorriso ironico. Quello col quale chi conosce la storia del cattolicesimo ha osservato il clima da
«luna di miele» da parte di ambienti abitualmente ostili o almeno diffidenti nei riguardi della Chiesa
romana. Anticlericali ben noti si sono detti commossi per il semplice «buonasera» nella prima apparizione a Conclave terminato, per il «buon pranzo» all'Angelus domenicale, per le scarpe da parroco di montagna, per la croce argentata invece di quella in oro, per il ricordo particolare inviato ai poveri, per la decisione di restare nella camera d'albergo.

 Per questo — e per quanto si era saputo del suo passato di arcivescovo di Buenos Aires, con la predilezione per le villas miserias che circondano la capitale — per questo, dunque, e per altro ancora, si inneggiava a un papa finalmente «de sinistra», per dirla alla romanesca.
Ma chi sorrideva di tanto entusiasmo, prevedendo una rapida disillusione, sapeva quanto la storia
attesta: il «cattolicesimo sociale» nasce e vigoreggia nel XIX secolo e poi nei primi decenni del XX
ad opera di preti e di laici bollati dai «progressisti» come «intransigenti», «papisti», «reazionari».
L'impegno straordinario a favore di ogni miseria umana, che muove la Chiesa a partire dal
pontificato di Pio IX e continua poi sino a Pio XII, contrassegna proprio i seguaci della più rigorosa
ortodossia, i credenti che si professano fedeli alla più stretta obbedienza alla Gerarchia e,
soprattutto, al papato. Per limitarci a un esempio impressionante, quello della Torino che, tra
Ottocento e Novecento, conosce una esplosione di santità, e per stare solo ai più noti, ormai santi o
beati: Cottolengo accoglie i rifiuti della società, quelli che tutti respingono; Bosco dà tutto se stesso
a favore dei figli dei «proletari»; Murialdo gareggia con lui per trasformare giovani ignoranti e
affamati in buoni artigiani e cittadini; Faà di Bruno segue le loro orme per proteggere le ultime tra
gli ultimi, le serve sfruttate, malate, cacciate perché ormai anziane; Cafasso spende tesori di carità
per alleviare la sorte dei più dimenticati e disprezzati, i carcerati; Allamano si preoccupa dei
miserabili al di là dell'Europa e manda tra loro i suoi Missionari della Consolata; Orione non pone
limiti al soccorso dei più bisognosi. Soltanto alcuni nomi, dicevamo, e restringendoci al Piemonte;
ma da tutte le zone d'Italia, anzi da ogni angolo del mondo cattolico, sorse una folla di protagonisti
dell'aiuto sociale dato senza risparmio, anche a costo della vita. Diversi per origine, per storia, per
carisma ma uniti, tutti, dall'obbedienza rigorosa alla fede e alla morale così come predicate dalla
Chiesa.
Mentre i governi liberali, spesso ispirati dalla massoneria, non solo poco si curano dei poveri, ma
tassano loro persino il pane («il macinato») e sequestrano i figli per anni e anni di servizio militare,
mentre il nascente socialismo distribuisce parole e opuscoli, preoccupandosi più della ideologia che
della miseria concreta, ecco i cattolici «papisti», i disprezzati «clericali reazionari» scendere in
campo ad aiutare di persona affamati, malati, ignoranti, abbandonati. Non solo lavorando ma
alzando la voce contro tanto bisogno che i ricchi vogliono ignorare.
Ebbene, papa Francesco è tra gli eredi di questa lunga e ammirevole tradizione di cattolicesimo
detto sociale. Per una serie di equivoci e di deformazioni propagandistiche, si è imposto e vige
ancora uno schematismo, secondo il quale l'impegno per gli ultimi si accompagnerebbe
necessariamente a una prospettiva sedicente «progressista». E, nel caso cattolico, «contestatrice»,
eterodossa, polemica verso dogmi e gerarchie. La storia dice il contrario. Significativo il confronto
polemico tra padre Bergoglio e i suoi stessi confratelli gesuiti attirati dalle ideologie della Teologia
della liberazione, ispirata al marx-leninismo. La sua azione tra gli emarginati argentini era guidata,
come per tanti santi, dalla carità evangelica, non aveva bisogno di contestare Chiesa e Papi, di
proporre nuove teologie e nuove morali per mettere in pratica l'esortazione di Gesù a farsi poverotra i poveri.
C'è un altro «marchio cattolico» che contrassegna i preti e i laici dell'impegno sociale che
dicevamo: la devozione mariana. Nelle prospettive cristiane «adulte» e «aperte» si rifiuta la
devozione tradizionale alla Vergine, con santuari, pellegrinaggi, rosari; Maria, quando ci si ricorda
di lei, è semmai una combattente, una ispiratrice per la lotta di classe, con quel suo Magnificat di
cui si dà una lettura politica. Anche in questo papa Francesco mostra la sua continuità con i fratelli
nella fede che hanno scalato le vette della santità sporcandosi fino in fondo le mani nei bassifondi
della società: tutti, senza eccezione, sono stati ardenti fautori di quella che sempre e solo hanno
chiamato «la Madonna». La prima sortita, il mattino dopo l'elezione, ha voluto avesse per meta la
basilica di Santa Maria Maggiore, dove ha sostato in preghiera davanti all'immagine venerata da
sempre dal popolo romano. Nel pomeriggio dello stesso giorno ha voluto recarsi a recitare il rosario
nella grotta di Lourdes, riprodotta a grandezza naturale nei giardini vaticani. I suoi discorsi a
braccio o letti non dimenticano mai una invocazione alla Vergine. Giusto l'altro giorno ha
annunciato che appena possibile volerà a Cagliari, a venerare la Madonna di Bonaria che ha dato il
nome alla sua Buenos Aires.
Quanto all'inedito nome che ha voluto assumere: si è spesso dimenticato che la singolarità di
Francesco — quella che non ebbero tanti altri predicatori medievali e no — è l'obbedienza docile
alla Gerarchia, la venerazione per il papato, l'orrore per l'eresia. L'uomo di Assisi fu un cattolico
obbediente, non un rivoltoso o anche solo un critico della Chiesa istituzionale.
Insomma: ci sarà tutto il tempo per seguire gesti e parole di colui «che è stato chiamato a Roma
dall'altro capo del mondo». Ma occorrerà ricordare, innanzitutto, chi sia davvero Jorge Bergoglio,
prima di tentare analisi e giudizi errati in radice, rivestendo il nuovo Papa di panni non suoi.

di Vittorio Messori
in “Corriere della Sera” del 20 maggio 2013

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