ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 13 luglio 2013

Seduti in quel giardino.


 Nuovi dubbi sulla strana diarchia in Vaticano

Al direttore - L’emblematica immagine dei due papi, il “regnante” Francesco e l’“emerito” Benedetto XVI, seduti uno a fianco all’altro per l’inaugurazione della statua di San Michele dinanzi al governatorato in Vaticano ha dimostrato quanto si sia rapidamente raggiunta la più totale assuefazione rispetto a quella che è, in realtà, una sconcertante anomalia, ha richiamato, nell’ormai dilagante confusione, i rischi di una latente immagine di chiesa diarchica.

Già lo scorso marzo, il canonista Carlo Fantappiè notò che la rinuncia di Benedetto XVI avrebbe potuto porre “gravi problemi sulla costituzione della chiesa, sulla natura del primato del Papa nonché sull’ambito ed estensione dei suoi poteri dopo la cessazione dell’ufficio”. Eppure, la Sala stampa vaticana, dopo il fatidico 28 febbraio, assicurò che il Papa tedesco si sarebbe “nascosto al mondo” ritirandosi monacalmente in preghiera. E se ciò non avviene, cosa provoca il risalto mediatico dato dalla compresenza dei due papi se non confusione sull’effettivo esercizio del ministero petrino e sulla “plenitudo potestatis” data dall’investitura divina? L’enorme anomalia, sottolinea la teologa romana Maria Guarini, non sta tanto nelle dimissioni di Ratzinger e nella successiva elezione del Papa argentino, quanto, piuttosto, “nella contestuale presenza, addirittura ostentata, di un Papa in ‘servizio contemplativo’ a fianco del Papa in ‘servizio attivo’”. Questa distinzione tra persona e ufficio, continua Guarini, “suscita ancor più confusione perché può lasciar pensare che l’ufficio riguardi solo l’‘esercizio attivo del ministero’ che si esaurirebbe con la rinuncia, escludendo in termini apodittici e non probatori che il ‘potere giurisdizionale’ possa esistere separato dalla investitura divina su cui è fondata quella ricevuta dal voto dei cardinali elettori dopo l’accettazione e la indicazione del nome. E’ per questo che il papato rischia di esser ridotto a mera ‘funzione’ collegata principalmente alle capacità fisiche e contingenti. Oppure si può cadere nella strana e inedita dicotomia di due papi, uno ‘emerito’, l’altro ‘facente funzioni’”. E tutto questo senza considerare le conferme derivanti dalla contraddizione terminologica: il mantenimento del titolo di ‘Papa emerito’ di un vescovo emerito che, sempre stranamente, continua a conservare il nome, l’abito e lo stemma papali. Questa sostanziale parità diarchica tra i due papi nel linguaggio dei simboli, inoltre, è stata  eccezionalmente riportata (e, di questo, ne sfuggono le motivazioni) anche nella perenne attestazione nella pietra ai piedi della statua inaugurata: i due stemmi papali con la dicitura “Benedictus PP. XVI Anno VIII/Franciscus PP. Anno I”, Benedetto nell’anno VIII del proprio pontificato (la rinuncia non appare?) e Francesco nell’anno primo.
Tale rischio di chiesa apparentemente bicefala, anche se (ovviamente) non espressamente ufficializzata, si manifesta accentuata agli occhi dei fedeli anche in quella imprecisa definizione, usata del resto da Papa Bergoglio stesso, di “enciclica a quattro mani”. Naturalmente, non vi è nessuno scandalo nel contributo, in un documento ufficiale, di più collaboratori (anche se la firma è del “regnante”: non sarebbe possibile altrimenti), quanto piuttosto rimane perniciosa l’idea strisciante di enciclica scritta da due Papi ufficialmente posti simbolicamente alla pari.
di Mattia Rossi

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