ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 31 agosto 2013

A lui la parola

Se il nuovo segretario di Stato sarà, come è dato per scontato, il veneto Pietro Parolin, 58 anni, oggi nunzio in Venezuela e tra il 2002 e il 2009 sottosegretario agli esteri della Santa Sede, chi ne volesse un biglietto di presentazione un po’ originale non ha che da leggere il resoconto che egli redasse nel marzo del 2007 di ritorno da una “missione” in Vietnam.
Il resoconto terminava così:

“Mi ha profondamente impressionato il modo di pregare delle persone, compreso, attento e devoto e, nello stesso tempo, molto coinvolto sul piano comunitario: bambini e adulti, giovani e vecchi, uomini e donne cantano e rispondono insieme. Mi hanno colpito l’amore, l’attaccamento e la fedeltà nei confronti del vescovo di Roma, sentimenti dei quali abbiamo ricevuto prove continue.
“È una Chiesa coraggiosa, dinamica, piena di vitalità, di cui sono segno, tra l’altro, i numerosissimi candidati al sacerdozio e alla vita religiosa.
“È una Chiesa che si impegna a favore della società e si prende cura di quanti sono nel bisogno e nella necessità, mentre desidera di poter dedicare un maggior impegno nell’ambito educativo e sociale, per offrire un contributo sempre più qualificato ed efficace al paese e a tutti i suoi abitanti, a prescindere dal fatto che siano credenti o meno, o che appartengano all’uno o all’altro gruppo religioso.
“È una Chiesa, infine, che assume consapevolezza dei problemi legati alla rapida industrializzazione del paese e al tumultuoso sviluppo economico (il Viet Nam, con un tasso di crescita dell’8,4 per cento previsto per il 2007, è al secondo posto tra le economie del mondo che si sviluppano più rapidamente) e che intende prepararsi a rispondere a questa nuova situazione, per continuare a essere sale e lievito e illuminare tutti con il lieto annuncio del Vangelo”.
Ma il resoconto va letto per intero, per avere un’idea della personalità dello scrivente, dalla sua competenza, della sua solidità, della sua sensibilità spirituale.
Parolin lo scrisse per la rivista “30 Giorni” e www.chiesa lo ripubblicò integralmente:


Segretario di stato

Finisce l’èra di Bertone. Perché Bergoglio ha voluto anticipare i tempi scegliendo Pietro Parolin

Con Papa Francesco ogni sorpresa è possibile, ma se tutto andrà come sembra, oggi alle 12 terminerà la stagione di Tarcisio Bertone alla guida della segreteria di stato.Al suo posto andrà (con la provvisoria carica di pro-segretario di stato, visto che non è ancora cardinale) monsignor Pietro Parolin, attuale nunzio apostolico in Venezuela. Cinquantotto anni, diplomatico di carriera con alle spalle una lunga esperienza in curia. Vicentino, sacerdote dal 1980, sei anni più tardi è entrato nel servizio diplomatico vaticano, venendo prima mandato in Nigeria e successivamente in Messico. Dal 1992, poi, è stato inquadrato nella seconda sezione della segreteria di stato, divenendone sottosegretario dieci anni più tardi. Sul suo tavolo sono passati alcuni tra i dossier più delicati: dalle relazioni con il Vietnam (è lui l’artefice della ricomposizione dei rapporti con Hanoi, al punto che si era parlato tempo fa di un possibile viaggio di Benedetto XVI nel paese del sud-est asiatico) alla questione cinese. Ed è sempre Parolin ad aver lavorato alla lettera scritta e inviata da Benedetto XVI nel maggio del 2007 ai cattolici cinesi. Il diplomatico vicentino è stato il tramite tra Roma e Pechino (dove si è recato in visita almeno due volte), imbastendo un dialogo frenato non solo dalle autorità politiche locali ma anche, spesso, da parte del clero cattolico cinese, timoroso che la Santa Sede potesse finire per fare concessioni al regime. Un lavoro paziente e certosino che gli è valso l’ammirazione di Ratzinger, che il 2009 decise di promuoverlo arcivescovo (sarà il Papa stesso a ordinarlo nella basilica vaticana) e lo inviò come nunzio apostolico a Caracas, a rapportarsi con Hugo Chávez e la sua repubblica bolivariana. Ed è qui che ancora una volta mette in mostra le sue doti di gran mediatore e allaccia rapporti con l’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. Non è un caso che alla vigilia dello scorso Conclave, Parolin dicesse in un’intervista concessa al giornale degli italiani in Venezuela che “l’America latina ha tutti i titoli per poter esprimere un Papa”. Non si deve dimenticare, aggiungeva, che “è il continente dove vive la maggioranza relativa dei cattolici del mondo. Si tratta di una chiesa viva, presente nella società, cosciente della sua vocazione di discepola e missionaria”. Chiara l’uniformità di vedute con colui che sarebbe poi diventato Pontefice.

Una scelta nel solco della tradizione
La nomina di Pietro Parolin non è comunque una sorpresa. Fin dai giorni immediatamente successivi all’elezione di Bergoglio il suo nome compariva nella lista dei più accreditati ad avvicendare Tarcisio Bertone. Insieme a lui, si diceva nei corridoi vaticani, erano tenuti in considerazione il cardinale Giuseppe Bertello (attuale presidente del governatorato) e il nunzio a Parigi, Luigi Ventura. Più defilato, invece, il sostituto alla segreteria di stato, mons. Giovanni Angelo Becciu. Ancora una volta, a prevalere è stato il rapporto personale e di fiducia che il Papa gesuita ha con i suoi collaboratori. Parolin è considerato uno dei diplomatici più solidi e preparati in forza alla Santa Sede e gode di notevole stima e considerazione tra i colleghi nunzi, che potrebbero aver giocato un ruolo non indifferente nel convincere Francesco – durante gli incontri dello scorso giugno – che quello era il nome giusto su cui puntare. Il futuro segretario di stato appare slegato dalle tradizionali cordate curiali, quelle che negli ultimi anni hanno assestato più di un colpo al pontificato ratzingeriano. Insomma, non è né sodaniano né bertoniano. Con Parolin si ritorna alla tradizione, dopo la parentesi del salesiano Bertone. Il numero due del Papa torna a essere un diplomatico di carriera, come è accaduto quasi sempre nell’ultimo secolo e mezzo. In un primo momento, prima di procedere all’avvicendamento, sembrava che Francesco volesse attendere almeno la prima riunione del consiglio degli otto cardinali chiamato a studiare l’aggiornamento della costituzione apostolica Pastor Bonus che regola il funzionamento della curia romana, e che in teoria potrebbe toccare anche il ruolo del “primo ministro” del Papa. Ma la necessità di scegliere il segretario di stato al più presto si è rivelata un’esigenza non più procrastinabile. Decisivo è stato il parere non solo dei nunzi giunti a Roma lo scorso giugno, ma anche di importanti cardinali (l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, su tutti) che hanno fatto presente a Bergoglio che il momento per sostituire Bertone era ormai giunto. La riforma della curia sarà un processo lungo e dai tempi incerti, ecco perché si è scelto di non legare il destino del segretario di stato all’iter che seguirà la commissione cardinalizia istituita lo scorso aprile. Monsignor Parolin entrerà in servizio a Roma non prima di ottobre, rispettando così la prassi che vuole un passaggio di consegne soft tra l’uscente e il subentrante. Nel 2006, la nomina di Bertone fu annunciata a giugno per essere operativa solo tre mesi più tardi. All’ex arcivescovo di Genova rimarranno ora la carica di camerlengo e quella (più rilevante e controversa) di presidente della commissione di vigilanza sullo Ior.
La nomina del pro-segretario di stato è stata preceduta da quella, altrettanto importante, del nuovo segretario generale del governatorato. Sabato scorso era stato avvicendato mons. Giuseppe Sciacca (destinato alla Segnatura apostolica), e ieri il Papa l’ha sostituito con padre Fernando Vérgez Alzaga, attuale direttore delle Telecomunicazioni dello stato della Città del Vaticano. Spagnolo, membro dei Legionari di Cristo, è stato per lungo tempo segretario particolare del cardinale argentino di origini friulane Eduardo Francisco Pironio.

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