“L’aspetto interessante di Francesco è che non è ancora evidente il tipo di cultura teologica che esprime”, commenta Faggioli: “Per ora si può dire che è una teologia spirituale, il che comporta che la sua visione di chiesa sia essenzialmente spirituale e pastorale, e quindi non dogmatica, storica o sociologica”. Lo storico del Cristianesimo contesta però che quello di Bergoglio sia, per usare le parole del superiore della Fraternità di San Pio X, Bernard Fellay, “un relativismo assoluto”. Niente affatto: “Tentiamo di applicare al Papa attuale una categoria di matrice ratzingeriana. Francesco, molto più semplicemente, rappresenta bene i dilemmi dei cattolici d’oggi. I tradizionalisti dicono che è un Papa che eccede, che vuole parlare più al mondo, al di fuori della chiesa che dentro la chiesa. Non sono d’accordo”. Il Papa soldato d’Ignazio devoto a Pedro Arrupe “mette in chiaro il fatto che nella vita di tutti i giorni del cattolico ci sono dilemmi e paradossi. Ci sono, cioè, certe cose cui non può essere applicato un teorema per dire che due più due fa quattro. E ciò comporta dei compromessi, delle mediazioni. Questo non è relativismo. E’ sincerità, onestà. Bergoglio è un Papa che non pretende che le cose siano semplici, come spesso facevano i suoi predecessori”. Il suo, insomma, è un approccio pastorale radicato nel Concilio. Francesco, però, non vuole esaltarne spirito e atti. Non si pone neppure il problema: “E’ diventato prete nel 1969 – dice Faggioli – e per lui il Vaticano II non è più materia di discussione. E’ un fatto. Mai mette in dubbio che la sua chiesa debba essere quella uscita dall’assise ecumenica voluta da Roncalli. Bergoglio non pensa il Concilio come un tema di discussione”. Lo si vede anche dalla liturgia: “Il Papa su questo fronte ha usato prudenza, parlando di ermeneutica della continuità e della discontinuità. Però è chiaro che per lui la liturgia della chiesa non può che essere quella conciliare, nonostante i tentativi di questo ultimo decennio tesi a invertire la rotta”. E questo è un punto di rottura con i predecessori: “Wojtyla e Ratzinger erano così legati al Concilio che il loro Magistero ne era quasi un sequel”.
Se a San Pietro le folle trattano il Pontefice argentino alla stregua di una rockstar, tirandogli rosari, pupazzi, bandiere e t-shirt d’ogni sorta, a migliaia di chilometri di distanza c’è chi guarda con diffidenza al nuovo corso. “La chiesa americana è il punto critico di Francesco”, sottolinea Faggioli – che ha curato la traduzione dell’intervista papale alla Civiltà Cattolica per America magazine. “Il fatto è che quella degli Stati Uniti è una chiesa polarizzata come nessun’altra al mondo; inoltre Bergoglio ha una conoscenza della realtà anglofona abbastanza scarsa. Basti vedere come parla della teologia delle donne, è chiaro che non è il suo linguaggio”. E questi aspetti non vengono taciuti, tutt’altro. “Per Francesco rappresenteranno un problema, perché spesso i problemi della chiesa americana si ripercuotono poi sulla chiesa intera”. E il fatto che “il politicamente corretto non sia il suo linguaggio”, non lo aiuta.
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