Concistoro senza automatismi che premia il Sud del mondo
I criteri che ha seguito, i “messaggi” che ha inviato e i processi che ha innescato Papa Francesco nello scegliere i suoi primi cardinali
Le scelte operate da Papa Francesco nella sua prima performance da “creatore” di cardinali sono piene di suggestioni, non solo per i nomi selezionati. Anche in questa circostanza, il modus operandi dell’attuale successore di Pietro ha raccontato la sua percezione della natura della Chiesa.
Rispetto delle regole.
Nel suo primo concistoro da vescovo di Roma, Papa Francesco sceglie di attenersi alle regole certe in vigore per la creazione di nuovi cardinali: supera di pochissimo la soglia dei 120 cardinali sotto gli ottant’anni – e quindi con diritto di voto in un eventuale Conclave - stabilita da Paolo VI e confermata da Giovanni Paolo II nella Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, poi abbondantemente superata in più occasioni dallo stesso Papa polacco (che nel Concistoro del 2001 portò i cardinali con meno di ottant’anni al numero record di 135) e dal suo successore. I nuovi porporati sotto gli ottant’anni scelti da Bergoglio sono solo 16, i potenziali canditati erano molti di più. Tre delle berrette distribuite in Curia vanno ai capi di tre dicasteri – il Segretario di Stato Pietro Parolin, il Prefetto dell’ex Sant’Uffizio Gerhard Ludwig Müller e quello della Congregazione per il Clero Beniamino Stella – che a norma della Costituzione apostolica Pastor Bonus devono essere guidate da un cardinale. A loro si aggiunge il segretario del Sinodo dei Vescovi Lorenzo Baldisseri, a capo di un organismo – la segreteria generale del Sinodo – che non appartiene in senso stretto all’organigramma curiale.
Sud batte Nord 9 a 3.
Dei nuovi cardinali con diritto di voto, la maggioranza assoluta (9 su 16) proviene da America Latina, Asia e Africa. Lo scarto tra sud e nord del mondo cresce se tra i cardinali con meno di ottant’anni si prendono in considerazione solo i non curiali. Così Papa Bergoglio continua il processo già iniziato da Benedetto XVI che con la sua ultima creazione di cardinali – 7 nuove porpore “votanti”, tutte extraeuropee e extracuriali – aveva puntato a correggere la composizione fortemente sbilanciata del Collegio cardinalizio. Il polo negativo da cui ci si vuole allontanare è quello raggiunto dal Concistoro del febbraio 2012, quando gli squilibri nella distribuzione del corpo elettorale cardinalizio avevano toccato livelli imbarazzanti: su 125 cardinali votanti, 67 erano europei, e ben 30 italiani (quasi un quarto del corpo elettorale del Conclave, proveniente da un Paese dove vive il 4 % della popolazione cattolica globale). I nordamericani erano saliti a 15, quando da tutta l’America Latina – dove vivono il 43 % dei cattolici di tutto il mondo - si contavano solo 22 porpore con diritto d’ingresso in Conclave. E mentre quelle che affollavano la Curia vaticana erano ben 44. (più del 35% del totale).
Se nelle prossime creazioni cardinalizie Papa Bergoglio proseguirà su questa linea prospettica, si può immaginare un progressivo dimagrimento percentuale delle porpore italiane e di quelle curiali. Presidenti di dicasteri vaticani che in passato hanno avuto a capo un cardinale dovranno assuefarsi all'idea di rimanere collaboratori del Papa senza entrare nel Collegio cardinalizio. Pur senza inseguire astratti criteri proporzionalisti, sarà probabile una graduale redistribuizione geografica delle porpore più in linea con quella del popolo cattolico, a prevedibile vantaggio delle ex “Chiese-cenerentole” latino-americane.
Più pastori, meno vescovi-teologi
La connotazione riequilibrante dei primi cardinali creati da Bergoglio non sembra toccare solo la dimensione geografica. Molti dei nuovi porporati votanti, prima di diventare vescovi, sono stati parroci per lunghi periodi della propria vita: è accaduto ad esempio al burkinabè Philippe Ouèdraogo e all'arcivescovo di Seoul Andrew Yeom soo-jung, discendente di uno dei martiri coreani. Il salesiano cileno Ricardo Ezzati Andrello e il cistercense brasiliano Orani João Tempesta hanno operato a lungo nelle realtà pastorali e educative legate alle rispettive congregazioni. Il canadese Gérald Cyprien Lacroix, membro dell’Istituto secolare Pio X (di cui è anche stato direttore generale) e successore del cardinale Ouellet alla guida dell’arcidiocesi di Quebec, ha vissuto una esperienza missionaria lunga nove anni in Colombia. Anche l’inglese Vincent Nichols, prima di diventare vescovo, è stato parroco e ha operato in istituzioni educative dedite anche alla formazione pastorale. Nel drappello di nuovi cardinali votanti, l’unico teologo “professionista” è – per forza di cose – il tedesco Müller. Nel complesso, la squadra dei nuovi porporati – tutti divenuti già arcivescovi sotto il pontificato di Papa Ratzinger – si presenta composita, non riconducibile a “partiti” o a categorie ecclesiali omologanti.
Discrezionalità eloquenti.
In molti Concistori del passato anche recente, non era difficile indovinare le pressioni esercitate da cordate ecclesiali o da qualche uomo forte della Curia che avevano determinato le liste di nuovi cardinali. Stavolta i dietrologi rischiano di andare in confusione. Nel rispetto fermo delle regole canoniche, Papa Francesco ha sfruttato senza timidezze l’ampio margine di discrezionalità che compete al vescovo di Roma nella scelta dei suoi collaboratori cardinali. I nomi per riempire i posti disponibili li ha scelti lui. Non ha raccolto i desiderata di più di una lobby ecclesiastica. Con alcune delle scelte più spiazzanti ha voluto inviare anche messaggi forti e facili da decifrare, in piena consonanza con le parole e lo sguardo sulla Chiesa da lui espresso nel suo magistero quotidiano. Così, il 55enne Chibly Langlois diventerà il primo cardinale di Haiti, l’isola-santuario di tutte le contraddizioni e le sofferenze latinoamericane. E il secondo cardinale “votante” delle Filippine nell’attuale Collegio – Orlando Beltran Qevedo– verrà da Mindanao, l’isola più povera e martoriata dell’Arcipelago. Mentre la porpora conferita all’arcivescovo di Perugia Gultiero Bassetti – già cooptato tra i membri della Congregazione per i vescovi - rappresenta anche l’ennesimo messaggio inviato da Papa Francesco all’episcopato italiano.
Aboliti gli scatti di carriera.
Papa Bergoglio sa distinguere tra consuetudine ecclesiastica e Tradizione. Sa che non c’è nessuna diocesi al mondo che sia “cardinalizia” per statuto divino o per definizione di diritto canonico. Alcune scelte fatte in questo Concistoro – come l’inclusione nella lista dell'arcivescovo di Perugia (dove la porpora mancava dai tempi dello Stato Pontificio) e la simultanea assenza di capi di altre sedi diocesane più avvezze al cardinalato come Torino e Venezia – fanno pensare che anche in futuro Papa Francesco potrà continuare a scegliere i suoi cardinali senza sottostare alle regole non scritte del «si è sempre fatto così» (Evangelii gaudium, 33). Così potrà restringersi in maniera considerevole la rosa di arcivescovi diocesani persuasi di dover ricevere ex officio, presto o tardi, la berretta cardinalizia.
Scardinando l'automatismo che collega la guida di alcune diocesi al cardinalato, si innescherebbero col tempo processi auspicati dal sensus Ecclesiae di Bergoglio: da un lato, disarmerebbe almeno in parte la frenesia dei singoli o delle cordate ecclesiastiche che si muovono per piazzare propri “fedelissimi” nelle arcidiocesi considerate finora “sicure” e così garantire il loro accesso nel Collegio cardinalizio. Inoltre, si porrebbe un freno alla perversione clericale che suddivide le diocesi in classi di prestigio. Quella concezione mondana per cui ci sono diocesi «di fascia bassa», dove diventare vescovi equivarrebbe a una diminutio o – addirittura – a una punizione.
Invece, dal punto di vista sacramentale, il vescovo di qualche sperduta isola del Pacifico è rivestito della pienezza del sacerdozio come il cardinale arcivescovo di Milano e quello di Parigi. Tutti e tre in questo sono uguali, e sono chiamati a servire il popolo di Dio con la stessa sollecitudine dimentica di sé. La Chiesa di Cristo funziona così. E Papa Francesco cerca di suggerirlo in ogni gesto e in ogni scelta..GIANNI VALENTE
CITTÀ DEL VATICANO
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/cardinali-cardinals-cardinales-31188/
Cei
Gualtiero Bassetti, futuro cardinale arcivescovo di Perugia, toscano di nascita, ha ricevuto l'ordinazione episcopale da Silvano Piovanelli, che era compagno di Ernesto Balducci e Lorenzo Milani, un pezzo di quella Chiesa fiorentina anche benelliana che ha esercitato un ruolo di peso nel Novecento italiano e nel Concilio. Bassetti oggi ha commentato con gioia il «riconoscimento» papale all'Umbria e ha voluto ricordare anche la porpora al non elettore Loris Capovilla, considerandola da parte di papa Francesco «un rimando diretto alle indicazioni del Concilio Vaticano II». Il quadro che risulta da questa creazione cardinalizia è particolarmente significativo per la Conferenza episcopale italiana, per la quale forse il Papa pensa alla elezione diretta del presidente. Elezione diretta che richiederebbe una modifica degli statuti e porrebbe in una posizione delicata l'attuale presidente Angelo Bagnasco, il cui mandato è lontano dalla scadenza. La «porpora» a Gualtiero Bassetti, arcivescovo in quella Perugia il cui ultimo arcivescovo a possederla fu alla fine dell'Ottocento il futuro Leone XIII, potrebbe diventare una sorta di rivoluzione per la Chiesa italiana. E va certo letta anche alla luce della recente scelta bergogliana di nominare segretario «ad interim» della Cei Nunzio Galantino. Bassetti sarà cardinale da una sede di non alto livello secondo il Cencelli ecclesiale tanto caro alla burocrazia delle diocesi e dei media. E questo mentre diocesi tradizionalmente ritenute cardinalizie, come Torino o Venezia, restano al momento senza cardinale. Spiazzati e disarmati i compilatori di liste da sottoporre e tentare di imporre ai papi, i pianificatori di carriere ecclesiastiche dall'uscita del seminario fino alla consegna della berretta. E questo mentre Galantino, vescovo del sud amato dal suo popolo ma sconosciuto ai più, si trova a fare il segretario della Conferenza episcopale facendo il pendolare con Roma e occupandosi tra l'altro di quell'accorpamento delle diocesi italiane a cui papa Francesco guarda con favore, come ha detto incontrando lo scorso maggio i vescovi italiani riuniti in assemblea generale. Bassetti non è mai stato in nessuna lista «forte», così come Galantino pare abbia ottenuto un solo voto nel minisondaggio tra i vescovi italiani per indicare a papa Bergloglio un nome per sostituire Mariano Crociata alla segreteria della Cei. Fonti affidabili si sentono di assicurare che quell'unico voto glielo avrebbe dato proprio Bassetti.
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