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martedì 25 marzo 2014

La tele religione

Suora canterina e don Matteo superstar La tv con la tonaca benedice gli ascolti

La serie sulla Bibbia, la suora di The Voice, Don Matteo: la tonaca aumenta sempre gli ascolti

A fare i conti ci vuol poco: i tele religiosi benedicono gli ascolti tv. E non solo quelli. Basta una tonaca e lo share aumenta, la timeline di Twitter impazzisce, il dibattito dilaga in tempo reale su tutto il web e poi, di conseguenza, in tv e sulla carta stampata.







Risultato garantito, prendete The Voice con la suora che, dopo un'apparizione di pochi minuti, ha fatto il giro del mondo manco fosse un fenomeno virale. Ed è una novità perché, a parte pochissime eccezioni, i due mondi, quello televisivo e quello ecclesiastico, sono rimasti sempre distanti, guardinghi, cauti. È vero che quando la Rai iniziò le trasmissioni, giusto sessant'anni fa, Papa Pio XII consigliò gli alti(ssimi) prelati di non essere diffidenti con il nuovo mezzo di comunicazione. Ma la diffidenza (reciproca) è rimasta. Ora siamo in un'altra epoca, definitivamente.

E gli effetti si vedono.
L'ultimo caso è la prima puntata della Bibbia, che l'altra sera è diventata la miniserie più vista di sempre su Retequattro (4milioni e 106mila spettatori, con il 14.70 per cento di share e picchi del 19.25) facendo dire al direttore di rete Giuseppe Feyles che «il successo dimostra ancora una volta come questo libro stia alla radice della nostra storia». Oddio (è il caso di dirlo), non è certo la prima volta che un kolossal su temi religiosi fa il pieno di ascolti in televisione. Ma quelli erano eventi strategicamente sincronizzati con le massime festività, spesso a ridosso del Natale o della Pasqua, e trainati da cast imponenti o da promozioni infinite. Stavolta no. E anche se la serie vanta un budget da 22 milioni di dollari e un bagaglio di 47 esperti tra teologi, sceneggiatori e studiosi biblici, non ha calamitato il telespettatore grazie a qualche mega attore o a chissà cos'altro. L'ha fatto perché ha intercettato non solo i gusti ma anche i bisogni del pubblico. Specialmente ora. Specialmente in questa particolare, delicata e sbandata fase storica. Adesso Don Matteo, che su Raiuno in quattordici anni ha superato nove edizioni e ogni record di ascolti, non è più una felice eccezione in un panorama televisivo tendenzialmente, e talvolta rigidamente, laico. Sarà l'effetto inevitabile che Papa Francesco ha innescato nella comunicazione globale in modo ancora più rapido di quello già molto pop di Giovanni Paolo II. Come notava qualcuno (ripreso da Dagospia) il suo influsso è stato benefico non solo per la televisione, ma pure per la carta stampata, più disinvolta e fertile nell'occuparsi di temi religiosi. Ma è anche l'espressione di un generico e crescente bisogno di riconoscersi in qualcosa, non necessariamente per fede ma anche solo per semplice, innegabile necessità di immedesimarsi in un simbolo aggregante.
Lo conferma il boom assoluto di Suor Cristina Scuccia, apparsa a The Voice e subito diventata fenomeno mondiale sui social network. Il suo video ieri ha superato i 24 milioni di contatti su YouTube, molti più di quanti il super rapper sudcoreano Psy, quello di Gangnam Style, ne abbia totalizzati nello stesso tempo. Da Whoopy Goldberg ad Alicia Keys, la lista di very important o significative people che si è complimentata è lunga da qui a lì. E in rete è scoppiato l'inferno (pardon). E non certo per la sua performance vocale, emotivamente molto intensa, vocalmente ben supportata pur senza essere straordinaria e comprensibilmente incerta nell'interpretazione, vuoi per l'inevitabile disorientamento di un debutto in tv vuoi perché, giocoforza, cantare su di un palco non è stata (finora) la principale attività di questa siciliana di 25 anni. «Ma sei una suora vera?» le ha pure chiesto Raffaella Carrà al termine dell'esibizione, quasi a render l'idea di quanto tuttora sia imprevedibile quell'abbinamento, il pop e il velo, le parole in musica e il Verbo in abito talare.
Il rischio è che l'uno sovrasti l'altro e giustamente Andrea Laffranchi sul Corriere della Sera ha sottolineato che ora The Voice «deve decidere se essere un programma di intrattenimento o un talent musicale». In ogni caso, ontologia televisiva a parte, rimane l'effetto che fanno i religiosi, veri o simulati, quando appaiono in video. Nel mondo ecclesiastico chissà. Ma per lo share, globalmente inteso come riverbero sulle discussioni collettive, è un toccasana. E, vedrete, non sarà un caso isolato.

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