Il primo anniversario dell’elezione di Papa Francesco produce profluvi di analisi giornalistiche che testimoniano tutte di una “rottura” avvenuta, o percepita. E’ il Papa “dalla fine del mondo”. Ma è interessante notare come la stampa del Primo mondo, dell’occidente anglosassone, faccia fatica a ragionare su quanto sta avvenendo oggi nella chiesa, quasi che gli occhi fossero fermi a quel “buonasera” di un anno fa o giù di lì.
Alla vulgata del Papa che piace. Qualche giorno fa sul Financial Times John Cornwell, giornalista e autoproclamato storico della chiesa (ciononostante lo chiama erroneamente “Francesco I”, nome scelto “in onore del santo medievale che amava gli animali”), non è riuscito ad andare oltre la piattezza di una visione stereotipata: il Papa che si concentra “sui poveri e la pecorella smarrita” e “sui milioni di cattolici che negli ultimi anni hanno lasciato la chiesa in disaccordo con la rigida morale sessuale”. La lettura del Papa “uomo dell’anno di Time e, più notevole ancora, di Rolling Stone” resta per Cornwell confinata sull’inevitabile aggiornamento sessuale. All’opposto un vaticanista attento come John Allen segnala che nel giudicare la “rivoluzione di Francesco”, il primo e più grave errore è proprio la narrativa “Francesco buono, Benedetto cattivo”, à la Rolling Stone. Ma è un rovescio di medaglia che non sfugge al cliché, per Allen la vulgata giusta è invece quella continuista: niente paura, non è successo nulla, Bergoglio sta solo attuando le riforme che Ratzinger avrebbe voluto fare. Il fattuale Economist, che tratta la religione come un elemento del mercato globale, ricorda che secondo il Pew Research due terzi dei cattolici americani e metà degli americani tutti sono convinti che il nuovo Papa abbia portato “un cambiamento in meglio” e che la demografia mondiale aiuterà la chiesa, ma non si trovano nuovi frequentatori della messa. Per il resto, tra critiche liberiste di Rush Limbaugh e riflessioni sul peronismo, esce una lettura che non si discosta dalla sociologia.
L’impressione è che il giornalismo anglosassone – la cultura anglosassone che è per così dire la miglior coscienza cui anche noi apparteniamo – riesca solo a vedere la chiesa cattolica come un ingombro del passato, chiamata a uniformarsi al secolo, o da valutare dentro a uno scontro di natura tutta mondana e dall’esito scontato. Bergoglio? Al massimo uno che fa pulizia con una ramazza più robusta e aperturista di Ratzinger. Che la chiesa di Francesco si stia interrogando sul senso della sua identità dottrinale e dei suoi sacramenti; che ponga domande sullo specifico dell’essere umani, del sesso e della famiglia; che registri il baratro dell’occidente o che sia tentata di adeguarvisi per un istinto di sopravvivenza missionaria, tutto questo, che coinvolge la profondità della nostra cultura ebraico-cristiana e la struttura delle nostre società, e meriterebbe una lettura meno bidimensionale dello schemino solito, sembra estraneo al pragmatismo manicheo-anglosassone.
“Buonista, demagogico” Tutti i dubbi dei curiali e dei giornalisti Teocon
di Giacomo Galeazzi
in “La Stampa” del 12 marzo 2014
A tempo di record, il primo a dissentire da Francesco è stato il giornalista e politico Magdi Cristiano
Allam. A poco più di una settimana dalla fumata bianca l’ex vicedirettore del Corriere della Sera
(battezzato da Benedetto XVI a Pasqua 2008) ha abbandonato il cattolicesimo in polemica con la
«papalatria» e il «buonismo fisiologico» di una Chiesa, quella di Bergoglio, che legittima «l’Islam
come vera religione» e si erge «a massimo protettore di immigrati e clandestini». In appena un anno
di pontificato Francesco ha cambiato il clima attorno e dentro le Mura leonine. Ma in Italia non
sono mancate le critiche, spesso innescate dal «decisionismo» di Bergoglio verso la Cei, lenta nel
sintonizzarsi con il pontificato: sostituzione di Mariano Crociata con Nunzio Galantino nello
scranno-chiave di segretario generale, un cambio che ha avuto come prima conseguenza
l’allontanamento del ruiniano Dino Boffo dalla direzione di Tv2000, l’emittente dei vescovi.
Tanta gente comune lo ama e lo guarda con simpatia, ma c’è anche chi dice che i suoi atteggiamenti
sarebbero «pauperistici» e «demagogici». Dal punto di vista mediatico questa opposizione si
esprime per lo più sui alcuni siti web: ci sono coloro che rimpiangono le battaglie bioetiche sui
principi non negoziabili, come il blog del vaticanista dell’Espresso Sandro Magister. Ma critiche
quotidiane si leggono anche sul quotidiano «Il Foglio», che ha rivolto un appello affinché il Papa
mostri i muscoli in risposta alle pesanti osservazioni dell’Onu sulla gestione dell’emergenza
pedofilia, ottenendo tra l’altro le firme di alcuni storici esponenti di Cl. Osserva il cardinale
Francesco Coccopalmerio, presidente del dicastero dei Testi legislativi, che Francesco in un anno ha
rivoluzionato il rapporto tra il Papa e i fedeli esprimendo una reale vicinanza alle persone. Ma «nei
centri di potere ci sarà sempre chi dà motivi di divisione e di tensione».
Qualche malumore non si percepisce soltanto tra quei vescovi che storcono il naso di fronte allo
stile e alla semplicità di Papa Francesco, perché nostalgici di alcune forme (abiti e protocollo) o
perché interpreti di una Chiesa che si sente quotidianamente «in trincea». L’agenda di Bergoglio, i
suoi richiami sulla povertà e la giustizia sociale, la sua minore insistenza sulla bioetica lasciano
spaesati anche quei parlamentari che proprio sui temi bioetici, con il quotidiano supporto delle
gerarchie, avevano costruito i loro percorsi politici.
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201403/140312galeazzi.pdf
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