Socci vs Introvigne? Nessuno dei due convince
Anche se il clima ferragostano avrà un po’ fatto passare in sordina la cosa, nel mondo cattolico italiano si è consumata una rottura che rischia seriamente di spaccare in modo netto e definitivo la cultura cattolica cosiddetta “conservatrice”; una rottura che peraltro è solo l’epilogo e la conseguenza di ben più profonde divisioni all’interno del cattolicesimo in generale.
Ci riferiamo al botta e risposta tra Antonio Socci e Massimo Introvigne, originato dalla dura presa di posizione del primo contro Papa Francesco, a suo dire troppo silente ed esitante nel denunciare i crimini dei jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante nei confronti dei cristiani. Un duroj’accuse che segue numerosi articoli con cui Socci, ormai da mesi, sottolineava i misteri e le incongruenze dell’abdicazione di Benedetto XVI, quasi a voler dimostrare una sorta di complotto ai danni del “papa emerito”, il tutto tra allusioni profetiche e presagi apocalittici. Un attacco con cui il giornalista toscano sembra aver fatto finalmente “outing” da “scismatico ratzingeriano”: per lui il vero Papa, almeno questo emerge dai suoi interventi, sarebbe ancora Benedetto, il cui successore si dimostrerebbe indegno del ruolo ogni giorno di più.
Intendiamoci, anche noi avremmo preferito toni più forti da Oltretevere sull’immane tragedia vissuta dai cristiani iracheni. E non si può non dare ragione a un laico intelligente come Cacciari quando dice che la posizione del Papa, espressa con argomenti da funzionario Onu più che da Vicario di Cristo (“sì all’intervento ma non ai bombardamenti”), pur giusta nel rifiutare l’interventismo unilateralista, ne esca ridotta e indebolita. Ma almeno sul piano della diplomazia, dalla crisi siriana in poi quella di Francesco è stata una condotta tutto sommato apprezzabile: non è certamente su questo che si addensano i dubbi più fondati. Inoltre, dai neocon come Socci, in passato schierati sciaguratamente proprio sull’Iraq con la rovinosa guerra voluta da Bush, una delle cause del rafforzamento dell’islamismo radicale nell’area, ci si sarebbe aspettata più autocritica sul tema, anziché appelli alla crociata.
Ci sembra insomma che Socci, pur partendo da una giusta indignazione, nonché un comprensibile senso di inquietudine per gli aspetti non chiariti dell’abdicazione di Ratzinger, finisca con il mancare il vero obbiettivo della questione, e non potrebbe essere diversamente per chi crede che la crisi della Chiesa sia esplosa solo dopo la rinuncia di Benedetto, come se prima tutto andasse a meraviglia e fossero bastate le pur lodevoli iniziative del “papa emerito” a invertire una profonda crisi ecclesiale che data ormai da decenni.
Quanto a Introvigne, il leader di Alleanza Cattolica, coerentemente con una posizione ormai consolidata, svolgendo il ruolo di irriducibile “pasdaran” del Papa, di qualsiasi Papa, non ha perso occasione per difendere a spada tratta Bergoglio, in questa come in altre occasioni, anche quelle dove francamente è difficile fare gli zuavi pontifici a oltranza, come la vicenda delle interviste a Scalfari, o quella della visita alla comunità protestante campana. Ma sono alcune parole in particolare, nell’articolo in cui Introvigne ha replicato a Socci, che ci lasciano a dir poco perplessi e ci sembrano confermare, sia pure contro le intenzioni dell’autore, come il terreno dell'“ermeneutica della continuità” sia irto di notevoli difficoltà.
“Io NON sostengo – scrive Introvigne nella controreplica a Socci - che Papa Francesco insegna "le stesse cose" del Magistero precedente, meno che mai nello stesso modo. Riconosco le novità, ne attendo anche altre, che accoglierò accettando lealmente le riforme e leggendole nel segno della continuità. Chi non accetta questo metodo non può trincerarsi dietro Benedetto XVI. Perché l'"ermeneutica della riforma nella continuità" è questa, e non autorizza nessuno a rifiutare la riforma in nome della continuità. E certamente non autorizza nessuno a falsificare le posizioni mie e di chi la pensa come me facendoci dire che "non è cambiato niente" rispetto ai Papi che hanno preceduto Francesco. Sono cambiate tantissime cose, accade spesso nella Chiesa, e i cambiamenti vanno accolti interpretandoli con un'ermeneutica cattolica che tenga ferma, accanto alla riforma, anche (ma non "solo") la continuità”.
Ora, saremo senz’altro noi culturalmente limitati, ma proprio non riusciamo a capire come possa un papa insegnare cose nuove (e non solo in modo nuovo) senza contraddire i precedenti, e come possano cambiare cose su questioni del Magistero che dovrebbero essere ormai considerate definite ed acquisite: se si insegnano non “nove”, ma “nova”, più che continuità, la logica ci dice che siamo di fronte a una rottura. "Le cose che dice Francesco" per Introvigne sono “MOLTO DIVERSE da quelle che dicevano i suoi predecessori, così come su alcuni punti le cose che diceva il venerabile Paolo VI erano diverse da quelle che diceva il venerabile Pio XII, e le cose che diceva Benedetto XVI erano diverse da quelle del venerabile Paolo VI”. E’ curioso però come il sociologo non dica, evidentemente perché ne mancano i presupposti, che Pio XII abbia insegnato cose “molto diverse” dai predecessori…
Tra “scisma ratzingeriano” e “papolatria normalista”, insomma, grande è la confusione sotto il cielo cattolico: ci sia però consentito non schierarci né con gli uni né con gli altri, ma di rimanere fedeli alla nostra retta coscienza, a cui, secondo l’insegnamento del beato John Henry Newman, brindiamo prima che a qualsiasi altra cosa o persona.
di Francesco Mastromatteo
Sapete come si chiama il metodo : " cerchiobottismo " . I cerchiobottisti cattolici non amano il si o no, ma il so, il ni , il forse , il può darsi . tutto per loro fa brodo meno che la verità . jane
RispondiElimina