Con rescritto del 3 novembre u.s., la suprema autorità della Chiesa ha emesso – secondo i termini del comunicato ufficiale – una forte riproposizione delle norme in vigore circa il ritiro dal ministero di vescovi e cardinali. A parte l’ossimoro creato dall’accostamento dell’aggettivo forte al termine riproposizione, il contenuto del testo conferma l’impressione iniziale di intervento autoritario in rafforzamento di una prassi che nell’ultimo Concilio ecumenico fu oggetto di un aspro dibattito, conclusosi – come in tanti altri casi – con il trionfo surrettizio del solito partito… dell’innovazione costi quel che costi.
Si ribadisce anzitutto la norma per la quale, compiuto il settantacinquesimo anno di età, il prelato è richiesto di presentare rinuncia al suo ufficio (sulla base del Decreto Christus Dominus al numero 21, il canone 401 del Codice – si badi bene – usa la parola rogatur, non tenetur). Si direbbe che, a quell’età, l’interessato diventasse automaticamente minus aptus al suo ufficio (o si intende forse minus habens per improvvisa demenza senile?). A parte questo, è forse frequente il caso di vescovi o cardinali renitenti o ritardatari?
O ce ne sono magari troppi ancora in carica per il semplice motivo che le loro dimissioni non sono state accolte (dal predecessore del Pontefice attualmente regnante) e il loro incarico è stato legittimamente prorogato? Un richiamo suppone in genere che una regola non sia debitamente osservata…
O ce ne sono magari troppi ancora in carica per il semplice motivo che le loro dimissioni non sono state accolte (dal predecessore del Pontefice attualmente regnante) e il loro incarico è stato legittimamente prorogato? Un richiamo suppone in genere che una regola non sia debitamente osservata…
Con spirito profondamente pastorale e caritatevole si qualifica poi «degno di apprezzamento ecclesiale» che un Pastore, mosso «dall’amore e dal desiderio di un miglior servizio alla comunità», «per infermità o altro grave motivo» rinunci al suo ufficio anche prima del compimento dei settantacinque anni, rassicurato dalla prospettiva della solidarietà con cui la comunità cristiana si prenderà cura di lui… Del tutto inedita – e radicalmente contra legem (visto il canone 193) – appare invece l’ipotesi che «in alcune circostanze particolari» l’autorità competente (che in questo caso non può essere che la più alta) gli chieda di farsi da parte (ossia lo rimuova) senza la necessaria congiuntura di una colpa o inadempienza grave, ma con il solo riguardo di esporgli i motivi della richiesta, ascoltando peraltro le sue ragioni «in fraterno dialogo»…
Astrazion fatta della stomachevole ipocrisia di cui trasuda il testo, redatto in perfetto ecclesialese (attuale lingua ufficiale della Chiesa Cattolica), se l’esempio tipico di questa nuova procedura è la rimozione di monsignor Livieres, che, dopo una visita apostolica di cui non ha conosciuto l’esito, ne è stato informato per telefono senza esser riuscito ad ottenere udienza dal Papa, nel momento stesso in cui la notizia, in sua assenza, veniva resa nota nella sua diocesi con tanto di occupazione dell’episcopio da parte delle forze di sicurezza ed espulsione di tutto il personale (compresa la madre novantenne che vi dimorava), il tutto senza una regolare sentenza né plausibili motivi giuridicamente rilevanti… credo che molti, nella Chiesa, debbano cominciare a preoccuparsi seriamente – forse non un semplice curato di campagna come chi scrive, ma chi sta un po’ più su! E che dire dei siluramenti assolutamente ingiustificati di personaggi irreprensibili come i cardinali Burke, Piacenza, Cañizares Llovera?...
Indubbiamente i vescovi-banderuola (quelli che girano a seconda di come tira il vento), così come gli acrobati del concordismo a tutti i costi (che senza alcun pudore proclamano a oltranza una perfetta continuità tra i due pontificati), possono continuare a dormire sonni tranquilli, stretti stretti agli esponenti della chiesa liberal di cui fino a ieri erano acerrimi nemici. Gli altri (almeno quelli che un barlume di coscienza trattiene ancora dall’allinearsi incondizionatamente al nuovo corso) cominceranno a udire tra capo e collo un sinistro sibilo… di ghigliottina. Tira un’ariaccia di vera e propria epurazione (detta volgarmente purga)… Ma che volete farci, questo esige la “nuova chiesa” dell’incontro, della tenerezza e della misericordia.
P.S.: oggi circola uno strano concetto di dialogo e di ascolto… a meno che questi lemmi non vadano intesi nel senso che potevano eventualmente avere sotto il regime di Josip Stalin e nei processi-farsa di sovietica memoria.
Don Giorgio Ghio http://www.ilgiudiziocattolico.com/1/309/purghe-staliniane-in-corso.html |
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