IL LIVORE ANTICATTOLICO DI KUENG
Il livore anticattolico di Hans Küng mostra senza fronzoli il vero senso della sua teologia. Quello di Hans Küng è un caso abbastanza emblematico della disonestà intellettuale con la quale operano certuni cattolici progressisti di Francesco Lamendola
Il livore anticattolico di Hans Küng mostra senza fronzoli il vero senso della sua “teologia”
Crediamo che quello di Hans Küng sia un caso abbastanza emblematico della disonestà intellettuale con la quale certuni cattolici progressisti, che si definiscono teologi cattolici, mentre sono soltanto i demolitori del cattolicesimo, tentano di farsi passare per dei poveri e innocenti perseguitati da una Chiesa autoritaria, egoista e insensibile.
Non vale la pena di riepilogare tutta la vicenda di questo sacerdote svizzero (che, però, non veste mai da prete) il quale, dal 1979, è stato espulso dalla facoltà cattolica dell’Università di Tubinga, ma che ha conservato la cattedra presso quella università, dalla quale non ha cessato un solo momento, né prima, né dopo quella data, di condurre la sua battaglia per ciò che presenta come un salutare, doveroso e, soprattutto, ispirato rinnovamento della Chiesa cattolica, della sua teologia, della sua pastorale e della sua liturgia, sostenendo che il grande “sogno” di Giovanni XXIII è stato disatteso e che i pontefici successivi, specialmente Paolo VI e Giovanni Paolo I, per non parlare, ovviamente, del più bieco e reazionario di tutti, Benedetto XVI, hanno “tradito” lo spirito del Concilio Vaticano II (quante fumisterie e quante assurde velleità sono state spacciate per codesto non meglio identificato “spirito” conciliare!), sostenendo, senza modestia e senza misericordia, di rappresentare, lui e i teologi che la pensano come lui, la “vera” Chiesa, e aspettando tempi migliori, quando la verità finirà per trionfare e l’autentico spirito cristiano tornerà a soffiare entro di essa, indirizzandola nella giusta direzione.
L’affezione di Hans Küng per la memoria di Giovanni XXIII è ben comprensibile: durante il Concilio Vaticano II egli fu da lui chiamato a parteciparvi in qualità di “esperto”, esperienza che, evidentemente, non ha mai potuto dimenticare, insieme all’ebbrezza di trovarsi fra coloro cui era affidata la guida ideale dei lavori conciliari; che, però, la sua interpretazione del pontificato di Roncalli sia corretta, e che le intenzioni da lui attribuite a quel pontefice siano quelle vere, è un altro paio di maniche. Da parte nostra, ci sembra più verosimile che i teologi cattolici “progressisti” – in realtà, dei cristiani di tendenza razionalista, laicista e protestante, insofferenti della Tradizione e di tutte le sue manifestazioni, dal culto mariano allo stesso sentimento del sacro – si siano appropriati della figura di Giovanni XXIII per agitarla come una bandiera delle loro idee: la morte del pontefice a concilio da poco iniziato, infatti, ha permesso loro di autoproclamarsi gli unici interpreti e custodi autorizzati di quel che egli intendeva fare e della direzione in cui voleva portare i lavori del Concilio medesimo.
I libri di Hans Küng prefigurano un cattolicesimo che, di cattolico, non ha ormai praticamente nulla, tranne il nome: e colpisce l’evidenza di questo fatto, così come stupisce che egli abbia assunto l’atteggiamento del martire ingiustamente perseguitato, laddove riteniamo che la gerarchia sia stata fin troppo paziente nei suoi confronti, davanti alla enorme confusione intellettuale e spirituale che lui, e altri simili a lui, hanno seminato tra i fedeli, oltretutto con uno spirito d’intransigenza in cui non si coglie affatto la carità cristiana. Küng, infatti – che è anche un esperto di islamismo, tema al quale ha dedicato ponderosi saggi – si è sempre segnalato come un entusiastico sostenitore del cosiddetto dialogo interreligioso; peccato che, nei suoi libri, non si colga neppure un’ombra di volontà di dialogo infra-religioso: anzi, per dirla tutta, non si percepisca altro che disprezzo nei confronti di quei cattolici che egli giudica conservatori e meschini, e ai quali riserva solamente sarcasmo e acrimonia, quasi che non fossero fratelli della stesa fede, e sia pure, dal suo punto di vista, fratelli che si pongono fuori dal giusto sentiero, ma nemici con i quali non vale la pena di discutere e che bisogna solo attendere che spariscano, per raggiunti limiti di età o altro, sgombrando il campo della loro fastidiosa presenza.
Prendiamo a caso uno dei libri di questo sedicente teologo cattolico ed apriamolo altrettanto a caso; ecco una tipica pagina della sua prosa, assolutamente simile ad infinite altre - la varietà e l’originalità degli argomenti da lui esposti non sono il suo forte -, affinché il lettore possa giudicare da sé quel che abbiamo ora affermato (da: H. Küng, «Conservare la speranza. Scritti per la riforma della chiesa»; titolo originale: «Die Hoffnung Bewahren Schriften Zur Reform der Kirche», 1990¸trtduzione dal tedesco di Giovanni Moretto, Milano, Rizzoli, 1990, pp. 215-218; tutti i corsivi sono dell’Autore e non nostri):
«… Nessuno di noi è così ingenuo da credere […] che soltanto in virtù di riforme strutturali la chiesa cattolica autonomamente tornerà a crescere (le chiese protestanti, pur alle prese con situazioni diverse attestano il contrario). In ogni caso senza di esse il futuro è compromesso, e il conflitto tra una chiesa dall’alto sin troppo ostinata, rassicurante, burocratizzata, e i gruppi d’azione e di sequela aperti all’innovazione e impegnati nelle situazioni problematiche e di conflitto, potrebbe crescere.
No, noi non sappiamo come si presenterà la chiesa nel terzo millennio dopo Cristo. Ma a dispetto di tutto l’umor nero, di tutto lo scetticismo»e di tutti il diffuso cinismo, noi non ci lasciamo togliere la speranza che la chiesa, che ha già cominciato a crescere dal basso, finisca ancora, come al tempo del Concilio per imporsi e fiorire in alto: una chiesa dal volto umano. Su quale fondamento? “Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo”: così Paolo (1 Cor., 3, 11). In base a quale criterio? “Io sono la via, la verità e la vita”: così Gesù nel Vangelo di Giovanni (14,6). Alla luce del messaggio e del destino di Gesù di Nazareth, della sua morte e della sua resurrezione alla vita eterna, ci si impongono due principi: la chiesa spesso così burocratica e poco umana può morire, mentre risorge continuamente nei nostri cuori la chiesa di Gesù, amica degli uomini.
Può morire la chiesa dal volto burocratico e poco umano. Può morire una chiesa nella quale domina lo spirito maligno dell’immobilità dogmatica, della censura moralistica, delle garanzie e sanzioni giuridiche; nella quale la paura del crollo di ciò che è stato custodito gelosamente per secoli viene dominata e attribuita all’influsso del male; nella quale domina la mentalità meschina dei burocrati di curia, degli azzeccagarbugli dei tribunali ecclesiastici, dei prepotenti moralisti delle commissioni ecclesiastiche, dei cortigiani dei mass media che sono di proprietà della chiesa. Gli scandali finanziari del Vaticano dell’ordine di centinaia di miliardi, con oscure connessioni mafiose e misteriosi casi di morte, sparirebbero definitivamente per fare posto a una politica finanziaria trasparente. E un cosiddetto Opus Dei – un’associazione segreta, finanziariamente potente, con lo spirito della controriforma spagnola e contratti fascistoidi – non potrebbe più diffondersi nella nostra chiesa in modo indisturbato, con protezioni dall’alto, dopo che da tempo sono state condannate e scomunicate società segrete come la massoneria.
Per converso però: nel nostro cuore può continuare a risorgere la chiesa di Gesù, amica degli uomini. Infatti nel suo Spirito, nello Spirito di Gesù, nello spirito dell’umanità solidale, noi siamo capaci:
- di rinunciare, tra noi, alla discriminazione e all’inquisizione: un Leonardo Boff in Brasile, un Edward Schillebeeckx in Olanda [errore dell’A., per il Belgio], un Jacques Pohier in Francia, un Charles Curran negli Stati Uniti, un Georg Bulanyi in Ungheria e innumerevoli altri teologi sconosciuti dell’Asia e dell’Africa non avrebbero più nulla da temere. In un tempo in cui lo stesso Cremlino comincia a riabilitare i propri dissidenti, sarà davvero lecito chiedersi che cosa il Vaticano pensi di fare con i propri. Si continuerà nello spirito dell’Inquisizione, che ha portato molti di noi alla rassegnazione e alcuni addirittura sulla soglia dell’esaurimento psico-fisico e dell’annientamento professionale?;
- di praticare il perdono e osare un uovo inizio, invece di rinfacciare la storia delle colpe tra le chiese e le religioni: intercomunione non sarebbe più uno slogan, e la felice manifestazione religiosa di Assisi con i rappresentanti di altre religioni non sarebbe più considerata come ciò che dura lo spazio di un mattino;
- di impegnarci nuovamente anchein senso politico-sociale: nel movimento pacifista, non soltanto per il disarmo, ma più profondamente contro la follia degli armamenti e per uno spirito di pace a tutti i livelli (compreso quello privato); nel movimento ecologico, non soltanto per la difesa dell’ambiente, ma più profondamente contro la follia dello sfruttamento per uno spirito di rispetto e conservazione della creazione a tutti i livelli (compreso quello privato); nel movimento alternativo, non soltanto per modi umani di produzione e consumo ma più profondamente contro la follia dello spreco e per uno spirito di rinnovamento, un nuovo atteggiamento di fondo, una nuova scala di valori per la nostra vita (anche privata); nel movimento sociale non soltanto per nuovi doveri sociali, ma più profondamente contro la follia della concorrenza e per un diverso spirito di collaborazione e condivisione economica a livello mondiale.
Su ciò, dunque, si fonda la nostra docta spes, la nostra provata speranza: là dove regna il suo Spirito, la chiesa ha già ora un futuro. Perciò possiamo conservare la speranza.»
Come crediamo che qualunque persona intellettualmente onesta possa vedere, qui, di cattolico, c’è molto poco. A cominciare dal titolo del libro: la speranza di cui si parla, e che qui viene esplicitata, non è affatto la virtù teologale cristiana che si accompagna alla fede e alla carità: è una speranza puramente umana; e non è la speranza nel regno di Dio, ma la speranza di vedere trasformata la Chiesa cattolica (che l’Autore non chiama mai così, ma semplicemente “chiesa”, con la “c” minuscola) nel senso da lui desiderato.
Della Chiesa egli dice che, così com’è, non va assolutamente bene, perché è repressiva, meschina, retriva, addirittura pervasa dallospirito maligno: vale a dire, se le parole non sono aria fritta, una Chiesa satanica, preda del Demonio. Inoltre, è una chiesa compromessa con gli affari mondani e perfino attraversata da seduzioni “fascistoidi” (peccato orribile, dal punto di vista della sinistra: se fossero propensioni “comunistoidi”, andrebbe già meglio, per non dire che andrebbe benissimo; ma questi teologi di sinistra hanno troppo rispetto per il comunismo per designarlo con peggiorativi o dispregiativi: scrupolo che, con le ideologie di destra, certo non hanno). Fra parentesi, il pesantissimo giudizio sull’Opus Dei può essere condiviso oppure no; ma di qui a definirlo una “associazione segreta” e a paragonarlo alla Massoneria, suggerendo che, se fu scomunicata questa, la stessa cosa si dovrebbe fare con quello: ebbene, ci sembra davvero un po’ troppo, anche solo dal punto di vista logico e formale. Notiamo en passant che anche Lutero partì da una giusta critica all’abuso nella pratica delle indulgenze, per giungere rapidamente ad una sovversione totale della Chiesa, dei dogmi, della liturgia, della stessa teologia morale (la salvezza con la sola fede): e Küng, che apertamente esprime tanta simpatia e ammirazione per i protestanti, dovrebbe saperlo benissimo. Perciò, mescolare le sue critiche di carattere teologico a quelle di carattere pratico e morale, denunciando l’affarismo di certi ambienti vaticani, è non solamente scorretto, ma decisamente indice di mala fede.
A questa Chiesa marcia, corrotta, ambiziosa, compromessa col potere e col denaro, repressiva, egli contrappone la “vera” chiesa, quella di Gesù e “amica degli uomini” (mentre l’altra, evidentemente, è loro nemica): la Chiesa di Boff, di Schillebeeckx, eccetera: personaggi che egli vorrebbe vedere pienamente riabilitati, avendo essi subito delle ingiuste persecuzioni. Non lo sfiora minimamente il pensiero che l’esaltare questi nomi e sbandierare la sua simpatia per essi equivale a introdurre i semi del conflitto e, per così dire, della guerra civile, dentro la Chiesa cattolica: o forse sì, ed è proprio quello che vuole. Quale mediatore di pace, che sia in buona fede, proporrebbe di giungere ad una pacificazione sulla base di una piena riabilitazione di coloro che più si sono adoperati per introdurre novità che l’istituzione ha trovato opinabili e generatrici di confusione? Questa non sembra una ricerca di pacificazione, ma una volontà di imporre la propria fazione sull’insieme e a dispetto del tutto. E la ragione è ben chiara: egli, Hans Küng, si sente lui pure un teologo incompreso e perseguitato, e desidera la propria riabilitazione: difendendo Boff e Schillebeeck, sta perorando la propria causa. Poverini, costoro sono stati portati, in certi casi, sulla soglia dell’esaurimento psico-fisico e dell’annientamento professionale. Non lui, però: che ha conservato la cattedra a Tubinga e che continua a spacciarsi per teologo cattolico, sfornando numerosi libri che vanno fortissimo sul mercato (e già questo dovrebbe insospettirlo: quando mai il mondo ha amato la croce di Cristo?), mentre, di fatto, non è più un cattolico, e non è nemmeno un teologo, ma è semplicemente un propagandista politico-sociale e un fautore della fine del cattolicesimo, il quale, secondo lui, dovrebbe abbracciarsi e confondersi con le altre religioni. È un fatto che egli non parla mai di cattolicesimo; non parla di Gesù Cristo, ma di Gesù, o di Gesù di Nazareth; non parla di Maria; non parla dei santi; non parla della Chiesa, se non come istituzione (brutta e cattiva): la Chiesa dei santi, la Chiesa invisibile, la Chiesa come corpo mistico di Cristo, si direbbe che gli sia estranea o sconosciuta.
La Chiesa, così com’è, non gli piace; la vorrebbe diversa: non considera neppure per un momento il fatto che essa sia fondata sulla Tradizione, oltre che sulla Scrittura. Parla dell’impegno sociale, politico, ecologista, che la Chiesa dovrebbe assumere per essere credibile, per sopravvivere e non scomparire: tutte cose degne e rispettabilissime, s’intende; ma che la Chiesa deve assumere in prima persona, cioè in quanto Chiesa? È questa la sua fedeltà al messaggio di Cristo, di cui egli mena vanto, e che ritiene assodata, solo perché cita un passo evangelico? Ma questa, di citare il Vangelo per zittire l’interlocutore, è una caratteristica protestante, non cattolica: i cattolici sanno che non basta citare le Scritture o San Paolo (ma lui dice: Paolo, perché si vede che la parola “santo” gli scotta sulle labbra, come scotta ai luterani), ciascuno a suo talento: bisogna farlo secondo l’insegnamento della Tradizione cattolica e nello spirito del cattolicesimo. Che è spirito di unione e non di divisione, di polemica, di denigrazione.
Non c’’è ombra di umiltà, né di obbedienza, negli atteggiamenti di codesto ex teologo cattolico, che pure è stato ordinato sacerdote fin dal 1954 e che dovrebbe sapere, da sacerdote e non da laico, quale valore abbia il voto di obbedienza: un rimedio efficace contro l’eterna tentazione della superbia. Hans Küng è superbo: lui solo ha ragione, lui e i teologi della liberazione, lui e i cattolici progressisti: e tutti i papi del XX secolo, tranne uno, avevano torto. Ma la superbia intellettuale – quella sì, condannata esplicitamente da Gesù Cristo (Matteo, 11, 25-27) – non solo non è cattolica, non è neppure cristiana. Di quale cristianesimo va parlando, Hans Küng, e di quale Chiesa? Di un cristianesimo che vuol piacere al mondo, che abolisce i dogmi, che liberalizza tutto, e di una Chiesa che, per non essere “inquisitrice” e “repressiva”, si fa relativista, mondana, laicista, razionalista e semi-protestante?
Lasciamolo alle sue orgogliose certezze e alla sua presuntuosa speranza: la Chiesa che egli desidera, il cristianesimo che desidera, non hanno niente a che fare con la Tradizione cattolica: sono una specie di culto dell’Essere supremo, con appena una verniciatura superficiale di formule vagamente cristianeggianti, ma senza fare appello a Dio misericordioso, perché non ne ha l’umiltà necessaria, bensì alla ragione e alla volontà umana, infarcite di dottrine progressiste come l’egualitarismo, l’ambientalismo, il pauperismo anti-borghese. E questo, sì, è diabolico: perché equivale a una contraffazione mondana, e perciò blasfema, del regno di Dio.
di
Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Conciati come siano chissà cosa sarebbe successo se non l'avessero "tradito" lo spirito satanico del vaticanosecondo
RispondiEliminaE tutto questo grazie al massone angelo roncalli: il cosidetto papa buono....buono si....buono a fare enormi danni.
RispondiEliminaWe! Guai a dir male del Profetico Hansküng, specchio di umiltà, santità di vita e illuminata comprensione delle Scritture. Prima di Küng nessuno aveva mai capito un c***o, a parte forse Lutero e Marx,ispirati da Lui stesso mentre si riposava un attimo dopo la fatica di aver creato il mondo. Ma ora finalmente il Suo Vicario Franceschiello Badoglio metterà tutti in riga.
RispondiEliminaSe questo è un sacerdote cattolico, io sono la principessa Sissi rediviva e il mio cane la reincarnazione di Giulio Cesare....
RispondiElimina