Il Corriere della Sera: Nunzio Galantino sostiene Maria
Elena Boschi
Chi c'era, e che cosa si è detto, alla presentazione del
libro di Massimo Franco “Imperi Paralleli. Vaticano e Stati Uniti: due secoli
di alleanza e conflitto“
In pochi lo sanno ma la nomina del primo nunzio vaticano
negli Stati Uniti risale a poco più di trent’anni fa, al 1984. Solo nel 2008,
invece – con Benedetto XVI e George W. Bush –
un Papa è entrato, prima volta nella storia, alla Casa Bianca. Due episodi che
evidenziano quanto – nel corso dei decenni e dei secoli – siano state
complicate e, talvolta tese, le relazioni diplomatiche tra Usa e Santa Sede.
IL LIBRO DI FRANCO
Del tema – e delle conseguenze derivanti dall’elezione al
soglio pontificio di Francesco – si è parlato ieri alla
Biblioteca del Senato dov’è stato presentato il libro del notista politico del Corriere
della Sera Massimo Franco, dal titolo “Imperi Paralleli.
Vaticano e Stati Uniti: due secoli di alleanza e conflitto”. Al dibattitto
– moderato dal direttore del Corriere Luciano Fontana –
hanno partecipato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana
(Cei) monsignor Nunzio Galantino, il segretario della Pontificia
Commissione per l’America Latina Guzman Carriquiry e il
ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento Maria Elena
Boschi. L’intervento introduttivo è stato affidato a Sergio Zavoli mentre
le considerazioni finali al presidente del Senato Pietro Grasso.
LO STATO DELL’ARTE
Il direttore del Corriere Fontana ha
sottolineato come i rapporti tra Usa e Vaticano siano in un certo senso
ispirati da un duplice sentimento. Un atteggiamento reciproco che ha definito “di
amore e di odio, di stima ma anche di diffidenza”. Fontana ha posto
l’accento sull’esistenza ancora oggi di rilevanti elementi di dialogo, mixati
però con alcuni di frizione. Tra i secondi il direttore del Corriere ha citato
“la visione sudamericana di Francesco che, secondo una certa intellighenzia,
si porterebbe dietro un giudizio antagonista nei confronti del ruolo degli
Stati Uniti”. In questo senso, è da notare che Francesco abbia visitato gli
Stati Uniti solo una volta nella vita, da Pontefice lo scorso settembre.
Dall’altra parte – ha rilevato Fontana – Usa e Vaticano si sono, però, fortemente
avvicinati con il fondamentale intervento effettuato dal Santo Padre per
arrivare allo storico disgelo di Cuba.
LA VERSIONE DI GALANTINO
Nel suo discorso Monsignor Galantino ha messo in evidenza il
ruolo internazionale svolto dalla Chiesa. Una Chiesa pacificatrice e non
semplicemente pacifista, che – con il pontificato di Francesco – si è posta a
metà strada tra Obama e Putin, con l’obiettivo di superare “vecchi equilibri”
considerati dalla Santa Sede alla stregua di “relitti del passato”.
Un’azione la cui incisività – ha rivendicato Galantino – è stata evidente in
particolare nella crisi in Ucraina e nella vicenda cubana. Quindi, ha invitato
tutti a rileggere il discorso pronunciato dal Papa il 24 settembre scorso a
Washington (per chi fosse interessato, il testo è consultabile qui),
da ritenersi quasi una sorta di manifesto delle nuove relazioni tra Chiesa e
Stati Uniti.
L’IMPEGNO DEL GOVERNO
Nonostante le polemiche degli ultimi giorni e la mozione di
sfiducia presentata dalle opposizioni per il caso Banca Etruria, Maria
Elena Boschi non ha rinunciato all’appuntamento dove – come riporta il Corriere di
oggi – ha peraltro ottenuto il sostegno di Galantino che l’avrebbe spronata ad
andare avanti:a margine: il segretario generale della Cei – ha scritto Alessandro
Trocino sul quotidiano diretto da Fontana – “ha
dato il suo sostegno alla Boschi, invitandola ad andare avanti e facendo capire
che nei suoi confronti ci sarebbe un certo accanimento“.
Il ministro non si è pronunciato sul tema caldo del
salvataggio delle quattro banche popolari ed ha invece parlato dell’impegno del
Governo in politica estera. “Pur consapevoli delle esigenze di sicurezza”
ha dichiarato “abbiamo sempre ribadito la necessità di salvaguardare la
politica della diplomazia e del dialogo”. Boschi ha poi aggiunto come il
ruolo italiano a livello diplomatico sia oggi di cerniera e di ponte,
soprattutto nei rapporti tra Stati Uniti e Russia. Il ministro infine ha
affermato che i punti di contatto tra USA e Vaticano stanno aumentando, anche
per la sintonia personale esistente tra Francesco e Barack Obama. “Entrambi
provengono da famiglie che hanno vissuto l’esperienza di arrivare e vivere in
terre straniere”.
IL VATICANO E L’EUROPA
Dal titolo del libro è partito il ragionamento di Carriquiry
cui è stato riconosciuto il merito di aver predetto l’elezione a Pontefice di
Francesco. “Vaticano e USA non sono due imperi, sono due centri geopolitici”
ha detto. Entrambi con una visione globale ma animati da interessi ovviamente
diversi. Secondo il segretario della Pontificia Commissione per l’America
Latina, l’elezione di un Papa sudamericano “è il segno di un certo declino
europeo. Non è un caso che Francesco abbia privilegiato
i viaggi apostolici fuori dall’Europa” ha poi aggiunto,
sottolineando come – tra questi – il più complicato per le sue implicazioni
debba essere considerato proprio quello negli Stati Uniti dello scorso
settembre. Dalle parole di Carriquiry emerge, dunque, la tendenza storica di
una Chiesa sempre meno eurocentrica e sempre più rivolta verso gli altri
continenti, in primis verso le Americhe.
IL PAPA, L’EUROPA E L’IMMIGRAZIONE
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Massimo Franco
che ha parlato sempre di Europa ma dal punto di vista dell’immigrazione. Una
sfida – ha sottolineato il giornalista – sulla quale Francesco ha capito prima
e meglio cosa sia necessario fare. “L’alternativa non è tra il fermare o il
consentire l’immigrazione ma tra il governarla o il subirla”. L’autore del
libro ha poi sottolineato come su questi temi il vecchio continente e il
Pontefice fatichino a comunicare. “L’Europa è spaventata e non riesce a
capire bene il linguaggio e la logica” utilizzati dal Papa che dal canto
suo – ha detto Franco – non sembra neanche così interessato a farsi capire
dagli europei. Una fotografia che rafforza l’idea di un Vaticano ormai
proiettato fuori dall’ombelico italiano ed europeo e teso – tra gli altri –
anche verso gli Stati Uniti.
LUTERO, RIVOLUZIONE SENZA APPELLO
Lutero maestro della fede, cultore della buona musica, grande riformatore del Cristianesimo? A leggere l’articolo firmato da Chiara Bertoglio sul sito di Avvenire, sembra che il monaco tedesco sia questo ed anche di più. Scrive la Bertoglio: «Nella storia del cristianesimo, c’è stato un teologo di grande importanza […] Un cristiano appassionato della parola di Dio”. Ed ancora: “Un leader religioso […] un colto dottore in teologia». A leggere l’elenco di complimenti impallidirebbe anche il più santo tra i santi. Sarà forse necessario ricordare
alla Bertoglio cosa insegnano il Catechismo della Chiesa Cattolica e il Magistero sul monaco ribelle.
La storiografia contemporanea ha ormai abbandonato quasi del tutto l’espressione “Controriforma” di anti – luterana memoria in quanto immagine falsata di una chiesa considerata dal monaco tedesco (e da buona parte della propaganda modernista) retriva e oscurantista, contraria a qualsiasi tentativo di rinnovamento. In realtà oggi si parla, per lo più, di Riforma Cattolica, intendendo con essa la grande stagione riformista che ha attraversato il XVI secolo ed è culminata con il Concilio di Trento. Di certo è vero che la spinta luterana ha scosso la Chiesa dalle fondamenta favorendone il rinnovamento. È però solamente all’interno di questo rapporto che trova giustificazione la sua dimensione indicata come “Controriforma”, anche perché, semplicemente, in Lutero non albergava nessuna idea riformista.
Ad Avvenire sarà forse sfuggito che le idee del «colto dottore in teologia» siano già state giudicate eretiche, non solo da Papa Leone X con la bolla “Exsurge Domine” del 15 giugno 1520, nella quale si condannano 41 proposizioni luterane (bolla peraltro che il «teologo di grande importanza» bruciò con gran disprezzo davanti ai suoi studenti), ma anche dal magistero di San Pio X, che nel Catechismo Maggiore definisce il Protestantesimo come «la grande eresia prodotta e divulgata principalmente da Lutero e da Calvino». «Questi novatori – prosegue San Pio X – col respingere la Tradizione divina riducendo tutta la rivelazione alla S. Scrittura, e col sottrarre la S. Scrittura medesima al legittimo magistero della Chiesa, per darla insensatamente alla libera interpretazione dello spirito privato di ciascheduno, demolirono tutti i fondamenti della fede, esposero i Libri Santi alla profanazione della presunzione e dell’ignoranza, ed aprirono l’adito a tutti gli errori».
La Chiesa, Madre e Maestra, arrivò ad affermare con il Papa della Pascendi che «Il protestantesimo o religione riformata […] è la somma di tutte le eresie, che furono prima di esso, che sono state dopo, e che potranno nascere ancora a fare strage delle anime». Ora se si può imputare a papa Leone X una certa fretta nel giudicare un fenomeno che forse andava meditato nel tempo, ciò non si può certamente dire di Pio X, il quale muove parole di fuoco quattrocento anni dopo la nascita della “chiesa” protestante, dopo avendone constatato gli effetti e le terribili conseguenze per la fede. Cosa sia cambiato nel XX secolo tale da indurre ripensamenti così radicali circa i protestanti è mistero che avvolge certe alte (e basse…) sfere dell’ecumenismo nostrano. Cosa poi oggi di quelle eresie i protestanti disconoscano, tanto da essere chiamati “fratelli separati”, è altrettanto misterioso. Il fatto è che pare ci si trovi di fronte ad un fenomeno opposto: invece di ricondurre sulla via della Verità coloro che l’hanno abbandonata si sdoganano per vere idee e posizioni già condannate, rischiando di creare confusione sul piano della Dottrina e della prassi. Non è un caso che Gerard Muller, Prefetto per la Dottrina della Fede, in un recente discorso tenuto ai vescovi del Cile, abbia ricordato come si debba far attenzione affinché la Chiesa non si abbandoni ad una certa “deriva protestante”.
Anche l’ex Prefetto poi divenuto Papa Joseph Ratzinger, nel suo ormai noto libro intervista con Vittorio Messori “Rapporto sulla fede”, metteva già in guardia dal fenomeno della “protestantizzazione” della Chiesa Cattolica nel 1984. «Chi oggi parla di “protestantizzazione” della Chiesa cattolica, – sosteneva Ratzinger – intende in genere con questa espressione un mutamento nella concezione di fondo della Chiesa, un’altra visione del rapporto fra Chiesa e vangelo. Il pericolo di una tale trasformazione sussiste realmente; non è solo uno spauracchio agitato in qualche ambiente integrista». Deriva che certo non può essere fermata incensando troppo colui che ha combattuto la Chiesa come istituzione divina, i Sacramenti, la Tradizione e l’insostituibile necessità della ragione umana. Confidiamo che la “febbre” ecumenica che pare stia colpendo diversi apparati della Chiesa, possa comprendere che il dialogo è si possibile e necessario, purché si eviti di perdere “pezzi” di Verità che Dio stesso ha dato ai suoi pastori. La Verità, che è Cristo, è una ed essa non ci è stata Rivelata come la somma delle “verità”. Ci conforta una sola certezza: la Verità non può perdere, la Verità ha già vinto il mondo. Per quanti sforzi si possano fare, il risultato non potrà che essere scontato.
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