ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 12 dicembre 2015

Rimbocchiamoci dunque le maniche

Fate frutti degni della conversione

Razza di vipere, chi vi ha suggerito di sfuggire all’ira imminente? (Lc 3, 7).

La “nuova Chiesa” che ha riscoperto la Parola ha rigorosamente omesso questo versetto nella sua nuova Liturgia, trasformata da sacrificio in culto protestante incentrato sul sermone. Come già Lutero aveva escluso dal suo canone biblico alcuni libri dell’Antico Testamento e guardato con sospetto quelli del Nuovo che smentivano le sue tesi eretiche, così i suoi criptodiscepoli di oggi usano espungere dal santo Vangelo ciò che non fa comodo alle loro teorie. Il cristiano moderno, postosi al di sopra del Verbo divino, lo giudica con sufficiente arroganza in base alle sue intoccabili idee. Quando è più istruito, cestina certi passi del testo sacro attribuendoli all’autore umano; quando lo è meno, sentenzia senza appello che il Dio che vi parla è ingiusto o cattivo…
L’ira di cui parla la Bibbia, ben diversa dall’ira del peccatore, è la giusta retribuzione per chi ha calpestato l’impensabile amore del Padre e trascurato la salvezza immeritata che la Sua inaudita misericordia gli ha concesso in Suo Figlio incarnato, crocifisso e risorto per lui. Non si tratta però di un mutevole atteggiamento da parte di Dio, come se potesse rabbuiarsi all’improvviso o guardare benevolo i giusti e corrucciato i reprobi. Siamo tutti peccatori in via di conversione, oppure, se la Provvidenza ci ha preservato da peccati gravi, persone a cui è stata riservata una grazia speciale, a beneficio loro e di tanti altri. Anche nell’eternità Dio sarà lo stesso per i beati come per i dannati, ma – ci insegna san Leone Magno – ciò che sarà letizia per le anime pure, sarà pena per quelle macchiate (che a causa del loro rifiuto, ormai definitivo, percepiranno soggettivamente l’amore come causa di tormento anziché di beatitudine).
Rimbocchiamoci dunque le maniche, perché al momento del Giudizio (particolare e universale) non servirà a nulla reclamarsi cattolici di nome: bisognerà dimostrare di esserlo stati di fatto. A questo fine, dobbiamo vivere in ogni momento come se fossimo sul punto di rendere conto della nostra vita e di ogni singolo atto, pensiero e parola: «Già la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta frutto buono è tagliato e gettato nel fuoco» (Lc 3, 9). Anticipa oggi il tuo giudizio e non avrai nulla da temere quel giorno; accetta ora spontaneamente la sentenza che i Comandamenti emettono sui tuoi comportamenti e non dovrai subirla al momento della morte; giùdicati subito da te stesso per non essere condannato allora. Non renderti nemico il tuo Salvatore, mentre sei per via con Lui, perché non debba trasformarsi nel tuo Giudice (cf. Mt 5, 25-26). Egli userà lo strumento che ha già in mano per ventilare il grano e purificare la Sua aia, quella su cui deve sorgere il nuovo Tempio della Sua gloria perché cessino i flagelli (cf. Lc 3, 17; 2 Sam 24, 16-25).

Gli apostati, al contrario, stanno profanando anche i luoghi consacrati, a cominciare da uno dei più cari alla cristianità, noncuranti dei sentimenti dei fedeli e sensibili unicamente ai soldi dei massoni che governano il mondo e, ora, dominano anche l’apparato terreno della Chiesa nell’intento di porlo al servizio di una religione neo-pagana, un grottesco culto della natura dietro il quale si nasconde l’adorazione della Bestia. Ci manca solo che si manifesti l’Anticristo; tutto è pronto, anche gli stuoli osannanti di pseudocattolici plagiati dai mass-media e incantati dal falso profeta fino al punto di reagire violentemente non appena qualcuno osi proferir parola che non ripeta pappagallescamente i suoi versi, ma ribadisca semplicemente la dottrina cattolica (quella che Gesù ha sancito con la morte di croce e tantissimi cristiani dimenticati, proprio in questo momento, attestano con il proprio eroico martirio, eseguito con crudeltà disumane in un orrore indescrivibile).

Ma tu, fratello mio, sorella mia, non appartieni a quella squallida struttura di potere; finché ti mantieni in stato di grazia, sei un membro vivo del Corpo di Cristo, che con tutti gli altri forma la Sposa da Lui infinitamente amata. Allora non soffermare lo sguardo sulla caotica fiera della falsa misericordia, ma raccogliti in te stesso per prepararti ad accogliere il Messia. Ascolta la voce in cui risuona la Parola vera, che illumina ogni uomo e che ancora viene in questo mondo; ascolta san Giovanni Battista, che non ebbe timore di rimproverare nemmeno i potenti e rese credibile la sua predicazione con lo stile di vita e con la stessa morte. Sii povero di cuore e, se la tua condizione e i tuoi doveri te lo consentono, anche di fatto. Ascolta: «Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3, 11). Se hai responsabilità pubbliche, non ne approfittare a tuo vantaggio, ma mettiti al servizio del prossimo, per quanto ciò sia reso arduo da una legislazione assurda e dal malcostume diffuso. Se sei obbligato a una prestazione, non farla pesare e non vantartene, ma fanne una segreta immolazione che darà gioia agli altri e ti farà pregustare la beatitudine eterna: «Gaudete in Domino semper» (Fil 4, 4).

«Giovanni […] anche oggi grida in mezzo a noi e la sua voce, come tuono, scuote il deserto dei nostri peccati. Egli si è addormentato nella morte santa del martirio, ma la sua voce è ancora viva. […] Giovanni ci ripete oggi lo stesso grido e ci comanda di preparare la via al Signore. Questa via non è tracciata sul terreno, ma sta nella purezza della fede. Il Signore non vuole aprirsi una via sui sentieri della terra, ma nell’intimo dell’anima. Vediamo che via ha aperto al Salvatore Giovanni stesso, lui che dice a noi di preparare al Signore la strada! Egli ha disposto e diretto tutto il percorso della sua via in ordine a Cristo che veniva: lunghi digiuni, umiltà, povertà, verginità. […] Quale umiltà più grande nel profeta che l’andar coperto di ruvido pelo, disprezzando le morbide vesti? Quale fedeltà più devota che l’esser sempre pronto, coi fianchi cinti, a rendere qualsiasi servizio? C’è astinenza più ammirevole del non tenere in nessun conto le comodità della vita accontentandosi di locuste e miele selvatico?» (san Massimo di Torino).

Certamente non elimineremo completamente la povertà né faremo cessare le guerre dalla faccia della terra; nessuno, del resto, ci ha chiesto di realizzare un’utopia. Non arresteremo di certo i cambiamenti climatici né salveremo qualche specie animale; non tocca a noi, d’altronde, riparare i danni provocati a bella posta dai poteri occulti che vogliono drasticamente ridurre la popolazione mondiale con la scusa dell’inquinamento di cui sono essi stessi responsabili, né aspiriamo a vivere per sempre su questa terra come se fosse la nostra definitiva dimora e dovessimo consacrare la nostra vita a migliorare un’abitazione provvisoria, pretendendo di mettere il Creatore al servizio della Sua opera. Ma se, con la tenerezza del cuore purissimo della Madonna, avremo fatto sorridere un bambino o riacceso lo sguardo di un anziano solo, sfamato un povero (vero) o aiutato una donna a portare a termine la sua gravidanza, il mondo non sarà più lo stesso e il Salvatore, nel Suo ultimo avvento, lo troverà migliore, Lui che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen.




I modernisti all'assalto del Sacramento della Confessione

Le tracotanti milizie moderniste si preparano a dare l'assalto e a demolire “de facto” il Sacramento della Confessione. La Chiesa Cattolica ha sempre insegnato che per ottenere validamente l'assoluzione sacramentale è assolutamente necessario essere sinceramente pentiti dei peccati commessi (almeno di quelli mortali) e avere il fermo proposito di non peccare più, costi quel che costi. È ovvio che sia così, perché altrimenti voler l'assoluzione senza essere pentiti sarebbe come un voler prendere in giro il Signore. Ma “Deus non irridetur”, Dio non si lascia burlare da delle povere creature.

I modernisti vorrebbero concedere ai divorziati risposati che vivono “more uxorio” (“nel modo dei coniugi”, quindi non in totale castità) di poter ricevere la Comunione. Ma la Chiesa ha sempre insegnato che per ricevere l'Eucarestia bisogna essere in stato di grazia (altrimenti si commette sacrilegio), e chi ha commesso anche solo un peccato mortale deve prima accostarsi alla Confessione se vuole comunicarsi.

Dunque, se una persona divorziata-risposata desidera ricevere l'assoluzione per poi poter comunicarsi, deve sinceramente pentirsi di aver avuto dei rapporti sessuali con una persona che secondo la Legge Eterna di Dio non è legittimamente suo coniuge, e deve avere il fermo proposito di non commettere più questo grave peccato contrario al Sesto Comandamento. In realtà deve anche allontanarsi dall'occasione prossima di peccato, e quindi, prima di confessarsi, deve andarsene da quella casa oppure mandare via il “coniuge”. Ma se per qualche grave motivo i conviventi non possono andare a vivere in case separate (ad esempio perché devono educare la prole), allora devono vivere come se fossero fratelli (cioè in totale castità). Questo è ciò che insegna la Dottrina Cattolica.

I modernisti dicono che non vogliono cambiare la Dottrina, ma solo la prassi pastorale. Questo è un inganno colossale, perché la prassi non può essere contraria a ciò che insegna la Dottrina, altrimenti diventerebbe una presa in giro! E poi, se per assurda ipotesi si ammettessero alla Comunione i divorziati risposati, allora anche le cosiddette “coppie di fatto” (anche quelle omosessuali) potrebbero chiedere di poter comunicarsi. Sarebbe la legalizzazione del sacrilegio! Dio non permetta uno scempio del genere!

Ma dopo aver abbattuto il Sesto Comandamento, il quale proibisce i peccati riguardanti la sessualità, la barbara accozzaglia modernista passerebbe ad abbattere anche altri Comandamenti considerati “scomodi” dal mondo. A quel punto a che servirebbe confessarsi se i peccati non saranno più considerati tali? Ecco perché opporsi alla Comunione ai divorziati risposati è una battaglia spirituale in difesa anche del Sacramento della Confessione. Questa vicenda, per noi cristiani fedeli alla Dottrina Cattolica, è come una sorta di “linea del Piave” della fede: i modernisti non devono passare! 

Opporsi alla tracotante e prepotente tirannide modernista non è più solo una battaglia spirituale, ma è divenuta una vera e propria battaglia in difesa della civiltà cristiana dalla barbarie. Il vandalismo modernista calpesta i diritti dei fedeli e la Legge Eterna di Dio. Bisogna impedire che le orde moderniste riescano a sfondare su questo delicato tema della Comunione a coloro che non vogliono rinunciare a convivere “more uxorio”, senza essere sposati dinanzi a Dio. Dobbiamo resistere ad oltranza, ricordando le gesta del più puro eroismo dei militanti della Tradizione Cattolica che ci hanno preceduto nei venti secoli della nostra storia. Questa non è ora di rimpianti, è ora di dovere, di sacrificio, di azione! Nulla è perduto se lo spirito della riscossa è pronto e se la volontà non piega. Già una volta sul fronte ariano la Tradizione fu salvata dai difensori eroici che tennero alto il suo nome in faccia al mondo e al nemico. Abbiano i combattenti di oggi l'austera coscienza del grave e glorioso compito a loro affidato. Sappia ogni comandante, sappia ogni soldato qual è questo sacro dovere: non retrocedere di un passo, lottare, vincere! Noi siamo inflessibilmente decisi: sulla nuova “linea del Piave” (spirituale) si difende l'onore e la vita delle anime. Sappia ogni combattente qual è il grido e il comando che viene dalla coscienza di tutto il popolo della Tradizione: meglio morire anziché tradire la Dottrina Cattolica!
http://cordialiter.blogspot.it/2015/12/i-modernisti-allassalto-del-sacramento.html


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