A proposito del “giorno della famiglia” – family day – la Conferenza Episcopale di Piemonte e Valle D’Aosta ha diffuso una dichiarazione con la quale invita i fedeli a parteciparvi.
Diciamo subito che questa dichiarazione, pubblicata sul sito dell’Arcidiocesi di Torino, il cui Arcivescovo, Mons. Cesare Nosiglia, è Presidente della detta Conferenza Episcopale, è qui accompagnata dall’invito ai fedeli a partecipare all’evento e dalle informazioni per recarsi a Roma usufruendo delle agevolazioni di viaggio. Fin qui, dunque, si tratta di un’iniziativa meritoria.
Le dolenti note risuonano allorché si inizia a leggere la dichiarazione in sé.
Noi, Vescovi del Piemonte, con viva fraternità e responsabilità, ci uniamo a Papa Francesco e a tutti gli altri “pastori” d’Italia per promuovere una cultura dell’incontro in un dialogo chiaro, motivato, sereno con tutte le componenti della nostra società, forti dell’unica potenza umano-divina, quella dell’amore.
Una volta c’era una trasmissione televisiva in cui gli abitanti di un paese dovevano indovinare quale fosse l’“oggetto misterioso”. Da quello che sembra, i vescovi piemontesi, forse a causa dei loro anni, sarebbero fermi a quella trasmissione, così da proporre ai loro fedeli un indovinello: cos’è “l’unica potenza umano-divina, quella dell’amore”?
Non sappiamo quale premio sia riservato ai solutori, ma noi ci esimiamo dal partecipare a giochetti del genere, se non altro per un minimo di decenza.
Ora, che i vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta si compiacciano di mettere in scena farse del genere, passi, ognuno è libero di trastullarsi con i giocattoli che vuole, ma arrivare a pretendere che il farsi “forti dell’unica potenza umano-divina, quella dell’amore”, possa bastare per “promuovere una cultura dell’incontro in un dialogo chiaro, motivato, sereno con tutte le componenti della nostra società”, è cosa che lascia stupefatti, se non altro perché “la cultura dell’incontro” non è altro che una mera battuta, una frase fatta, un luogo comune buono per tutte le occasioni; mentre “il dialogo chiaro, motivato, sereno con tutte le componenti della nostra società” appare come un ammiccamento rivolto a determinate componenti, in questo caso quelle componenti anticattoliche e antiumane che propugnano la distruzione della famiglia e l’avvento della società multi-sessuale.
I vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta hanno volutamente evitato di bollare a fuoco, come meritano, tali componenti; dimostrando di seguire più il mondo e le sue suggestioni che gli insegnamenti e i comandi di Dio.
La famiglia è fondata sul matrimonio, unione d’amore vissuta stabilmente tra donna e uomo, aperta alla gioia responsabile del dono dei figli. I figli devono beneficiare dell’amore operosamente efficace di un padre e di una madre. Gli adulti non possono e non devono trasformare desideri in diritti e imporre al minore ciò che ritengono bello e giusto per se stessi. La famiglia è un dono costitutivo, architrave, di ogni civiltà, della vita della persona, della bella e buona espressione di tanti italiani. Lo attesta e conferma con saggezza e chiarezza la Costituzione della nostra Italia.
Non c’è una parola su Dio, sulle leggi naturali stabilite da Dio, sulle leggi morali dettate dalla Chiesa, sulla sensibilità religiosa degli stessi cattolici, sull’imperativo morale di fare il bene e fuggire il male. Nulla di tutto questo, forse per la troppa serietà che comporta, a fronte della leggerezza del luogo comune “viva la Costituzione”, definita per l’occasione “saggia e chiara”, nonostante le tante leggi che su di essa si fondano e che fanno strame degli insegnamenti della Chiesa e dei comandi di Dio… per tutti valgano aborto legale e divorzio celere.
Ribadiamo che tutte le unioni di coppie, comprese quelle omosessuali, non possono essere equiparate al matrimonio e alla famiglia. Tenuto fermo questo principio, anche le unioni omosessuali, come tutte le unioni affettive di fatto, richiedono una regolamentazione chiara di diritti e di doveri, espressa con saggezza. Riconosciamo certo la grande importanza e la delicatezza di questo tema che deve essere affrontato e dibattuto, ma non pervenendo a compromessi politici, frutto di equilibrismi tra poteri, che porterebbero a conseguenze negative a tutti i livelli, sociali e culturali, per le famiglie stesse.
Ed ecco il politichese curiale, qui lo dico e qui lo nego, si, ma, però, ovvero…
Dietro il quale si nasconde, neanche troppo bene, il preciso riconoscimento e la chiara legittimazione delle coppie omosessuali, che “però” “non possono essere equiparate al matrimonio e alla famiglia”, “ma” essendo “comunioni affettive di fatto”, “richiedono una regolamentazione chiara di diritti e di doveri, espressa con saggezza”. Così che i vescovi piemontesi e valdostani riconoscono che le coppie omosessuali hanno dei diritti che vanno “regolamentati”, diritti che non sono altro che i diritti del peccato, i diritti del disordine, i diritti dei desideri personali, quegli stessi che nel paragrafo prima si dice non debbano trasformarsi in diritti. Siamo alla schizofrenia pura e alla rinuncia al munus docendi, dettato dalla precisa volontà di tacere dei diritti di Dio per esaltare i diritti dell’uomo, secondo il disastroso insegnamento del Vaticano II e dei papi che lo hanno voluto e seguito, fino a Francesco.
Comico è poi il monito: “ma non pervenendo a compromessi politici”, che andrebbe completato con “tranne i compromessi dei moderni vescovi cattolici, che hanno causato e causano e causeranno conseguenze negative per le famiglie e per le anime dei fedeli”.
In preghiera fraterna e fiduciosa al Signore, ci poniamo e ci riconosciamo servitori della Buona Notizia del Vangelo sulla vita e promotori di cultura, nell’avvalorare le differenze come possibilità di cammino e di crescita, di relazione e di dialogo, che permettono di attuare “opere di misericordia” veramente umane e umanizzanti.
Questa chiusa della dichiarazione è una sorta di summa dell’anticattolicesimo, che spiega come i moderni prelati figli del Vaticano II si siano trasformati in “promotori di cultura”, della cultura moderna che è in lotta con Dio ed “avvalora le differenze” – cioè l’essere indifferentemente figli di Dio o figli del demonio – assumendole “come possibilità di cammino e di crescita” – verso il Cielo o verso l’Inferno – “di relazione e di dialogo” - fra Cristo e Beliar – “che permettono di attuare ‘opere di misericordia’ veramente umane e umanizzanti”.
Di grazia, ma per far questo non c’è bisogno della Chiesa, non c’è bisogno dei vescovi, non c’è bisogno dei papi, bastano i mezzi messi in essere dalla massoneria e dalle forze dell’Anticristo che ormai operano indisturbati in seno a quella che un tempo era la Chiesa di Cristo.
I fedeli sono avvertiti, dovranno recarsi a Roma, per il “giorno della famiglia” – family day –per concorrere a rendere ancora più umanizzanti le deviazioni sollecitate dai figli del demonio.
Forse, a queste condizioni, sarà il caso di non recarsi a Roma o di recarvisi nonostante i vescovi e contro questi vescovi che non servono più Cristo e la Sua Chiesa.
di Belvecchio
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1423_Belvecchio_Deriva_vescovi.html
Un mosaico di ricchezza così vasto solo parzialmente censito e gestito in maniera totalmente opaca, come racconta l'inchiesta de “l'Espresso” nel numero in edicola da venerdì 29 gennaio egià online per gli abbonati a Espresso+.
Monsignori a capo di società per azioni, holding a controllo ecclesiastico che continuano a crescere: la diocesi di Bologna ha conquistato il controllo totale del pacchetto azionario del colosso dell’automazione Faac (un miliardo e settecento milioni l’intero valore) ed è sponsor della squadra di serie A della città.
ESPRESSO+ LEGGI L'INCHIESTA INTEGRALE
A Trento la «finanziaria del vescovo» ha 44 partecipazioni azionarie per 116 milioni di euro di valore, incluse quote di fondi internazionali che – nonostante l'opposizione della diocesi – hanno acquisito una catena di compro-oro, attività che la chiesa stessa ritiene sfrutti la disperazione dei ceti più deboli.
Gli scandali sono una via crucis quotidiana: a Padova il dominus assoluto di tutte le attività della Curia è il commercialista coinvolto nella retata del Mose. A Milano la Guardia di Finanza indaga sulla presunta truffa dei fondi Expo per il Duomo spariti senza lasciare traccia. In Sicilia, dietro i buchi nei conti diocesani di Mazara del Vallo e Trapani, si nascondono ville e fortune sottratte al patrimonio vescovile e una storiaccia di sesso, bugie e soldi. Molti fedeli cominciano a dire basta. E il sinodo diocesano di Bolzano ha chiesto la liquidazione di tutti i patrimoni.
L'inchiesta integrale su l'Espresso in edicola da venerdì 29 gennaio e già online su Espresso+
DI MICHELE SASSO
http://espresso.repubblica.it/archivio/2016/01/28/news/monsignor-spa-tutti-gli-affari-dei-vescovi-1.248225
CIRCO MASSIMO. QUELLO CHE POLITICANTI E VESCOVI PILOTA DIMENTICANO: CIÒ CHE FACCIAMO IN VITA RISUONA NELL'ETERNITÀ
«A tre settimane da oggi, io mieterò il mio raccolto. Immaginate dove vorrete essere, perché così sarà! Serrate i ranghi! Seguitemi! Se vi ritroverete soli, a cavalcare su verdi praterie col sole sulla faccia, non preoccupatevi troppo, perché sarete nei Campi Elisi, e sarete già morti! Fratelli! Ciò che facciamo in vita, riecheggia nell'eternità!» (dal film Il Gladiatore)
«DOMINE, QUO VADIS?». «A ROMA, PER ESSERE DI NUOVO CROCIFISSO». CON PIETRO, VERSO IL CIRCO MASSIMO
Narra la leggenda che all’apostolo Pietro in fuga da Roma per scampare alla persecuzione di Nerone, sia apparso sulla via Appia Gesù con la Croce. Alla domanda di Pietro “Domine, quo vadis?”, Gesù avrebbe risposto: “A Roma, per essere di nuovo crocifisso”. Pietro, compreso il rimprovero, tornò sui suoi passi ed affrontò il martirio.
Ecco mi piace immaginare Pietro percorrere a ritroso la via Appia Antica, passare sotto Porta San Sebastiano e, sempre dritto, continuare per via delle Terme di Caracalla fino ad arrivare lì, proprio di fronte al Circo Massimo.
Ecco mi piace immaginare Pietro percorrere a ritroso la via Appia Antica, passare sotto Porta San Sebastiano e, sempre dritto, continuare per via delle Terme di Caracalla fino ad arrivare lì, proprio di fronte al Circo Massimo.
https://www.youtube.com/watch?v=Z8sI0CSxdZU
In questi giorni su Facebook sta girando questo video di Rai2,
promosso dall'Arcigay di Rimini (qui).
promosso dall'Arcigay di Rimini (qui).
Ecco i frutti dell''èra bergoglio.
Retroscena. Ecco come il duo Bergoglio-Galantini sta cercando di sabotare il Family day – di Antonio Socci
Scriveva Charles Péguy, grande convertito, che i veri eroi del nostro tempo non sono i rivoluzionari, le star, i capipopolo, i tribuni mediatici o i condottieri, ma sono le madri e i padri di famiglia. E in Italia lo si vede in queste ore. E’ un popolo di padri, di madri e di figli, un popolo inerme e gioioso, che – facendo mille sacrifici (perché qui non ci sono i potenti sindacati a pagare i biglietti) – va a Roma a proprie spese contro il Ddl Cirinnà.
Va a Roma per ricordare che c’è una sola “famiglia” ed è “la società naturale fondata sul matrimonio”, cioè quella fra uomo e donna che è riconosciuta dalla Costituzione.
Ma anche per difendere la dignità delle donne dalla pratica dell’”utero in affitto” e per ricordare a tutti i diritti dei bambini che vengono prima di ogni altra cosa.
Non era mai accaduto che un’iniziativa di massa, come si annuncia essere il Family day di domani, partisse completamente dal basso, dalle famiglie, per riempire la “location” più grande d’Italia: il Circo Massimo di Roma. Senza nessuna organizzazione, senza nessun leader politico o sindacale.
HA TUTTI CONTRO
Oltretutto questo popolo ha contro di sé l’ostilità del governo Renzi, ha contro di sé il “bombardamento” dei media che impongono un “pensiero unico”, ma purtroppo ha pure l’ostilità del potere clericale che vive l’evento come un dito nell’occhio e vorrebbe evitare a se stesso e al governo Renzi un tale smacco.
Questo povero popolo cristiano, deriso e senza diritto di parola, un popolo generoso, spesso di famiglie con tanti figli, in molti casi aperte all’accoglienza dei più bisognosi, è cresciuto alla scuola di due grandi pontefici: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Tutti loro ricordano le parole di papa Wojtyla (“ci alzeremo in piedi, ogni volta che il valore della famiglia è minacciato…”), ricordano le promesse solenni che fecero a quel papa santo nella loro giovinezza. E si sono alzati in piedi.
In queste ore a migliaia stanno facendo duri sacrifici per essere presenti a Roma, domani. Ma qualcosa di imprevisto e molto spiacevole sta accadendo alle loro spalle.
Per “svuotare” di significato questo grandioso avvenimento e rendere inutili tutti i loro sacrifici. Perché in Vaticano non c’è più Giovanni Paolo II né Benedetto XVI.
IL CASO BERGOGLIO
C’è papa Bergoglio che non vuole scontri col potere, soprattutto su questi temi (la famiglia, la vita, i principi non negoziabili).
Lui stesso non avrebbe proferito parola sull’argomento. Però è stato travolto dalla sollevazione di questo popolo che il suo braccio destro, il Segretario della Cei Galantino, avrebbe voluto scongiurare, così come fu contrario al Family day del 20 giugno scorso.
Allora papa Bergoglio, politico astuto, capendo che ormai non poteva più fermare la valanga, giorni fa, per non esserne travolto, ha detto una frasetta striminzita: “non ci può essere confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”.
Di per sé è una frase ambigua, che – a rigore – potrebbe sottoscrivere pure Renzi. Se Gesù nel Vangelo prescrisse che i suoi apostoli dovevano parlare chiaro (dire sì quando è sì; e dire no quando è no) perché “il di più viene dal Maligno” (Mt 5,37), va detto che anche in questo caso (e in molti altri) Bergoglio non ha affatto parlato “sì sì, no no”.
Tanto è vero che poi, il suo portavoce ufficioso, Eugenio Scalfari, nell’editoriale su “Repubblica” del 24 gennaio, si è precipitato a spiegare all’uditorio laicista, da cui Bergoglio vuole essere amato, che “papa Francesco non ha fatto nessun passo indietro” e “sullo scontro di piazza, tra organizzatori del Family Day e associazioni laiche, non interviene”.
Però nel mondo cattolico hanno fatto passare l’idea che fosse un avallo implicito al Family day.
Così l’astuzia politica del papa gesuita ha ottenuto due cose: se il Family day sarà un grande successo, non verrà considerato un “voto di sfiducia” a lui, ma anzi un evento che porta il suo avallo. Se la manifestazione dovesse essere meno affollata del previsto la sconfitta sarebbe del card. Bagnasco e dei sostenitori dello “scontro” che sarebbero rei di aver portato la Chiesa al flop.
Nel frattempo la platea laicista, che sempre si spella le mani ad applaudire Bergoglio, è stata autorevolmente avvertita da Scalfari che il papa non ha nulla a che vedere con quegli “integralisti” che scendono in piazza ed anzi è l’unico che può ridimensionarli e metterli a tacere.
IMBAVAGLIATORI
In effetti, nel frattempo, Bergoglio si è mosso pesantemente sul card. Bagnasco per bagnare le polveri del Family day, in modo che non sia una sconfessione del suo fedele Galantino (già “bocciato” dal popolo il 20 giugno scorso) e non sia un siluro sul governo Renzi che ha il “placet” del Vaticano bergogliano.
Perché una forte incidenza dei cattolici nella vita pubblica di fatto sarebbe una sconfessione della sua stessa linea “argentina” che punta a ridurre i cattolici all’insignificanza e a renderli subalterni alle correnti del “politically correct”.
Il card. Bagnasco, che di per sé sarebbe in continuità col magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, si è trovato così nella tenaglia. Infatti, nella sua prolusione all’Assemblea della Cei, ha sostenuto la battaglia per la famiglia, ma ha dovuto evitare qualsiasi accenno al Family day.
Inoltre ha ricordato la “Gaudium et spes”, dove si attribuisce ai laici cattolici la responsabilità della presenza nella vita pubblica, però poi, di fatto, la Cei sta cercando di imporre al Comitato promotore del Family day la sua linea per trasformarlo in un “Family Cei”.
Così diventerebbe molto più digeribile anche al governo, cioè al partito del “Family gay”.
BEFFA CLERICALE
Come stanno cercando di disinnescare il Family day? Anzitutto evitando che da quel palco si “bombardi” il DDL Cirinnà. Si vuol ridurre tutto a una sagra di belle famiglie innocue che non danno fastidio a nessuno.
Quindi tutti coloro che parlarono il 20 giugno, le voci più forti contro la Cirinnà (Adinolfi, Amato Costanza Miriano), saranno ridotti a semplici saluti. E soprattutto si vuole imbavagliare Kiko Arguello, il fondatore dei Neocatecumenali.
Qui il caso è veramente incredibile. Kiko è un vero uomo di Dio, benvoluto da Wojtyla e Ratzinger, e arde della passione per la verità.
Kiko ha dietro di sé un vero e grande popolo e si deve soprattutto a lui se la piazza del 20 giugno era piena. Solo che quel 20 giugno Kiko dal palco si permise una battuta ironica su mons. Galantino (che al Family day si era opposto).
Così nei palazzi vaticani oggi hanno posto il veto sul suo nome. Per punirlo. E’ la vendetta clericale.
Solo che il card, Bagnasco aveva telefonato a Kiko per chiedergli di “riempire” il Family day, perché solo lui poteva mobilitare un oceano di famiglie.
Ora che Kiko ha mobilitato tutti i suoi si pretende di imporgli il silenzio. Con buona pace di tutte le chiacchiere bergogliane sulla responsabilità dei laici e sui laici che non devono star dietro ai vescovi-pesci-pilota.
L’unica speranza è che sia il popolo stesso al Circo Massimo a chiamare Kiko a gran voce su quel palco. Perché è un’ingiustizia odiosa questa umiliazione che il potere clericale impone al popolo cristiano.
Del resto già il popolo ciellino in parte si sta ribellando al proclama galantiniano di don Carron, che – dalle colonne del Corriere della sera – è stato di fatto equidistante tra il Family day e il Family gay.
Se il popolo cristiano, che è il grande protagonista di questa storia e che fa così tanta paura ai palazzi del potere, subirà questo sopruso clericale, c’è il rischio che i suoi sacrifici siano stati inutili e che tutte queste famiglie si sentano alla fine prese in giro.
Per capire l’assurdità della situazione basti un dettaglio: se aprite il sito ufficiale del Family day (“Difendiamo i nostri figli”) non trovate la scritta “No alla Cirinnà”.
Questa è la linea dei palazzi vaticani. Rendere tutto una inutile scampagnata. La vittoria della Cirinnà sarà così l’ennesimo, disastroso effetto Bergoglio.
Antonio Socci
Da “Libero”, 29 gennaio 2016
.
Sito: Lo straniero
@AntonioSocci1
Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”
Va a Roma per ricordare che c’è una sola “famiglia” ed è “la società naturale fondata sul matrimonio”, cioè quella fra uomo e donna che è riconosciuta dalla Costituzione.
Ma anche per difendere la dignità delle donne dalla pratica dell’”utero in affitto” e per ricordare a tutti i diritti dei bambini che vengono prima di ogni altra cosa.
Non era mai accaduto che un’iniziativa di massa, come si annuncia essere il Family day di domani, partisse completamente dal basso, dalle famiglie, per riempire la “location” più grande d’Italia: il Circo Massimo di Roma. Senza nessuna organizzazione, senza nessun leader politico o sindacale.
HA TUTTI CONTRO
Oltretutto questo popolo ha contro di sé l’ostilità del governo Renzi, ha contro di sé il “bombardamento” dei media che impongono un “pensiero unico”, ma purtroppo ha pure l’ostilità del potere clericale che vive l’evento come un dito nell’occhio e vorrebbe evitare a se stesso e al governo Renzi un tale smacco.
Questo povero popolo cristiano, deriso e senza diritto di parola, un popolo generoso, spesso di famiglie con tanti figli, in molti casi aperte all’accoglienza dei più bisognosi, è cresciuto alla scuola di due grandi pontefici: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Tutti loro ricordano le parole di papa Wojtyla (“ci alzeremo in piedi, ogni volta che il valore della famiglia è minacciato…”), ricordano le promesse solenni che fecero a quel papa santo nella loro giovinezza. E si sono alzati in piedi.
In queste ore a migliaia stanno facendo duri sacrifici per essere presenti a Roma, domani. Ma qualcosa di imprevisto e molto spiacevole sta accadendo alle loro spalle.
Per “svuotare” di significato questo grandioso avvenimento e rendere inutili tutti i loro sacrifici. Perché in Vaticano non c’è più Giovanni Paolo II né Benedetto XVI.
IL CASO BERGOGLIO
C’è papa Bergoglio che non vuole scontri col potere, soprattutto su questi temi (la famiglia, la vita, i principi non negoziabili).
Lui stesso non avrebbe proferito parola sull’argomento. Però è stato travolto dalla sollevazione di questo popolo che il suo braccio destro, il Segretario della Cei Galantino, avrebbe voluto scongiurare, così come fu contrario al Family day del 20 giugno scorso.
Allora papa Bergoglio, politico astuto, capendo che ormai non poteva più fermare la valanga, giorni fa, per non esserne travolto, ha detto una frasetta striminzita: “non ci può essere confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”.
Di per sé è una frase ambigua, che – a rigore – potrebbe sottoscrivere pure Renzi. Se Gesù nel Vangelo prescrisse che i suoi apostoli dovevano parlare chiaro (dire sì quando è sì; e dire no quando è no) perché “il di più viene dal Maligno” (Mt 5,37), va detto che anche in questo caso (e in molti altri) Bergoglio non ha affatto parlato “sì sì, no no”.
Tanto è vero che poi, il suo portavoce ufficioso, Eugenio Scalfari, nell’editoriale su “Repubblica” del 24 gennaio, si è precipitato a spiegare all’uditorio laicista, da cui Bergoglio vuole essere amato, che “papa Francesco non ha fatto nessun passo indietro” e “sullo scontro di piazza, tra organizzatori del Family Day e associazioni laiche, non interviene”.
Però nel mondo cattolico hanno fatto passare l’idea che fosse un avallo implicito al Family day.
Così l’astuzia politica del papa gesuita ha ottenuto due cose: se il Family day sarà un grande successo, non verrà considerato un “voto di sfiducia” a lui, ma anzi un evento che porta il suo avallo. Se la manifestazione dovesse essere meno affollata del previsto la sconfitta sarebbe del card. Bagnasco e dei sostenitori dello “scontro” che sarebbero rei di aver portato la Chiesa al flop.
Nel frattempo la platea laicista, che sempre si spella le mani ad applaudire Bergoglio, è stata autorevolmente avvertita da Scalfari che il papa non ha nulla a che vedere con quegli “integralisti” che scendono in piazza ed anzi è l’unico che può ridimensionarli e metterli a tacere.
IMBAVAGLIATORI
In effetti, nel frattempo, Bergoglio si è mosso pesantemente sul card. Bagnasco per bagnare le polveri del Family day, in modo che non sia una sconfessione del suo fedele Galantino (già “bocciato” dal popolo il 20 giugno scorso) e non sia un siluro sul governo Renzi che ha il “placet” del Vaticano bergogliano.
Perché una forte incidenza dei cattolici nella vita pubblica di fatto sarebbe una sconfessione della sua stessa linea “argentina” che punta a ridurre i cattolici all’insignificanza e a renderli subalterni alle correnti del “politically correct”.
Il card. Bagnasco, che di per sé sarebbe in continuità col magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, si è trovato così nella tenaglia. Infatti, nella sua prolusione all’Assemblea della Cei, ha sostenuto la battaglia per la famiglia, ma ha dovuto evitare qualsiasi accenno al Family day.
Inoltre ha ricordato la “Gaudium et spes”, dove si attribuisce ai laici cattolici la responsabilità della presenza nella vita pubblica, però poi, di fatto, la Cei sta cercando di imporre al Comitato promotore del Family day la sua linea per trasformarlo in un “Family Cei”.
Così diventerebbe molto più digeribile anche al governo, cioè al partito del “Family gay”.
BEFFA CLERICALE
Come stanno cercando di disinnescare il Family day? Anzitutto evitando che da quel palco si “bombardi” il DDL Cirinnà. Si vuol ridurre tutto a una sagra di belle famiglie innocue che non danno fastidio a nessuno.
Quindi tutti coloro che parlarono il 20 giugno, le voci più forti contro la Cirinnà (Adinolfi, Amato Costanza Miriano), saranno ridotti a semplici saluti. E soprattutto si vuole imbavagliare Kiko Arguello, il fondatore dei Neocatecumenali.
Qui il caso è veramente incredibile. Kiko è un vero uomo di Dio, benvoluto da Wojtyla e Ratzinger, e arde della passione per la verità.
Kiko ha dietro di sé un vero e grande popolo e si deve soprattutto a lui se la piazza del 20 giugno era piena. Solo che quel 20 giugno Kiko dal palco si permise una battuta ironica su mons. Galantino (che al Family day si era opposto).
Così nei palazzi vaticani oggi hanno posto il veto sul suo nome. Per punirlo. E’ la vendetta clericale.
Solo che il card, Bagnasco aveva telefonato a Kiko per chiedergli di “riempire” il Family day, perché solo lui poteva mobilitare un oceano di famiglie.
Ora che Kiko ha mobilitato tutti i suoi si pretende di imporgli il silenzio. Con buona pace di tutte le chiacchiere bergogliane sulla responsabilità dei laici e sui laici che non devono star dietro ai vescovi-pesci-pilota.
L’unica speranza è che sia il popolo stesso al Circo Massimo a chiamare Kiko a gran voce su quel palco. Perché è un’ingiustizia odiosa questa umiliazione che il potere clericale impone al popolo cristiano.
Del resto già il popolo ciellino in parte si sta ribellando al proclama galantiniano di don Carron, che – dalle colonne del Corriere della sera – è stato di fatto equidistante tra il Family day e il Family gay.
Se il popolo cristiano, che è il grande protagonista di questa storia e che fa così tanta paura ai palazzi del potere, subirà questo sopruso clericale, c’è il rischio che i suoi sacrifici siano stati inutili e che tutte queste famiglie si sentano alla fine prese in giro.
Per capire l’assurdità della situazione basti un dettaglio: se aprite il sito ufficiale del Family day (“Difendiamo i nostri figli”) non trovate la scritta “No alla Cirinnà”.
Questa è la linea dei palazzi vaticani. Rendere tutto una inutile scampagnata. La vittoria della Cirinnà sarà così l’ennesimo, disastroso effetto Bergoglio.
Antonio Socci
Da “Libero”, 29 gennaio 2016
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Sito: Lo straniero
@AntonioSocci1
Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”
http://www.lamadredellachiesa.it/retroscena-ecco-come-il-duo-bergoglio-galantini-sta-cercando-di-sabotare-il-family-day-di-antonio-socci/
Monsignor Spa: tutti gli affari dei vescovi
Ricche società con investimenti in tutti i settori. Compresi quelli banditi dalla Chiesa come i compro-oro. E gestioni spesso opache. Da Padova a Trapani, ecco la mappa del denaro delle diocesi
Il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, nel benedire il Family day contro la legge per le unioni civili è stato lapidario: «Mi sembra una grande distrazione del Parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia». Problemi poco etici e molto venali però si riscontrano anche nelle 227 diocesi italiane dove si nasconde un patrimonio di società private, quote azionarie, partecipazioni bancarie e imperi sanitari.Un mosaico di ricchezza così vasto solo parzialmente censito e gestito in maniera totalmente opaca, come racconta l'inchiesta de “l'Espresso” nel numero in edicola da venerdì 29 gennaio egià online per gli abbonati a Espresso+.
Monsignori a capo di società per azioni, holding a controllo ecclesiastico che continuano a crescere: la diocesi di Bologna ha conquistato il controllo totale del pacchetto azionario del colosso dell’automazione Faac (un miliardo e settecento milioni l’intero valore) ed è sponsor della squadra di serie A della città.
ESPRESSO+ LEGGI L'INCHIESTA INTEGRALE
A Trento la «finanziaria del vescovo» ha 44 partecipazioni azionarie per 116 milioni di euro di valore, incluse quote di fondi internazionali che – nonostante l'opposizione della diocesi – hanno acquisito una catena di compro-oro, attività che la chiesa stessa ritiene sfrutti la disperazione dei ceti più deboli.
Gli scandali sono una via crucis quotidiana: a Padova il dominus assoluto di tutte le attività della Curia è il commercialista coinvolto nella retata del Mose. A Milano la Guardia di Finanza indaga sulla presunta truffa dei fondi Expo per il Duomo spariti senza lasciare traccia. In Sicilia, dietro i buchi nei conti diocesani di Mazara del Vallo e Trapani, si nascondono ville e fortune sottratte al patrimonio vescovile e una storiaccia di sesso, bugie e soldi. Molti fedeli cominciano a dire basta. E il sinodo diocesano di Bolzano ha chiesto la liquidazione di tutti i patrimoni.
L'inchiesta integrale su l'Espresso in edicola da venerdì 29 gennaio e già online su Espresso+
DI MICHELE SASSO
http://espresso.repubblica.it/archivio/2016/01/28/news/monsignor-spa-tutti-gli-affari-dei-vescovi-1.248225
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