Il Cardinale Ciappi, il teologo di papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II (all’inizio del suo pontificato): “Il Terzo Segreto dice che la grande apostasia nella Chiesa inizia dal suo vertice. La conferma ufficiale del segreto de La Salette (1846): “La Chiesa subirà una terribile crisi. Essa sarà eclissata. Roma (il Vaticano) perderà la fede e diventare la sede dell’Anticristo “.
ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
UNA DONNA BUDDISTA SCRIVE A FRANCESCO: CONVERTITI ANCHE TU AL BUDDISMO!
Sì, avete capito bene: papa Francesco è stato invitato a diventate buddista. Non prendetevela con noi se ogni giorno c’è una novità.
Il titolo non ce lo siamo inventati noi e neppure le vignette. Una donna, probabilmente ex cattolica o ex cristiana, quindi se fosse così è una apostata, scrive una Lettera a Papa Francesco – vedi qui– e comunque la postiamo qui a seguire.
Questa Lettera reca con se una coerenza assai più marcata di quanta non ne abbiamo più noi cattolici dal momento che, avendo perduto – molti pastori – la propria identità di cristiani e cattolici, ogni predica sta diventando un fiume in piena di incoerenza tanto da sollecitare una neo buddista a dare consigli al Papa sul video sincretista – vedi qui – e pure a sollecitarlo a diventare buddista.
A memoria storica non si ricorda che un Papa sia stato mai sollecitato od invitato a cambiare fede, non ne vogliamo trarre alcuna conclusione, ma il fatto fa davvero pensare! Forse si può andare a ritroso a Lutero che invitava il Papa a cessare il suo ruolo, ma dalle altre religioni mai!
Cosa questo voglia dire, lo sa solo Dio, sappiamo per certo che Papa Francesco non cederà a questa lusinga se non altro a motivo del fatto che – concedeteci la battuta – lui stesso ha detto al suo successore a Buenos Aires che “è molto divertente essere Papa”… e non ce lo vediamo davvero un gesuita prodigarsi, ore ed ore, a fare lo Yoga.
In questa Lettera, comunque, la neo buddista si dice “contenta” dell’iniziativa del Papa, ma anche dubbiosa della piega sincretista qui contenuta. Fa pensare che se lo diciamo noi cattolici, veniamo accusati di attaccare il Papa, ma se lo dice una neo buddista – quelli scandalizzati dai nostri articoli – si fermano magari anche compiaciuti a dare valore a certe parole…
Noi non vogliamo dare alcun valore apologetico, dottrinale o teologico a questa Lettera, la rispettiamo così come è, e prendiamo atto che il suo contenuto non fa altro che sottolineare che il sincretismo religioso non aiuta a nessuno, e ci sollecita davvero a pregare di più per il Papa, ma non secondo le sue intenzioni come si usava, ma proprio “per” il Papa, affinché non ceda totalmente alle mode del momento.
Caro Papa Francesco,
sono una donna che da diversi anni si è convertita alla filosofia buddista. Devo dire che ho subito provato grande soddisfazione e profonda ammirazione per la Sua persona alla visione della preghiera di gennaio. Praticando la via della Pace e del Dialogo ci incamminiamo lungo la strada tracciata da Siddharta Gautama (il Buddha) circa seicento anni prima di Cristo.
Una cosa però ho premura di sottolineare. Quando Lei afferma che siamo tutti figli dello stesso Dio ho pensato che “Dio” non è una persona,
né tanto meno un’idea. Il Divino (espressione per noi buddhisti più corretta) non è “qualcuno” né tanto meno un “padre“, ma uno stato dell’esistenza che non sta a noi definire. Esso viene colto col termine Nirvana, che nella nostra dottrina solitamente sta ad indicare “un Nulla che però non è un niente”.
Dato che il Nirvana è al di là di qualsiasi pensiero razionale (compreso quello della figliolanza) e del linguaggio, non è possibile affermare quello che è ma, piuttosto, quello che non è. La ringrazio, comunque, per il suo impegno verso il dialogo, anche se mi risulta difficile comprendere come una religione possa esaltare la corporeità come il Cristianesimo, tanto da annunciare che la Salvezza dell’uomo possa avvenire per merito e per mezzo del Sacrificio del corpo di Gesù sulla croce.
Per noi la corporeità è fonte indiscussa di ogni male e ciò che conta veramente è l’Anima. Le consiglio di aprirsi alla nobile dottrina dello Yoga e vedrà che risulterà più facile comprendere la vera essenza dell’uomo. Namaste.
(di Elisabetta Frezza) Nel seminario di Padova – dove i volantini della Marcia per la Vita non riescono ad entrare o, se introdotti clandestinamente, vengono subito rimossi – si trovano pubblicizzate le iniziative più disparate.
Tra queste, un corso di Raja Yoga, che ha il pregio di essere promosso dal centro culturale dei gesuiti, quel glorioso Antonianum che negli anni ha formato tanti giovani destinati a diventare la classe dirigente cittadina.
Ospitato nei locali di proprietà della congregazione, presso i cui uffici è raccolta anche l’iscrizione, il corso sembra abbia ottenuto un notevole successo di pubblico, tanto da segnare in breve tempo il tutto esaurito.
E in effetti, così confezionati, gli incontri ginnico-meditativi ora sorprendentemente offerti dai discepoli di sant’Ignazio (che ben altri esercizi prescriveva..) forniscono a chi è alla ricerca del proprio benessere psico-fisico i famosi “due piccioni con una fava”: l’esercizio di una pratica ascetica di tendenza (assai più chic, per esempio, della obsoleta recita di un Rosario in Chiesa) e, insieme, un accreditamento clericale buono a tacitare qualsiasi eventuale rigurgito di coscienza cristiana.
Lo yoga è una realtà articolata e proteiforme che raggruppa un insieme di metodi con cui si pretende – attraverso esercizi fisici, tecniche di respirazione e di meditazione, evocazione di formule e di concetti tratti dalla spiritualità orientale – di liberare l’anima umana da tutto il suo peso materiale e terreno e di permettere all’individuo di uscire dal mondo fenomenico per raggiungere l’Unità essenziale e fondersi con essa, tramite una sorta di narcosi psicologica.
Sovente si pensa di avere a che fare con una innocua pratica di rilassamento fisico; essa, invece, è strutturalmente intrisa di aspetti spirituali incompatibili con il credo cristiano. Chi immagina ingenuamente di frequentare un corso di ginnastica alternativa, in realtà acquista un pacchetto religioso tao-indo-buddista di facile assorbimento grazie all’illusione di una pseudo-liberazione ipnotica, e finisce per aderire a un neopaganesimo di matrice esoterica: salta così a piè pari in un altro credo, che nulla ha a che vedere con la fede cristiana.
E infatti la brochure del corso gesuita (intitolato “La via dell’equilibrio, riconciliando corpo e mente”) recita: “Lo yogin è colui che in mezzo al più profondo silenzio sa trovare l’attività ed in mezzo all’attività sa trovare il silenzio e la solitudine del deserto”, e pare che non sia più la santità la dimensione cui deve attingere il credente, ma quella di yogin, ossia maestro di yoga. La citazione proviene infatti da uno dei più grandi autori del revival dell’induismo in India, Vivekananda, propalatore internazionale della religione hindu, membro del parlamento mondiale delle religioni di Chicago (un esperimento transnazionale di ecumenismo risalente al 1893) che teorizzò oscuri sincretismi tra induismo e cristianesimo.
E del resto la locandina, a partire dalla grafica vagamente new-age, con tanto di effige del fiore di loto, non nasconde nulla: “Yoga deriva dalla radice sanscrita Yug, che significa unione”, scrive; “è un complesso di pratiche che conducono il praticante all’unione del corpo con la mente e all’unione della mente individuale con l’Infinito”. Dove per Infinito (con la i maiuscola), dentro una struttura nominalmente cattolica, dovrebbe intendersi Dio: e già qui sembra di sconfinare arditamente nel territorio dell’eresia. Ma vi si descrive poi, con dovizia di particolari, la scala di ascesa al dio-infinito articolata in otto punti, il contenuto magico-esoterico dei quali (dai “vortici mentali” alla “esperienza mistica dell’unificazione”), lungi dall’essere in qualche modo cammuffato, viene sfacciatamente pubblicizzato già nel volantino targato sant’Ignazio.
Nello yoga vengono accettate teorie come quelle sui canali energetici, concetti come quelli dei meridiani e dei checkra, vengono recitati mantra, ossia formule magiche che invocano forze spirituali e idoli; si presuppone che ogni anima, nella sua natura e sostanza, sia unita nel profondo alla divinità, all’anima cosmica.
Si teorizza quindi che l’uomo, anziché l’immagine di Dio intaccata dal peccato originale, sia Dio egli stesso.
È perciò del tutto palese la trasgressione al primo comandamento, quanto evidente l’offesa al Dio trinitario. E infatti appare emblematico che nel paese d’origine dello yoga, l’India, i cristiani ne rifiutino con fermezza la pratica; la quale invece attecchisce, significativamente, in un occidente scristianizzato e sempre più prepotentemente anticristiano.
Siamo nell’orizzonte del terzo capitolo della Genesi: si delinea la superbia dell’uomo che non accetta di sottomettersi a Dio padre, di lasciarsi da Lui guidare, di mettersi nelle Sue mani in un rapporto di obbedienza filiale; dell’uomo che nega la sua creaturalità pretendendo di autodominarsi e dominare la realtà per mezzo di potenze occulte. Si realizza con ciò una inversione della relazione più profonda del nostro essere, quella con la divinità, e la distorsione del destino religioso dell’uomo per mezzo di pratiche che si impongono con il pretesto, e la pretesa, di offrirgli una liberazione.
Qui si annida il tranello che consiste nello sfruttare la sete di trascendenza e di pace interiore per carpire anime a un credo artefatto.
Intervistato su quale fosse il prezzo, in termini spirituali, di mode pervasive quali la meditazione trascendentale e lo yoga, Ratzinger rispose: “la perdita della fede e la perversione della relazione uomo‐Dio, e un disorientamento profondo dell’essere umano, cosicché alla fine l’uomo si sposa con la menzogna” ed “entra in una rete demoniaca che diventa poi molto più forte di lui”.
La circostanza che queste pratiche, opposte alla Verità rivelatasi in Gesù Cristo, siano propagandate dai gesuiti, lascia davvero perplessi e sgomenti. In questa ora di tentazione pagana profonda, anziché annunciare il Vangelo in tutta la sua semplicità e grandezza come la vera e l’unica liberazione, si cede ancora una volta alle lusinghe mondane e modaiole di una società smarrita e annoiata.
Evidentemente, quel novello mantra che serpeggia nella Chiesa – quello martellante dell’amore legibus solutus come unico parametro di azioni e reazioni del cristiano non ideologico, che viene ripetuto senza tregua dai pulpiti ai confessionali alle piazze profane – impone di accogliere felicemente il nemico in casa, con tutti gli onori.
A costo di precipitare nel sincretismo e nella apostasia. (Elisabetta Frezza)
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