ROVESCIATO L'ORDINE DI DIO ?
Anche il mondo è κόσμος, ordine: ma un ordine rovesciato rispetto a quello voluto da Dio. Oggi siamo al “disordine costituito” in cui il cristiano non può essere in pace con il mondo perché non si può dialogare con il Diavolo di Francesco Lamendola
Il cristiano di oggi, allorché, leggendo il Vangelo di Giovanni, s’imbatte con frequenza nella parola mondo, con un significato palesemente e totalmente negativo, come a designare la negazione del regno di Dio, avrà forse qualche difficoltà, specie se è un cattolico devotamente “illuminato”, progressista e politically correct, a conciliare la durezza di tale espressione con tutto ciò che, dopo il Concilio Vaticano II, tanti teologi, vescovi e scrittori cattolici hanno detto a proposito del mondo, qualificandolo in senso senz’altro positivo o, in ogni caso, come una realtà bella e gioiosa, meritevole di stima e di attenzione, e con la quale è indispensabile un dialogo, come si dice, “franco ed aperto”.
In particolare, c’è un passaggio durissimo, nel quale Gesù, durante l’Ultima Cena, mentre si accinge a pregare il Padre per coloro che lo seguono, dichiara in maniera esplicita e recisa di non avere alcuna intenzione di pregare per il mondo: ed è una delle espressioni più forti che Egli abbia mai adoperato nei confronti di qualcuno, Lui che, perfino mentre viene inchiodato ai pali della croce, prega ancora per quelli che lo stanno innalzando sul patibolo: Io non prego per il mondo, ma per coloro che Tu mi hai dato, che sono Tuoi (Giov., 17, 9).
D’altra parte, vi sono dei passi in cui Gesù adopera la parola “mondo” con una accezione ben diversa; per esempio, quando dice: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui (Giov., 3, 16-17). Questo significa che il “mondo” non è una realtà malvagia in se stessa, ma lo è quando rifiuta l’amore di Dio e si oppone, con arroganza e con ostinazione, al disegno di Dio. Il “mondo”, in effetti, sta a indicare l’umanità; ma, nello stesso tempo, “mondo” è il κόσμος, vale a dire l’ordine, il principio ordinatore delle cose.
Ne consegue che, evidentemente, esistono, per il Vangelo di Giovanni, due generi di ordine, che giacciono su piani completamene diversi, anzi, opposti: l’ordine di Dio e l’ordine dell’uomo. Quando l’uomo si rivolge a Dio, quando accoglie il Suo amore, quando cerca in Lui la propria fonte e la propria meta, allora si costituisce il vero ordine, l’ordine soprannaturale, che incomincia già qui, adesso, perché l’uomo, mediante l’anima, partecipa alla vita divina quando ancora riveste un corpo umano; ma che trova il suo pieno compimento e la sua realizzazione totale dopo la morte, nella vita eterna presso Dio o lontano da Dio. Viceversa, quando l’uomo pretende di farsi ordinatore di se stesso e della terra; quando si dimentica di Dio, o si oppone a Dio, e pretende di farsi, lui, il dio di se stesso, a immagine delle proprie brame, dei propri istinti, dei propri vizi, si costituisce, sì, un ordine – perché l’uomo è pur sempre una creatura razionale, e nemmeno il disordine del peccato abolisce del tutto questa sua caratteristica fondamentale -, però si tratta di un ordine aberrante, di un ordine rovesciato, di un ordine sacrilego.
Questo secondo “ordine”, questo secondo κόσμος, è, precisamente, quello che San Giovanni designa in senso puramente negativo e per il quale riferisce che Gesù non volle pregare; concetto ulteriormente rafforzato dall’espressione, adoperata nel medesimo Vangelo e nel medesimo contesto, “principe di questo mondo”, per designare Satana, il grande nemico dell’uomo e della creazione di Dio. Ora, se Satana è il principe del mondo, di questo mondo, allora ciò significa che il “mondo”, inteso come ribellione dell’uomo a Dio, è, esso stesso, il regno del Male: una specie di anticamera dell’Inferno, una preparazione all’Inferno vero e proprio: transitorio ed effimero il primo, eterno e terribilmente stabile, il secondo.
In questo senso, gli uomini che scelgono le tenebre e le preferiscono alla luce (cfr. Giov., 3, 19), sono degli uomini che rinunciano da se stessi al proprio statuto ontologico, e che si abbassano a trasformarsi in qualcosa di diverso e di orrido, si trasformano in veri e propri demoni di quell’anticipo dell’Inferno che è la terra abbandonata da Dio, l’umanità che ha voltato le spalle al suo Creatore. Questa umanità demoniaca è capace delle peggiori nefandezze e non ne prova vergogna alcuna, anzi, si vanta delle proprie azioni e sostiene, orgogliosamente, di rappresentare la luce del progresso e della “vera” ragione, in quanto finalmente liberata e affrancata dal vincolo che la teneva legata a Dio. Come dice San Paolo nella Lettera ai Filippesi (3, 19): La perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno per dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognasi, tutti intenti alle cose della terra.
Scriveva, nell’ormai lontano 1951, Igino Giordani, nel suo libro Il Messaggio sociale di Gesù (Roma, Città Nuova Editrice, ed. 1966, pp. 241-243):
Verso il regno dell’uomo, la nuova religione si professa, con Gesù, rispettosa, si in quanto i diritti di Dio, della coscienza e della morale lo consentano; e, a ogni modo, si tiene da esso distinta. Ma in quanto affermazione d’una realtà e finalità sopraterrena, e d’una preminenza dello spirito sulla materia, essa viene a mettersi contro il regno di Satana, o come dice Gesù, riferendosi alla sua manifestazione esterna propria sulla terra, contro il mondo.
Questo vocabolo è usato con varie accezioni nella Bibbia; ma in quanto antitesi al Vangelo, vuol significare la coalizione di vizi, di materialismo, di mancanza di fede, organizzata dallo spirito del male e opposta alla religione, alle virtù e alla spiritualità voluta da Dio. È un ordine (in greco, κόσμος) antitetico: che ingorga lo spirito nella terra, impedendogli di rilevarsi, facendo del piacere il suo fine, mercé tutti i mezzi; è la satrapia della ricchezza sfrenata e libidinosa, il monopolio del godimento egoista senza cura delle lacrime che costa ad altri, la maschera della comodità dei privilegi opposta al dolore dei molti: piramide d’egoismi sovrapposta alle miserie della massa, contro la legge di Dio.
Si ha così la prima lineazione cristiana del dualismo che attraverso l’Apocalisse e i primi Padri assume in Agostino le forme drammatiche di conflitto tra città di Dio e città del demonio; schieramento di due coalizioni che hanno, l’una, il vertice inabissato in cielo, l’altra, conficcato nella terra fino a sfondar nell’inferno.
L’ordine mondano si precisa e si concreta in relazione all’ordine celeste, cui il Vangelo dà vita; e via via dal proprio fondo muove le resistenze e le persecuzioni per le quali più volte il mondo s’è identificato con la sfera di Cesare. Per la sua opacità alla luce, la sua compattezza contro le infiltrazioni della carità, Gesù si rifiuta di pregare per esso; e son quelle le parole più dure del mite Maestro.
La prima ripulsa alle attrattive del mondo è da Lui operata , subito dopo il digiuno nel deserto, quando Satana, signore del mondo, gli offre, per farlo capitolare, “i regni della terra”: la seduzione del potere politico è una di quelle a cui meno si resiste; ma Gesù la respinge perché non riconosce per Signore altri che Dio e vuole la signoria spirituale di Dio sulla terra. In altri termini, non ammette una dualità di dominio; questo compete sempre e da per tutto - in cielo e in terra – a Dio. Satana, ricapitolando tutte le voglie di conquista, sfogo d’odio ed esercizio di forza bruta che ribolliscono nel cuore degli uomini senza Duo, vorrebbe che Gesù instaurasse una sovranità terrena universale, sotto l’insegna del male, e, con ciò, rinnegasse il suo compito d’instauratore della sovranità del Padre celeste e ribadisse la universale schiavitù del peccato. Gesù, tentato, sceglie, nettamente, la signoria spirituale, pur antivedendo che essa lo sbatterà contro le potenze del mondo e lo trascinerà sul patibolo: ma così apre il varco alla rivoluzione cristiana, dello spirito - alla redenzione - e afferma il contrasto implacabile col mondo, quale regime satanico. Ma quel contrasto segna l’inizio d’una guerra implacabile essa pure: e in tal senso Gesù definisce il suo Vangelo, non un dono di pace, ma uno scatenamento di lotta, di discordia, che scoppierà in seno alle stesse famiglie e metterà il padre contro il foglio e la madre contro la figlia. Egli, sotto questo rispetto, è venuto a portare fuoco sulla terra e non desidera se non che arda (Luca, 12, 49). Non è “segno di contraddizione”?
E solo così questo annunzio di guerra da parte del re della pace s’intende; non s’intende invece quando è trasferito o nell’orbita stessa del cristianesimo – della società opposta al mondo – o in genere nei rapporti tra gli uomini e tra le collettività; giacché esso vuol dire un’opposizione di bene a male, di spirito a materia, allorché la materia s’avvelena di colpa e si fa muraglia contro il flusso della bontà. È appunto la discordia con Satana e i suoi satelliti che permette la pace nell’ordine spirituale, e, con la pace, la giustizia; non potendoci essere un regime di virtù quando c’è intesa col nemico della virtù. Nelle sue manifestazioni concrete più appariscenti, la guerra, che egli è venuto a portare, è la guerra scatenata, pel nome di lui, contro i suoi seguaci; e la spada da lui sfoderata è quella che ha sparso e sparge sangue di martiri. Difatti i Giudei catturarono il primo cristiano, Gesù, con spade e randelli; ma egli, perché il suo regno non era del mondo, impedì ai suoi di difenderlo.
Se, dunque, il “mondo”, inteso come l’umanità che rifiuta Dio, è un ordine rovesciato, ossia non un vero ordine, ragionevole e buono, ma piuttosto, come oggi si usa dire, un “disordine costituito”, allora è chiaro che il cristiano non può essere in pace con il mondo, non può dialogare col mondo, perché non si può dialogare con il Diavolo senza accettare o subire, inevitabilmente, le trappole della sua malizia, immensamente superiori alla misera astuzia umana. Il che, a nostro avviso, dovrebbe gettare una luce sin troppo eloquente sulla reale natura di ciò che, da alcuni decenni a questa parte, certi cattolici sconsiderati vanno chiamando “il dialogo con il mondo” e “la costruzione d’un rapporto con il mondo”: astuti o folli”, come direbbe Leopardi (ma abbiamo detto che, di fronte all’astuzia di Satana, quella dell’uomo è sempre di una ingenuità grossolana), essi corrono verso la perdizione e rischiano di trascinare lungo la china molti altri e, forse, la Chiesa stessa, almeno nelle sue strutture e nelle sue componenti puramente umane.
Il mondo è κόσμος, ordine, quando si uniforma al disegno di Dio, quando dice di sì all’amore di Dio e accoglie il Vangelo annunziato da Suo Figlio, lasciandosi permeare dallo Spirito di Verità; e, nello stesso tempo, esso è anche espressione di ragione, perché è nella natura ragionevole dell’uomo riconoscere il suo debito e il rapporto filiale con il proprio Creatore. Tuttavia, nella ragione umana è insito il principio della libertà, che gli consente anche di rifiutare quel rapporto, di chiudersi alla trascendenza e di assolutizzare il proprio orizzonte finito, mediante l’instaurazione di una parodia dell’Infinito. È in quel caso che si può, e anzi, si deve parlare, di una perversione dell’ordine naturale del mondo, cioè di un ordine stravolto, mostruoso, diabolico; e di un corto circuito della ragione, la quale, negando Dio e cercando di assolutizzare l’uomo, nega anche se stessa, si abbassa e decade dal proprio ordine naturale e sostituisce ad esso un ordine posticcio, fasullo, orribilmente caricaturale rispetto all’ordine vero, al vero κόσμος conforme al disegno di Dio, e, perciò, al solo ordine che sia anche, autenticamente, umano. L’ordine che rifiuta Dio è un ordine ani-umano, perché solo in Dio l’uomo trova il proprio significato, così come solo in Dio trova la propria origine e solo andando verso Dio trova la propria meta finale.
Il mondo si esprime per mezzo dell’Ego, che brama la soddisfazione di sempre nuovi impulsi, spacciandoli per “esigenze” o, addirittura, per “bisogni”; mentre i bisogni veri, essendo qualcosa di naturale, non possono essere in contrasto né con la ragione, né con la vera natura dell’uomo. Ne consegue che tutti gli appetiti disordinati che scaturiscono dall’Ego, e che vorrebbero ergersi a “leggi” dell’esistenza (ma in contrasto non solo con la legge divina, bensì anche con la legge naturale), non realizzano affatto la vera natura umana, ma la stravolgono e la rendono irriconoscibile. In altre parole, quando l’uomo si lascia dominare dallo spirito del “mondo”, cioè dallo spirito egoistico e di rivolta contro Dio, diviene il peggior nemico di se stesso: perché nessun nemico potrebbe essere tanto feroce da spogliare l’uomo della sua stessa umanità. L’uomo, egli solo, quando si lascia ispirare e sedurre dal Diavolo, ne è capace.
Qual prova migliore del fatto che solo in Dio, con Dio e per Dio, l’uomo diviene veramente umano?
Anche il “mondo” è κόσμος, ordine: ma un ordine rovesciato rispetto a quello voluto da Dio
di Francesco Lamendola
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