ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 10 agosto 2016

Senza vergogna


Gli Stati Uniti ci riprovano. Al-Nusra cambia nome e la guerra per procura


«È inaccettabile che tante persone inermi – anche tanti bambini – debbano pagare il prezzo del conflitto, il prezzo della chiusura di cuore e della mancanza della volontà di pace dei potenti». Lo ha detto nell’Angelus di domenica papa Francesco, in riferimento alla Siria. Parole pesanti, cui la maggior parte della stampa internazionale non ha dato risalto, eppure ripetute. Era infatti l’11 maggio 2015 quando il Pontefice, rispondendo alle domande dei ragazzi presenti alla manifestazione promossa dalla Fabbrica della pace, denunciava che «tante persone potenti non vogliono la pace perché vivono sulle guerre».

È notizia di pochi giorni fa l’ennesimo caso di marketing del terrore, che promette – almeno sulla carta – un nuovo rimescolamento delle parti in gioco nella guerra in Siria. Il Fronte al-Nuṣra, o Jabhat al-Nuṣra, ha infatti annunciato un cambiamento di nome – in Jabhat Fatah Al-Sham (“Fronte per la Conquista del Levante”) – e la rottura della pluriennale affiliazione con l’organizzazione terroristica al-Qāʿida. Una separazione consensuale, per la quale Abu Muhammad al-Jawlani, capo militare di al-Nuṣra, ringrazia gli attuali vertici di al-Qāʿida, «per aver compreso il bisogno di rompere il legame». «Cambiano nome per puro tatticismo», denuncia all’Agenzia Fides il gesuita siriano Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo. «Loro sono gli stessi, esponenti dello stesso estremismo sunnita jihadista. Un gioco ingannevole».
Ma perché questa decisione? «Per provare a presentarsi come rappresentanti di quella immaginaria “opposizione moderata siriana” di cui sembrano avere bisogno certi poteri per continuare a perseguire i propri disegni sulla Siria», spiega Audo. Gli stessi poteri che sono alla ricerca di alleati per proseguire contro al-Assad una guerra che appare sbagliatasotto molti punti di vista. Su tutti, gli Stati Uniti. Proprio gli Usa, infatti, mantengono da anni una politica ambigua nei confronti dell’ex Fronte al-Nuṣra, ai limiti della collaborazione.
Se ne era parlato già nel 2013 in occasione dell’appello rivolto da Obama per un intervento armato congiunto in Siria contro il presidente al-Assad, allora accusato di avere impiegato armi chimiche a Damasco. La veglia di preghiera e digiuno promossa da papa Francesco, la debolezza delle accuse – negli anni numerosi gruppi di “ribelli” hanno saccheggiato i depositi bellici di al-Assad, compresi quelli di armi chimiche, ed è incerto chi le avesse utilizzate in quell’occasione – insieme all’iniziativa russa, all’adesione della Siria alla Convenzione sulle armi chimiche e infine alla distruzione sotto egida Onu dell’arsenale chimico siriano avevano scongiurato la nuova escalation bellica a guida euro-statunitense. Anche allora si era ipotizzato un incremento del sostegno ai “ribelli” anti-Assad, fra i quali proprio al-Nuṣra, tramite sostegno tattico e fornitura di armi.
Una situazione resa evidente anche dalla bozza di collaborazione ufficiale in Siria fra Stati Uniti e Russia presentata a Mosca dal segretario di Stato americano John Kerry lo scorso 14 luglio. Salta infatti agli occhi l’impegno degli Stati Uniti ad aumentare i propri attacchi contro il Fronte al-Nuṣra. La ragione del trattamento blando finora riservato dagli Usa a questo gruppo è presto detta: in diverse aree della Siria il Fronte al-Nuṣra condivide le posizioni con altre formazioni di “ribelli” considerati moderati dagli Stati Uniti e dai loro alleati e perciò rifocillati di armi e addestramento. Investimenti da proteggere. Lo stesso Fronte al-Nuṣra, a lungo ritenuto “moderato” da Usa ed Europa, era stato indicato come possibile partner nella guerra contro al-Assad.
Nel corso del 2014 il Fronte al-Nuṣra acquistò visibilità anche in Italia per aver confermato di tenere prigioniere Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, due giovani cooperanti giunte in Siria poche ore prima del rapimento per conto dell’associazione Horryati – organizzazione non riconosciuta dal Ministero degli Esteri italiano, «un gruppo di tre persone che hanno a cuore un Paese», secondo le parole del terzo membro, Roberto Andervill. Le ragazze vennero rapite ad Aleppo il 31 luglio di quell’anno e liberate il 15 gennaio 2015. Per questa vicenda, chiusa in fretta e tutt’altro che chiarita, si vociferò anche del pagamento di un riscatto milionario, come prevedibile mai confermato dalle autorità italiane.
«Qui si tocca con mano come purtroppo la Siria sia divenuta un campo di battaglia per interessi geopolitici regionali e internazionali. Sempre di più è diventato evidente che è una guerra per procura», ha denunciato il nunzio in Siria, mons. Mario Zenari. Ne è un tragico esempio il fatto che il Fronte al-Nuṣra non sia l’unico gruppo armato sul libro paga degli Stati Uniti. Pochi giorni fa un gruppo di “ribelli” siriani che l’Occidente sostiene contro al-Assad ha decapitato un ragazzino di 12 anni, Abdullah Issa, uno dei tanti rifugiati palestinesi che avevano trovato riparo in un campo profughi non ufficiale a nord di Aleppo. L’accusa? Far parte della milizia palestinese Liwa al-Quds che combatte al fianco di al-Assad. Un’accusa del tutto infondata, secondo gli operatori umanitari locali.
Nonostante la diffusione di due video dell’atrocità, la notizia, oscurata dal terrorismo portato in Europa, non ha avuto grande rilievo internazionale. Autori del gesto sono miliziani del movimento Nour al-Din al-Zenki, fra i più importanti gruppi coinvolti nella guerra civile siriana. Nour al-Din al-Zenki è uno dei tanti gruppi armati sostenuti dagli Usa. Un incidente, nelle parole del portavoce del Dipartimento di Stato americano, John Kirby, che ha condannato il brutale omicidio. «Incoraggiamo al-Zenki ad investigare l’incidente e ci aspettiamo che tutte le parti rispettino i loro obblighi ai sensi della legge dei conflitti armati», ha concluso Kirby. Sempre più spesso in Occidente a mancare non è solo la volontà di pace dei potenti, ma anche il senso della vergogna.


Nell’immagine: 28 maggio 2015. Combattenti del Fronte al-Nuṣra nei pressi di Ariha, in Siria, durante l’offensiva contro le forze leali al presidente Bashar al-Assad.
Bimbi uccisi per strada, ospedali e chiese colpite E i jihadisti risparmieranno i cristiani di Aleppo?
«Da giovedì sera, i rifornimenti sono cessati. Non abbiamo più benzina, gasolio, prodotti freschi (frutta, verdura e carne) e il pane è diventato raro. Gli abitanti sono molto preoccupati per il loro futuro immediato. Perché i governi occidentali non protestano, non si indignano, non minacciano, non presentano una risoluzione al consiglio di sicurezza dell'Onu per chiedere la revoca del blocco di Aleppo (ovest), che conta 1.500.000 abitanti? Come avevano fatto dieci giorni fa quando l'esercito siriano circondava Aleppo est pretendendo la sopravvivenza dei 250.000 abitanti di quella zona...».
Scrive dalla parte di Aleppo controllata dall'esercito siriano il dottor NabilAntaki, della comunità cattolica dei Maristi Blu, una delle voci che in questi anni ha raccontato con costanza dall'interno il dramma di Aleppo. Sul sito Oraprosiria in queste ore racconta l'ennesimo tornante paradossale dell'odissea della seconda città della Siria: la guerra riportata dentro la città in questi ultimi giorni ha fatto precipitare nel baratro tutti; tanto quelli che abitano a est, nelle aree sotto il controllo dei ribelli, quanto quelli (la maggioranza) che stanno a ovest, nelle zone governative. 
Nel tentativo di rompere l'assedio, infatti, la controffensiva delle forze anti-Assad è riuscita a interrompere a sud l'arteria che garantisce i rifornimenti e il passaggio delle persone da Homs e Damasco. Quindi, come in un drammatico giro di giostra, le sofferenze sono ricominciate anche dall'altra parte. Senza però ovviamente finire a est, dal momento che l'aviazione governativa continua a martellare le postazioni ribelli.
Al di là di ogni considerazione politico-militare il risultato è la catastrofe umanitaria per tutta Aleppo. Di qui l'appello che le Nazioni Unite alla fine hanno lanciato per una tregua di 48 ore che consenta perlomeno i rifornimenti di carburante e medicinali. Carburante che anche per Aleppo ovest è vitale; perché quelle forze che nelle scorse settimane denunciavano la crudeltà dell'assedio imposto dal regime di Assad sono le stesse che dal 2012 fino all'altro-ieri, quando il vento sembrava soffiare dalla loro parte, avevano sistematicamente ridotto al buio e alla sete chi stava dall'altra parte, per piegarne la resistenza. Quindi - come racconta Nabil Antaki nella sua testimonianza - tuttora i generatori a gasolio sono l'unica possibilità per avere un po' di corrente e attingere l'acqua almeno dai pozzi.  
La guerra, dunque, è oggi ovunque ad Aleppo. Ma proprio i quartieri dove vivono i circa 40 mila cristiani rimasti (contro i 160 mila di prima della guerra) sono tra i più esposti ai bombardamenti e alle ritorsioni violente. «Ho visitato Aleppo alla fine di maggio», ha raccontato l'altro giorno alla Radio Vaticana il nunzio apostolico a Damasco, monsignor Mario Zenari. «I quartieri cristiani sono posti proprio sulla linea di demarcazione; lì ho visto le nostre cattedrali, come anche quelle ortodosse, distrutte: una cosa impressionante. I cristiani delle nostre comunità di Aleppo sono attualmente quelli più esposti a tiri di mortai e bombe».
Per questo da Parigi l'altro giorno l'Oeuvre d'Orient, il più importante organismo di solidarietà con i cristiani d'Oriente, ha lanciato un appello quanto mai accorato: «Ci appelliamo ai responsabili politici francesi e alle autorità internazionali», ha scritto monsignor Pascal Gollnisch, «perché prendano delle iniziative concrete per fermare il conflitto nella città di Aleppo. Siamo particolarmente preoccupati per il possibile ingresso dei combattenti salafiti e jihadisti nei quartieri della città abitati dai cristiani. C'è un'urgenza assoluta di agire». 
Ieri poi il sito del quotidiano libanese l'Orient le Jour - in maniera eloquente - riportava una sua corrispondenza allarmata dalla città in guerra sotto l'eloquente titolo: “I jihadisti risparmieranno i cristiani di Aleppo? Certamente no...”. Questa è la percezione che ad Aleppo Ovest si ha dell'offensiva lanciata dal fronte anti Assad. Un'avanzata guidata dalle milizie islamiste più fanatiche che ai cristiani non lascerebbe alcuno scampo; altro che una “liberazione”.
Oggi ci si chiede se potranno essere l'appello dell'Onu o il vertice tra Putin ed Erdogan a fermare questa follia. Da Aleppo - però - a chi gli domanda della tregua il parroco latino, il francescano padre Ibrahim Alsabagh, si mostra dubbioso: «Abbiamo sentito che è previsto l'arrivo di tanti militari da ogni parte verso Aleppo», racconta ancora a Radio Vaticana, «non è l'aria che prepara una tregua. L'esercito vuole riprendere le parti che ha perso negli ultimi giorni, mentre questi gruppi militari si preparano ad avanzare ulteriormente, verso Hamadaniya e verso tutta la parte ovest della città». 
Racconta che comunque da oggi loro ricominceranno lo stesso a distribuire il pacco mensile dei viveri alle famiglie bisognose. «È un miracolo e una provvidenza divina che siamo riusciti a comprare tutto il materiale prima della chiusura della strada principale». «Veramente non sappiamo che cosa potrà succedere», conclude. «Abbiamo detto a tutti che vogliamo digiunare e pregare in queste prossime 72 ore, perché la volontà della pace regni sempre e perché vinca sull'altra volontà, quella della guerra».  
 di Giorgio Bernardelli



Le navi USA nel Mediterraneo forniscono appoggio ai terroristi in Siria             
Ribelli "moderati" in azione ad Aleppo
Ribelli "moderati" in azione ad Alepp
Ulteriore prova della complicità degli USA con i terroristi in Siria: Le navi della flotta USA nel Mediterraneo trasmettono i dati ai gruppi terroristi in Siria.
Le verifiche fatte dalle forze della resistenza in Siria dimostrano che i dati trasmessi dalle navi da guerra USA che incrociano nel Mediterraneo sono stati ritrovati nei covi dei terroristi.
Le forze dell’Esercito siriano che operano in Siria per combattere contro i terroristi rivelano che, attraverso le loro osservazioni, hanno compreso che un altro appoggio, su cui contano i terroristi attivi in Siria, sono i dati di intelligence che ricevono dalle navi da guerra degli USA e della NATO che navigano nel Mediterraneo, secondo le informazioni trasmesse dall’agenzia iraniana Fars.
Dette navi trasmettono al gruppo ” Yeish al-Fatah” (una coalizione formata dai vari gruppi terroristi)informazioni precise ed istantanee circa i movimenti delle forze governative di Damasco in modo che questa banda le utilizzi nelle sue operazioni ad Aleppo, nel nord della Siria.
Yeish al-Fath, una alleanza terrorista che conta con più di 5.000 componenti, ha iniziato dal 31 Luglio una offensiva contro le forze dell’Esercito siriano per rompere l’assedio delle truppe governative nella parte sud- est di Aleppo.
Tuttavia l’Esercito siriano continua a mantenere l’accerchiamento sulla città ed a respingere gli attacchi. E’ stato inoltre smentito l’annuncio lanciato il Sabato dai gruppi “ribelli” circa la rottura dell’assedio e la liberazione di un distretto orientale della città.

Navi USA nel Mediteraneo
Navi USA nel Mediteraneo

In questo contesto, la riferita agenzia iraniana, citando una fonte locale, ha manifestato  l’idea che le forze che combattono in Siria, tra le quali quelle del movimento di Resistenza libanese Hezbollah, hanno capacità speciali per affrontare i terroristi armati fino ai denti.
D’altra parte una fonte militare siriana ha dichiarato la scorsa domenica che l’Esercito siriano  ha eliminato più di duemila terroristi nel sud est di Aleppo nel corso dei combattimenti degli ultimi dieci giorni.
Nuovo attacco con armi chimiche dei terroristi alleati degli USA
Dalla rete Tv iraniana in arabo, Al-Alam, sono arrivate informazioni questo Martedì secondo le quali,  il denominato Movimento “Nuredin al-Zinki”, che Washington considera “moderato” e viene appoggiato dagli USA, ha attaccato la parte antica della città di Aleppo utilizzando gas tossici.
Almeno 8 civili sono morti ed altri hanno sofferto ferite, con sintomi di intossicazione ed asfissia.
In precedenza vi erano stati altri casi di utilizzo di armi chimiche da parte dei gruppi dei terroristi appoggiati dagli USA e dagli altri paesi della regione, come Arabia Saudita, Qatar e Turchia. L’ultimo era avvenuto lo scorso 2 Agosto, segnalato dal Centro russo per la Riconciliazione in Siria, un attacco con gas tossico contro un distretto residenziale di Aleppo in cui sono morte 7 persone ed altre 23 sono state ricoverate per intossicazione.
Questi episodi vengono sistematicamente ignorati dall’apparato dei media occidentali che non menziona quasi mai i crimini dei terroristi, appoggiati dagli USA e dai loro alleati, salvo quando questi non sono occultabili, come accaduto con il video del bambino palestinese decapitato dal gruppo Nuredin al-Zinki ,definito di “ribelli moderati” e questo ha suscitato l’indignazione del mondo. Vedi: Ribelli moderati. La decapitazione del bambino palestinese….
Piuttosto i media occidentali, oltre a deformare gli avvenimenti del conflitto in Siria, hanno iniziato una campagna per lanciare la proposta di una tregua con cessate il fuoco ad Aleppo, per permettere alla popolazione di lasciare i quartieri dove i civili sono ostaggio dei terroristi. Stranamente le proposte di tregua vengono fatte esclusivamente quando i gruppi terroristi si trovano in gravi difficoltà e sono sul punto di essere sopraffatti dalle forze dell’Esercito siriano.
Nelle ultime settimane la città di Aleppo è scenario di feroci combattimenti tra le forze dell’Esercito siriano e di Hezbollah e la coalizione dei terroristi di “Yeish al-Fath” (ex Jabat Al Nusra), composta da decine di gruppi jihadisti che stanno cercando di rompere l’accerchiamento alle proprie posizioni (nella zona Est di Aleppo) a cui sono stati costretti dalle forze di Damasco.
L’esito della battaglia di Aleppo sarà fondamentale per stabilire la vittoria del Governo di Damasco (appoggiato dalle forze russe) e la possibile fine del conflitto alimentato dall’estero.
Per questo vi è molta preoccupazione fra i comandi militari di USA , Regno Unito, Arabia Saudita, Qatar e Turchia, che vedono con preoccupazione una prossima vittoria delle forze russe e siriane nel paese arabo, con la sconfitta dei gruppi mercenari da loro armati e sostenuti nel corso degli ultimi anni.
Fonti:     Hispan TV     Al Manar
Traduzione: Manuel De Silva

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