Il tema delle ‘chiacchiere’ nocive al benessere della comunità cattolica è ormai uno dei più ricorrenti in papa Francesco. Così come quello dei ‘cattivoni’, quei ‘dottori della legge’ pronti 24 ore su 24 a segnarti a dito come trasgressore della norma. Intanto ‘Avvenire’,quotidiano della Conferenza episcopale italiana e campione galantino della Nuova Misericordia, ‘bastona’ un membro eminente della stessa Conferenza.
Nel Magistero di Francesco due argomenti ricorrono ormai a giorni alterni e sembrano assumere sempre più lo status di vere e proprie emergenze pastorali. Il Papa non cessa di mettere in guardia dalle “chiacchiere” e di scagliarsi contro i “dottori della legge” dal cuore duro e dal dito puntato. C’è su questi temi un’insistenza che colpisce, che appare a numerosi osservatori (curiali e non) sproporzionata e che dà origine a interrogativi di non poco conto sui motivi di tale accanimento ben poco misericordioso. Due gli esempi della settimana: il primo durante l’omelia della santa messa celebrata domenica 15 gennaio a Santa Maria a Setteville di Guidonia (un’omelia come minimo assai singolare), il secondo in occasione della quotidiana Meditazione a Santa Marta di venerdì 20 gennaio.
Apostoli violenti, codardi, traditori, ma non chiacchieroni: niente chiacchiere in parrocchia (dall’omelia a Santa Maria a Setteville di Guidonia, 15 gennaio 2017 – nel Vangelo Giovanni Battista dà testimonianza di Gesù): (…) Io vorrei lasciarvi un messaggio. Questo lo capiamo tutti, quello che ho detto: testimoni peccatori. Ma, leggendo il Vangelo, io non trovo un [certo tipo di] peccato negli Apostoli. Alcuni violenti c’erano, che volevano incendiare un villaggio che non li aveva accolti… Avevano tanti peccati: traditori, codardi… Ma non ne trovo uno [particolare]: non erano chiacchieroni, non parlavano male degli altri, non parlavano male uno dell’altro. In questo erano bravi. Non si “spennavano”. Io penso alle nostre comunità: quante volte, questo peccato, di “togliersi la pelle l’uno all’altro”, di sparlare, di credersi superiore all’altro e parlare male di nascosto! Questo, nel Vangelo, loro non l’hanno fatto. Hanno fatto cose brutte, hanno tradito il Signore, ma questo no. Anche in una parrocchia, in una comunità dove si sa… questo ha truffato, questo ha fatto quella cosa…, ma poi si confessa, si converte… Siamo tutti peccatori. Ma una comunità dove ci sono le chiacchierone e i chiacchieroni, è una comunità che è incapace di dare testimonianza.
Io dirò soltanto questo: volete una parrocchia perfetta? Niente chiacchiere. Niente. Se tu hai qualcosa contro uno, vai a dirglielo in faccia, o dillo al parroco; ma non fra voi. Questo è il segno che lo Spirito Santo è in una parrocchia. Gli altri peccati, tutti li abbiamo. C’è una collezione di peccati: uno prende questo, uno prende quell’altro, ma tutti siamo peccatori. Ma quello che distrugge, come il tarlo, una comunità sono le chiacchiere, dietro le spalle.
Io vorrei che in questo giorno della mia visita questa comunità facesse il proposito di non chiacchierare. E quando ti viene voglia di dire una chiacchiera, morditi la lingua: si gonfierà, ma vi farà tanto bene, perché nel Vangelo questi testimoni di Gesù – peccatori: anche hanno tradito il Signore! – mai hanno chiacchierato uno dell’altro. E questo è bello. Una parrocchia dove non ci sono le chiacchiere è una parrocchia perfetta, è una parrocchia di peccatori, sì, ma di testimoni. E questa è la testimonianza che davano i primi cristiani: “Come si amano, come si amano!”. Amarsi almeno in questo. Incominciate con questo. Il Signore vi dia questo regalo, questa grazia: mai, mai sparlare uno dell’altro. Grazie.
I dottori della legge? Persecutori lontani da Dio (dalla Meditazione mattutina di venerdì 20 gennaio 2017 a Santa Marta, dal titolo “Cambio totale”, come riportato da “L’Osservatore Romano” in data 21 gennaio): «La nuova alleanza — ha fatto presente Francesco — ci cambia il cuore e ci fa vedere la legge del Signore con questo nuovo cuore, con questa nuova mente». Riferendosi, poi, «ai dottori della legge che perseguitavano Gesù», il Papa ha ricordato che «facevano tutto quello che era prescritto dalla legge, avevano il diritto in mano, tutto, tutto, tutto. Ma la loro mentalità era una mentalità lontana da Dio, era una mentalità egoista, centrata su loro stessi: il loro cuore era un cuore che condannava». Vivevano, insomma, «sempre condannando». Ma ecco che «la nuova alleanza ci cambia il cuore e ci cambia la mente: c’è un cambio di mentalità».
INTANTO AVVENIRE IL MISERICORDIOSO ‘BASTONA’ IL CARDINALE CAFFARRA
Una recente intervista del cardinale Gerhard Ludwig Műller al Tgcom 24 ha offerto al quotidiano della Conferenza episcopale italiano il destro (meglio sarebbe dire il sinistro) per ‘bastonare’ un suo autorevole membro: l’arcivescovo emerito di Bologna, cardinale Carlo Caffara. Che ha fatto il neo-imputato per essere così duramente sanzionato? Ha partecipato a festini omo? No, ma è poi peccato questo? Chi siamo noi per giudicare? Ha fornicato, ha insultato e schiaffeggiato un suo diocesano, ha bestemmiato, si è drogato? Ha mentito, ha rubato, si è reso responsabile di atti di corruzione? Nooo, molto di più! E’ stato riconosciuto colpevole di atti di pedofilia? Nooo, molto di più. E allora? Avrà dato la comunione a qualche leghista, avrà ricordato le parole di Lutero contro gli ebrei, avrà detto che Putin non è il diavolo… Nooo, queste sono nefandezze, ma al peggio non c’è mai fine, perché il cardinale Caffara ha osato esporre in una lettera (insieme con altri tre porporati più due che hanno chiesto di restare anonimi più diversi altri che hanno condiviso i contenuti della lettera) alcuni dubbi su certi passaggi dell’esortazione apostolica Amoris laetitia, che hanno seminato e seminano gran confusione nella Chiesa odierna, trasformata in ‘cantiere aperto’. Caffarra lo ha fatto rispettosamente, chiedendo a papa Francesco di chiarire i punti controversi nell’interpretazione, così da avere un’unica prassi per tutta la Chiesa nell’accoglienza ai divorziati risposati. Come è noto, il Papa non ha voluto rispondere: anzi ha proibito di rispondere alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il cui prefetto, appunto il cardinale Műller – a dispetto di quanto sembrerebbe emergere dall’intervista al Tgcom 24 – continua a pensarla sui cinque dubia esattamente come la pensava all’inizio: in altre parole il porporato tedesco continua a condividere pienamente la necessità di un chiarimento da parte del Papa su questi punti.
Avvenire però di questo non si cura. Il misericordioso giornale del misericordioso Galantino, quando ne ha occasione, non esita a impallinare il Salvini, il Trump e il Caffarra di turno. E’ così che nell’edizione del 18 gennaio è apparso un articolone a firma del turiferario-sicario di giornata, dal titolo “Chiesa e famiglia. Amoris laetitia, onda di bene”. Un titolo apparentemente innocente, ma che svela le intenzioni nel sommario: Mentre in tutte le diocesi l’Esortazione postsinodale è al centro dei programmi pastorali, il cardinale Caffarra torna a chiedere al Papa di spiegare meglio. Ma Müller stoppa: bene così.
Che cosa capisce il lettore? Primo: in tutte le diocesi (notare il tutte) l’Amoris laetitia suscita entusiasmi pastorali. E’ il delirio tricolore! Secondo: c’è un rompiscatole che non riesce a capirlo. Terzo: il rompiscatole non ha fatto però i conti con il ‘guardiano’ della fede, il possente cardinal Műller, che lo gela e lo blocca (in realtà, lo ribadiamo, Műller continua a trovare i ‘dubia’ più che giustificati).
Nella prima parte dell’articolo il turiferario di giornata non può evidentemente tacere dell’ “ entusiasmo con cui le parole del Papa sulla famiglia continuano a essere accolte, rilanciate, studiate”. Entusiasmo avvalorato anche da un’osservazione del solerte funzionario galantino di turno, il direttore dell’Ufficio della Cei per la pastorale della famiglia, che, certo travolto dal fervore, rileva: Stiamo completando una rassegna sulla cosiddetta “ricezione pastorale” del documento e i risultati di questa ricognizione, che renderemo noti a breve, sono stupefacenti.Stupefacenti? Prepariamoci a uno tsunami marinista (dal poeta barocco Giovanbattista Marino), con lieve aggiornamento: “E’ del funzionario il fin la meraviglia”.
Andemm innanz. Più oltre il turiferario di giornata si lagna che il dibattito, non solo mediatico, sembra concentrarsi su un unico aspetto, i paragrafi centrali del-l’VIII capitolo che affrontano, tra l’altro, il tema dell’integrazione delle situazioni difficili, compresi i divorziati risposati. La domanda risuona sempre identica: è possibile riammettere ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia queste persone? Ma come (annota il turiferario)… il Papa si è già espresso con chiarezza sul punto. Eppure c’è chi non si rassegna. Scandalo, che sia l’ora di rinnovare la procedura dell’ Anathema sit?
Qui cade il nome del reo, Carlo Caffarra, insieme con quello dei suoi tre sfrontati compari rossoporpora. Scrive il turiferario: (Caffarra) è tornato nei giorni scorsi sulla vexata quaestio in una ampia intervista al ‘Foglio’. E sentenzia: Nessuna novità, aggiungendo che ne avevamo già parlato lo scorso 2 dicembre, dimenticando il ritardo di 18 giorni con cui Avvenire ha dato la notizia della lettera, uscita il 14 novembre sul blog di Sandro Magister e su “La Nuova Bussola Quotidiana” (una tempestività veramente degna di un quotidiano anche di informazione religiosa). Continua il turiferario: Sul punto della riammissione all’Eucaristia, sostiene Caffarra, «non si capisce bene cosa il Papa insegna ». E visto che – lui ribadisce (notare quel ‘lui ribadisce’) – parroci e fedeli si dicono disorientati per le vaghe, o presunte tali, indicazioni contenute in Amoris laetitia, è giusto tornare a chiedere lumi al Papa. La parte seguente dell’articolo è dedicata a contrapporre le dichiarazioni del card. Műller a quelle del confratello Caffarra, rilasciate nella strana intervista al Tgcom 24 (strana, perché in realtà il card. Műller non ha minimamente cambiato l’opinione iniziale).
Infine, dopo aver osservato che i vescovi “di tutte le conferenze episcopali del mondo” (i turiferari pensano sempre in grande) condividono l’idea della chiarezza insita nell’Amoris laetitia, ecco la presa di posizione esemplare dei due vescovi maltesi Scicluna e Grech: Qualora, al termine del processo di discernimento, “compiuto con umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta a essa, una persona separata e divorziata che vive una nuova unione arriva – con una coscienza formata e illuminata – a riconoscere e credere di essere in pace con Dio, non le potrà essere impedito – concludono i vescovi maltesi – di accostarsi ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia". In sintesi: se uno che vive in una situazione irregolare “arriva a riconoscere e credere di essere in pace con Dio", si comunichi quando vuole! E così, secondo il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, quel rompiscatole di un suo membro eminente, l’arcivescovo emerito di Bologna cardinal Caffarra, è servito. Che la pianti, per favore!
PAPA, CHIACCHIERE, DITO PUNTATO. INTANTO ‘AVVENIRE’ BASTONA… - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 21 gennaio 2017
Critica l'”Amoris Laetitia”, prete sospeso a divinis
Già
nei mesi scorsi in molti han parlato ormai di vere e proprie epurazioni
in atto all’interno della Chiesa. Quanto accaduto in Colombia, per la
precisione a don Luis Carlos Uribe Medina (nella foto), ne è probabilmente, suo malgrado, una triste icona, uno degli esempi più lampanti ed evidenti.
Lo scorso 16 gennaio il suo Vescovo, mons. Rigoberto Corredor Bermúdez, alla guida della Diocesi di Pereira, lo ha sospeso a divinis. La sua colpa? Quella di aver «rifiutato, pubblicamente e privatamente, gli insegnamenti dottrinali e pastorali del Santo Padre Francesco, principalmente riguardo a matrimonio ed Eucaristia». Ad evidenziarlo, è stata l’agenzia Adelante la Fe, che ha anche precisato come, nello specifico, a far problema siano le affermazioni relative all’accesso ai Sacramenti da parte dei divorziati risposati. Obiezioni giudicate addirittura nel decreto di sospensione «contrarie alla fede cattolica ed alla disciplina ecclesiastica», nonché tali da allontanare don Luis «dalla comunione col Papa e con la Chiesa».
Un tempo Sacra Scrittura, Magistero e Tradizione erano i riferimenti cardine per tutti i cattolici; ora per la “Chiesa della misericordia” sembran esser stati tutti soppiantati dall’Amoris Laetitia, assurta da troppi ad unico ed indiscutibile discrimine, per discernere cosa sia da ritenersi ortodosso e cosa non lo sia. Al punto da paragonare don Luis, nel decreto di sospensione, addirittura agli apostati, agli eretici ed agli scismatici, essendosi invocati, a giustificazione del pesante provvedimento, il can. 1364 par. 1 e 2 ed il can. 751 del Codice di Diritto Canonico, che definisce «scisma» il «rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti». Va notato come don Luis, in realtà, non abbia commesso né l’una, né l’altra colpa ascrittagli; semplicemente, ha espresso critiche all’Amoris Laetitia, peraltro condivise ormai anche da un’ampia porzione di Chiesa sino a spingere Cardinali (ad esempio, coi famosi dubia) e Vescovi a manifestare apertamente al Papa le medesime obiezioni. Mons. Corredor vuol forse considerare apostati, eretici e scismatici anche tutti loro?
Il meccanismo posto in essere per primo dal Vescovo di Pereira costituisce un cambio di registro davvero grave, tale da minacciare, questo sì, la comunione all’interno della Chiesa. Rappresenta una sua iniziativa personale? E’, il suo, un atto isolato?
Purtroppo pare proprio di no. Secondo quanto denunciato dall’agenzia Rorate Caeli, mons. David John Malloy, vescovo di Rockford, Illinois, Usa, ha inviato infatti una lettera davvero inquietante ai suoi sacerdoti. E’ datata 16 gennaio, come nel caso del Vescovo di Pereira: evidentemente un giorno davvero infausto per la Chiesa, quello…
In tale missiva, paradossalmente in nome dell’«unità nella celebrazione della Sacra Liturgia», è stato vietato in modo perentorio di celebrare Sante Messe «ad orientem» o nella cosiddetta forma straordinaria, senza il permesso dell’Ordinario. Il che pone mons. Malloy in aperto conflitto con quanto previsto dal Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Il cui art. 2 specifica come celebrare la S. Messa tridentina non necessiti di permessi né da Roma, né del Vescovo, esortando anzi i sacerdoti, all’art. 5 par. 1, ad accogliere libenter ovvero volentieri le richieste avanzate in tal senso da gruppi stabili di fedeli, rendendosi parte attiva nel fare in modo che ciò favorisca l’unità di tutta la Chiesa, evitando discordie intestine.
Nei giorni scorsi era già circolata un’altra voce inquietante: mons. Mario Grech, vescovo di Gozo, Malta, avrebbe minacciato di sospendere a divinis quei suoi sacerdoti, che intendessero negare l’Eucarestia ai divorziati risposati. Voce smentita ufficialmente dalla Diocesi come «assolutamente falsa». E’ certa però la pubblicazione a Malta nei giorni scorsi di una guida dal titolo «Invito dei Vescovi alla Misericordia», con cui si esortano espressamente i sacerdoti dell’isola a non negare la Comunione agli adulteri, purché genericamente disposti ad “abbandonare” al più presto questo loro stato. Che si ricorra o meno alla costrizione, è evidente l’orientamento purtroppo assunto da molti Ordinari in pieno contrasto col Catechismo.
Come può un Vescovo “bocciare” la vigente Dottrina cattolica per sospendere un proprio prete? Come può un Vescovo “bocciare” un Papa, Benedetto XVI, ed il suo Motu Proprio, minacciando il suo clero nel caso non si adegui?
Di certo, con questi precedenti, i livelli dello scontro sono stati ulteriormente alzati. V’è da sperare, per il bene della Chiesa, che non siano messaggi “lanciati a nuora perché suocera intenda”, inaugurando una inedita, ma pericolosissima stagione di “caccia alle streghe” e di epurazioni nella Chiesa Cattolica (M. F.).
http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-brevi/critica-lamoris-laetitia-prete-sospeso-a-divinis/
Dubia e ostacoli, solo Avvenire non vede il caos
Lo scorso 16 gennaio il suo Vescovo, mons. Rigoberto Corredor Bermúdez, alla guida della Diocesi di Pereira, lo ha sospeso a divinis. La sua colpa? Quella di aver «rifiutato, pubblicamente e privatamente, gli insegnamenti dottrinali e pastorali del Santo Padre Francesco, principalmente riguardo a matrimonio ed Eucaristia». Ad evidenziarlo, è stata l’agenzia Adelante la Fe, che ha anche precisato come, nello specifico, a far problema siano le affermazioni relative all’accesso ai Sacramenti da parte dei divorziati risposati. Obiezioni giudicate addirittura nel decreto di sospensione «contrarie alla fede cattolica ed alla disciplina ecclesiastica», nonché tali da allontanare don Luis «dalla comunione col Papa e con la Chiesa».
Un tempo Sacra Scrittura, Magistero e Tradizione erano i riferimenti cardine per tutti i cattolici; ora per la “Chiesa della misericordia” sembran esser stati tutti soppiantati dall’Amoris Laetitia, assurta da troppi ad unico ed indiscutibile discrimine, per discernere cosa sia da ritenersi ortodosso e cosa non lo sia. Al punto da paragonare don Luis, nel decreto di sospensione, addirittura agli apostati, agli eretici ed agli scismatici, essendosi invocati, a giustificazione del pesante provvedimento, il can. 1364 par. 1 e 2 ed il can. 751 del Codice di Diritto Canonico, che definisce «scisma» il «rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti». Va notato come don Luis, in realtà, non abbia commesso né l’una, né l’altra colpa ascrittagli; semplicemente, ha espresso critiche all’Amoris Laetitia, peraltro condivise ormai anche da un’ampia porzione di Chiesa sino a spingere Cardinali (ad esempio, coi famosi dubia) e Vescovi a manifestare apertamente al Papa le medesime obiezioni. Mons. Corredor vuol forse considerare apostati, eretici e scismatici anche tutti loro?
Il meccanismo posto in essere per primo dal Vescovo di Pereira costituisce un cambio di registro davvero grave, tale da minacciare, questo sì, la comunione all’interno della Chiesa. Rappresenta una sua iniziativa personale? E’, il suo, un atto isolato?
Purtroppo pare proprio di no. Secondo quanto denunciato dall’agenzia Rorate Caeli, mons. David John Malloy, vescovo di Rockford, Illinois, Usa, ha inviato infatti una lettera davvero inquietante ai suoi sacerdoti. E’ datata 16 gennaio, come nel caso del Vescovo di Pereira: evidentemente un giorno davvero infausto per la Chiesa, quello…
In tale missiva, paradossalmente in nome dell’«unità nella celebrazione della Sacra Liturgia», è stato vietato in modo perentorio di celebrare Sante Messe «ad orientem» o nella cosiddetta forma straordinaria, senza il permesso dell’Ordinario. Il che pone mons. Malloy in aperto conflitto con quanto previsto dal Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Il cui art. 2 specifica come celebrare la S. Messa tridentina non necessiti di permessi né da Roma, né del Vescovo, esortando anzi i sacerdoti, all’art. 5 par. 1, ad accogliere libenter ovvero volentieri le richieste avanzate in tal senso da gruppi stabili di fedeli, rendendosi parte attiva nel fare in modo che ciò favorisca l’unità di tutta la Chiesa, evitando discordie intestine.
Nei giorni scorsi era già circolata un’altra voce inquietante: mons. Mario Grech, vescovo di Gozo, Malta, avrebbe minacciato di sospendere a divinis quei suoi sacerdoti, che intendessero negare l’Eucarestia ai divorziati risposati. Voce smentita ufficialmente dalla Diocesi come «assolutamente falsa». E’ certa però la pubblicazione a Malta nei giorni scorsi di una guida dal titolo «Invito dei Vescovi alla Misericordia», con cui si esortano espressamente i sacerdoti dell’isola a non negare la Comunione agli adulteri, purché genericamente disposti ad “abbandonare” al più presto questo loro stato. Che si ricorra o meno alla costrizione, è evidente l’orientamento purtroppo assunto da molti Ordinari in pieno contrasto col Catechismo.
Come può un Vescovo “bocciare” la vigente Dottrina cattolica per sospendere un proprio prete? Come può un Vescovo “bocciare” un Papa, Benedetto XVI, ed il suo Motu Proprio, minacciando il suo clero nel caso non si adegui?
Di certo, con questi precedenti, i livelli dello scontro sono stati ulteriormente alzati. V’è da sperare, per il bene della Chiesa, che non siano messaggi “lanciati a nuora perché suocera intenda”, inaugurando una inedita, ma pericolosissima stagione di “caccia alle streghe” e di epurazioni nella Chiesa Cattolica (M. F.).
http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-brevi/critica-lamoris-laetitia-prete-sospeso-a-divinis/
Dubia e ostacoli, solo Avvenire non vede il caos
20-01-2017
L’intervista che il cardinale Carlo Caffarra ha concesso al quotidiano Il Foglio sui “dubia” presentati al Papa in merito ad Amoris laetitia, secondo il quotidiano dei vescovi italiani non è altro che un pretestuoso dibattere. La questione, infatti, scrive Luciano Moia su Avvenire, è già chiusa: tutto è chiaro nell’esortazione, e se proprio non lo fosse c’è sempre la lettera che il papa ha scritto ai vescovi argentini della regione di Buenos Aires. La comunione ai divorziati risposati more uxorio, in certi casi, non solo si può, ma si deve dare.
Inoltre, dice Moia, riprendendo un concetto già espresso in altre occasioni, l’esito di Amoris laetitia «non è un invenzione del Papa», ma il frutto di un lunghissimo cammino sinodale che ha coinvolto la Chiesa intera. Altri commentatori, come ad esempio il professor Andrea Grillo del Sant’Anselmo di Roma, attribuiscono all’arcivescovo emerito di Bologna una specie di senescente nostalgia per una chiesa che non è più. Caffarra, secondo Grillo, poggia le sue «deboli» argomentazioni «facendo ricorso in modo vistoso alle fragili teorie massimaliste che Veritatis Splendor (VS) ha introdotto avventatamente nel magistero ecclesiale». Quindi, per il teorico del “bene possibile” sembra che l’enciclica di san Giovanni Paolo II si possa tranquillamente discutere perché avventata, massimalista e vecchia, mentre l’esortazione Amoris laetitia, finalmente, rimette le cose a posto, aprendo praterie ad una teologia morale finalmente moderna e plurale. Si profila così un magistero à la carte, o in evoluzione darwiniana permanente continua.
Per tornare all’articolo di Avvenire, si prende atto che lo stesso Moia riconosce che l’interpretazione data ad Amoris laetitia non è la stessa in tutto l’orbe cattolico, sebbene giudichi come «prevalente» quella che ammette l’accesso ai sacramenti, in certi casi, per i divorziati risposati conviventi more uxorio. Non sappiamo se le cose stiano precisamente così, perché al netto di quelle dei vescovi argentini, e quelle recentissime dei vescovi di Malta, le indicazioni date nelle diocesi in giro per il mondo offrono un quadro abbastanza eterogeneo: in una diocesi l’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati conviventi more uxorio viene ammesso, nell’altra no (se non impegnandosi a vivere in continenza), nell’altra ancora c’è un mix di “sì” e “no” per cui non vorremmo essere nei panni del sacerdote chiamato a discernere. Il commento di Caffarra, «solo un cieco può negare che nella Chiesa esiste una grande confusione», non sembra poi così pretestuoso come vorrebbe l’articolista di Avvenire.
L’altro argomento utilizzato da Moia per dire che il discorso è chiuso considera la lettera che il Papa ha inviato per approvare le linee guida dei vescovi di Buenos Aires. In quella lettera Francesco dice che il testo dei vescovi argentini è «molto buono, spiega completamente il senso del capitolo VIII di Amoris laetitia. Non ci sono altre interpretazioni». Ma visto che la lettera inviata dal Papa ai vescovi argentini risulta essere una missiva privata, poi resa pubblica, ci si potrebbe chiedere se la posta in gioco possa meritare un atto di magistero più chiaro e preciso, per dipanare il proliferare di interpretazioni diverse che comunque restano.
D’altra parte la citazione da parte di Moia del cardinale brasiliano Cláudio Hummes, a proposito del fatto che «quei cardinali sono in quattro, dall’altra parte c’è tutta la Chiesa», non è un gran servizio alla realtà della situazione. Limitandosi a un conteggio del vaticanista Sandro Magister, ci sono state una quindicina di prese di posizione pubbliche a favore dei “dubia” da parte di altri vescovi o cardinali (vedi QUI e QUI), senza contare che vi sono stati molti interventi da parte di laici cattolici e studiosi in varie parti del mondo.
Tra l’altro anche l’andamento del doppio sinodo mostra che il cammino per arrivare all’approvazione dei paragrafi su questo tema dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati è stato accidentato, e il Papa ha dovuto decidere di tenere vivo l’argomento inserendo i testi dei paragrafi che non avevano ottenuto il necessario passaggio formale al termine del primo sinodo 2014. Se ciò non fosse stato fatto, contrariamente alla prassi usuale, questo argomento non sarebbe mai entrato nel documento di lavoro del sinodo dell’ottobre 2015 che ha portato alla Relatio finale, e quindi ad Amoris laetitia che ha ulteriormente implementato il testo con opportune note per aprire alla possibilità, in certi casi, dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati.
Come dice Caffarra, «l’evoluzione della dottrina ha sempre accompagnato il pensiero cristiano. [Ma] se c’è un punto chiaro, è che non c’è evoluzione laddove c’è contraddizione». E sul punto in questione è innegabile che rispetto al magistero precedente (Familiaris consortio n°84, Sacramentum caritatis n°29, etc.) qualcosa da chiarire rimane. La domanda a cui sarebbe opportuno dare risposta è sempre la stessa: se è possibile far accedere all’eucaristia un divorziato risposato convivente more uxorio, allora si deve anche insegnare che l’adulterio non è in sé e per sé male?
Non si capisce perché secondo Avvenire questa sarebbe una domanda pretestuosa, visto che anche il quotidiano tedesco Die Tagespost in un recente editoriale (vedi QUI) ha parlato apertamente di una situazione talmente confusa che assomiglia sempre più ad un vero e proprio «scisma di fatto».
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