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venerdì 6 gennaio 2017

L'umanità, distratta da false dottrine e da falsi idoli

I Magi a Betlemme: l'Epifania del Signore che si rivela agli uomini

Dio si fece piccolo per essere compreso dagli uomini. Non bastava. L'umanità, distratta da false dottrine e da falsi idoli, difficilmente poteva comprendere questo evento senza che fosse Dio stesso a rivelarsi con dei segni di riconoscimento.
I primi momenti in cui Gesù si fa conoscere agli uomini sono l'adorazione dei Magi, il Suo battesimo nel fiume Giordano e il primo miracolo a Cana. Il 6 gennaio, nel calendario liturgico cattolico, si celebra il giorno dell'Epifania (Manifestazione divina, in greco), quando, i Magi, saggi orientali che la tradizione popolare individua nel numero di tre, si accostarono alla mangiatoia adorando il Dio vivente.

Il Signore si è rivelato non solo agli umili, i pastori, ma anche ai saggi. Attenzione però non a tutti i sapienti: si rivolge solo a coloro che cercano la verità, il vero Dio. I Magi (Baldassarre, Melchiorre e Gaspare secondo la tradizione popolare), sacerdoti zoroastriani persiani, guardavano il Cielo con la speranza di trovarLo. La semplice ragione tuttavia non bastava: potevano avvicinarsi all'Uno, razionalmente, ma la contemplazione divina era ancora lontana. Fu il Signore a rivelarsi: una cometa nel cielo li guidò alla mangiatoia di Gesù. Giunti al cospetto di Cristo non poterono non riconoscere nel Bambino quel vero Dio che avevano troppe volte invano ricercato in dottrine sbagliate.

Gli animi più ansiosi di trovare Dio alla fine saranno soddisfatti perché sarà il Signore che si manifesterà a loro. I saggi “sordi”, quelli che derisero San Paolo nell'Areopago ad Atene, rimarranno nella loro ignoranza. Solo chi ha cuore puro e incline ad ascoltare e a ricevere la Grazia divina prenderà parte della Gloria di Dio.

I Magi sono tra questi e recarono con loro, come racconta l'evangelista Matteo, tre doni: oro, incenso e mirra. Sono anch'essi dei segni che ci permettono ci esplicitare chi è Gesù. L'oro è il simbolo per eccellenza della regalità, perché Dio è il Re dei re; l'incenso è il dono che si offre alla divinità, poiché Gesù è Dio; la mirra è l'olio per le unzioni funerarie: Gesù è anche uomo e come tale è mortale.
Il 6 gennaio anche noi possiamo umilmente e devotamente adorare Gesù nella mangiatoia, come i Magi (considerati “re” dalla tradizione popolare), e riconoscere con lo stesso stupore il Dio vivente.
di Alfredo Incollingo


Solennità dell'Epifania di N.S.Gesù Cristo.

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L'adorazione dei "magi" a Gesù Bambino è uno degli episodi più significativi della storia del mistero della salvezza che l'Incarnazione vuole operare sulla terra.Ha significato evidente della chiamata universale di tutti gli uomini alla salvezza per Cristo. Al di là della chiusa prospettiva salvifica dell'antico popolo eletto, qui appaiono visibili le radici dell'universalismo cristiano, già espresso dal vegliardo Simeone che ha chiamato il Messia "Luce per illuminare le genti"(Lc 2,32).
Va detto subito,però, che la parola" Epifania", titolo della festa odierna, significa manifestazione,perché oggi si ricorda quando Gesù per la prima volta si è fatto conoscere da pagani, da Gentili: tali erano i Magi venuti misteriosamente e miracolosamente dall'Oriente a TrovarLo ed ad adorarLo. Questo il titolo della festa: manifestazione del Signore. Si ricorda che Iddio in forma positiva, e cioè non soltanto attraverso il creato che parla di Lui e di Lui solo, ma attraverso un fatto storico si è fatto conoscere dagli uomini. Gesù entrando nel mondo ha fatto conoscere Dio e tutta la misteriosa azione di Dio.

Adorazione dei pastori
“Alzati (Gerusalemme)... perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”, grida il profeta Isaia (Is 60,1), nel secolo VIII prima di Cristo, e noi ascoltiamo le sue parole oggi nel secolo XXI dopo Cristo e ammiriamo, veramente ammiriamo, la grande luce, che promana da queste parole. Isaia attraverso i secoli si rivolge a Gerusalemme che doveva diventare la città del Grande Unto, del Messia: “Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere... I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio... Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore” (Is 60,3-4.6). Abbiamo davanti agli occhi questi tre – così dice la tradizione – Re Magi che vengono in pellegrinaggio da lontano con i cammelli e portano con sé non soltanto oro e incenso, ma anche mirra: i doni simbolici con i quali sono andati incontro al Messia che era atteso anche oltre le frontiere di Israele. Non ci meravigliamo dunque quando Isaia, in questo suo dialogo profetico con Gerusalemme condotto attraverso i secoli, ad un certo punto dice: “palpiterà e si dilaterà il tuo cuore” (Is 60,5). Parla alla città come se essa fosse un uomo vivente. I Re Magi dall’Oriente sono diventati l’inizio e il simbolo di tutti coloro che mediante la fede raggiungono Gesù, il bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia, il Salvatore inchiodato alla croce. Colui che, crocifisso sotto Ponzio Pilato, deposto dalla croce e sepolto in una tomba ai piedi del Calvario, il terzo giorno risuscitò. Proprio questi uomini, i Re Magi, tre, come vuole la tradizione, dall’Oriente sono divenuti l’inizio e la prefigurazione di quanti, da oltre le frontiere del Popolo eletto della vecchia alleanza, hanno raggiunto e sempre raggiungono il Cristo mediante la fede."La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Gv 1, 5).
Tutta la Liturgia parla oggi della luce di Cristo, di quella luce che si è accesa nella Notte Santa. La stessa luce che condusse i pastori alla stalla di Betlemme indica la strada, nel giorno dell'Epifania, ai Magi venuti dall'Oriente per adorare il Re dei Giudei e rifulge per tutti gli uomini e per tutti i popoli che anelano ad incontrare Dio.L'Epifania celebra l'apparizione nel mondo di questa Luce divina con la quale Dio s'è fatto incontro alla fioca lucerna della ragione umana. Cristo non è solo luce che illumina il cammino dell'uomo. Egli s'è fatto anche strada per i suoi passi incerti verso Dio, sorgente della vita. Un giorno agli Apostoli egli dirà: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre; fin da ora lo conoscete e lo avete veduto" (Gv 14, 6-7). E, di fronte all'obiezione di Filippo, aggiungerà: "Chi ha visto me, ha visto il Padre ... io sono nel Padre e il Padre è in me" (Gv 14, 9.11). L'epifania del Figlio è l'epifania del Padre.

Non è forse questo, in definitiva, lo scopo della venuta di Cristo nel mondo? Egli stesso ha dichiarato di essere venuto per "far conoscere il Padre", per "spiegare" agli uomini chi è Dio, per rivelare il suo volto, il suo "nome" (Gv 17, 6).Nell'incontro col Padre consiste la vita eterna (cfr Gv 17, 3).

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