Radio Vaticana. Fine delle onde corte, un pessimo affare
Ha fatto molto rumore il post di Settimo Cielo del 20 febbraio sulle sorti pericolanti della Radio Vaticana, da quando è finita nelle mani di monsignor Dario Viganò, prefetto della neonata segreteria per la comunicazione.
In particolare, il taglio delle trasmissioni in onde corte e l'annunciata chiusura della loro stazione emittente a Santa Maria di Galeria hanno gettato nello sconforto i sostenitori – in primis padre Federico Lombardi – di questa modalità radiofonica che ha fatto la gloria della Radio Vaticana, per la sua capacità unica di arrivare come voce libera e vera anche nei luoghi più geograficamente e politicamente inospitali del mondo.
Inutilmente a monsignor Viganò è stato fatto presente da voci competenti che la chiusura del centro di Santa Maria di Galeria è un controsenso strategico.
È questo il caso dell'inglese BBC e della giapponese NHK.
Un anno fa il governo britannico ha assegnato alla BBC 85 milioni di sterline per raggiungere in onde corte altri milioni di ascoltatori, al di là degli attuali 56 milioni, specialmente in Russia, Corea del Nord, Medio Oriente e Africa.
Quanto alla NHK, ha già chiesto proprio alla Radio Vaticana di poter utilizzare i suoi impianti di Santa Maria di Galeria per potenziare le sue trasmissioni in onde corte verso l'Africa, essendo già saturo il centro di trasmissione del Madagascar sul quale si è appoggiata fino ad oggi.
Il centro di Santa Maria di Galeria ha livelli di eccellenza universalmente riconosciuti e offre sicure opportunità di mercato qualora, oltre a continuare le proprie trasmissioni, la Radio Vaticana affittasse i suoi impianti ad altre emittenti.
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C'è poi un altro controsenso di cui si fa forte monsignor Viganò, quando per giustificare la chiusura delle onde corte fa appello all'enciclica ecologica di papa Francesco "Laudato si'".
Ha detto in un'intervista sul mensile "Prima Comunicazione":
"Penso alle emissioni di anidride carbonica che le onde corte producono. Non possiamo chiamarci fuori dal magistero del Santo Padre".
In realtà questa sua considerazione non ha il minimo fondamento scientifico, come è stato puntualmente spiegato allo stesso Viganò non da uno ma da più esperti.
Sul portale specializzato Italradio, ad esempio, il prefetto della segreteria per la comunicazione avrebbe potuto trovare spiegato che le trasmissioni radio analogiche immettono CO2 nell'atmosfera enormemente di meno che le tecnologie digitali con cui egli vorrebbe sostituire le onde corte.
E c'è chi ha calcolato che un trasmettitore ad onde corte con la sua antenna più una radio ricevente consumano sommati non più di 6 kW di potenza totale, pari a due utenze domestiche. Venti volte meno che una trasmissione vista in streaming, con tutto l'apparato tecnologico che questa comporta.
Nesduno stupore per ogni nuova puntata del bestiario vaticano.
RispondiEliminaLi' ormai è invalsa la moda di emetter suoni per dire laqualunque.
E più parli e agisci a vanvera e più ascendi in carriera...