"La gloria di Dio è l'uomo vivente." (S. Ireneo)
come avrai saputo dai media nelle ultime ore, l'Alta Corte
di Londra ha deciso in modo definitivo che il piccolo Charlie Gard
"merita" di esser lasciato morire, perché la sua malattia rende la
"qualità" della sua vita "indegna" di essere vissuta.
Charlie, di 11 mesi, è affetto da una grave malattia
genetica che colpisce il suo sistema muscolare. Ad oggi, tuttavia, non è stato
dimostrato che questo gli provochi dolori che non possano essere calmierati coi
più comuni metodi palliativi, mentre è stato senza dubbio chiarito che il
piccolo non ha alcun danno cerebrale strutturale da considerarsi irreversibile.
Nonostante ciò, il Giudice ha confermato la sentenza con cui
consente all'Ospedale dove il bimbo è stato in cura fino ad oggi di staccare
gli apparecchi che lo aiutano a respirare. Come puoi capire, quindi, Charlie
morirà soffocato. Dove? Quando? Il Giudice ha imposto il segreto su queste
informazioni.
Ci sono delle riflessioni che voglio assolutamente
condividere con te.
Ancora non ci credo. Un Ospedale che rinuncia a curare un
bambino... fa causa alla sua famiglia per impedirgli di provare a curarlo dove
sarebbero disposti a farlo. Se non avessimo toccato con mano la realtà di
questa follia, non potrei credere a una storia del genere.
Eppure è andata proprio così. E mi domando, e forse anche
tu... PERCHÈ?
Perché il Grand Ormond Street Hospital di Londra si è
accanito in modo così spietato e osceno sulla libertà di una famiglia di amare,
di sperare, di combattere per il miglior bene del figlio, che certamente non
può essere quello di morire soffocato?
Perché il sistema giudiziario inglese - e quello europeo,
visto che si è espressa anche la Corte Europea dei Diritti Umani - non hanno
chiesto all'Ospedale di fare un passo indietro davanti ai più elementari
diritti della famiglia Gard... se non davanti ai loro più elementari sentimenti
di dolore e speranza?
Perché questa grande, colossale congiura contro il diritto
alla Vita e alla Speranza?
Mi sono dato diverse risposte.
1) La prima riguarda l'ECONOMIA. Sostenere la vita,
soprattutto la più sofferente, ha dei costi estremamente elevati, a motivo
delle apparecchiature e delle terapie necessarie. Nel caso di pazienti piccoli
come Charlie, poi, si tratta di prevedere questi sostegni per una durata di
tempo indeterminata. La tentazione di tagliare del tutto queste spese dai
bilanci è più che forte, soprattutto in tempi di ristrettezze finanziarie.
2) La seconda riguarda l'ORGOGLIO. L'Ospedale di Londra ha
assunto da subito una posizione molto netta sulle condizioni di Charlie e sulla
presunta inutilità di qualsiasi terapia sperimentale. Talmente netta, da
portare in Tribunale la famiglia per far valere le sue posizioni.
Col passare dei mesi, al crescere dell'attenzione mediatica
e con la riapertura del caso col coinvolgimento della comunità medica
internazionale, le posizioni dell'Ospedale sono risultate spesso gravemente
inficiate da superficialità e approssimazione, ove non proprio da clamorosi
errori di valutazione.
La dirigenza sanitaria ha scelto di difendere il "buon
nome" della struttura a tutti i costi pur di non dover incorrere nella
pessima figura che avrebbe rischiato se avesse perso il processo. E così ha
spinto il piede sull'acceleratore anziché frenare con la prudenza che era
semplicemente dovuta.
3) La terza risposta riguarda l'IDEOLOGIA. E ahimè, è quella
che pesa di più sul piatto della bilancia. Quale ideologia? Quella della
"qualità della vita". Quell'ideologia per cui la vita è tale non in
sé e per sé, ma solo se ed in quanto rispetti una serie di standard qualitativi
di "sostenibilità" o di "produttività". La vita è tale se
può essere "vissuta".
Ma chi decide che "vivere" significa solo poter
fare determinate cose, cioè quelle cose per cui è necessario essere in perfetta
salute?
Molto semplice: chi ha interesse ad avere in circolazione
solo soggetti capaci di "vivere" in questo modo. Ovvero di lavorare,
produrre, spendere, consumare. In altre parole, chi non porta beneficio
economico alla società, non sta vivendo. Chi addirittura sottrae benefici
economici alla società, come il povero Charlie che ha bisogno di costose
attrezzature per sopravvivere, deve essere condotto a morte.
Questa è la fotografia della realtà attuale. Questo è il
mondo in cui viviamo e in cui vivono e vivranno i nostri figli e i nostri
nipoti. Questo è il mondo in cui è nato Charlie, e da cui Charlie sarà ucciso.
Un mondo che sta forsennatamente lavorando per impedire la
nascita di persone imperfette e per espellere quelle sfuggite ai filtri della
"vita degna di essere vissuta".
Per questo i colossi economici e finanziari globali
investono sempre più colate di denaro nei programmi di espansione dell'aborto e
dell'eutanasia, strumenti del più scientifico e calcolato sterminio di massa
della storia del genere umano.
Certamente conosci quel passo del Vangelo in cui Gesù dice
che la divinità che si contrappone specularmente a Dio in questo mondo è la
sete di denaro, cioè di potere (poter comprare, poter controllare, poter
comandare..). Il mercato è il grande Tempio di questa divinità. Un mercato che
deve funzionare. E che per funzionare al meglio, non può tollerare la presenza
di persone poco o per nulla capaci di produrre e consumare. Di persone che, per
così dire, non "stanno al gioco". E così ci si è dotati di mezzi per
buttarle fuori dalla scacchiera.
Ci sono tante altre cose che vorrei dire su questa storia.
A partire dai sentimenti di enorme solidarietà che provo nei
confronti di Chris e Connie, il padre e la madre di Charlie. Due persone buone
e semplici, che non chiedevano niente in più di poter amare loro figlio al
meglio delle loro capacità. Persone finite nel tritacarne dell'ideologia di cui
ho appena scritto, maciullate da un sistema che li ha considerati dei
pericolosi sovversivi. Tanto da essersi fatte convincere, moralmente e
psicologicamente stremate da mesi di faticosissima battaglia, che era davvero
il caso di "lasciar andare" Charlie.
Ma Charlie stava già "andando", esattamente come
ciascuno di noi sta "andando", ciascuno a modo suo, verso il termine
inevitabile della vita. Qui non si tratta di "lasciar andare", ma
dell'esatto opposto: di "condurre" a morte. Ma chi conduce alla morte
è, per definizione, un boia.
Non possiamo condividere il cedimento, chissà quanto
cosciente, della famiglia Gard. Allo stesso tempo, non possiamo neanche
immaginare lo stato di logorio psicologico e morale a cui sono stati ridotti
dal pressing giudiziario dell'Ospedale e dei Giudici che si sono trovati
difronte e che li ha portati allo smarrimento attuale. Comunque sia, la loro
tenacia e il loro coraggio ha riacceso l'animo di moltissimi in tutto il mondo,
e di questo non possiamo non essere, tutti, profondamente grati.
Infine, vorrei dire qualcosa non "su" Charlie, ma
"a" Charlie. E quello che vorrei dirgli... quello che vorrei dirti,
Charlie, è: GRAZIE.
Grazie... perché in questi 11 mesi hai fatto esplodere più
vita e vitalità tu nel mondo di quanta ne cancellino sistematicamente tante
persone che al contrario di te sono nel pieno delle loro energie psichiche e
fisiche.
Grazie... perchè ci hai ricordato che cosa significa vivere
veramene.
Grazie... perché non sei affatto una stella cadente, ma una
stella cometa.
E noi?
Noi seguiremo la sua scia. Questa è una promessa. Noi
resteremo saldi nella speranza. Quale speranza? Quella per cui c'è davvero del
buono in questo mondo per cui valga la pena continuare a battersi.
E questo buono è l'Uomo. L'Uomo in quanto tale. Non l'Uomo
d'accordo con noi, o simile a noi, o nei nostri stessi ranghi. L'Uomo.
Sì, anche l'Uomo che in questi mesi ha lavorato alacremente
per farti fuori. Anche l'Uomo che ha difeso l'Ospedale in giudizio perché tu
morissi. Anche l'Uomo che ti ha condannato.
Noi resteremo saldi nella fede nella dignità intrinseca e
inviolabile di ogni Uomo.
Non cederemo ad alcuna ideologia che porti ad escludere
qualcuno da questa dignità. Perché questa è la tua grande testimonianza,
Charlie, questo è il compimento della tua Missione.
Nelle ultime settimane tutta CitizenGO non ha vissuto e
lavorato che per dare - indegnamente - voce alla tua Vita. Si sono uniti a noi
centinaia di migliaia di semplici cittadini in quella che è stata la sfida più
difficile e allo stesso tempo più appassionante dalla nascita della nostra
Fondazione. In questi mesi abbiamo sperimentato che l'unione fa veramente la
forza, anche se questa storia non finisce certo con l'esito per cui abbiamo
tutti lavorato.
Continueremo a combattere. Continueremo ad essere uniti.
Continueremo a dare voce ai più indifesi.
Prega per noi, che possiamo avere almeno la metà delle
energie e delle forze che hai avuto tu.
A Dio, piccolo Charlie.
E Grazie di tutto.
Filippo Savarese
con la squadra e tutti gli amici di CitizenGO
Verrà portato in un hospice dove sarà terminato. Così
corrompono anche gli hospice: nati per aiutare i moribondi a vivere fino al momento della morte, ora diventano luoghi dove si ammazzano i malati. I medici vedono cambiata la loro missione: che almeno tolgano il camice bianco e indossino mantello e cappuccio nero.
Come ladri nell’oscurità, così ha decretato di agire il giudice Francis per l’ultimo atto terreno della vita di Charles Gard, adottato dal mondo pro-life come Charlie. Hanno deciso di tenere nascosto il luogo e l’ora, ma hanno comunicato che lo faranno in un hospice. Nel luogo dedicato alla palliazione (palliare è un termine che deriva dal latino pallium, che significa mantello, ovvero un riparo alla sofferenza di chi è afflitto da una malattia inguaribile destinata a portarlo alla morte; fu una parola utilizzata per primo nel 1974 dal medico canadese Balfour Mound) attueranno un’esecuzione.
L’hospice deve il suo nome al fatto di essere la moderna prosecuzione dei ripari dove veniva data ospitalità per i viandanti e i crociati malati. Alcuni monaci cavalieri, oltre a combattere per la fede, fecero dell’assistenza ai malati e ai feriti una loro missione specifica, diventando i Cavalieri Ospitalieri. Chi volesse approfondire può leggere il saggio dello storico Francesco Agnoli. “La grande storia della carità” (Edizioni Cantagalli), dove si spiega bene il legame tra cristianesimo e medicina.Per secoli la fede cristiana ha alimentato lo zelo per la cura dei malati, il comportamento del buon Samaritano era ed è ancora oggi la norma etica a cui conformarsi per i credenti in Cristo. Fu la fede cristiana che ogni persona, per quanto malata e sofferente, è degna di amore e assistenza a spingere Cicely Saunders, un’infermiera che per continuare a curare gli incurabili nel 1957 diventò medico, ad aprire nel 1967 in un quartiere a sud di Londra il St. Christopher's, il primo hospice moderno.
L’idea di base era “aiutare i moribondi a vivere fino a quando giunge la morte”. Ora pervertono la sua creatura in un luogo dove si dà la morte. Sono certo che se la Sanders fosse qui, si farebbe prestare uno spadone da un cavaliere ospitaliero ed insieme andrebbero a schiarire le idee al giudice Francis e ai medici del GOSH: nell’hospice si assistono i malati, non li si ammazza; per le esecuzioni storicamente in Inghilterra c’è la torre di Londra.
Perché è bene essere chiari, il problema posto da Charlie ai parrucconi in camice e in toga è di essere una persona piccolissima, ma tenace, troppo. L’avvocato dei Gard, Grant Armstrong, l’ha detto chiaramente in aula: “Charlie è assistito solo da un’infermiera, dal punto di vista medico è stabile”.
Charlie non morirà di morte naturale, ma per soffocamento indotto dalla rimozione della ventilazione. Giovanna Romanato, colpita a 10 anni dalla poliomielite, vive da 61 anni nel polmone d’acciaio. Supponete per un attimo di essere i medici che l’hanno in cura e che, giunti ad un certo punto, decidiate di staccare la spina che alimenta il motore elettrico di quel vecchio apparecchio americano che la tiene in vita, perché, dite, che Giovanna non potrà mai tornare a respirare autonomamente, non potrà mai “autonomizzarsi” e non potrà fare tutto quello che fanno le altre persone della sua età e che si è persa in tutti questi anni. Certo, potreste dire al mondo che Giovanna è morta a causa della poliomielite, ma nessuno avrebbe la coscienza pulita, né verrebbe assolto (da una giustizia che non abbracciasse criteri nazisti) per avere ucciso quella grave paziente che vi è stata affidata.
Questo è esattamente quello che invece i medici e la giustizia inglese hanno decretato per Charlie e che i suoi genitori hanno finito per accettare. Come hanno detto i medici del Bambin Gesù, loro non avrebbero sospeso le cure.
Charlie viene trasferito in un hospice non per prestargli cure palliative, ma con l’unico scopo di terminarlo. Il piccolo Gard avrebbe vissuto fino al raggiungimento di una complicanza, o fino a quando anche la ventilazione avrebbe smesso di funzionare perdendo di efficacia e trasformandosi in un presidio futile, nel qual caso sarebbe stato doveroso interromperlo. La differenza è che in questo modo Charlie sarebbe morto realmente a causa della deplezione del DNA mitocondriale, il giudice Francis non si sarebbe sentito Dio e i medici avrebbero continuato a “perdere tempo” con un paziente irrecuperabile, non importando loro continuare a fare i medici fino all’ultimo giorno o trasformarsi in boia al servizio di sua maestà.
Per tirarlo fuori dal GOSH ancora vivo, il magnanimo giudice Francis ha previsto che la famiglia debba individuare e pagare di tasca propria il medico che provveda a stubare Charlie; un po’ come fanno in Cina, dove i familiari devono pagare il proiettile per l’esecuzione. C’è da sperare che prima di farlo, per pudore e per chiarezza, il sanitario si tolga la divisa bianca e indossi mantello e cappuccio neri, l’abito da lavoro appropriato per questo genere di servizi.
-NEGATI ANCHE I "SUPPLEMENTARI" di E. Dovico
LA DECISIONE DEL GIUDICE
Il disabile condannato a morte Charlie Gard non potrà passare gli ultimi istanti della sua vita a casa con i suoi genitori, ma si vedrà staccare la ventilazione in un hospice. Così ha deciso il giudice Nicholas Francis accogliendo ancora una volta le richieste del Great Ormond Street Hospital. Salvo un diverso accordo tra le parti, da raggiungere entro mezzogiorno di oggi, questo è il succo amaro dell’ultima decisione presa dal tribunale sulla vita del piccolo di undici mesi.
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