ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 8 luglio 2017

Er soros kalergio de noantri prega anche Dio?


Scalfari intervista Francesco: "Il mio grido al G20 sui migranti"

Colloquio con il Papa a Santa Marta: "Temo il pericolo di alleanze pericolose tra Potenze. Noi, lei lo sa bene, abbiamo come problema principale e purtroppo crescente nel mondo d'oggi, quello dei poveri, dei deboli, degli esclusi"



Giovedì scorso ho ricevuto una telefonata da Papa Francesco. Era circa mezzogiorno e io ero al giornale quando è squillato il mio telefono e una voce mi ha salutato: era di sua Santità. Io l'ho riconosciuta subito.  "Potrebbe venire oggi? Alle quattro?". Ci sarò senz'altro.

Mi sono precipitato a casa e alle tre e tre quarti ero nel piccolo salotto di Santa Marta. Il Papa è arrivato un minuto dopo. Ci siamo abbracciati e poi, seduti uno di fronte all'altro, abbiamo cominciato a scambiare idee, sentimenti, analisi di quanto avviene nella Chiesa e poi, nel mondo.


Papa Francesco mi ha detto di essere molto preoccupato per il vertice riunione del "G20". "Temo che ci siano alleanze assai pericolose tra Potenze che hanno una visione distorta del mondo: America e Russia, Cina e Corea del Nord, Russia e Assad nella guerra di Siria".  Qual è il pericolo di queste alleanze, Santità? "Il pericolo riguarda l'immigrazione. Noi, lei lo sa bene, abbiamo come problema principale e purtroppo crescente nel mondo d'oggi, quello dei poveri, dei deboli, degli esclusi, dei quali gli emigranti fanno parte. D'altra parte ci sono Paesi dove la maggioranza dei poveri non proviene dalle correnti migratorie ma dalle calamità sociali di quel Paese; altri invece hanno pochi poveri locali ma temono l'invasione dei migranti. Ecco perché il G20 mi preoccupa".

Lei pensa, Santità, che nella società globale come quella in cui viviamo la mobilità dei popoli sia in aumento, poveri o non poveri che siano? "Non si faccia illusioni: i popoli poveri hanno come attrattiva i continenti e i Paesi di antica ricchezza. Soprattutto l'Europa". Anch'io ho pensato più volte a questo problema e sono arrivato alla conclusione che, non soltanto ma anche per questa ragione, l'Europa deve assumere al più presto una struttura federale. Le leggi e i comportamenti politici che ne derivano sono decisi dal governo federale e dal Parlamento federale, non dai singoli Paesi confederati. Lei del resto questo tema l'ha più volte sollevato, perfino quando ha parlato al Parlamento europeo. "E' vero, l'ho più volte sollevato". E ha ricevuti molti applausi e addirittura ovazioni. "Sì, è così, ma purtroppo significa ben poco. Lo faranno se si renderanno conto di una verità: o l'Europa diventa una comunità federale o non conterà più nulla nel mondo".


L'intervista integrale su Repubblica in edicola e su Republica

http://www.repubblica.it/vaticano/2017/07/08/news/scalfari_intervista_francesco_il_mio_grido_al_g20_sui_migranti_-170253225/ 

G20, il Papa scrive a Merkel: il mondo ponga fine a tutte queste inutili stragi

 

Il Papa con Angela Merkel lo scorso 18 giugno (LaPresse)
«La storia dell’umanità, anche oggi, ci presenta un vasto panorama di conflitti attuali o potenziali. La guerra, tuttavia, non è mai una soluzione. Nella prossimità del centenario della lettera di Benedetto XV “Ai capi dei popoli belligeranti”, mi sento obbligato a chiedere al mondo di porre fine a tutte queste inutili stragi». Francesco scrive ad Angela Merkel in occasione del G20 di Amburgo e richiama uno dei momenti più drammatici del Secolo breve, la lettera del 1° agosto 1917 nella quale papa Giacomo della Chiesa chiedeva invano la fine della Grande Guerra, l’ «inutile strage». Nel tempo di quella che ha definito «la terza guerra mondiale a pezzi», il Papa si rivolge ai grandi della Terra con accenti che ricordano l’angoscia del suo predecessore: «È una tragica contraddizione e incoerenza l’apparente unità in fori comuni a scopo economico o sociale e la voluta o accettata persistenza di confronti bellici».
I capitoli
Francesco scandisce la sua lettera in quattro capitoli: «Nel Documento programmatico del mio Pontificato rivolto ai fedeli cattolici, l’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”, ho proposto quattro principi di azione per la costruzione di società fraterne, giuste e pacifiche: il tempo è superiore allo spazio; l’unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell’idea; e il tutto è superiore alle parti. È evidente che queste linee di azione appartengano alla sapienza multisecolare di tutta l’umanità e perciò ritengo che possano anche servire come contributo alla riflessione per l’incontro di Amburgo e anche per valutare i suoi risultati».
Tempo e spazio
«La gravità, la complessità e l’interconnessione delle problematiche mondiali sono tali che non esistono soluzioni immediate e del tutto soddisfacenti. Purtroppo, il dramma delle migrazioni, inseparabile dalla povertà ed esacerbato dalle guerre, ne è una prova», scrive Francesco. «È possibile invece mettere in moto processi che siano capaci di offrire soluzioni progressive e non traumatiche e di condurre, in tempi relativamente brevi, ad una libera circolazione e alla stabilità delle persone che siano vantaggiosi per tutti». Tuttavia, «questa tensione tra spazio e tempo, tra limite e pienezza, richiede un movimento esattamente contrario nella coscienza dei governanti e dei potenti», aggiunge. «Una efficace soluzione distesa necessariamente nel tempo sarà possibile solo se l’obiettivo finale del processo è chiaramente presente nella sua progettualità. Nei cuori e nelle menti dei governanti e in ognuna delle fasi d’attuazione delle misure politiche c’è bisogno di dare priorità assoluta ai poveri, ai profughi, ai sofferenti, agli sfollati e agli esclusi, senza distinzione di nazione, razza, religione o cultura, e di rigettare i conflitti armati». Francesco rivolge in particolare «un accorato appello per la tragica situazione del Sud Sudan, del bacino del Lago Ciad, del Corno d’Africa e dello Yemen, dove ci sono 30 milioni di persone che non hanno cibo e acqua per sopravvivere», e spiega: «L’impegno per venire urgentemente incontro a queste situazioni e dare un immediato sostegno a quelle popolazioni sarà un segno della serietà e sincerità dell’impegno a medio termine per riformare l’economia mondiale ed una garanzia del suo efficace sviluppo».
Unità e conflitti
Così Francesco ricorda le inutili stragi del presente e osserva: «Lo scopo del G20 e di altri simili incontri annuali è quello di risolvere in pace le differenze economiche e di trovare regole finanziarie e commerciali comuni che consentano lo sviluppo integrale di tutti, per raggiungere l’Agenda 2030 e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Tuttavia, ciò non sarà possibile se tutte le parti non si impegnano a ridurre sostanzialmente i livelli di conflittualità, a fermare l’attuale corsa agli armamenti e a rinunciare a coinvolgersi direttamente o indirettamente nei conflitti, come pure se non si accetta di discutere in modo sincero e trasparente tutte le divergenze».
Realtà e idea
Le «tragiche ideologie della prima metà del secolo XX», scrve ancora Francesco, «sono state sostituite dalle nuove ideologie dell’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria. Esse lasciano una scia dolorosa di esclusione e di scarto, e anche di morte». Ma «nei successi politici ed economici che pure non sono mancati nel secolo scorso, si riscontra sempre un sano e prudente pragmatismo, guidato dal primato dell’essere umano e dalla ricerca di integrare e di coordinare realtà diverse e a volte contrastanti, a partire dal rispetto di ogni singolo cittadino». Il tono di Francesco si fa solenne: «Prego Dio che il vertice di Amburgo sia illuminato dall’esempio di leader europei e mondiali che hanno privilegiato sempre il dialogo e la ricerca di soluzioni comuni: Schuman, De Gasperi, Adenauer, Monnet e tanti altri».
Il tutto e le parti
I problemi, insomma, «vanno risolti in concreto e dando tutta la dovuta attenzione alle loro peculiarità, ma le soluzioni, per essere durature, non possono non avere una visione più ampia e devono considerare le ripercussioni su tutti i Paesi e tutti i loro cittadini, nonché rispettare i loro pareri e le loro opinioni», considera il Papa: «Vorrei ripetere l’avvertenza che Benedetto XVI indirizzava al G20 di Londra nel 2009. Sebbene sia ragionevole che i Vertici del G20 si limitino al ridotto numero di Paesi che rappresentano il 90 per cento della produzione mondiale di beni e di servizi, questa stessa situazione deve muovere i partecipanti ad una profonda riflessione. Coloro – Stati e persone – la cui voce ha meno forza sulla scena politica mondiale sono precisamente quelli che soffrono di più gli effetti perniciosi delle crisi economiche per le quali hanno ben poca o nessuna responsabilità. Allo stesso tempo, questa grande maggioranza che in termini economici rappresenta solo il 10 per cento del totale, è quella parte dell’umanità che avrebbe il maggiore potenziale per contribuire al progresso di tutti». Per Francesco «occorre far sempre riferimento alle Nazioni Unite, ai programmi e alle agenzie associate e alle organizzazioni regionali, rispettare e onorare i trattati internazionali e continuare a promuovere il multilateralismo, affinché le soluzioni siano veramente universali e durature, a beneficio di tutti». Francesco conclude questo «contribuito ai lavori del G20, fiducioso nello spirito di solidarietà responsabile che anima tutti i partecipanti», con una preghiera: «Invoco la benedizione di Dio sull’incontro di Amburgo e su tutti gli sforzi della comunità internazionale per attivare una nuova era di sviluppo innovativa, interconnessa, sostenibile, rispettosa dell’ambiente e inclusiva di tutti i popoli e di tutte le persone».
Gian Guido Vecchi

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Soros e Gates, soldi sprecati per l'Africa e l'emigrazione di Anna Bono08-07-2017
Bill Gates e George Soros
“Hic sunt leones” c’era scritto al centro delle carte geografiche dell’Africa una volta, quando di quel continente si conoscevano solo le coste e nulla o quasi si sapeva degli immensi territori interni ancora inesplorati e delle genti che li popolavano. Oggi dell’Africa sappiamo tutto, il percorso di ogni fiume, l’altezza di ogni verde collina, le migrazioni e gli habitat di ogni specie di fauna selvatica, metro per metro, e gli ornamenti, le scarificazioni, i riti di ogni tribù. Abbiamo dati su ogni aspetto della vita economica e sociale: scolarizzazione, speranza di vita alla nascita, Pil, andamenti demografici, situazione sanitaria, budget nazionali, profughi, emigranti. Eppure un numero sorprendentemente elevato di persone che all’Africa, per una ragione o per un’altra, dedicano la vita, o quanto meno una parte consistente delle loro risorse e della loro attenzione, di quel che succede in quel continente e perché non hanno un’idea. Lo provano i loro discorsi e le attività che intraprendono convinti che servano a risolvere i problemi.
Un esempio clamoroso è quello di Bill Gates che due giorni fa è intervenuto nel dibattito sull’emergenza degli emigranti illegali con due suggerimenti. Il primo è rendere difficile raggiungere l’Europa illegalmente. Il secondo è aumentare gli aiuti allo sviluppo: “la tumultuosa crescita demografica in Africa diventerà un’enorme pressione migratoria sull’Europa – ha detto nel corso di una intervista a un quotidiano tedesco – a meno che gli stati decidano di aumentare in modo consistente gli aiuti allo sviluppo alle terre d’oltremare”. La Germania devolve lo 0,7% del proprio Pil alle nazioni africane e asiatiche in difficoltà – ha aggiunto – gli altri stati europei dovrebbero fare lo stesso.
La Bill & Melinda Gates è la fondazione più grande del mondo. Da 17 anni finanzia progetti in paesi in via di sviluppo, molti dei quali in campo sanitario ed educativo, intesi a migliorare le condizioni di salute e di vita delle popolazioni più povere. Molti progetti sono destinati all’Africa che quindi Bill Gates dovrebbe conoscere bene.  
Invece in 17 anni il fondatore della Microsoft non ha colto due fatti fondamentali. Prima di tutto la scarsità di denaro non è il problema. Nel 2014, ultimo anno per cui si hanno dati complessivi, sono arrivati in Africa 662 miliardi di dollari in investimenti esteri diretti, 135 di aiuti internazionali e 443 di rimesse di emigranti: miliardi che si aggiungono a quelli prodotti dagli africani e ricavati dalla vendita di materie prime, minerali e agricole. Ma la corruzione sottrae al continente il 25% del suo Pil. Tutto l’oro del mondo non darà pace e benessere ai somali se continueranno a intascare due terzi degli aiuti internazionali destinati alla ricostruzione del paese invece di depositarli nelle casse dello stato e se continueranno a dividersi e scontrarsi, ognuno fedele al proprio clan e ostile a tutti gli altri.
Tanto meno i problemi africani derivano da una “tumultuosa crescita demografica”. Ma, se anche fosse, Gates non capisce, e non è il solo, che gli africani non si convinceranno ad avere meno figli finché le loro tradizioni non saranno del tutto spazzate via e con esse l’imperativo cardinale di non lasciar finire nessuna linea di discendenza: sacro, imprescindibile dovere di ogni uomo e donna. E anche allora continueranno ad avere molti figli, finché non disporranno di sistemi di previdenza sociale sicuri e ben funzionanti, per garantirsi assistenza e cure in vecchiaia e in caso di disgrazie. Fino ad allora Bill Gates continuerà a sprecare miliardi di dollari – suoi e altrui – in programmi per il controllo delle nascite dall’esito deludente.
Sprecherebbe il suo denaro però anche George Soros che invece "salva" gli emigranti se davvero fosse complice di un piano di cui farebbe parte, e che per l’Europa prevede flussi di immigrazione indotta, destinati a sostituire la popolazione europea autoctona con l’obiettivo di impoverire il continente, indebolire i ceti medi, inquinare e annullare le identità nazionali e religiose. C’è persino gente convinta che si tratti di un complotto ordito per realizzare, a quasi un secolo dalla sua elaborazione, il Piano Kalergi, un progetto paneuropeo che, tramite una immigrazione allogena di massa, si proponeva il genocidio dei popoli europei per creare masse di meticci facilmente manipolabili.
Se davvero esistesse un "piano" di Soros, qualcosa però sta andando storto. Per prima cosa, quasi il 90% degli immigrati illegali sono maschi e questo rende piuttosto lunghi i tempi della sostituzione. I giovani africani per inondare di figli l’Europa devono o convincere le donne europee a far figli con loro oppure, se sono sposati in patria, farvi ritorno regolarmente per ingravidare le mogli e intanto avviare le pratiche per il ricongiungimento famigliare oppure, se celibi, guadagnare il denaro necessario a pagare prezzo della sposa e nozze e portarsi in Europa alcune mogli.
Inoltre i flussi migratori si sono ridotti notevolmente. Nel 2016 gli arrivi sono più che dimezzati rispetto al 2015. L’Europa, Italia esclusa, ha reagito: accetta solo profughi, ha chiuso porti e frontiere. Soros dovrà inventarsi qualcos’altro. 
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-soros-e-gates-soldi-sprecati-per-l-africa-e-l-emigrazione-20402.htm

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