ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 16 dicembre 2017

“Tanto poi ci pensa Dio”?

AVVENIRE, DAT E MIGRANTI – JAMES MARTIN E GUADALUPE – CHE SI INSEGNA AL CATECHISMO? – A.L. E L’IGNORANZA DEI VERTICI DELLA CHIESA – LA MOSCHEA A FIRENZE (GRAZIE DIOCESI). LA CROCE ROSSA TOGLIE LE CROCI – UNA PREGHIERA PER MARY WAGNER.



 Cari stilumcurialisti, questo è un Bestiario abbastanza variegato. In positivo e in negativo; temo più in negativo che in positivo, ma insomma…Cominciamo dalla legge sul fine vita. Vi consiglio di leggere il commento del direttore do Avvenire, Marco Tarquinio. Un “fondo” che mette insieme due cose: una legge che permette in buona sostanza l’uccisione su richiesta, e il supporto militare italiano al contrasto allo schiavismo in Africa. Vi sembrano due cose di eguale peso? A me no. La ratio di unirle in un commento? Non la conosco, ma maligno come sono posso immaginarla. Avvenire di mons. Galantino, obbligato a parlare di una legge discussa e approvata nella quasi quiete dei vescovi italiani, per non parlare del Pontefice, che di questo Paese è il primate, per non dare l’idea di dover finalmente allinearsi a quei rompiscatole dei pro-vita doveva dare un colpo anche al cerchio migrantista. Anche se non si capisce perché i cattolici dovrebbero preoccuparsi: “lo spirito di Marco (Pannella) ci aiuti a vivere in quella stessa direzione”, aveva augurato mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Accontentati: più spirito di Marco di così…Poi se volete rifarvi la bocca leggete il comunicato del vescovo di Trieste, Crepaldi, che abbiamo pubblicato ieri sera.

JAMES MARTIN E LA MADONNA DI GUADALUPE
Poi c’è James Martin, il gesuita alfiere della casua LGBT nella Chiesa. Questa volta merita una citazione per aver diffuso e lodato immagini della Madonna di Guadalupe particolari. Le vedete nella foto.
Il figlio spirituale di Sant’Ignazio dice: “Guarda! Queste belle immagini della Madonna di Guadalupe ri-immaginata come una donna contemporanea. Ricordati che Nostra Signora visse una vita normale a Nazareth”. Forse ha ragione lui, ma preferisco questa altra immagine, di Aleteia.
CHE COSA SI INSEGNA AL CATECHISMO? L’IGNORANZA DILAGA.
Il Catechismo. MI ha scritto un amico, del nord. Vi offro la sua lettera:
“Una esperienza diretta. Per l’anno di catechismo della seconda media nella mia parrocchia, anno della cresima, dobbiamo affrontare lo studio dello Spirito Santo. Durante alcune sedute per vedere insieme la Trinità mi sono accorto che i ragazzi rispondevano con sfondoni assurdi alle più elementari domande. Ad esempio, il mandato del Signore in Mt 28,19…domandavo chi stava dicendo le parole del mandato e una mi ha risposto: “il papa”.
Ho proposto, dunque, un questionario di domande elementari per valutare la preparazione basale. Ebbene, un buon 90-95% dei futuri cresimandi, alla domanda se Gesù Cristo è Dio hanno risposto ‘no’.
Questo significa che portiamo alla Cresima dei pagani e nemmeno cristiani.
Vero è che non sono, evidentemente convinti della risposta, data ovviamente in ignoranza della materia. Ci mancherebbe altro che affermassero questo convintamente!
Tuttavia, rimane il fatto che il sacramento di Dio verrà svenduto orribilmente sotto lo slogan solito che usano tutti, di questi tempi: “tanto poi ci pensa Dio”, che a me suona come una bestemmia!”.
AMORIS LAETITIA, E L’IGNORANZA DEI VERTICI DELLA CHIESA.
Ma forse l’ignoranza dei fondamentali è molto più diffusa di quanto si creda, e tocca anche livelli gerarchici impensabili. Avete presente il dibattito su Amoris Laetitia, e la comunione ai divorziati risposati? Ecco, vedete qua: “Il noto studioso di Diritto Canonico americano Edward N. Peters lamenta che i pastori di oggi sono piuttosto ignoranti in materia e li invita a studiare di più. Afferma, infatti, che la distribuzione dell’Eucaristia è disciplinata dal Codice 915, Codice che mai viene menzionato né in AL, né nella interpretazione dei vescovi di Buenos Aires e neppure nella mail di approvazione inviata loro dal papa. Per cui fino a quando il CIC del 1983 rimane in vigore e non viene modificato dal alcun documento pontificio, tutto resta come prima. “But what can one say? Unless Canon 915 itself is directly revoked, gutted, or neutered, it binds ministers of holy Communion to withhold that most august sacrament from, among others, divorced-and-remarried Catholics except where such couples live as brother-sister and without scandal to the community. Nothing I have seen to date, including the appearance of the pope’s and Argentine bishops’ letters in the Acta Apostolicae Sedis, makes me think that Canon 915 has suffered such a fate.” Termina aggiungendo che non sarà certo un sigillo in più su AL e gli altri due documenti a cambiare le cose”.
Opinione che è confermata da una mail ricevuta nei giorni scorsi:
“Carissimo Signore Tosatti:
Mi chiamo M. C. Sono un’avvocato e canonista portoghese.
Le scrivo questa e-mail (telegrafica) a causa di quanto se sta dicendo di “Amoris Laetitia” #305 dopo quello che fu pubblicato in AAS 10, 2016.
Non è vero che il #305 sia diventato “magistero autentico”. Un Papa non ha il potere di elevare le sue opinioni personali (cfr. “Amoris Laetitia” #3 e #4) a rango di magistero autentico.
Anche se lo avesse, il Papa non lo può fare oggi via rescritto (cfr. CIC 1983, c. 59, § 1).
Non riesco a capire perché nessuno parla di questi dati elementari di Teologia e Diritto Canonico…
Grazie mille! Buon Natale!”.
IL PRIMATO DELLA COSCIENZA? MA DOVE?
E per chiudere questo capitoletto (anche se Kasper chiede che si smetta di discutere di Amoris Laetitia) vi offriamo questo parere sul famoso primato della coscienza personale, chiave – o una delle chiavi – del problema dell’ammissione ai sacramenti: “Continuo a sentire gente che dice che la Chiesa insegna ‘il primato della coscienza’. Ma non so di nessun punto in cui la Chiesa realmente insegni questo. (Ma so di molti punti in cui la Chiesa contraddice questo insegnamento). Da dove nell’insegnamento della Chiesa la gente ha tirato fuori questa idea?”.
LA DIOCESI DI FIRENZE VENDE IL TERRENO PER LA MOSCHEA. LA CROCE ROSSA TOGLIE LE CROCI.
Chiudiamo con la notizia che la diocesi di Firenze ha venduto il terreno per la costruzione di una moschea. Ecco la notizia di agenzia: “(ANSA) – FIRENZE, 14 DIC – Una nuova moschea nascerà su un terreno nel comune di Sesto Fiorentino (Firenze), attualmente di proprietà della curia di Firenze. La notizia, anticipata oggi dal quotidiano La Nazione, è confermata da una nota congiunta di Comune di Sesto, Arcidiocesi di Firenze, Università di Firenze e Associazione per la Moschea di Firenze. L’operazione potrebbe dunque rappresentare una soluzione all’annosa questione della ricerca di un terreno su cui far sorgere il luogo di culto islamico, risoltasi per ora negativamente quanto a disponibilità di siti nel territorio comunale di Firenze. Un protocollo d’intesa che sarà firmato venerdì prevede che l’Arcidiocesi, ceda a titolo oneroso la proprietà dell’area alla Comunità musulmana della provincia di Firenze affinché possa realizzarvi una moschea e un centro culturale islamico. Contestualmente l’Arcidiocesi otterrà, a titolo oneroso, un altro terreno di proprietà dell’Università nell’area del Polo scientifico di Sesto sul quale realizzare un centro religioso”. Ci sembra che questa notizia possa affiancarsi senza difficoltà alla decisione della Croce Rossa di togliere i crocefissi dalle loro sedi, per non urtare sensibilità religiose diverse. In Belgio molti volontari si sono opposti. Trovo difficile non concordare con il ministro degli Affari Esteri ungherese: Péter Szijjártó: “Questi provvedimenti devono essere considerati come dei tentativi di sbarazzarsi della civiltà e della cultura del continente”.
UNA PREGHIERA PER MARY WAGNER, EROINA ANTI-ABORTO.
La scritta dice: “Per favore pregate per Mary Wagner, che è stata arrestata di nuovo perché è entrata in una clinica di aborti portando un mazzo di rose a cui era attaccato il modello di un bimbo di dieci settimane, un biglietto per contattare le Suore della Vita e un altro biglietto con la scritta: “Puoi tenere il tuo bimbo. L’amore troverà una strada”.


MARCO TOSATTI

LEGGE BIOTESTAMENTO: INSORGE L'ARCIVESCOVO CREPALDI

Una dichiarazione senza se e senza ma del vescovo di Trieste, già segretario del Pontificio Consiglio ‘Justitia et Pax’ ed estensore in buona parte del ‘Compendio’ della dottrina sociale della Chiesa del 2004. Il mondo cattolico in ordine sparso si è arreso’ de facto’  fin da subito alla deriva legislativa eutanasica. La vergogna di ‘Avvenire’: la prima pagina di oggi appare come la fotografia di un atteggiamento indegno di un quotidiano che si dice cattolico.

Ieri, giovedì 14 dicembre 2017, il Senato italiano ha approvato il disegno di legge denominato “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” (DAT): presenti in 259 (61 assenti), votanti 257, sì 180, no 71, astenuti 6. Hanno votato contro: Lega, Idea, Fratelli d’Italia, Forza Italia. Onore soprattutto ai parlamentari di questi partiti che si sono battuti  con passione e senza risparmio di energie contro l’avanzata di una civiltà che mette paura per il suo futuro. A favore del disegno di legge gli altri partiti, in testa Pd e Movimento 5 Stelle. Con l’approvazione del Senato, le “Norme” hanno superato l’ultimo scoglio parlamentare, diventando già oggi de facto legge.
Sulla grave decisione –l’ultima di una serie adottate da questo tristo parlamento in senso antiumano, anticristiano, anticattolico in particolare – ecco il commento di un vescovo fedele all’evangelico “Sì sì, no no” , da una vita al servizio della dottrina sociale della Chiesa, al cui “Compendio” (del 2004)  ha peraltro partecipato in misura determinante, essendo stato in quegli anni segretario del Pontificio Consiglio Iustitia et Pax: è monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo-vescovo di Trieste e presidente dell’Osservatorio Internazionale cardinale Van Thuan.

Approvata la legge che apre all’eutanasia
Dichiarazione dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi
Giovedì scorso 14 dicembre il Parlamento italiano ha approvato la legge cosiddetta sulle DAT che apre all’eutanasia, persino in forme più accentuate che in altri Paesi. Durante la fase della discussione in Parlamento e nel Paese anche io, come vescovo e come presidente dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân, ero intervenuto, insieme ad altri, come per esempio il Centro Studi Rosario Livatino, per mettere in evidenza la gravità del contenuto di questo testo di legge. Purtroppo ha prevalso un’ideologia libertaria e, in definitiva, nichilista, espressa in coscienza da tanti parlamentari. Così l’Italia va incontro ad un futuro buio fondato su una libertà estenuata e priva di speranza. Questa legge si aggiunge ad altre approvate in questa triste legislatura che hanno allontanato la nostra legislazione sulla vita e sulla famiglia dalla norma oggettiva della legge morale naturale che è inscritta nei nostri cuori, ma che spesso i piccoli o grandi interessi di parte e le deformazioni dell’intelligenza nascondono agli uomini. Coloro che con grande impegno stanno smantellando per via legislativa i principi della legge morale naturale, che per il credente è il linguaggio del Creatore, non sono però in grado di dirci con cosa intendano sostituirne gli effetti di coesione sociale in vista di fini comuni. La libertà intesa come autodeterminazione, che questa legge afferma ed assolutizza, non è in grado di tenere insieme niente e nessuno, nemmeno l’individuo con se stesso.
Preoccupa molto che in questa legislatura leggi così negative siano state approvate in un contesto di notevole indifferenzaEsprimo il mio compiacimento e sostegno per tutti coloro che si sono mobilitati, con la parola, gli scritti ed anche con le manifestazioni esterne, per condurre questa lotta per il bene dell’uomo. Devo però anche constatare che molti altri avrebbero dovuto e potuto farlo. Questa mia osservazione vale anche per il mondo cattolico. Ampie sue componenti si sono sottratte all’impegno a difesa di valori così fondamentali per la dignità della persona, timorose, forse, di creare in questo modo muri piuttosto che ponti. Ma i ponti non fondati sulla verità non reggono.
In momenti come questo può prevalere un sentimento di scoraggiamento. E’ comprensibile. Tutto si paga in questa vita e le pessime leggi approvate produrranno sofferenza e ingiustizia sulla carne delle persone. Si ha l’impressione di doversi ormai impegnare per ricostruire dalle basi un alfabeto che è stato disarticolato. Nel contempo, occorre anche ricordare che la storia rimane sempre aperta a nuovi percorsi e soluzioni e che nella storia ci si offrono sempre nuove possibilità di recupero e di riscatto. Recupero e riscatto che non ripagheranno, umanamente parlando, le ingiustizie provocate e subite, ma che permetteranno di non consentirne di nuove. Non dimentichiamo che c’è la storia, ma anche il Signore della storia. In Lui confidiamo per essere pronti alle nuove occasioni che Egli ci metterà davanti. (NdR: il neretto è nostro)
+ Giampaolo Crepaldi

Nell’approvazione di tale legge (come già è accaduto ad esempio per le unioni civilii) sono gravi le responsabilità di chi nel mondo cattolico ha voluto dialogare a oltranza, di chi ha voluto cercare una “soluzione condivisa” a tutti i costi, di chi ha sconsigliato (diciamo pure: boicottato) una battaglia umana e civile così importante. Gravi in particolare le responsabilità dei parlamentari cosiddetti cattolici del Pd, ma gravi anche le responsabilità di larga parte delle gerarchie cattoliche che hanno mostrato pubblicamente una diffusa indifferenza verso un disegno di legge nefasto per la dignità della persona umana, un atteggiamento in totale contrasto con la Dottrina sociale della Chiesa. Gravi le responsabilità di larga parte delle associazioni cosiddette cattoliche, che hanno tradito i loro principi. Grave la responsabilità di larga parte degli organi di stampa italiani cosiddetti cattolici, ‘Avvenire’ in testa, che da subito – pur nascondendosi dietro qualche titolo apparentemente quasi battagliero - hanno alzato bandiera bianca. Il vero atteggiamento dell’ ‘Avvenire’ catto-fluido si è palesato oggi quando nei titoli di prima pagina ha parificato la trista approvazione della legge alla partecipazione dell’Italia all’operazione anti-traffico dei migranti in Niger: sotto il titolo complessivo “Ai confini della vita” due riquadri con “Biotestamento legge-sconfitta” e “In Niger militari blocca-migranti”. Nell’editoriale l’ineffabile direttor Tarquinio compie la stessa vergognosa operazione sotto il titolo “No, non è un bel giorno”, facendo osservazioni critiche molto pacate sull’approvazione del biotestamento e denunciando con parole forti l’operazione decisa in Niger. Diciamolo chiaramente: ad ‘Avvenire’ sta più a cuore, molto più a cuore il ‘business’ dei migranti (e qui non si può non pensare agli interessi economici di non pochi enti e cooperative sedicenti cattoliche) che non l’apertura eutanasica di una legge dello Stato. Non c’è che una parola, da persone umane e da cattolici: vergogna!
LEGGE BIOTESTAMENTO: INSORGE L’ARCIVESCOVO CREPALDI – di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 15 dicembre 2017

Applausi a morto

Fonte:
CulturaCattolica.it
La fede si è oramai ridotta a pio intimismo, a spiritualità astratta, ad una devozione personale e soggettiva, totalmente incapace di incidere nella vita sociale, culturale, economica, politica. Si è ripetuto l’errore esiziale che fece l’Azione Cattolica degli anni Ottanta con la sciagurata «scelta religiosa» contro cui si scagliò profeticamente don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione. Fu proprio don Giussani a giudicare quella deriva dell’Azione Cattolica come esiziale, ricordando che proprio perché «ogni uomo sarà giudicato dalla passione che ha per il mondo», la scelta religiosa avrebbe posto il rapporto con Dio solo ad un certo livello d’interesse dell’esistenza, un certo ambito della presenza nel mondo, come se tutto il resto – compresa la politica – non c’entrasse, o in tutto il resto si potesse fare solo il possibile
CVD: come volevasi dimostrare. Possiamo usare la celebre polirematica che usualmente si appone al termine di un teorema definitivamente dimostrato, anche per la recente approvazione parlamentare del cosiddetto “testamento biologico”.
Il 14 dicembre 2017 al Senato della repubblica italiana la rivoluzione antropologica radical-chic ha registrato l’ennesima vittoria sdoganando di fatto l’eutanasia. Un’altra tacca sul calcio della micidiale Colt con cui i gunfighter pannelliani da quarant’anni centrano ogni bersaglio. 
Mi ha fatto davvero impressione la ripresa televisiva dell’applauso finale con cui i senatori hanno salutato l’esito della votazione: 180 favorevoli, 71 contrari e 6 astensioni. Un applauso senz’anima e senza gioia. Un lugubre e macabro battito di mani scandito col ritmo di una campana a morto.
Ancora più impressionante è stata, però, la ripetuta inquadratura di una spettatrice d’onore tra i palchi del pubblico: Emma Bonino. E’ proprio lei, infatti, la madrina riconosciuta ed indiscussa di questa legge. Tanto da meritare più volte l’attenzione dell’operatore televisivo. Chiedo scusa ma non riesco ad essere così “misericordioso” da considerare Emma Bonino «tra i grandi dell’Italia di oggi». Ciò che penso di quella donna l’ho scritto nella mia prefazione al libro di Danilo Quinto intitolato “Emma Bonino. Dall’aborto al Quirinale?”. Preferisco essere poco misericordioso piuttosto che ipocrita, e non intendo associare la mia voce al coro di quei cattolici che considerano la Lady radicale un’icona al punto da cederle i pulpiti delle chiese per i suoi sermoni laici.
Quell’inquadratura della Bonino al Senato vale, comunque, più di mille discorsi e toglie finalmente la maschera a tutte le pelose ipocrisie che abbiamo dovuto sopportare nei giorni antecedenti al dibattito parlamentare. Ora anche le “anime belle” degli ingenui cattolici che fino a ieri si ostinavano a negare la natura eutanasica del provvedimento approvato dal Senato, sanno finalmente chi e che cosa c’era dietro il disegno di legge S.2801. 
Un premio post-mortem a Marco Pannella. Non è un caso, peraltro, che le ultime parole del Grande Capo dei radicali prima di morire furono: «Tranquilli compagni, abbiamo già vinto!». 
Davvero singolare la storia del movimento politico fondato da quel mefistofelico “guru”.
Il Partito Radicale ha sempre viaggiato, in termini elettorali, sostanzialmente al di sotto del 3%. L’ultima volta che si presentò all’elezioni politiche nel 1987 il risultato fu del 2,56% alla Camera e dell’1,77% al Senato. Se ci fosse stata l’attuale soglia di sbarramento (3%), Marco Pannella ed Emma Bonino non sarebbero mai entrati in Parlamento se non nel 1979, l’anno d’oro del partito, in cui raggiunsero il massimo risultato storico del 3,45% alla Camera dei Deputati. Nel 1976, infatti, ottennero l’1,07% alla Camera e lo 0,85% al Senato, mentre nel 1983 ottennero il 2,19% alla Camera e l’1,77% al Senato.
Alle ultime elezioni politiche del 2013 i radicali si presentarono come Lista Bonino-Pannella raggiungendo lo 0,19% alla Camera e lo 0,20% al Senato.
Praticamente al lumicino gli esiti elettorali e la presenza parlamentare. Eppure, i radicali hanno vinto e continuano a vincere. Come si giustifica questa apparente contraddizione? Semplice.
Del movimento radicale si può dire tutto il male possibile – e, secondo, me a buon donde –, ma una cosa non gli si può negare: essere riuscito attraverso l’azione politica a fare cultura. Certo, una cultura della morte ma pur sempre cultura.
I comunisti italiani hanno pensato alla rivoluzione sociale, attendendo il loro Godot, ossia «il sol dell’avvenire», che in realtà non è mai riuscito a sorgere. E hanno perso.
I democristiani hanno pensato a tutto, fuorché ad improntare e diffondere una cultura della vita, della famiglia e dell’educazione. E hanno perso.
I radicali, invece, hanno puntato alla rivoluzione culturale con l’obiettivo dichiarato di voler distruggere la concezione antropologica cristiana nel nostro Paese. E hanno vinto.
L’errore fatale per i cristiani è stato quello di non essere riusciti a creare le condizioni per una presenza politica “alla radicale”, capace di diventare cultura. 
E qui sta la tragedia dell’attuale cattolicesimo italiano.
La fede si è oramai ridotta a pio intimismo, a spiritualità astratta, ad una devozione personale e soggettiva, totalmente incapace di incidere nella vita sociale, culturale, economica, politica. Si è ripetuto l’errore esiziale che fece l’Azione Cattolica degli anni Ottanta con la sciagurata «scelta religiosa» contro cui si scagliò profeticamente don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione. Fu proprio don Giussani a giudicare quella deriva dell’Azione Cattolica come esiziale, ricordando che proprio perché «ogni uomo sarà giudicato dalla passione che ha per il mondo», la scelta religiosa avrebbe posto il rapporto con Dio solo ad un certo livello d’interesse dell’esistenza, un certo ambito della presenza nel mondo, come se tutto il resto – compresa la politica – non c’entrasse, o in tutto il resto si potesse fare solo il possibile. «No!», gridava appassionatamente Giussani, «la fede ci è data per una capacità di presenza; se veramente investe la vita, la cambia, la tua presenza dovunque diventa diversa, cioè diventa una “presenza”». E in politica questa presenza significa cultura non spartizione del potere.
Oggi i cattolici si stanno, invece, sempre più ripiegando nell’angolino riservato loro dal Potere, ovvero quello della mera testimonianza. Si accontentano di essere semplici «cartelli stradali» per l’umanità confusa, o «fiaccole» che illuminano il cammino per chi si è smarrito. Ebbene a questi cattolici dei cartelli e delle fiaccole voglio rivolgere una fraterna esortazione. Ascoltate, vi prego, l’indimenticabile lezione contenuta nel discorso ai partecipanti del congresso nazionale del MEIC tenuto il 16 gennaio 1982 da San Giovanni Paolo II: «Una fede che non diventa cultura non è pienamente accolta, interamente pensata, fedelmente vissuta».
Una fede che non è capace di incidere anche a livello politico è una fede morta che genera morte. Ne è prova tangibile quanto successo al Senato il 14 dicembre 2017.

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