ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 20 dicembre 2017

Un inverno lungo e cattivo...

CI OCCORRE UNA TREGUA. CONTEMPLATIVA.


O che ho l’impressione di aver detto  ciò che occorreva,  e non ci sia più nulla da dire; o che ormai sia inutile rilevare per l’ennesima volta le aberrazioni immedicabili del nostro tempo, sento che ho – abbiamo – bisogno di una tregua.

Invece di dire, contemplare.  E’  “il censimento a Betlemme” di Pieter Brugel. Una Betlemme fiamminga, familiare al pittore,   vissuto  in quei decenni della piccola glaciazione  di cui Leroy Ladurie scrive  per la Linguadoca: “Il  numero di inverni cattivi passa per un  minimo nettamente caratterizzato fra il 1495 e  il 1555: un  solo grande inverno in tutto e per tutto, dove tutto ghiaccia, il mare, il Rodano, gli ulivi”.  Nel 1562, un parigino scrive: “Non si sapeva se era inverno o estate, se non dalla lunghezza dei giorni”. In Germania  il prezzo della segala quadruplica. Si pattina sul Tamigi ghiacciato.  Nel 1564, nota un diarista francese, il vino gelò nelle botti.
In quell’inverno eterno, fra gente e galline, massaie che ammazzano un maiale,  carrettieri indaffarati,  bambini sullo slittino, facchini che camminano sul  fiume di ghiaccio   portando a spalla i carichi che le chiatte  nella morsa del ghiaccio  non possono portare; dove soldati e popolani si accalcano ad un gran   falò, una famigliola arriva del tutto inosservata. Lui, il marito,   porta  a spalla un attrezzo di lavoro che   può fare anche da arma, i tempi sono quelli, non si può viaggiare disarmati. Lei, sull’asino, non si è coperta con un mantello, ma con uno di quei coltroni di feltro  che servono da coperte,  sotto cui si prova a nascondere un sacco, il loro bagaglio. Tiene gli occhi bassi, il faccino è già sofferente, si capisce che il parto è vicino.
Sono giunti. Una piccola folla si addensa davanti all’ufficio, sulla neve calpestata e sporca. L’inverno, tutti lo sanno, non passa e non passerà;  questa è la vita, un inverno lungo e cattivo.  Nessuno ha uno sguardo per loro, forestieri insignificanti. Sappiamo che non ci sarà posto per loro nell’albergo. Per fortuna, Giuseppe ha portato anche la magra vaccherella di famiglia, o bue che sia.  Con l’asino, riscalderà loro  e il Bambino.
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https://www.maurizioblondet.it/ci-occorre-tregua-contemplativa/
L’anti-presepe di piazza san Pietro
(di Alfredo De Matteo) Quest’anno il presepe esposto a piazza San Pietro è stato realizzato dalla bottega d’arte Cantone & Costabile e donato a Papa Francesco dall’Abbazia Territoriale di Monte Vergine. Il presepe, in stile napoletano settecentesco, consta di 20 statue di circa 2 metri di altezza posizionate all’interno di una scenografia di circa 80 metri quadri ed è ispirato alle 7 opere di misericordia corporale che, nelle intenzioni degli ideatori, avrebbero dovuto rivivere nei gesti e nelle espressioni delle statue.
Secondo Antonio Cantone, l’autore dell’opera inedita, «questo è un presepe speciale, in quanto è stato meditato e studiato secondo i dettami e la dottrina di Papa Francesco (…) E’ un presepe particolare, che fa riflettere, non è un presepe lezioso che lascia indifferenti, ci sono delle provocazioni, ci sono delle scene particolari (…) Un’opera ricca di spiritualità e significato religioso».
Premesso che non è ben chiaro in che modo un presepe possa risultare lezioso, ossia eccessivamente aggraziato o sdolcinato, quando la rappresentazione della natività di nostro Signore è una delle tradizioni che più elevano l’animo dell’uomo e ne nobilitano i sentimenti, il complesso artistico allestito in piazza San Pietro desta più di una perplessità, soprattutto per la raffigurazione di situazioni e personaggi ambigui e financo spettrali che sembrano contraddire la lieta novella dell’annuncio cristiano: un uomo semi nudo e dai muscoli ben scolpiti sdraiato in terra; la testa di un condannato che spunta dall’interno di una minuscola cella; un cadavere con un braccio penzolante che giace su una specie di lettiga posta vicino ad una piccola grotta somigliante ad un forno in pietra; l’Arcangelo Gabriele con una ghirlanda di fiori arcobaleno; la cupola di San Pietro semi distrutta; la stella cometa che punta verso il basso come se stesse precipitando. Inoltre, i personaggi che compongono la Sacra Famiglia si trovano in una disposizione prospettica tutt’altro che ottimale.
In effetti, il presepe meditato e studiato secondo i dettami e la dottrina di Papa Francesco non lascia indifferenti: esso, all’opposto, oltre a suscitare sentimenti di inquietudine che risultano essere contrari allo spirito natalizio, sembra rappresentare con notevole verosimiglianza la profonda crisi valoriale e dottrinale di cui è preda la Chiesa al suo interno, tanto che, più che un’opera ricca di spiritualità e sentimento religioso, appare piuttosto come la loro negazione.
Insomma, un anti-presepe per un anti-chiesa ridotta ad un cumulo di macerie morali e spirituali. Non a caso, nel presepe sono rappresentate solo le opere di misericordia corporale mentre sono del tutto assenti quelle spirituali, gerarchicamente superiori alle prime, quasi a significare l’appiattimento della Chiesa al mondo e la rinuncia a qualsiasi pretesa di superiorità morale.
Non era certo con questo afflato spirituale che il poverello d’Assisi volle omaggiare la Sacra Famiglia di Nazareth dando vita per la prima volta nella storia al presepe, nel Natale del 1223 a Greccio; ossia a quella rappresentazione visiva di quanto si legge nel Vangelo di San Luca al capitolo secondo: la nascita di Gesù che «viene adagiato in una mangiatoia perché non vi era posto per loro nell’albergo». Ma gli angeli trasformano la notte in una festa meravigliosa, invitando i pastori a rendere omaggio a quel bambino che cambiò per sempre le sorti dell’umanità. (Alfredo De Matteo)

Tre atteggiamenti per arrivare consapevoli al mistero del Natale

di Donizetti

Di solito il pranzo di Natale è un po’ temuto, perchè si incontra sempre qualche parente “molesto” e… non è un segreto che a Natale si litighi. Dove sta il problema? Nei rancori… il rancore per qualche male, o torto passato, e non subito messo in preghiera, genera una valanga, che col tempo invece di passare è come un vulcano inattivo… pronto ad eruttare quando l’accumulo della tensione si fa molto alto… le battutine e il sarcasmo poi fanno da detonatore. Ci sono 3 atteggiamenti che mi sembra siano un vademecum per vivere il giorno di Natale, senza finire al prontosoccorso, o più spiritualmente 3 atteggiamenti che ci custodiscono in questi giorni di novena fino al 25 dicembre.

1° ATTEGGIAMENTO  -  "Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla”

Tante cose da preparare…un momento…quali davvero importanti? senza quella cosa lì, quel preparativo lì, quell’addobbo lì, quella gastronomia lì…non sarebbe ugualmente natale…sì…. darsi pace, darsi calma… almeno noi cristiani cattolici, viviamo il vero significato del Natale. Il Signore ci è vicino. E' questo l’importante. E' vicino alle tue sofferenze, è vicino alla tua famiglia, è vicino alle tue paure, è vicino alle mancanze di amore che hai.

2 ° ATTEGGIAMENTO  -  "ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti".

Fare presente le cose a Dio. Dio sa già tutto è vero, ma vuole che noi parliamo con lui. Vuole che noi gli parliamo delle cose che ci stanno a cuore. Soprattuto, come anche a  noi, gli fa piacere se gli siamo riconoscenti per qualcosa. Noi facciamo tanti piaceri, e magari col cuore… quando qualcuno li nota, ci sentiamo bene: è una cosa molto umana, ma direi anche divina. Dio, che ama senza nulla aspettarsi in cambio… si commuove se lo ringraziamo. Quindi secondo atteggiamento, presentare tutto a Dio.

3° ATTEGGIAMENTO  -  ciò di cui pensare… e soprattuto ciò di cui parlare.

Cosa dovrò dire al pranzo di natale per non scatenare la 3 guerra mondiale?

San Paolo ce lo indica, con quei parenti, un po’ serpenti che tenteranno di provocare: i suoi consigli
essere veri,

essere nobili d’animo,

essere giusti

essere puri

essere amabili

avere la capacità dell’onorare: che cos’è ? Gli sposi lo pronunciano durante le promesse del matrimonio (" prometto di esserti fedele sempre ed amarti e onorarti tutta la vita"). L’onore è amare anche quando non si è amati. E’ l’amore più perfetto. 

Quindi anche in questo Natale siamo davanti alla culla di Betlemme per  imparare  ad amare da un Dio che lo ha fatto fino alla fine, con le braccia spalancate… sulla croce.

Il primo modo di amare è quello di non far soffrire gli altri che ci stanno intorno..iniziamo da questo buon antipasto!
http://www.campariedemaistre.com/2017/12/tre-atteggiamenti-per-arrivare.html

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