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mercoledì 21 febbraio 2018

Il teologo di lungo corso


Kasper, la Chiesa tedesca e la crisi religiosa


Da decenni ormai la Chiesa cattolica tedesca risulta essere una delle comunità ecclesiali più progressiste, più liberal e più ammodernate del pianeta.
Basta ricordare i nomi di alcuni dei suoi eminentissimi rappresentanti per associarli immediatamente all’apertura della teologia teutonica di secondo Novecento a tutto ciò che prima era comunemente aborrito dai cattolici: il protestantesimo e la figura-simbolo di Martin Lutero, la laica modernità e lo stesso spirito libertario.

Tra questi nomi, spicca oggi quello del teologo di lungo corso Walter Kasper (1933). Ovviamente egli non è l’unico rappresentante del partito progressista al potere, e vi sono altre figure vecchie e nuove che vanno assolutamente nello stesso senso, come Karl Lehman(1936) o Reinhard Marx (1953). Esiste anche una teologia germanica di segno diverso, i cui nomi di prestigio sono i prelati Joseph Ratzinger, Gerhard Ludwig Müller, Joachim Meisner o Walter Brandmüller.

Kasper però è l’uomo sintesi, l’uomo giusto al momento giusto (nella logica del progressismo). E’ l’unico ad esempio, ad essere stato più volte esaltato con termini a dir poco aulici da Papa Francesco. Nel 2014, il Pontefice disse così in occasione del Concistoro straordinario sulla famiglia: “Ieri, prima di dormire, ma non per addormentarmi ho letto, ho ri-letto, il lavoro del cardinale Kasper [si tratta di Misericordia, Queriniana, 2013]. Vorrei ringraziarlo perché ho trovato profonda teologia, e anche un pensiero sereno nella teologia. È piacevole leggere teologia serena. E ho trovato quello che Sant’Ignazio ci diceva, quel sensus ecclesiae, l’amore alla Madre Chiesa, lì. Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea, ma mi scusi eminenza se la faccio vergognare, ma l’idea è: questo si chiama fare teologia in ginocchio. Grazie. Grazie”…

Ma già nel primo Angelus da Papa il 17 marzo 2013 disse in una piazza s. Pietro colma di curiosi: “In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un Cardinale – il Cardinale Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo – sulla misericordia. E mi ha fatto tanto bene, quel libro, ma non crediate che faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali! Non è così! Ma mi ha fatto tanto bene, tanto bene … Il Cardinale Kasper diceva che sentire misericordia, questa parola cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo”. Tutto ciò appare assai sorprendente, tanto più che i papi sono sempre stati sobri negli elogi pubblici a prelati e teologi vari.

Vescovo, cardinale, presule con mille incarichi, il Nostro è stato ex assistente universitario di Hans Küng. Il quale è unanimemente considerato un arci-eretico, negatore esplicito del dogma dell’universalità salvifica della Chiesa (Extra Ecclesia nulla salus), ribadito sotto Giovanni Paolo II nell’istruzione Dominus Iesus (2000). E questa discepolanza il Kasper tende oggi a farla dimenticare, così come i suoi proverbiali scontri col teologo Ratzinger sulla missione e la natura della Chiesa.

Come se nulla fosse, nel 2014, Kasper viene nominato relatore ufficiale al Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia. E la sua relazione è di fatto più che possibilista verso il divorzio e il secondo matrimonio tra battezzati. Ancor più recentemente, per i 5 secoli di quella Riforma che scisse in due l’Europa, il Nostro ha dato alle stampe un libro assai benevolo sull’eretico per antonomasia (cf. Martin Lutero. Una prospettiva ecumenica, Queriniana, 2016).

Abbiamo reperito però, un interessante documento che mostra che solo pochi anni fa, e malgrado la già diffusa “ermeneutica della rottura” denunciata da Benedetto XVI, in Germania la dottrina cattolica teneva. E teneva proprio su quei temi etici in cui oggi tra un tedesco cattolico e un tedesco protestante la differenza, se c’è, è ridotta al lumicino.

Siamo nel 1985, in piena era post-conciliare segnata da abusi di ogni genere, ma anche dalla figura sintesi di Giovanni Paolo II. E la Conferenza Episcopale Tedesca pubblica un Catechismo cattolico degli adulti, il quale ottiene grande seguito di vendite e molte traduzioni all’estero (in Italia fu pubblicato nel 1989 dalle Paoline).

Nella introduzione al Catechismo, un giovane professor Kasper scriveva che se “L’Europa è il continente in cui il cristianesimo, per volere della divina provvidenza (At 16,9) ha preso piede”, a causa dell’illuminismo, vi si “è innescato un processo di erosione” che sta portando all’apostasia. “Nella nostra società moderna la fede cristiana è quasi spenta” (p. 4).
Parole pesanti come macigni, divenute purtroppo inudibili, e che dovrebbero mettere i brividi pensando all’oggi. L’illuminismo infatti, proprio come il protestantesimo, è divenuto di recente una sorta di neo-dogma intangibile su cui non si può più sollevar questione.

In ogni caso, il Catechismo dell’Episcopato tedesco di allora, contrariamente ai teologi kasperiani di oggi, insegnava in modo chiarissimo, “il valore dell’indissolubilità” del matrimonio, e il fatto che i cattolici “risposati civilmente vivono obiettivamente in contraddizione dell’ordine divino” (p. 429). “Un amore che sia degno di questo nome è sempre definitivo (…). Si aggiunge anche il bene dei figli che richiede la fedeltà incondizionata dei genitori tra loro” (p. 428). Più o meno l’opposto di quanto Kasper e i suoi sodali sostengono oggi. Addirittura, il testo biblico scelto tra molti per illustrare la dottrina cristiana del matrimonio è la Lettera agli Efesini, in cui è detto: “Le donne siano soggette ai mariti come al Signore”.

Perfino a livello politico si era assai più neutrali e corretti di oggi. Sulle difficoltà poste dal male nel mondo, i vescovi guidati dal professor Kasper scrivevano: “Come possiamo, dopo Hiroshima, Auschwitz, i gulag (…) lodare Dio e la sua onnipotenza?” (p. 142). In riflessioni più recenti, Hiroshima e i gulag sono spariti…
Il futuro del cristianesimo in Europa è molto legato alla tenuta della fede nel mondo germanico (che comprende anche Austria, Svizzera e varie minoranze, come quelle altoatesine). Ma se nel 2013 ci furono 98 nuovi sacerdoti in tutta la Germania cattolica, nel 2015 le ordinazioni presbiterali sono state solo 58, mentre ancora negli anni 90 sfioravano le 300 l’anno. Senza preti, niente messe né confessioni. Senza messe né confessioni, niente parrocchie, chiese, cappelle, basiliche o cattedrali.
Si vedano in tal senso i dati impressionanti raccolti da Giulio Meotti(cf. La fine dell’Europa. Nuove moschee e chiese abbandonate, Cantagalli, 2016).
Se l’albero si riconosce dai frutti, è anche vero che i fatti sono testardi… Segno evidente che il dilagante modernismo non giova al gregge dei fedeli, né alla Chiesa, né all’Europa stessa la quale, piaccia o meno, si è edificata sui valori del Vangelo.

di Enrico Maria Romano

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