Non ragioniam di lor, ma guarda e passa. Non c’è più un’informazione libera. Per sapere quel che accade realmente in Italia, bisogna leggere la stampa estera o navigare pazientemente su internet, beninteso conoscendo certi siti
di Francesco Lamendola
… e la lor cieca vita è tanto bassa, / che ‘nvidiosi son d’ogne altra sorte. / Fama di loro il mondo esser non lassa; / misericordia e giustizia li sdegna: / non ragioniam di lor, ma guarda e passa, dice Dante in Inferno, III, 47-51, parlando delle anime degli ignavi. Questi famosi verso ci tornano alla mente ogni volta che qualche personaggio rancoroso e vendicativo, scadente sul piano intellettuale e meno che mediocre sul piano morale, tenta d’intimidirci con la minaccia di azioni giudiziarie, sentendosi punto sul vivo da quel che andiamo scrivendo, da anni, sine ira et studio nei confronti di chicchessia, ma esclusivamente per un servizio di amore alla verità. Poiché conduciamo una vita estremamente appartata, si tratta di personaggi che non abbiamo conosciuto personalmente, ma nei quali ci siamo imbattuti per ragioni di studio: storici, filosofi, teologi e monsignori, o sedicenti tali, che non abbiamo mai attaccato sul piano personale, né mai denigrato, né oltraggiato gratuitamente, ma nei confronti delle cui parole, delle cui azioni o dei cui scritti ci siamo presi tutta la libertà di esercitare una critica franca, talvolta anche aspra, ma sempre puntuale e documentata, portando il discorso sul piano delle idee e non delle persone, delle carriere, degli interessi materiali. Anche se qualche volta avremmo potuto farlo, tanto evidente era, ed è, il contrasto fra gli ideali di “povertà” da essi pubblicamente sbandierati, e un modo di fare improntato all’interesse e al tornaconto, sia questo di genere personale o di fazione.
Da parte nostra, abbiamo sempre messo a disposizione di chiunque il frutto delle nostre fatiche: oltre 4.300 articoli e saggi, alcuni delle dimensioni di un libro, offerti al lettore in spirito di servizio, con la massima libertà di servirsene e ripubblicarli su qualsiasi sito internet (ragion per cui qualche emerito somaro, insultandoci dietro la comoda maschera dell’anonimato, si è permesso di dedurne, su qualche blog, che siamo fautori di questa o quella esecranda ideologia: come se, ad esempio, studiare la politica hitleriana equivalesse ad una professione di nazismo). Qualche vescovo progressista e misericordioso ha seguito un’altra strada, solo in apparenza più elegante, o più pulita, quella di sguinzagliarci contro uno zelante difensore d’ufficio, senza sporcarsi le mani in prima persona, accusandoci di farneticazioni e improbabili crociate. È interessante, ad ogni modo, vedere che il veleno più tossico schizza fuori proprio da dove meno uno, se fosse tanto ingenuo da fidarsi delle apparenze, se lo aspetterebbe: dalla chiesa piena di bontà, di apertura e voglia di dialogare, del signor Bergoglio, dai suoi teologi e dai suoi insegnanti di seminario, i quali vanno spargendo idee che noi riteniamo sbagliate, pericolose, fuorvianti, totalmente estranee alla vera tradizione cattolica e alla stessa ortodossia, e che perciò combattiamo a viso aperto e continueremo sempre a farlo. Perciò quei signori se ne facciano una ragione, anche se è evidente che andare dall’autorità giudiziaria per cercar di ridurre al silenzio chi la pensa diversamente è già di per sé una confessione di debolezza e d’impotenza, perché chi ha delle idee solide e chi è in buona fede non teme il confronto, anche aspro, se necessario, e per quelle idee si batte, ma non nelle aule di tribunale, bensì nel solo luogo idoneo, quello dell’intelligenza, lasciando poi che a tirar le conclusioni siano i lettori. Ma tale è il vero volto dei monsignori progressisti e dei teologi di sinistra: un volto meschino, gonfio di superbia intellettuale, d’insofferenza verso qualunque contraddittorio, di arroganza e prevaricazione nei confronti di chi opina diversamente da loro. Perché quel che essi vogliono mettere bene in chiaro è che la Chiesa cattolica è cosa loro; la fede cattolica, è cosa loro; la dottrina cattolica, è cosa loro; la misericordia cattolica, è cosa loro e di nessun altro. Sul modello del loro grande nume tutelare, il signor Bergoglio, parlano sempre di perdono e di misericordia, ma sono permalosissimi ed estremamente vendicativi; e, soprattutto, hanno la classica forma mentis del despota: la verità è una loro proprietà personale, essi soli ne hanno l’esclusiva e nessuno può ardire di contestarla. Chi lo fa, lo fa a suo rischio e pericolo: perché, su questo terreno, sanno essere feroci, implacabili, come degli autentici conigli mannari.
Lungi da noi voler fare le vittime; va bene così, abbiamo sempre saputo che si paga un prezzo per dire la verità. Oggi viviamo in una società particolarmente conformista e particolarmente ipocrita, perché, dietro il paravento della libertà, quel che si sta instaurando è un totalitarismo democratico; ma spalmato così bene, in maniera così capillare, così abile (“abile”. si fa per dire: stiamo parlando dei palati grossi; e ormai sono la maggioranza), che la gente non sembra neanche accorgersene, non reagisce, non si arrabbia, non passa all’azione. Sopporta e tace; o magari brontola, ma a mezza bocca. Chi brontola a voce un po’ più alta, rischia di passare dei grossi guai. C’è uno sketch televisivo dei comici Luca e Paolo (visibile su Youtube: La copertina di Luca e Paolo: mentre tutti parlavano di antifascismo, Salvini parlava di antifurti, del 25/04/2017), nel quale uno dei due dice all’altro: Oggi c’è la libertà, si può dire tutto quel che si vuole; e l’altro: Davvero?, che bello? Allora possiamo far battute anche sui vaccini?, chiede Paolo, speranzoso. No, risponde Luca. Sui pedofili? No. Sul papa? No. Maometto? No. L’Isis? No. Le donne? No. I gay? No. E Renzi? No, poi telefona, meglio di no. E Grillo? No, s’incazza, lascia perdere. La Rai? No. La Juventus? No, come con Grillo; s’incazza, lascia perdere. E battute su Mattei Salvini? Ah, sì, quello sì… Ecco, più o meno questa è la situazione: logico frutto di una premessa falsa e ipocrita: che il 25 aprile del 1945 vi sia stata una “liberazione”. Di questa menzogna e di questa ipocrisia la società italiana e la cultura italiana hanno vissuto per settant’anni; finalmente qualcuno comincia a farsi qualche domanda. Naturalmente i due comici tacciono proprio la parola più impronunciabile, la più politicamente scorretta: gli ebrei. E meno male che sono due comici. Se due comici non osano pronunciare quella parola, figuriamoci cosa succede a chi non ha neppure l‘attenuante dell’intento comico: viene immediatamente accusato di antisemitismo. E ciò segna, come minimo, il suo bando perpetuo dagli studi televisivi e dall’accesso alle maggiori testate della stampa nazionale.
Oggi la situazione è questa. Non c’è più un’informazione libera. Per sapere quel che accade realmente in Italia, bisogna leggere la stampa estera o navigare pazientemente su internet, beninteso conoscendo certi siti e avendo acquisito un certo fiuto; altrimenti è come rovistare a mani nude in una cloaca. Si può trovare qualche perla, ma insudiciandosi di sterco fino al collo. Non c’è più un giornalismo degno di questo nome, non ci sono più giornalisti, ma quasi solo pennivendoli stipendiati. E non c’è più televisione che non sia di regime. I veri giornalisti, o gli ultimi che ancora ci sono in giro, sono stati buttati fuori e scrivono qua e là, su blog e siti indipendenti, cioè pagati interamente di tasca loro, e a loro rischio e pericolo, nel senso che rischiano una serie di querele e hanno la spada di Damocle di risarcimenti da migliaia e migliaia di euro da versare a quanti sono rimasti infastiditi da ciò che essi dicono. La signora Boldrini ha dato il “buon” esempio, preceduta, peraltro, da altri uomini politici della sua stessa scuola, per esempio Massimo D’Alema: se il giornale X ti critica, lo denunci e gli chiedi un risarcimento finanziario con parecchi zeri. È questa la libertà dei figli e nipoti del 25 aprile: i figli dei gloriosi liberatori partigiani, delle foibe e dei triangoli della morte. Ed è questo il clima che si respira oggi in Italia. Un clima tale, per cui certi uomini di cultura, certi storici e filosofi non possono neanche parlare in pubblico; le loro conferenze vengono annullate all’ultimo momento: la sinistra non vuole, e la sinistra comanda, ha sempre comandato, da quel 25 aprile del 1945. Sempre in nome della libertà e dell’antifascismo. Alain De Benoist non può parlare in Italia, perché è un “fascista”, mentre qualunque stronzetto di sinistra, con due neuroni in testa o forse tre, può pontificare fino a domattina, sicuro di ricevere applausi e, prima o dopo, l’invito che conta: quello ai salotti televisivi, dei quali diverrà un ospite fisso del famoso conduttore o della famosa conduttrice televisiva, vale a dire un parassita mantenuto a vita per dire banalità e insulsaggini su tutto e su tutti, purché politicamente corrette. Ché se mai un giorno, chi lo sa, impazzisse, o si presentasse in tv un po’ ubriaco, e gli scivolasse una battuta, anche innocente, su quei tali argomenti tabù, potrebbe star certo che dal giorno dopo diverrebbe peggio di un lebbroso: nessuno vorrebbe più saperne di lui. Stop, fine della carriera. Scherza coi fanti, ma non coi santi, si diceva una volta. I santi sui quali non si può scherzare, oggi, e meno ancora parlare seriamente, se non a condizione di esprimere piena e incondizionata approvazione, sappiamo quali sono. I fanti sui quali si può scherzare sono tutti gli altri, ma specialmente quelli che hanno a che fare con l’area ideologicamente estranee alla sinistra: perché la sinistra culturale continua ad esistere e a pesare, sopravvive persino alla scomparsa della sinistra ideologica e politica; è come un vampiro che non può morire, si alimenta del sangue di se stessa, se non può succhiare quello degli altri. Per farla finita, bisognerebbe liquidarla con il lanciafiamme: nulla di meno sarebbe sufficiente. Oggi un comico, per restare in tema di umorismo, può insultare nel modo più volgare la memoria di Claretta Petacci; ma a nessuno, comico o no, sarebbe mai perdonato il delitto di esprimersi in modo meno che riguardoso nei confronti del mito del 25 aprile e dei suoi “eroi”.
Ancor più turpe e vergognosa è oggi la situazione nell’area della cultura cattolica, dell’informazione cattolica e della Chiesa stessa, alto clero in primis. La Conferenza Episcopale Italiana ha chiamato a illustrare il suo quotidiano, L’Avvenire (ce n’era bisogno?) Sergio Staino, un vignettista ateo e marxista, leader dell’Unione Atei e Agnostici Razionalisti: disegnatore del tratto greve quanto la sua impostazione ideologica, che traspare tutta dal suo modo di rappresentare Gesù Cristo e gli altri personaggi della religione cattolica. Le sue vignette, i suoi fumetti, rappresentano Gesù in un modo che definire irriverente sarebbe ancora poco. È normale, tutto questo? È normale che il lettore, cattolico evidentemente, del giornale dei vescovi cattolici, debba vedere Gesù Cristo dileggiato e svilito sulle pagine del suo quotidiano di riferimento? Certo, non è cosa più normale che, per un cattolico di Terni, entrare nel duomo cittadino e ”ammirare” il gigantesco affresco del pittore sodomita Cinalli, commissionato dall’allora vescovo Paglia, grande estimatore di Pannella, oltre che di sodomiti, transessuali e prostitute, in mezzo ai quali ha voluto far rappresentare anche se stesso, e, non pago di ciò, con un Cristo, al centro della scena, sconciamente rappresentato come solo la malizia infernale di un artista pervertito lo poteva concepire, cioè con le pudenda bene in vista, a completare il totale rovesciamento della morale cattolica realizzato in quell’opera blasfema.
Non ragioniam di lor, ma guarda e passa…
di Francesco Lamendola
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