CORPUS DOMINI, Una solennità mortificata
La solennità del Corpus Domini (“Corpo del Signore”) è una festa di precetto, chiude il ciclo delle feste del periodo post Pasqua e celebra il mistero dell'Eucaristia istituita da Gesù nell’Ultima Cena.Il Corpus Domini si celebra il giovedì dopo la festa della Santissima Trinità. A Orvieto, dove fu istituita, e a Roma, dov'è presieduta dal Papa, la celebrazione si svolge infatti il giovedì dopo la solennità della Santissima Trinità. A Roma la celebrazione inizia nella Cattedrale di S. Giovanni in Laterano, per poi concludersi con la processione tradizionale fino alla basilica di Santa Maria Maggiore; il Santo Padre la presiede in quanto Vescovo di Roma. Nella stessa data si celebra in quei paesi nei quali la solennità è anche festa civile: nei cantoni cattolici della Svizzera, in Spagna, in Germania, Irlanda, Croazia, Polonia, Portogallo, Brasile, Austria e a San Marino.
PROTOCOLLO ADDIZIONALE
Al momento della firma dell'Accordo che apporta modificazioni al Concordato lateranense la Santa Sede e la Repubblica italiana, desiderose di assicurare con opportune precisazioni la migliore applicazione dei Patti lateranensi e delle convenute modificazioni, e di evitare ogni difficoltà di interpretazione, dichiarano di comune intesa:
1. In relazione all'Art. 1
Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come religione dello Stato italiano.
Nella riforma del rito ambrosiano, promulgata dall'Arcivescovo di Milano il 20 marzo 2008, questa festività è stata riportata obbligatoriamente il giovedì della II settimana dopo Pentecoste con la possibilità, per ragioni pastorali, di celebrarla anche la domenica successiva. Numerose diocesi, in Italia, continuano a proporre ai fedeli la Celebrazione e la Processione Eucaristica, a livello diocesano, il giovedì, lasciando per la domenica la Celebrazione e la Processione parrocchiale. Qui nella città di Roma sede del Romano Pontefice dove da sempre questa solennità veniva aspettata dai fedeli, con novene e suppliche, preparativi di tappeti di fiori per il passaggio del Signore Gesù Eucaristico, con l'ascesa al Trono di Pietro, di papa Bergoglio questa festa viene decisamente soppressa il Giovedì dopo la festa della Santissima Trinità, e per la prima volta non avremmo la storica processione al centro di Roma dalla cattedrale di Roma non si eleveranno canti , nessun inno al Cristo Signore Re sacramentato, tenuto conto del processo di trasformazione politica e sociale verificatosi in Italia negli ultimi decenni e degli sviluppi promossi nella Chiesa dal Concilio Vaticano II.
Il Santissimo Sacramento dell'Altare
IL SANTISSIMO SACRAMENTO DELL’ALTARE
1) è un segno della grazia
2) ci dà la grazia
3) fu istituito da Gesù Cristo Stesso.
in particolare:
1) il Santissimo Sacramento è un segno della grazia nel senso che le speci consacrate sono un segno del Corpo e Sangue di Cristo che contengono;
2) il Santissimo Sacramento ci dà la grazia sovranaturale: non solo questo però, ma anche l’Autore della Grazia, ossia nostro Signore Gesù Cristo;
3) questo Sacramento fu istituito da nostro Signore Gesù Cristo con le parole di consacrazione assieme a quelle del mandato: ‘Fate questo in memoria di me’ – parole con le quali ha istituito anche il sacramento dell’ordine, ossia il sacerdozio.
Questo sacramento si chiama Santissimo proprio perchè è Gesù Cristo Stesso.
Vogliamo adesso guardare il Santissimo Sacramento da vicino: prima come Presenza Reale, poi come Santa Comunione.
A) LA PRESENZA REALE
La dottrina della Presenza Reale è che nel Santissimo Sacramento nostro Signore Gesù Cristo è realmente presente, o più precisamente il SS. Sacramento è Gesù Cristo Stesso sotto le apparenze di pane e di vino.
Questo è un dogma cattolico che come gli altri dogmi sulla Santa Eucarestia viene definito nel Sacro Concilio di Trento (1545-1563). I dogmi cattolici sono le verità rivelate immediatamente da Dio che la Chiesa propone infallibilmente da credere come tali. Insieme costituiscono la fede.
Il dogma della Presenza Reale vien definito con le parole seguenti: ‘Se qualcuno negasse che del Santissimo Sacramento dell’Eucarestia è contenuto veramente, realmente e sostanzialmente il Corpo e Sangue assieme all’anima e alla Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo e dunque il Cristo totale, ma dicesse che esso è solo come segno, figura o virtù, Sia Anatema’. (Trento S. XIII canone 1)
(Si quis negaverit, in sanctissime Eucharistiae sacramento conteneri vere, realiter, et substantialiter Corpus et Samguinem una cum Anima er Divinitate Domini nostri Jesu Christi, ac proinde totum Christum; sed dixerit tantummodo esse in eo ut in signo, vel figura, aut virtute: Anathema Sit.)
Al cuore della Santa Messa sta la Consacrazione o ‘Trasustanziazione’. il Sacerdote dice parole sul pane e sul vino che li trasformano nel Corpo e nel Sangue di Gesù Cristo così che il nostro Signore Gesù Cristo è reso presente realmente sull’altare. Prima della Consacrazione c’è pane e vino; dopo la Consacrazione c’è Gesù Cristo: Corpo, Sangue, Anima e Divinità. il pane e il vino non esistono più, ma Gesù Cristo solo, e sola apparenza di pane e vino: gli accidenti o qualità: grandezza, estensione, peso ,forma, colore, gusto, odore: questi accidenti esistono senza soggetto, senza sostanza, tramite un miracolo di Dio. Non esistono né nel pane né nel vino, non esistono neanche in Gesù Cristo, ma esistono senza soggetto, senza sostanza. L’unica sostanza che esiste è Gesù Cristo stesso sotto la loro apparenza.
Non è che Gesù Cristo esista in o sotto il pane: questa è l’eresia di Martin Lutero che si schiama ‘Consustanziazione’. Non è che il pane sia simbolo di Gesù Cristo: questa è l’eresia di Zwingli. Non è nemmeno che il pane sia una virtù di Gesù Cristo, che ci dia una forza spirituale: l’eresia di Calvino. Ma il pane e il vino sono divenuti Gesù Cristo nella Presenza Reale e non esistono più.
Questo dogma della Chiesa si basa soprattuto su due passi del nuovo testamento: il primo passo consiste nel discorso del Signore sulla Santa Eucarestia in San Giovanni 6, di cui citeremo i versetti 51 – 58: ‘Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Il secondo passo, o piuttosto la serie di passi sulla Presenza Reale consiste nelle parole di consacrazione rapportate nei vangeli di San Matteo, San Marco, San Luca e nella prima Epistola ai Corinzi.
Sant’Agostino esclama: ‘Dio essendo onnipotente non potè dare di più. Essendo sapientissimo non seppe dare di più. Essendo ricchissimo non ebbe da dare di più.’ San Francesco d’Assisi dice: ‘l’uomo deve tremare, il mondo fremere, il cielo intero deve essere commosso quando sull’altare tra le mani del Sacerdote appare il Figlio di Dio’. (Le citazioni dei santi vengono dal libro ‘Gesù Eucaristico Amore’ di Padre Manelli).
CONSEGUENZE PRATICHE
La chiesa non è né un museo, né un luogo d’incontro: è la Casa di Dio, la Porta del Paradiso, perché il Signore nostro Gesù Cristo è Realmente Presente nella chiesa: così realmente come lo fu a Nazaret e lo è nel cielo. Dobbiamo comportarci, dunque, con il più grande rispetto quando siamo alla Sua presenza.
Quando si entra in chiesa e quando si esce da essa, si prende l’acqua santa e si fa un segno di croce lentamente e con raccoglimento e si fa una genuflessione. Si fa una genuflessione anche quando si passa davanti al Santissimo e quando si arriva al proprio banco. Non si parla in chiesa. Se si deve comunicare qualche cosa ad altri in chiesa in maniera urgente, si parla a voce bassa. Il tipo di genuflessione che si fa in chiesa dipende da dove si trova il Santissimo: se è nel Tabernacolo, si fa una genuflessione semplice; se è esposto, si fa una genuflessione doppia con inchino profondo.
Alla Consacrazione, quando (nelle parole di San Francesco) “appare il Figlio di Dio tra le mani del sacerdote”, i fedeli devono essere in ginocchio; anche quando il celebrante alza l’ostia colle parole “Ecco l’Agnello di Dio”
B) LA SANTA COMUNIONE
Avendo brevemente considerato il Santissimo Sacramento nella presenza reale, consideriamoLo adesso nella Santa Comunione.La Santa comunione è ancora un miracolo: la fusione del Corpo, Sangue, dell’Anima e Divinità di Gesù Cristo con noi. Il motivo di questa unione è l’amore di Gesù Cristo verso noi, perché l’amore cerca l’unione. Il Signore è già con noi nel Tabernacolo di ogni chiesa del mondo, ma l’unione nella Santa Eucarestia è un unione ancora più intima. ‘L’Eucarestia’ , esclama san Pier Giuliano Eymard, ‘è la suprema manifestazione dell’Amore di Gesù, dopo di essa non c’è più che il cielo’.
San Cirillo di Alessandria, padre della Chiesa, si serve di tre immagini per illustrare la fusione di amore con Gesù nella Santa Comunione: ‘Chi si comunica è santificato, divinizzato nel suo corpo e nella sua anima nel modo con cui l’acqua messa sul fuoco diventa bollente; la comunione opera come il lievito che, immerso ella farina, fermenta tutta la massa; nello stesso modo che fondendo insieme due ceri, la cera risulterà l’una nell’altra, così io credo che chi si ciba della carne e del sangue di Gesù è con Lui fuso per tale partecipazione e si trova ad essere egli in Cristo e Cristo in lui’.
CONSEGUENZE PRATICHE.
I) La Comunione in stato di grazia.
Solo i fedeli in istato di grazia si comunicano. In istato di peccato mortale (come la mancanza alla Santa Messa Domenicale o l’impurezza – con altrui o da solo-) sarebbe un secondo peccato mortale, ossia un sacrilegio. Sarebbe come ricevere Iddio in una caverna oscura e fetida, che è l’anima nello stato di morte spirituale. San Paolo dice chiaramente nella prima epistola ai Corinzi 11,27-30: “perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. ciascuno, pertanto esamini e stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del, Signore, mangia e beve la propri condanna. È per questo che tra voi ci sono molti malati e infermi, e un buon numero sono morti”. Chi è in istato di peccato mortale deve recarsi al Sacramento della Confessione. Così è sicuro di essere perdonato. Il semplice atto di dolore non dà questa sicurezza.
II) La Comunione sulla lingua.
Già nel sesto secolo con più profonda conoscenza della Presenza Reale, la Chiesa aveva stabilito che la Santa Comunione dovesse essere ricevuta sulla lingua. Nel nono secolo era prescritto per la chiesa universale. Il Papa Paolo VI ha ribadito questa pratica (in Memoriale Domini del 1967) e il Papa Giovanni Paolo II ha scritto ( nella sua lettera Dominicae Coenae del 1980) che toccare il Santissimo Sacramento è “un privilegio degli ordinati”. Più tardi, però, in seguito a disubbidienza di un parte del clero di Olanda e altrove nell’Europa centrale, concedette la pratica della comunione sulla mano per il nuovo rito, pur con riluttanza e provando a limitarla. Il Papa attuale, Benedetto XVI favorisce la pratica tradizionale.
La pratica della Comunione sulla lingua è da raccomandare:
1) per mostrare un maggior rispetto verso il Santissimo;
2) per salvaguardare la Fede nella Presenza Reale (ricordando che la Comunione nella mano fu introdotta nell’epoca moderna dai riformatori esplicitamente per distruggere la Fede nella Presenza Reale o, come lo esprime Martin Bucer nella sua “Censura” (ca.1550): “per abolire […] qualsiasi forma di adorazione-del-pane”);
3) per evitare che il Santissimo venga sottratto dalla Chiesa per motivi sacrileghi, per capriccio o per pura ignoranza;
4) per evitare che anche il più piccolo frammento del Santissimo cada per terra, poiché la Chiesa insegna che il Signore è presente interamente anche in esso: “Cristo esiste totale e intero sotto la specie del pane e sotto qualsiasi parte della specie, esiste totale altrettanto sotto la specie del vino e sotto le sue parti”. (Trento S. XIII cap.3) “Totus enim et integer Christus sub panis specie et sub quavis ipsius parte, totus enim sub vini specie et sub eius partibus exsistit”.
La pratica del ricevere il Santissimo Sacramento in ginocchio, quando è possibile, o almeno dopo una genuflessione, è anche da raccomandare, altrettanto per motivi di rispetto.
III) Il Ringraziamento.
San Giovanni d’Avila, Sant’Ignazio di Loyola, San Luigi Gonzaga facevano il ringraziamento in ginocchio per due ore. San Luigi Grignon de Monfort dopo la Santa Messa si fermava almeno una mezz’ora e non c’era preoccupazione o impegno che valesse a farglielo omettere, poiché diceva: “Non darei questa ora del ringraziamento neppure per un’ora di Paradiso”. L’Apostolo San Paolo ha scritto nella sua prima lettera ai Corinzi (6,20): “Glorificate e portate Dio nel vostro corpo”: Ebbene non c’è tempo in cui queste parole le realizziamo alla lettera come nel tempo subito dopo la Santa Comunione.
Ricordiamo l’esempio di San Filippo Neri, che fece accompagnare da due chierichetti con le candele accese quel tale che usciva di Chiesa appena fatta la Santa Comunione.
Poiché il Signore rimane nel nostro corpo per quindici o venti minuti dopo la Santa Comunione, non è questo il momento di chiacchierare né dentro, né fuori la Chiesa. Anzi è opportuno e molto salutare fare un ringraziamento che duri almeno un quarto d’ora.
Infine facciamo il possibile per adorare e ringraziare il nostro Signore Gesù Cristo adeguatamente e degnamente, e per testimoniare la nostra Fede nella Sua Presenza Reale in quest’epoca, in cui Lui è talmente ignorato, trascurato, disprezzato e oltraggiato.
[Tratto da Padre Konrad zu Loewenstein, La Santa Eucaristia secondo la dottrina cattolica]
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