ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 19 luglio 2018

"Dove vai Chiesa?

QUO VADIS DOMINE? DOVE VAI?

San Pietro domandò a Gesù: "Quo vadis, Domine?" ma, oggi è Gesù che ci chiede: "Tu uomo dove vai, dove credi di andare?" e le stesse domande le farà alla Sua Chiesa: "Dove vai Chiesa? stai seguendo la strada che ho tracciato?" 
di Francesco Lamendola  

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È noto l’episodio – narrato da Henryk Sienkiewicz nel suo celebre romanzo - di san Pietro che, imboccando la via Appia per sfuggire alla persecuzione anticristiana di Nerone, incontra Gesù che gli viene incontro, diretto verso Roma, e al quale, sbigottito, domanda: Quo vadis, Doimine?, dove vai, Signore?; anche perché, sul luogo dell’evento, è stata poi costruita una chiesa, tuttora esistente, quasi all’incrocio con la Via Ardeatina. Ma forse dovremmo riflettere che quella stessa domanda saremo noi a riceverla, un giorno, dal nostro Signore; anzi, se aprissimo un poco i nostri orecchi, e smettessimo di ascoltare gl’inutili rumori di fondo che riempiono la nostra vita, probabilmente la sentiremmo spesso, quella domanda, ogni giorno, ogni ora: Dove vai? Dove stai andando?, che forse, se ascoltata meglio, suonerebbe come un: Dove credi di andare?

Ha scritto il padre francescano Gabriele Adani nel suo libro La più antica storia d’amore (Milano, Rusconi, 1978, p. 172):
Anche a noi, come all’apostolo Pietro, la voce dell’Uomo-Dio pone la domanda: “Quo vadis? Dove vai?”.
Dove stai andando, tu, che orienti la tua vita in quella direzione, dimenticando il tuo vero bene?Non pensi al tuo futuro? Perché vuoi rovinare te stesso?
Il Cristo ha il diritto di chiederci queste cose. Egli ci mostra le sue mani trafitte dai chiodi e noi sappiamo benissimo quanto ha sofferto per darci la vera vita., per insegnarci a viverla. Ma, nonostante questo, noi speso andiamo verso altre mete, camminiamo nella direzione opposta, ci allontaniamo da lui.
Dove vai? Dove andrai oggi? Verso Cristo o verso mete umane che ti portano lontano da lui?
Ascolta la voce di Gesù che ti domanda: “Dove vai?”. Spesso risuona di una tristezza infinita.

E non solo Gesù Cristo ha il diritto di chiedere a ciascun uomo dove sta andando, Lui che ha dato la sua vita per amor suo; ha il diritto di porre anche alla sua Chiesa, alla Chiesa da Lui fondata, la stessa decisiva domanda: Dove vai? Ha il diritto di porre a ogni religioso, a ogni sacerdote, a ogni vescovo e cardinale, e naturalmente anche al papa, la domanda:Dove vai? Che si può anche rendere così: Stai seguendo la mia strada, la strada che io ho tracciato? Senza dubbio tutti questi teologi neo modernisti, questi cardinali e vescovi massoni, questi preti di strada, come amano chiamarsi, e queste suore che cantano e ballano, e vanno in televisione e ai festival di musica leggera; e questi cattolici che giustificano e approvano, sorridenti, le unioni sodomitiche, come ieri giustificavano e approvavano il divorzio e l’aborto, risponderebbero: Ma certo, Signore! Non vedi come amiamo il prossimo, come ci diamo da fare per accogliere gli stranieri e per dar da mangiare agli affamati, sin dentro le chiese e le basiliche? Non vedi che siamo sempre impegnati ad accogliere, includere, a integrare i diversi, a far sentire accettati gli emarginati, e a proclamare che gli uomini sono tutti fratelli e che il regno dei Cieli è dei poveri?

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Gesù Cristo ha il diritto di chiedere a ciascun uomo dove sta andando e ha il diritto di porre anche alla sua Chiesa, alla Chiesa da Lui fondata, la stessa decisiva domanda: Dove vai? Ha il diritto di porre a ogni religioso e naturalmente anche al papa, la domanda: Dove vai? aggiungendo: Stai seguendo la mia strada, la strada che io ho tracciato? 

Essi, infatti, sono certi, certissimi, d’interpretare il Vangelo a meraviglia: il Vangelo autentico, intendiamoci, quello che la Chiesa bigotta e reazionaria ha tenuto nascosto, o ha adulterato, per millenovecento anni, o giù di lì, e che papa Francesco ha finalmente riscoperto e che ora offre ai fedeli, nella gioia; non quello che veniva annunciato ai nostri nonni, i quali, poveretti, non sapevano che in chiesa non si viene per sentir parlare di Dio, ma per sentir parlare dei poveri, e che i poveri sono quelli che non hanno denaro in tasca (magari perché non hanno voglia di lavorare), dato che la povertà spirituale non esiste; non sapevano che in chiesa non si viene per incontrare il Redentore, nelle specie di Pane e del Vino, ma per stringere la mano ai propri vicini e mostrare agli altri la propria benevolenza, e anche, ogni tanto, per imbandire una bella tavolata e offrire un bel pranzo cucinato in sacrestia e offerto dalla Comunità di Sant’Egidio a tutti i migranti, i rom, gli esclusi, i rifiutati e le “mele marce” che don Ciotti non scarta, ma recupera, e che Bergoglio non condanna, né giudica, chi è lui per giudicare?, dopo averle amorosamente medicate; e credevano anche - poveretti, bisogna compatirli, non era mica colpa loro, ma della loro abissale ignoranza - che la pace di cui parla il sacerdote nella sacra liturgia è la pace di Cristo, e che Egli ce la dà, ma non come la dà il mondo, mentre invece noi sappiamo che la pace è l’augurio, tutto umano, che noi rivolgiamo al nostro vicino di stare allegro e che tutto gli vada bene, sempre umanamente parlando. Essi, i neopreti e i neocattolici, hanno finalmente penetrato il vero senso del Vangelo; e infatti hanno riconosciuti i loro maestri di teologia in Karl Rahner e Walter Kasper, e i loro maestri di pastorale in Lorenzo Milani e Carlo Maria Martini. Non si sono mica fermati alla lettera, loro; non si sono mica accontentati, come facevano i nostri nonni, di restare in superficie; no: ma sono scesi in profondità, hanno scavato, hanno meditato, hanno trovato ciò che era nascosto: mica per niente sono figli della psicologia del profondo, e nel profondo hanno trovato il vero Vangelo, quello che, come dice anche quel grande teologo che è Dan Brown, la Chiesa ha tenuto occultato per un paio di millenni, impegnata com’era a trescare coi potenti e ad arricchirsi a spese del popolo. Non vi è pericolo, dunque, che quei signori si lascino turbare dalla eventuale domanda di Gesù Cristo: Dove state andando?; perché essi hanno la lingua sciolta e non s’imbarazzano per così poco, ne sanno una più del diavolo (chiediamo scusa, volevamo dire: una più del buon Dio) e, fra poco, gli Andrea Grillo, gli Enzo Bianchi, gli Andrea Riccardi e i Bruno Forte spiegheranno a Gesù Cristo in che cosa è stato un po’, come dire, reticente; in che cosa non ha saputo essere proprio del tutto credibile, perché la loro parola d’ordine è: credibilità, e si affannano e si agitano per annunciare al mondo un Gesù Cristo che sia più credibile di quello del passato. Non pochi di loro, anzi, ne siamo convinti, alla domanda di Gesù risponderebbero, con prontezza (sono anche figli della cultura del sospetto, in senso freudiano, s’intende): E tu chi sei, che ci fai questa domanda? E se Lui, poniamo (ci sia perdonata l’irriverenza, ma è solo una costruzione ipoetica), rispondesse: Sono Io, quel Gesù di cui hanno parlato Matteo, Marco, Luca e Giovanni; non mi conoscete?, essi risponderebbero, con immutata prontezza: Eh, via, andiamoci piano! Mica c’erano i registratori, a quei tempi! Le tue parole, noi non le conosciamo con certezza; quel che sappiamo, è che gli evangelisti si esprimevano in un senso allegorico, figurato, che non si deve di certo prendere alla lettera. Il diavolo e gl’indemoniati, per esempio: essi dicono che tu ne hai scacciato chissà quanti; ma essi non sapevano quel che noi, cittadini della modernità, scientificamente e inoppugnabilmente, sappiamo: che si trattava solo di malattie psichiche, altro che diavoli! E dopo aver tenuto questa breve ma efficace lezioncina al nostro Signore Gesù, questo minicorso condensato di neoteologia kasperiana e modernista, impregnato di storicismo, razionalismo e naturalismo, passerebbero al contrattacco e direbbero, probabilmente: Tu, piuttosto, che c’interroghi, chi sei? Noi, lo sappiamo bene chi siamo; ma tu, lo sai chi sei veramente? Dici di essere il Messia? Benissimo: ma lo sai o no che il Messia, per gli ebrei di duemila anni fa, era un personaggio mitico, così come la Bibbia è tutta piena di miti, è un insieme di miti, non di verità storiche e tanto meno di certezze metafisiche? Oppure dici: Io sono il Figlio del Padre; benissimo. Ma anche noi lo siamo; siamo tutti figli di Dio, e dunque tutti fratelli; non c’è differenza fra chi si dice cristiano e chi si dice giudeo, o islamico; e non c’è differenza fra chi si dice cattolico e chi si dice luterano o calvinista. Dunque, anche tu sei un nostro fratello, sei uno di noi; dì, non ti sarai mica montato la testa? Non penserai mica di essere da più di noialtri? Non sarai mica venuto qui a seminare zizzania, eh?, altrimenti era meglio se non ti facevi più vedere, e ci lasciavi il bel ricordo di una volta.

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Del resto, nei momenti di sincerità, cose di questo genere le dicono; non stiamo esagerando, non stiamo inventando niente. Le dicevamo già venti, trenta e quarant’anni fa; hanno cominciato a dire apertamente cinquant’anni fa, forti del Concilio Vaticano II, tutti ringalluzziti e più che mai smaniosi di recuperare il tempo perso (il tempo che i tre Pii, Pio X, Pio XI e Pio XII, avevano fatto perdere alla marcia vittoriosa del loro “rinnovamento”); e, più ancora, facendosi forti di un’entità impalpabile, invisibile, inafferrabile, lo “spirito” (con la minuscola) del Concilio, vale a dire quel che il Concilio avrebbe finito per decidere e approvare, se non fosse stato chiuso in fretta e furia (dopo più di tre anni, rispetto ai tre mesi che doveva durare!) e se non fosse subito scattata la tattica ostruzionista di quei cattivi dei cattolici tradizionalisti, chiusi e sordi a ogni rinnovamento, a ogni apertura, a ogni democratizzazione…Nei momenti di sincerità, dicevamo, i neopreti si lasciano scappar di bocca cose che non stanno né in cielo, né in terra; cose che denotano una totale ignoranza, o un totale rifiuto (fate un po’ voi quale delle due) del Vangelo, del Vangelo di sempre, di quello che la Chiesa, per unanime consenso, ha sempre insegnato, e con la massima chiarezza; sempre, fino al Vaticano II. La sofferenza? Non si sa cosa sia, che senso abbia.  Ciò che Dio  vuole da noi? Non si sa neppure quello. La croce? Non si sa neanche quello. O forse sì. La croce, badate bene, è l’impatto col sistema. Quando ci si scontra col sistema, quella è la croce. Parola di Marx, anzi, di Cohn-Bendit; scusate, volevamo dire, parola di Gesù Cristo. È il Vangelo secondo padre Turoldo, secondo i teologi della liberazione. Staremo a vedere adesso, che il sistema sono diventati loro; adesso che vanno d’amore e d’accordo con Soros, con la Bce, col potere finanziario mondiale; staremo a vedere quale impatto andranno a inventarsi. Per intanto, prendiamo buona nota: fin dagli anni ’80, sacerdoti come padre David Maria Turoldo, nelle loro meditazioni ed omelie presso la Comunità di Sant’Egidio (i neopreti se la cantano e se la suonano fra di loro, con le comunità che sono simili a loro), dicevano di queste cose. Non c’è da stupirsi se oggi abbiamo i don Corazzina che sanno predicare solo l’accoglienza dei migranti e l’inclusione degli omosessuali; i don Carrega che tengono corsi di affettività per fidanzati gay; i don Olivero che aboliscono il Credo perché non ci credono, e i don Farinella che aboliscono la santa Messa tout-court, anche il giorno di Natale, “per rispetto verso i migranti”; fino al vescovo Raffaele Nogaro, il quale regalerebbe tutte le chiese cattoliche agli islamici, affinché le trasformino in altrettante moschee (e poi non si deve pensare che tutta questa misericordia nasce da un profondo odio e da un profondissimo disprezzo di se stessi?).

Dove vai?

di Francesco Lamendola
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LA BABELE TEDESCA
Eucaristia ai protestanti? Ogni diocesi fa le sue regole

Comunione ai protestanti? Da quando il Papa ha detto che può essere permessa "in casi speciali", i vescovi tedeschi, con gran zelo, hanno agito di testa loro. Nelle diocesi di Paderborn e Wurzburg, ad esempio, i protestanti possono accostarsi al sacramento della Comunione per ragioni che cambiano da una diocesi all'altra. Una babele...




Il primo atto era stato l’annuncio “a sorpresa” da parte del presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, il Cardinal Marx, di un sussidio liturgico per permettere ai coniugi protestanti sposati con cattolici di poter ricevere l’Eucaristia. Questo annunzio provocò la reazione negativa di sette confratelli nell’episcopato.

Secondo atto: la Congregazione per la Dottrina della Fede, nella persona del suo Prefetto, il Cardinal Ladaria, mostra i muscoli, tirando le orecchie a Marx & C.; che fossero muscoli un po’ pompati, lo si poteva capire dal contenuto della lettera: nessun problema teologico e sacramentale, ma solo una questione di competenze. La notizia però venne recepita per lo più come una frenata.

Terzo atto: Il Papa, sull’aereo di ritorno da Ginevra, pensa bene di far capire che proprio di una frenata non si trattava; la proposta di Marx sarebbe perfettamente conforme al diritto canonico quanto alla sostanza (secondo il Papa il CIC permetterebbe la Comunione ai protestanti “in casi speciali”, laddove invece si parla solo di “grave necessità”), mentre invece creerebbe qualche problema se la proposta venisse decisa a livello delle Conferenze Episcopali e non, invece, dei singoli vescovi. Quindi, ciascun vescovo decida per sé.

Quarto atto: il sussidio viene pubblicato, senza alcuna firma, ed effettivamente apre alla comunione ai coniugi protestanti, “in singoli casi”, dopo essere stata accompagnati, bla bla bla.

Veniamo al quinto atto: i Vescovi tedeschi, zelanti ed obbedienti, raccolgono subito le indicazioni del Papa (con altri papi non erano così obbedienti…) ed ognuno è re a casa propria. E’ il sito katolisch.de a darci una carrellata delle diverse posizioni.

A non stare più nella pelle, è il Vescovo di Paderborn, Hans-Josef Becker, che già dopo tre giorni dalla pubblicazione del sussidio aveva incontrato i suoi sacerdoti e reso noto che nella diocesi si sarebbero seguite le linee guide indicate. Mons. Stefan Heße, Vescovo di Amburgo raccomanda caldamente al suo clero la lettura del documento e spiega che esso “dà la possibilità di giungere, in singoli casi, ad una recezione responsabile del sacramento”. Stessa linea di approvazione del sussidio e di conseguente apertura alla Comunione per i protestanti – sempre nei sacrosanti singoli casi – per i vescovi di Erfurt (Neymeyr), di Essen (Overbeck), di Speyer (Wiesemann) e, ovviamente, del cardinal Marx.

Più attendista è invece Franz-Josef Bode, vescovo di Osnabrück, che rimanda la propria decisione dopo la riunione episcopale che avrà luogo in settembre. Invece il vescovo di Würzburg, Mons. Franz Jung, fresco fresco di nomina, ha già invitato i coniugi protestanti, sposati con cattolici, ad accostarsi alla Comunione in occasioni delle prossime celebrazioni dei giubilei matrimoniali. Questo tanto per ricordare cosa succede quando si passa dalle “gravi necessità” del diritto canonico, ai “casi speciali” di papa Francesco. Una Comunione premio, quella auspicata da Jung, che intende onorare “la fedeltà della chiesa domestica nel matrimonio […] proprio anche nei matrimoni misti”.

Tra i sette vescovi dissidenti, solo due hanno per ora manifestato la loro posizione. Il primo è il vescovo di Ratisbona, mons. Rudolf Voderholzer che ha sottolineato la necessità di un chiarimento teologico da parte di Roma proprio sul punto chiave e cioè cosa si debba intendere per “grave necessità”, indicata nel can. 844 §4. E’ auspicabile che gli altri sei vescovi, che si erano opposto al sussidio, sostengano questa posizione; ma occorre registrare che tra di loro c’è già almeno una defezione. E’ quella di mons. Ludwig Schick, vescovo di Bamberga, che, probabilmente con l’intenzione di dare una interpretazione molto restrittiva del documento, apre però la porta al principio malato di fondo. Schick pone come condizioni, alla parte protestante, per ricevere l’Eucaristia, l’accettazione della dottrina cattolica, particolarmente quella sacramentale ed eucaristica e il riconoscimento della gerarchia cattolica, con il primato petrino. Ma allora la domanda è: perché il coniuge protestante che accetta tutte queste cose non entra nella comunione cattolica? Non è più necessario riconciliarsi con il Corpo mistico di Cristo per ricevere il Suo Corpo sacramentale? E la Confessione sacramentale, per una persona che ha vissuto trenta, quaranta, cinquant’anni in una comunità protestante, senza essersi perciò mai confessata, non è necessaria?

Per capire come siamo ridotti, proviamo a pensare di essere un Pierino qualsiasi in Germania. Bene. Se Pierino è pienamente cattolico, sposato e non adultero, ma decide di cancellare in sede civile la propria iscrizione alla Chiesa cattolica per non pagare la Kirchensteuer (che, nel 2017, ha fruttato alla Chiesa tedesca, che vorrebbe una chiesa povera per i poveri, ben 6 miliardi di euro), secondo le disposizioni del 2012 della Chiesa tedesca, “non può ricevere i sacramenti della penitenza, dell'eucaristia, della confermazione e dell'unzione degli infermi, tranne in pericolo di morte". Praticamente scomunicato. Chiaro? Per il Pierino cattolico e non adultero non esistono casi speciali di sorta. Se invece Pierino è cattolico, in regola con la tassa ecclesiastica, ma è adultero e adultero vuole rimanere, perché ormai ha figli con la nuova compagna, la sua unione adultera è stabile e fa un percorso di discernimento con un addetto ai lavori, allora per lui si aprono le porte dell’assoluzione sacramentale e dell’Eucaristia.

Altro caso: se il nostro Pierino è protestante, ma si è sposato con una donna cattolica, può accostarsi all’Eucaristia, secondo le casistiche previste dai singoli vescovi. Se si trovasse a Würzburg, potrebbe andare ad uno dei prossimi giubilei matrimoniali, e non avrebbe bisogno di manifestare nessuna adesione alla fede cattolica e nemmeno di fare un percorso di discernimento. Se invece si trova a Paderborn, allora lì vigono le linee guida del documento: se dopo un “approfondito esame in un colloquio spirituale con il parroco o con una persona incaricata per la cura delle anime, sono arrivati in coscienza al giudizio di accettare la fede della Chiesa cattolica, di voler porre fine a una situazione di “grave necessità spirituale” e di dover soddisfare il desiderio dell’Eucaristia possono accostarsi alla mensa del Signore per fare la Comunione”. Chissà se nel caso di un Pierino protestante e adultero basterebbe un solo cammino di discernimento o due: in ogni caso, l’importante è che sia in regola con la Kirchensteuer. Ma stesse attento il nostro Pierino: se mai vivesse in prossimità della linea Oder-Neiße, il confine tra Germania e Polonia, e magari in mezz’ora volesse raggiungere i genitori della moglie o della compagna cattolica polacca, non pensasse di accostarsi all’Eucaristia: in Polonia certe cose sono ancora peccato.

E se fosse protestante ma single? Beh, potrebbe sempre rifarsi al discorso di papa Francesco alla chiesa luterana: ognuno veda da sé… Signori e signore, benvenuti a Babilonia.

Luisella Scrosati

http://www.lanuovabq.it/it/eucaristia-ai-protestanti-ogni-diocesi-fa-le-sue-regole

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