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lunedì 9 luglio 2018

Occidentali's karma Novichok

Bashar al-Assad non utilizzò armi chimiche


All'indomani della pubblicazione del rapporto dell'OPCW, in cui è stata chiaramente evidenziata l'infondatezza delle accuse mosse contro Assad sulla questione di Douma, ancora nessuna fonte mediatica ha ammesso le proprie colpe.

Non è di certo nelle nostre corde fare i saccenti, quello lo lasciamo alle anime belle dell’informazione patinata. Allo stesso tempo, però, non possiamo non notare la difformità di trattamento, riservata ad alcune notizie provenienti dalla Siria, da parte dei media nazionali.
All’indomani della spallata governativa nel Gouta-est e alla conseguente conquista della cittadina di Douma i maggiori mezzi di informazione si sono sperticati nel dare spazio alle notizie di fonte ribelle secondo le quali l’esercito di Damasco avrebbe fatto uso di armi chimiche. La campagna mediatica fu martellante, senza lo straccio di una prova, e venne inscenata una pantomima di narrazione, corredata da immagini di repertorio e falsità assolute, le quali portarono presto all’attacco di Stati Uniti, Francia e Regno Unito su postazioni dell’esercito regolare.

Al contrario, in questi giorni, i risultati delle analisi dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, organismo delle Nazioni Unite, sono stati fatti passare sotto il più assoluto silenzio. Vi chiederete il perché, data la sicurezza e la professionalità con cui vennero date le notizie nell’aprile scorso. [Sic!]

«Dai risultati è emerso che non sono stati usati gas nervini o prodotti derivati» così si esprime il rapporto dell’OPAC, ecco il perché del silenzio di televisioni, giornali e radio. Nulla di tutto quello che ci è stato raccontato è avvenuto, certificato e assodato dall’ONU.

Nessun gas di Assad, dunque, solo il cloro dei ribelli:insieme ai residui di esplosivi, sono stati rinvenuti vari composti di cloro”. Cloro che già era stato scoperto dall’esercito russo all’indomani della liberazione di Douma, così Alexander Rodionov portavoce dell’esercito di Mosca “un laboratorio chimico e un deposito di sostanze chimiche sono stati trovati durante un’ispezione a Duma. Durante l’ispezione, gli specialisti hanno scoperto sostanze chimiche bandite. Inoltre hanno trovato un contenitore di cloro simile a quello usato dai miliziani per mettere in scena il falso attacco chimico”

Sporca, sporchissima questa guerra di Siria, arrivata quasi alla sua conclusione e fortunatamente dalla parte giusta, lascia ancora spazio alla nefandezza nostrana. Del resto, la stampa occidentale è talmente colpevole per le sofferenze del popolo Siriano che ogni notizia proveniente da quelle latitudini non gli lascia che una scelta: il silenzio e l’oblio.



di Andrea Scaraglino - 9 luglio 2018 
http://www.lintellettualedissidente.it/cartucce/assad-douma-armi-chimiche-gas-nervino/
Viktoria Skripal accusa le autorità britanniche


Più che interessante l’intervista rilasciata oggi alla Repubblica da Viktoria Skripal, cugina di Julia e nipote dell’ex spia russa Serghej, che le autorità britanniche dicono siano stati avvelenati col gas nervino Novichok dai russi. Un’intervista che nasce da un nuovo avvelenamento da Novichok, quello di due cittadini britannici, avvenuto, come l’altro, a Salisbury.

Un contagio, quest’ultimo, che sarebbe per caso: i due avrebbero toccato qualche elemento contagiato nel primo avvelenamento. Una delle due vittime, purtroppo, la signora Dawn Sturgess, è morta.

Viktoria Skripal e i misteri dell’inchiesta britannica

Parla dalla Russia, Viktoria Skripal, e dice: “Non mi è parso un caso che la notizia del [nuovo ndr] contagio sia arrivata alla vigilia di una semifinale Russia – Inghilterra”. Sul punto vedi anche Piccolenote.
“Se Londra non ha nulla da nascondere, perché non invita esperti russi a collaborare all’inchiesta? I loro specialisti non sono forse di parte? Non mi fido dell’intellugence britannica. Ha coinvolto gli esperti dell’Opac [l’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche ndr.] tre settimane dopo l’avvelenamento, presentando solo prove da loro selezionate”.
La donna si dice dubbiosa su quanto davvero accaduto allo zio e alla cugina, accennando alla presenza, nei pressi di Salisbury, “del laboratorio di Porton Down“, il più importante centro britannico per la ricerca sulle armi chimiche.

Viktoria e la cugina Julia

Quando alla cugina Julia, fu lei la prima a darle voce dopo lo scampato pericolo, rivelando l’audio di una sua conversazione telefonica. “Mi ha chiamata una seconda volta. Mi salutava sempre: ‘Ciao Vic!’ Nelle due telefonate da Londra, invece, è stata molto formale, come se avesse qualcuno accanto”.
“Nella seconda conversazione, mi ha accusato di non poter tornare in Russia per colpa mia, perché ho reso il suo avvelenamento di pubblico dominio. Io? Ho dato la prima intervista a fine marzo”. Ricordiamo, sul punto, che l’avvelenamento fu reso pubblico a inizio marzo.
Nell’intervista, Viktoria dice di voler incontrare la cugina. Più che sciocca la domanda in proposito: “Perché ci tiene tanto ad andare?”… Come, i suoi parenti sono stati avvelenati, sono stati in fin di vita, sono scomparsi dalla circolazione, dato che ora sono in una località segreta, e ci si chiede anche perché li si voglia incontrare?
Misteri del giornalismo… ma andiamo alla risposta: “Ho una delega di mia nonna. Voglio solo che mio zio riprenda a chiamarla per dirle che è tutto ok. Non sa quello che è successo e non capisce perché non ci chiami più. E voglio incontrare Julia. Voglio che mi dica in faccia quello che mi ha detto al telefono per capire se mente”.
In effetti, non si comprende affatto perché le autorità britanniche non hanno voluto che Viktoria Skripal vedesse i parenti, stante che si potevano prendere tutte le precauzioni del caso per evitare che scoprisse il luogo della sua nuova residenza e altro. Ma tante sono le cose che non si comprendono in questa brutta faccenda…
"Putin ha un altro cadavere di cui rispondere". L'incredibile conclusione del Corriere della Sera sul caso Amesbury
Da ieri sera, il Cremlino, che continua a negare tutto, ha un altro cadavere di cui rispondere” afferma oggi il Corriere della Sera in un avventuroso articolo a firma Luigi Ippolito.



Ma con buona pace del Corriere che pretende di avere la verità in tasca, è sempre più fitto il mistero del presunto Novichok che, a quattro mesi di distanza dal famigerato caso Skripal, ieri ha provocato la morte di Dawn Sturgess (compagna di Charlie Rowley, anche lui “contaminato da Novichok” e ricoverato in ospedale dal 30 giugno).

Intanto – ce lo domandiamo ancora una volta – perché mai il Novichok, “cento volte più micidiale del Sarin”, avrebbe impiegato ben dieci giorni per agire? E, visto che ci siamo, come avrebbero fatto i due ad entrare in contatto con il Novichok in un area che, per quattro mesi, era stata setacciata da centinaia di poliziotti? Una fiala usata dai russi nel precedente attentato, gettata per terra e passata inosservata per tanto tempo?

Davvero inverosimile.
Per ora la pista più interessante è che la coppia Sturgess-Rowley, alla perenne ricerca di droga, si sarebbe contaminata con “Novichock” frugando in un mucchio di fiale di crak, nascosto dagli spacciatori tra i cespugli del parco cittadino di Salisbury.

Se così fosse, prenderebbe corpo l’ipotesi (ne avevamo già accennato in un precedente articolo) di un nuovo caso Bruce Edwards Ivins; e cioè che a spargere un intruglio simile al Novichok  sia qualcuno che lavora nel vicino stabilimento per armi chimiche di Porton Down e che - come Bruce Edwards Ivins - pretende di “ripulire” la zona, colpendo,  personaggi screditati come Skripal o tossicodipendenti.

Una ipotesi ardita? Sempre meglio della certificata bufala del  Novichok di Putin.

Francesco Santoianni

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