'Troll russi', ma esattamente la Procura di Roma su cosa dovrebbe indagare?
“L'antiterrorismo apre un'inchiesta su attacchi web a Mattarella: sospetti su troll di matrice russa”, “Presunto attacco troll a Mattarella, la Procura di Roma apre un'indagine”. Questi sono i titoli che troneggiano su Repubblica, come su tutta i media mainstream, per dar lustro ad una bufala che abbiamo già cercato di documentare con questo articolo.
Sulla natura di questi presunti trolls e sui loro messaggi ci siamo già soffermati. Non ci resta, quindi, che concludere con una domanda: cosa sperano i media mainstream strombazzando questa ennesima “indagine della Procura di Roma”? Verosimilmente, nulla, solo riempire pagine di giornali destinate, altrimenti, come ogni estate, a riportare facezie. A meno che, a “supportare” la Procura di Roma, non entrino in scena i cosiddetti “esperti”; sedicenti “debunker” disposti - sbandierando inesplicabili algoritmi - a dichiarare qualsiasi cosa; imbroglioni che sono già stati smascherati da una inconfutabile ricerca dell’Università di Oxford.
Comunque sia, come vi avevamo già assicurato, il Tormentone dell’estate – la bufala dei trolls russi contro Mattarella – continua. Certamente anche per i prossimi giorni. Continuate a seguirci.
Francesco Santoianni
Sul tormentone bufala dei "400 troll russi contro Mattarella"
È ormai il Tormentone dell’estate 2018. Ci riferiamo alla bufala dei trolls di Putin per avvelenare la Democrazia in Italia. Sbandierata da tutti i media mainstream, ha la sua “autorevole fonte” in una fantomatica “fuga di notizie”, dagli uffici del procuratore speciale Robert Mueller titolare dell’inchiesta sul Russiagate; “fuga di notizie”, che ha permesso la divulgazione di una serie di file Excel analizzati dal sito fivethirtyeight il quale avrebbe trovato, nel periodo 2015-2017, “un milione di interventi sul social da parte di profili sospettati di appartenere a operatori russi” (si badi bene: “sospettati”). Tra questi – a detta del Il Fatto Quotidiano - anche 1500 tweet in italiano che rilanciano temi populisti a favore della Lega e del Movimento Cinque Stelle”. Ora, 1500 tweet in tre anni significa, più o meno, 3 al giorno (su Twitter, nel mondo, ogni minuto vengono pubblicati 278mila tweet). Ci sarebbe da domandarsi a questo punto per quale motivo Putin, per distruggere la Democrazia in Italia, dovrebbe continuare a pagare mangiapane a tradimento come i suoi 400 trolls, rintanati - secondo i nostrani media - nel loro famigerato covo di San Pietroburgo.
Ma cosa dicono questi tweet e, sopratutto, di chi sono questi trolls messi su per avvelenare la nostra Democrazia? C’è chi pretende di svelare il loro legame con il Movimento Cinque Stelle e la Lega incollando uno screenshoot di quello che a suo dire è il profilo Twitter – guarda caso, rimosso - della ormai famigerata “Noemi” già titolare di ben 56 mila follower (ma perché mai una che ha, verosimilmente, impiegato una vita a procurarsi tanti follower, ora dovrebbe scomparire nel nulla?). E c’è chi come l’ottimo Riccardo Saporiti (sorprendentemente pubblicato su Wired) si è preso la briga di scaricarsi tutti i file excel pubblicati da fivethirtyeight analizzandone minuziosamente i dati.
Vengono fuori cose davvero interessanti.
Ad esempio, molti dei tweet classificati da sito fivethirtyeight come “italiani” sono scritti in inglese (e, quindi non destinati agli internauti del nostro Paese); più di 13mila sono retweet (rilanciano, cioè, contenuti prodotti da altri). Ma ancora più clamoroso è l’individuazione del paese di origine di questi presunti “trolls di Putin”: ben 12mila dei loro tweet arrivano dall’Italia; altri 4mila dagli Stati Uniti, mentre 2mila hanno origine sconosciuta. E quelli che inequivocabilmente, arrivano dalla Russia? Sono appena 4 (quattro!); due dei quali pubblicano foto di Claudia Cardinale, mente uno inneggia a Che Guevara.
La pubblicazione di questa ricerca avrebbe dovuto indurre a più caute posizioni i tanti che presentavano l’armata informatica di Putin che già abbeverava i cavalli nelle acquasantiere di Piazza San Pietro.
Così non è stato. E tocca a Gianni Riotta (che credevamo chiuso in convento dopo la sua figuraccia di un mese fa) riaprire le danze sparando un tweet (“La notte dell’allarme al Quirinale per i trolls russi di Sputnik e Messora. Allarme che qui leggete da mesi” che da’ lustro ad un davvero incredibile articolo del Corriere della Sera. Ne riportiamo qui alcuni brani.
“È la notte tra il 27 e il 28 maggio 2018. Quella che segue il no del presidente della Repubblica alla designazione di Paolo Savona nel ruolo di ministro dell’Economia per il governo gialloverde destinato a nascere qualche giorno dopo, il primo giugno. (...)
“Alle due del mattino, improvvisamente, si registra su Twitter un’attività assolutamente anomala: in pochissimi minuti si registrano circa 400 nuovi profili, tutti riconducibili a un’unica origine. Profili dai quali partono subito migliaia di messaggi — con ogni evidenza già pronti — in un attacco moltiplicato con lo stesso obiettivo: Sergio Mattarella. Al quale, tra varie volgarità, si intima di «dimettersi».
Al Quirinale scatta l’allarme. Grazie al lavoro della polizia postale si stabilisce che la fonte di tutto è una sola. Ma il monitoraggio sulla rete, per quanto stretto e attento, non consente comunque di trovare l’anello di congiunzione tra la galassia dei social network e una precisa cabina di regia. Si sa che, con alta probabilità, dovrebbe esser stata creata all’estero, anche se nessuno è in grado di dire se c’entrino gli operatori russi impegnati in azioni di disturbo nella campagna elettorale americana.” (....)
“Lo staff di Mattarella non ha dunque elementi per addebitare specificamente a qualcuno la paternità di quel massiccio tentativo di interferenza. Tuttavia il dossier messo insieme quella notte si somma ad altri fascicoli di analogo «interesse sensibile» e noti da almeno un paio d’anni. Per esempio quello, gonfio di pagine, di «Byoblu», canale d’informazione alternativa (così si autodefinisce) e ultrasovranista gestito dal blogger Claudio Messora, ex capo della comunicazione dei Cinque Stelle, cacciato dal movimento nel 2014. Oppure quello che raccoglie parecchi contenuti della televisione «Russia Today» (della quale era ospite fisso Marcello Foa, appena bocciato in Commissione di vigilanza nella rincorsa al vertice della Rai), pure di area sovranista e filopopulista, che ha veicolato contenuti e attacchi contro le nostre istituzioni assai simili a quelli messi simultaneamente in rete nella notte tra il 27 e il 28 maggio.”
Quindi a “provare” la mano di Putin nell’”attacco”(quattrocento nuovi account, ovviamente tutti accettati da Twitter) non c’è assolutamente nulla se non una disinvolta comparazione con paranoici dossier.
Ma, secondo voi il Tormentone dell’estate si chiude qui? Noi crediamo di no, continuate a seguirci.
Francesco Santoianni
Si ringrazia Agata Iacono per la collaborazione
Corriere della Sera: “Quirinale ha dossier gonfio di pagine su Byoblu”. Diego Fusaro #ioStoConByoblu
Il Corriere della Sera di oggi accosta Byoblu ai troll russi, lo definisce spazzatura e insinua che il Quirinale avrebbe fascicoli “gonfi di pagine” su Byoblu. Nell’attesa che il Quirinale smentisca un’eventuale attività di dossieraggio su un blog che da dieci anni fa informazione libera con successo, senza sovvenzioni statali ma unicamente grazie alle vostre donazioni (attività assurda da parte dell’istituzione più elevata, connotata dalla terzietà rispetto alle parti e garante della coesione sociale, ma anche a capo della Magistratura), non posso che interpretare l’articolo del Corriere della Sera come gravemente diffamatorio, lesivo della reputazione mia, del blog e di tutti i suoi fedeli iscritti, e soprattutto come un atto di intimidazione da parte del primo quotidiano nazionale. Subito raccolto da Gianni Riotta, ex direttore del TG1 e - ironia della sorte - membro della alta commissione UE contro le Fake News, che per onorare il suo incarico su Twitter scrive che Messora è un troll russo (https://twitter.com/riotta/status/102...)
Qui, in questo video, il pensiero di Diego Fusaro, noto filosofo gramsciano spesso ospite di questo blog, mentre spiega perché #iostoconbyoblu
Articolo del Corriere:
https://www.corriere.it/politica/18_a...
Ecco le bufale del Corriere sulle interferenze russe via Twitter, che hanno usato per infangare Byoblu. Leggete Pino Cabras:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1920947274594095&id=100000365225295
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1920947274594095&id=100000365225295
Un articolo da leggere con molta attenzione. Seppure con toni felpati, smonta totalmente l'inconsistente colpo giornalistico del Corriere della Sera su una formidabile campagna russa sui social network italiani per influenzare le nostre elezioni in favore di Lega e M5S.
I tweet in italiano più attivi, appena 9, non raggiungevano nemmeno i cento follower. E questa sarebbe la pistola fumante "che ha portato il Pd a chiedere l’istituzione di una commissione d’inchiesta. Roba, per dire, che in Italia si è fatta per il delitto Moro."
I grandi organi di informazione italiani sono ormai in preda a una paranoia russofobica, e in totale proiezione freudiana: in materia di "fake news" spostano sentimenti o caratteristiche propri su altri oggetti o persone.
Mi pare grave e intimidatorio anche il riferimento che il Corriere della Sera rivolge ai fascicoli di «interesse sensibile» che si starebbero accumulando nei tavoli del presidente Mattarella, un dossieraggio a carico di Byoblu e Pandora TV (non nominata ma riconoscibile). Proprio non capiscono che ci possa essere una ricerca di notizie che vada fuori dal perimetro delle solite quattro agenzie che decidono cosa dovremmo pensare.
https://www.byoblu.com/
NON C’E’ NIENTE DA RIDERE
Lo stesso parere espresso, nel maggio scorso, da un’altra importante giurista sul Fatto Quotidiano:
“Mattarella non poteva mettere il veto su Savona”
Lorenza Carlassare – La costituzionalista: “Il capo dello Stato può rifiutare una nomina solo per ragioni oggettive: le sue critiche erano tutte politiche”
di Silvia Truzzi | 30 maggio 2018
Lorenza Carlassare – La costituzionalista: “Il capo dello Stato può rifiutare una nomina solo per ragioni oggettive: le sue critiche erano tutte politiche”
di Silvia Truzzi | 30 maggio 2018
Ora, da questa centrale “che sembra il Cremlino”, è partita la “narrativa” secondo c ui Mattarella, quella notte, è stato attaccato da hacker russi che ne chiedevano l’impeachment. Accusa già dimostrata falsa da un articlo di Wired, rivistA specializzata:
Qualcosa non torna nella storia dei tweet russi a favore di Lega e M5S
Wired ha analizzato i tweet russi pubblicati da FiveThirtyEight. Ma gli elementi che fanno pensare ad una loro azione in Italia sono davvero pochi.
potete leggerlo integralmente qui:
Wired ha analizzato i tweet russi pubblicati da FiveThirtyEight. Ma gli elementi che fanno pensare ad una loro azione in Italia sono davvero pochi.
potete leggerlo integralmente qui:
Ebbene: nonostante questa ed altre smentite, nonostante la storiella su hacker russi che hanno sviato il voto sia in USA sia in Italia e in Inghilterra sia ormai oggetto di derisione generale (HastatoPutin), il “nostro” Quirinale annuncia che su questa storia ha dato mandato di indagare il Copasir e il pool romano, l’antiterrorismo, gli 007,. la polizia interna.
Tutto ciò per
Otto account italiani nel mirino …quanto ai tweet del Russiagate, sarebbero 8 gli account italiani diretti da una regia russa e autori di migliaia di messaggi diffusi ovunque via Vpn. –Messaggi che sono riassumibili in questo:
#Mattarelladimettiti:
Ora, non otto, ma almeno 8 milioni di italiani, in quei giorni, potevano sottoscrivere quel messaggino. Fra cui eminenti giuristi di diritto costituzionale, che la loro posizione non l’hanno diffusa nascondendosi dietro gli hacker di Putin, ma l’hanno espressa apertamente.
Il guaio è che tutti i media mainstream, tutti itelegiornali, hanno dato la otizai sembra esprimere il minimo dubbioe la minima ironia.
Il direttore di La Stampa, il neocn Molinari, ci ha aperto il suo editoriale:
La questione russa in Italia.
Furio Colombo ha preso la stessa posizione sul Fatto Quotidiano,che per motivi misteriosi ha accettato di accogliere da Colombo (neocon israeliano) il tema della “ingerenze russe”.
Ma non basta:
Maurizio Martina, segretario PD pro tempore, ha twittato:
Un governo come questo che tace sulle pesanti interferenze straniere via web nella nostra democrazia non difende la sovranità e gli interessi degli italiani
Su questo non c’è niente da ridere. Anzi bisogna aver paura. Se dopo e nonostante la plateale figura che il PD ha fatto attribuendo a “nazifascisti” l’attacco “razzista” con l’uovo alla negretta figlia di pregiudicati nigeriani – che poi s’è scoperto essere tre figli di papà di Moncalieri, fra cui il figlio di un consigliere PD – se dopo questa smentita vergognosa dai fatti, Martina a nome del partito adotta senza esitazione la versione falsa del Quirinale come oro colato, ci si deve solo preoccupare-. Vuol dire che nei prossimi giorni e notti i media ci satureranno del’ìl’attacco di Putina Mattarella, con conseguente accusa a tutti i criticid i Mattarella di essere traditori al soldo di Putin – su cui indaga il Copasir e il pool antiterrorismo. Vuol dire che accusano questo governo di essere al soldo di Mosca. E sarà difficile contrastare le assurde accuse, dal momento che questo governo non ha a sua disposizione un solo telegiornale della tv di Stato in cui spiegare al pubblico ciò che sta avvenendo.
I membri di questo governo, e i suoi deputati e senatori, prendono alla leggera queste vicende. Ci scherzano sopra nei loro twitter, letti se va bene da qualche migliaio (più spesso, centinaio) di persone consapevoli: ma ogni sera trenta milioni di italiani ricevono, senza contraddittorio, la versione ufficiale falsa, ma ripetutta alla lettera, martellante, senza variazioni. Sono troppo giovani, non hanno vissuto la Strategia della Tensione gestita dalle centrali democristiane di allora, di cui il Quirinale, con la sua disponibilità di accedere a dossier polizieschi e giudiziari è sempre stato una risorsa. Un ripasso sulle stragi cosiddette “nere” sarebbe necessario. Anche lì, falsità plateali ripetute e asseverate da stampa, ministri democristiani e giudici, hanno fatto passare come vera la versione di comodo.
Bisogna anche ricordare ai troppo giovani quel disse Paolo Emilio Taviani, allora ministro dell’Interno, al giornalista (inviato di guerra e coltissimo musicologo) Piero Buscaroli, che era allora direttore del quotidiano Roma di Napoli: nel febbraio 1974, Taviani convoca a casa propria Buscaroli, notoriamente di destra; vuole attraverso di lui chiedere a Giorgio Almirante i voti del Msi su non so quale legge democristiana – siamo nel pieno del “terrorismo nero”, c’è stata la strage alla Questura di Milano, ci sarà presto la strage dell’Italicus, Strage di Brescia nello stesso anno – e Taviani gli rivela come se nulla fosse che «insomma, lei dovrebbe intendermi, dico che certe bombe, quelle attribuite alla sinistra, le abbiamo messe noi», noi chi, ministro? la Dc?, «ma no, noi, ministero degli Interni, mi capisce adesso?».
Il giorno dopo, Buscaroli ha pubblicato queste frasi. Io, ingenuo giornalista alle prime armi, mi dissi: adesso, o va in galera Buscaroli, o va in galera Taviani. Non andò in galera né l’uno né l’altro. I media fecero come non fosse successo niente, e continuarono a pompare le inchieste sulle “stragi nere”. La magistratura non aprì nessun fascicolo.
Dalla fake news sull’aggressione razzista a Daisy Osakue alla schedatura di Byoblu, dalla fake sui 1500 tweet russi all’attacco concentrico alla presidenza RAI di Foa, la vera notizia è che tutto si muove in un’unica direzione: un punto di catastrofe dell’informazione.
La teoria matematica delle “catastrofi” proposta negli anni ’70 dal francese René Thom prevede tra le altre cose che certi fenomeni si spostino lentamente verso un cambiamento ma che poi questo avvenga bruscamente. Verso questo punto detto di “catastrofe” ci si può avvicinare in vari modi ma poi se si supera un certo limite il cambiamento avviene in modo repentino.
Quello che sta accadendo oggi nel mondo dell’informazione è analizzabile in questo modo, la situazione di partenza era quella di una prevalenza assoluta, o quasi, di fonti controllate da grandi gruppi finanziari o da partiti politici che potremo definire ‘globalisti’, i sostenitori del tatcheriano TINA (There Is Not Alternative) che proponevano il neoliberismo globalista come unica possibilità, dall’altra singole e sparute voci che sul web facevano contro analisi e informazione indipendente. Ma poiché la narrazione mainstream ha mostrato inevitabilmente di non corrispondere alla realtà, sempre più persone hanno cominciato a diffidare e a rivolgere l’attenzione verso l’informazione libera che inaspettatamente ha assunto un ruolo crescente, fino al punto di risultare determinante nelle consultazioni elettorali.
La vittoria di movimenti cosiddetti populisti ha seguito proprio l’andamento dei fenomeni catastrofici, è stata inaspettata e improvvisa, nonostante la narrazione dei media a loro ostile dicesse che era una possibilità remota, adesso lo stesso fenomeno si sta riproponendo proprio a livello di informazione.
L’informazione dei grandi gruppi editoriali è giunta ad una così bassa capacità di persuasione e ad una così bassa credibilità che basterebbe un singolo ma significativo cambiamento, come ad esempio la nomina di un giornalista come Marcello Foa alla presidenza della RAI, per raggiungere il temuto punto di catastrofe. Ma un innesco può esser costituito anche dalla diffusione di interviste e notizie che provengono dalle fonti di alternative, quelle che finora hanno prodotto pressoché tutte le informazioni nascoste dal mainstream. Così si spiega la fibrillazione con cui è stata trattata la proposta della presidenza Foa e l’attacco intimidatorio portato a Byoblu con l’annuncio di un minaccioso e voluminoso “dossier” depositato presso il Quirinale, come riportato nell’articolo sul Corriere:
Questo è accaduto negli stessi giorni di una disastrosa campagna di disinformazione volta ad imporre un frame anti sovranista con il pretesto di un’emergenza razzista basata su notizie false o manipolate. Sono state prima rilanciate all’inverosimile delle fake news sull’aggressione a sfondo razziale a Daisy Osakue, un allarme razzismo poi fallito nel modo indecoroso che sappiamo, in seguito è stata la volta del rinnovato allarme dei troll russi smascherato da una testata normalmente non proprio filo populista come Wired “Qualcosa non torna nella storia dei tweet russi a favore di Lega e M5S“.
Sono fbrillazioni di un sistema che riteneva di essere inattaccabile e adesso incredulo si sente minacciato nella sua posizione dominante, un sistema che se potesse parlare userebbe la parole della Botteri “cosa ci stiamo a fare noi giornalisti? (se non riusciamo ad orientare l’opinione pubblica?)”. Fibrillazioni che però producono passi falsi che spingono il sistema sempre più vicino al punto di catastrofe.
Aspettiamoci sempre più aggressività e altre notizie false, ma guardiamo tutto dalla prospettiva della teoria delle catastrofi, sono segni che un cambiamento sostanziale è possibile ed è più vicino di quanto si possa pensare. La conservazione dello stato attuale ha come opzione il tentativo di uno strappo, di una notizia clamorosa che inverta la tendenza, chi invece vuole proseguire nella nuova direzione intrapresa deve cercare l’esatto contrario, in poche parole gli altri cercheranno la provocazione, noi dobbiamo evitarla.
Per avvicinarsi ulteriormente al punto di svolta bisogna solo fare una cosa, continuare a fare informazione di qualità, come finora si è sempre fatto.
https://www.enzopennetta.it/2018/08/informazione-il-punto-di-catastrofe/
Quell’uovo del PD
DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org
Quelli che si erano dati alla vita monastico francescana, che si appellavano ai buoni sentimenti di carità cristiana, seguendo le orme del Poverello di Assisi, e che sono finiti per parlare solo ai cardellini (70% di consenso al governo Conte), ora si sono messi a tirare anche le uova.
Infatti ci hanno provato in tutti i modi, allarme razzismo, magliette rosse, sconcerto per un possibile ritorno del fascismo, manifestazioni contro l’intolleranza razziale, ed ora anche tiro di uova pilotate per fomentare il clamore mediatico, ma niente fa fare… il consenso al governo resta alto.
Giorni di tweet da tutto il PD per emergenza escalation razzista in Italia, contro l’odioso governo dei populisti sovranisti, e poi si scopre che a colpire Daisy Osakue è stato proprio il figlio di un consigliere del PD.
Quest’ultimo aspetto è stato prontamente rimarcato da Matteo Salvini sui social: «Si trattava solo di cretini mossi non da razzismo ma da stupidità. E uno dei lanciatori è figlio di un esponente del Pd!», ha twittato il ministro dell’Interno.
Poi dal palco della manifestazione #Bastarazzismi, organizzata dai Dem, il segretario del Partito Democratico Maurizio Martina dice allarmato «Sono episodi di razzismo e xenofobia, sentimento che sta attraversando l’Italia. Dobbiamo comprendere i rischi che corriamo.» Presenti i maggiori esponenti del partito da Luca Lotti a Lorenzo Guerini, Matteo Orfini, Gianni Cuperlo, Enrico Franceschini, l’ex ministro Marco Minniti, Marianna Madia, Ettore Rosato e Graziano Delrio.
Ma i peggiori commentatori di questi episodi sono proprio quelli che vogliono tramutare alcuni casi sporadici in emergenza nazionale, sperando di produrre un effetto di emulazione diffuso che ricompatti il fronte frantumato della ‘sinistra’ sinistrata.
Del resto la sinistra non ha altri argomenti, riassumibili nelle affermazioni di Renzi dopo la sconfitta del 4 marzo «la ruota gira» e «pop corn per tutti», che mostrano con miserevole evidenza la perdita di contatto con la realtà e l’incapacità fare un’autocritica costruttiva delle ragioni della sconfitta.
Diciamo pure che le élites finanziario-mediatiche, proseguono da parte loro la lotta con i loro tipici mezzi di distrazione di massa, nella speranza di delegittimare i vincitori, in attesa di riconquistare il potere grazie ai fallimenti del governo, naturalmente fomentando ad arte fenomeni sociali inesistenti, attraverso strumenti linguistico-culturali, ripetuti ossessivamente, per sensibilizzare l’emotività popolare.
Dopo la mutazione politica del PD, passato da partito di massa a rappresentante delle élites economico finanziarie del Paese (vedi Renzi e Boschi, due rampolli della casta finanziaria toscana), il partito del Nazareno può ancora gestire tutta la cassa di risonanza mediatica pubblica e privata, fino a quando la Rai potrà essere rappresentata dal nuovo esecutivo.
Questo spiega la violenta campagna diffamatoria nei confronti di Marcello Foa, abile e onesto giornalista, raffinato esperto degli oscuri retroscena dell’informazione, per impedirgli di accedere alla stanza dei bottoni di mamma Rai, quella che ha sempre raccontato le vicende nazionali, con chiaro taglio filogovernativo.
Ma oggi il governo non è più rappresentato dai soliti noti, quanto dalle nuove ‘pericolose’ e ‘demagogiche’ forze populiste, quindi il problema si complica, perché mancano di legittimazione istituzionale, mentre ricevono il quasi completo consenso popolare.
Però i media rappresentano ancora il megafono dell’altra metà del cielo, quel potere più o meno occulto che non sopporta di essere stato detronizzato, e che usa tutte le armi a propria disposizione, per la guerra linguistico diffamatoria. Quindi termini come ‘razzismo’, ‘fascismo’, ‘regime’, ‘dittatura’, ‘incapacità’, ‘incoerenza’, ‘sovranismo’, ‘populismo’, ‘nazionalismo’ ce li vediamo rimbalzare con disprezzo e disinvoltura su tutti i networks.
La logica schizofrenica della casta è incapace di riconoscere che le ultime elezioni sono state vinte dai partiti che hanno saputo cogliere il pesantissimo disagio sociale in cui il Paese versa, e che il Pd ha invece sostanzialmente negato, dando l’impressione di non voler cambiare quello che gli pareva ‘il migliore dei mondi possibili’, manco fosse un Candide postmoderno redivivo.
Inoltre la strategia mediatica delle élites mainstream tenta di discriminare moralmente chi si è ribellato ai vecchi governanti e si è invece affidato alle nuove forze populiste, in modo ingenuo e sprovveduto, senza rendersi conto del rischio e del pericolo politico cui avrebbero condannato il Paese. Strano anche che tra queste posizioni vi sia anche quella dei sindacati, che mentre hanno accettato passivamente la demolizione dei diritti dei lavoratori durante i governi Monti, Renzi, Gentiloni, ora s’infilano la maglietta rossa contro le politiche anti immigrazione e criticano il ‘Decreto Dignità’, per la mancata reintroduzione dell’art.18.
Com’è possibile quindi che la macchina da guerra della stampa provochi dibattiti su temi fondamentalmente falsi, quando in democrazia dovrebbe essere garantito l’accesso ad una pluralità d’informazioni? Ma come ci ha insegnato Marcello Foa, l’informazione occidentale oggi è fondamentalmente fuorviante, prospetta una visione del mondo fallace e faziosa, in cui prevale il conformismo di comodo di un potere mediatico piramidale (Gli stregoni della notizia).
A me sembra che non vi sia nessuna emergenza razzismo, solo sporadici casi d’inciviltà, amplificati dai giornali come cassa di risonanza a sostegno della casta mondialista e per danneggiare il governo in carica, che invece persegue politiche sovraniste. L’utilizzo dell’antirazzismo in assenza di razzismo, diventa un’operazione stranamente comica.
Una sinistra al servizio del capitale e dell’imperialismo atlantista non dovrebbe esistere, perché contraddice i propri stessi valori, che dovrebbero rappresentare la difesa delle classi sociali più sfruttate. Al contrario oggi il partito radical chic dei Dem è votato dagli ambienti alto borghesi dei Parioli e di via Montenapoleone, quasi scomparso invece nelle periferie delle città italiane.
Greci e romani definivano ‘barbari’ i popoli che non parlavano la loro lingua, perché sembravano balbuzienti (bar-bar indicava il loro balbettio incomprensibile); l’Europa cristiana perseguitava e ghettizzava gli ebrei, accusati dell’uccisione di Cristo. I Dem invece chiamano barbari gli italiani che non votano più per loro. E oggi sono la maggioranza.
Naturalmente per occultare la propria vanità e la propria perdita di potere, può servire anche la presente denuncia di un razzismo inesistente, figlio di un fascismo inesistente, utilizzato come arma di distrazione di massa. Perché allora non prendere in considerazione il vero razzismo, cioè quello verso i giovani italiani costretti a cercare lavoro all’estero, quando nel 2016 ci sono stati 285.000 emigrati italiani, contro i 181.000 immigrati stranieri? Sostituzione etnica in un Paese ormai sull’orlo di un collasso etnico culturale?
Se dunque la cosiddetta ’emergenza immigrazione’, con i suoi drammi umani e le sue polemiche politiche, occupa le prime pagine dei giornali e le aperture dei Tg, c’è un altro fenomeno migratorio in Italia più consistente ma più trascurato, di cui nessuno parla: l’emigrazione degli italiani. Secondo i dati elaborati dal centro studi Idos, le cifre altissime che riguardano l’emigrazione si sono riproposte nel 2017. Cifre che si avvicinano al record di emigrazione del Dopoguerra, quello degli anni ‘50, quando a lasciare il Paese erano in media 294 mila Italiani l’anno. L’Ocse segnala come l’Italia sia tornata ai primi posti nel mondo per emigrati, per la precisione all’ottavo, dopo il Messico e prima di Vietnam e Afghanistan.
Mentre i dati del Rapporto Svimez del 2 agosto delineano un quadro ancora più preoccupante per il Sud, un territorio che si svuota dei suoi giovani e con una popolazione sempre più vecchia.
Forse è per questo che negli ultimi anni le feste dell’Unità si sono trasformate in traversate nel deserto. E quell’uovo del PD, apparentemente fresco, invece era marcio.
Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org
04.08.2018
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