dalla salvezza dell’anima al benessere del corpo
La Religione di Dio ……… incompatibile con ……… la religione dell'uomo
Potremmo anche dire che oggi, nella neochiesa conciliare, si è passati dalla pastorale che porta al Cielo alla predicazione che àncora a terra.
E Bergoglio si rivela essere il campione di questa inversione che conferma la sostituzione della religione di Dio con una religione dell’uomo.
In questa ottica, pensiamo sia opportuno riportare un “botta” e “risposta” svoltosi tra un fedele e un giornale diocesano.
Nei giorni scorsi, Gianni Toffali ha diffuso uno dei suoi comunicati ove criticava un’espressione di Jorge Mario Bergoglio, vescovo di Roma, a proposito dei poveri.
Questo il comunicato, che l’autore ha inviato anche a tutti i giornali:
Nella Giornata Mondiale dei Poveri, Bergoglio ha detto che “Il grido dei poveri diventa ogni giorno più forte, ma ogni giorno meno ascoltato, sovrastato dal frastuono di pochi ricchi, che sono sempre di meno e sempre più ricchi”. Parole durissime quelle del papa (e di chi la pensa come lui): una condanna senza appello ai ricchi e alla ricchezza. Negli Evangeli però, e neppure nel magistero, la ricchezza e i beni materiali non vengono considerate colpe da riscattare o tali da mandare agli inferi. Duemila anni fà, Gesù affrontò la medesima questione. In Giovanni 12:1-11, disse che “I poveri li avrete sempre con voi, ma non sempre avrete me”. Parole rivelatesi profetiche, ma non ciniche. L’esegesi cattolica spiega che il figlio dell’uomo non si è fatto carne per debellare le povertà umane e materiali, per sanare le ingiustizie o portare pace, ma semplicemente per saziare l’anima e narrare la vita eterna. Chi ha scambiato la Chiesa Cattolica per un’agenzia filantropica dedita a promuovere rivoluzioni, tutelare gli indigenti e i lavoratori, o difendere l’ambiente, potrebbe pensare ad impegnarsi all’Onu o in qualche organizzazione sindacale. La chiesa ha ben altre funzioni.
[Cfr. Omelia nella Basilica Vaticana, 18 novembre 2018)
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2018/documents/papa-francesco_
20181118_omelia-gionatamondiale-poveri.html
A questo appunto pungente ha risposto il giornale diocesano toscano Toscana oggi, con la seguente nota:[Cfr. Omelia nella Basilica Vaticana, 18 novembre 2018)
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2018/documents/papa-francesco_
20181118_omelia-gionatamondiale-poveri.html
La chiesa non è un’agenzia filantropica, ma una comunità caritativa, i cui membri, dovendo amare il prossimo come se stessi e tenendo presente che l’esame finale sarà sull’avere provveduto all’indigenza, si impegnano a rimuovere le cause dell’indigenza e fanno assaporare la bellezza della vita transeunte, anticipo di quella definitiva. Altre funzioni? Fra le tante altre, quella di spacciare oppio ai popoli per dimostrare l’inutilità della Chiesa e del Vangelo. Troppo spiritualismo, ovvero non riuscire a digerire lo scandalo dell’Incarnazione, fa il gioco del nemico. E la Chiesa ha davvero ben altri scopi e ben altra missione. Stia tranquillo.
lucca7@toscanaoggi.it
Ovviamente, si deve ritenere che questa nota esprima la moderna concezione di Chiesa oggi vigente in quel di Toscana, al pari di altre parti dell’orbe cattolico.
Primo strafalcione: “la Chiesa … [è] una comunità caritativa”. Cosa risibile e comunque non vera; quella corretta è che “nella Chiesa ci sono molte comunità caritative”. Cosa che oggi non è come una volta, perché le comunità caritative e le istituzioni per le opere di carità di un tempo sono state abolite in seguito al Vaticano II. Due esempii: abolite tantissime Confraternite di laici che si occupavano dei bisogni dei vivi e delle necessità dei morti; abolito l’uso dei monasteri e della comunità religiose che distribuivano regolarmente i pasti ai poveri e regolarmente accompagnavano i defunti nell’ultimo viaggio.
Secondo strafalcione: “l’esame finale sarà sull’avere provveduto all’indigenza”. Cosa segreta fino ad oggi e che fa pensare che i nuovi preti della neochiesa, con i loro accoliti, tengano un costante speciale collegamento con l’Arcangelo Michele che li aggiornerebbe sulle nuove direttive celesti.
Ed è ridicolo e fuorviante andare con la mente alle opere di misericordia corporale, perché queste non sono le discriminanti per accedere al Paradiso o all’Inferno, sono le raccomandazioni per esercitare la carità, la terza virtù teologale che, insieme alla fede e alla speranza, costituisce l’abito del vero credente in Cristo. L’esame finale verte sull’essere vero credente o miscredente.
Quarto strafalcione: “i membri” (della Chiesa – comunità caritativa) “fanno assaporare la bellezza della vita transeunte, anticipo di quella definitiva.” Cosa che atterrà ai filantropi atei e materialisti, ma non attiene ai seguaci di Cristo.
Cristo ricorda che «nessuno può servire due padroni» (Mt. 6, 24);
e San Giovanni ingiunge: «Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!» (I Gv. 2, 15-17);
e San Giacomo apostrafa: «Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio?Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Gm. 4, 4).
Quanto poi a considerare che la “vita transeunte” sarebbe un “anticipo di quella definiva”, è cosa che rivela una profonda ignoranza e forse un deciso rigetto del peccato originale. Oggi, i cattolici seguaci della neochiesa conciliare sono all’oscuro – o rifiutano – insegnamenti elementari come: «Salve, Regina, Madre di misericordia … a Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime»; e come: «La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto» (Rm. 8, 19-22).
Quinto strafalcione: “Troppo spiritualismo, ovvero non riuscire a digerire lo scandalo dell’Incarnazione, fa il gioco del nemico” perché, secondo la neochiesa, equivarrebbe a “spacciare oppio ai popoli per dimostrare l’inutilità della Chiesa e del Vangelo”. Qui, la spudoratezza non ha limiti, perché, forse senza volerlo, si afferma che per duemila anni la Chiesa avrebbe dimostrato che essa stessa e il Vangelo sarebbero inutili, e questo l’avrebbe fatto tramite gli innumerevoli Martiri e Santi che hanno volutamente praticato e predicato quella vita e quella condotta spirituale che non sarà mai “troppa” al cospetto della Suprema Divina Spiritualità di Nostro Signore Gesù Cristo, che incarnandosi per la salvezza delle anime compì il primo sacrificio che l’avrebbe portato al Sacrificio supremo della Croce.
Come si può vedere, quindi, due concezioni a confronto: quella cattolica della “botta” e quella anticattolica della “risposta”; due religioni a confronto: la Religione di Dio e la religione dell’uomo.
nota di Belvecchio
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