ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 13 febbraio 2019

Una giustizia incompleta

Punire l’ex card. McCarrick è necessario ma non sufficiente. Ecco perché.

Come già riportato in un mio precedente post (qui,) si fanno sempre più insistenti le voci, confermate da più fonti, che l’ex card. Theodore McCarrick, ora arcivescovo, possa essere ridotto allo stato laicale, come esito di un “processo amministrativo” per abusi sessuali.
Sui giornali si dice che si è usato il processo “amministrativo”, anziché quello canonico, perché più rapido, in modo da raggiungere il verdetto entro la data di inizio del summit mondiale dei presidenti delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo (comprese altre personalità) che si riunirà per tre giorni in Vaticano a partire dal 21 febbraio prossimo. Qualcuno ha notato la coincidenza dei due eventi, ipotizzando che si volesse dar risalto alla laicizzazione di McCarrick per dare un segno alle tante voci critiche, ma soprattutto alla comunità dei fedeli nel mondo, che sull’argomento degli abusi sessuali in Vaticano si fa sul serio, c’è la “tolleranza zero”.

Ora, di certo la riduzione allo stato laicale di un cardinale, contro la sua volontà, è sicuramente un evento assolutamente straordinario, soprattutto quando si pensi che la causa è quella degli abusi sessuali su seminaristi e, soprattutto, su minori, addirittura, a quanto riportano fonti giornalistiche, durante la confessione. Una cosa orrenda.
Occorre però fare una osservazione. L’arcivescovo McCarrick era stato già a luglio scorso ridotto dal grado più alto della gerarchia ecclesiale. Infatti, era stato “demansionato” da cardinale a arcivescovo. Per trovare un caso del genere, anche se per diversa motivazione, occorre risalire nel tempo a quasi un secolo prima.
Dunque, McCarrick ha già ricevuto una grossa punizione. Del resto, l’arcivescovo McCarrick è un uomo molto anziano di 88 anni, e le accuse più gravi si riferiscono ad abusi sessuali fatti su un adolescente maturo di 16 anni, avvenuti 50 anni fa.
E allora, la riduzione allo stato laicale di McCarrick aggiungerebbe qualcosa alla questione, a parte l’eccezionalità della misura punitiva? I sopravvissuti americani agli abusi sessuali sarebbero soddisfatti? Ne dubito molto. A conferma, basta leggere il tweet pubblicato l’altro giorno da una sopravvissuta e vittima-avvocato Marie Collins, nel quale ha scritto (qui): “Il Vaticano crede che sarà una buona pubblicità, convinto che la ‘tolleranza zero’ viene attuata quando non lo è e toglie il calore dalle domande su chi sapeva e quando – compresi i poteri che sono in Vaticano!”.
Una dichiarazione pesante, tenuto conto che la Collins è stata membro sin dalla fondazione nel 2014 della Commissione internazionale vaticana sugli abusi, voluta da Papa Francesco, dalla quale si è dimessa nel febbraio 2017 in polemica, perché trovava impossibile “sentire dichiarazioni pubbliche sulla profonda preoccupazione della Chiesa per le vittime di abusi, eppure nel privato vedere come la congregazione vaticana si rifiuti anche solo di riconoscere le loro lettere”.
Dunque, se il tutto si risolvesse nella laicizzazione di un cardinale per fatti avvenuti 50 anni fa e non si chiarisse come mai fino a due anni fa McCarrick era nel pieno della sua attività “diplomatica”, fatta di movimenti che andavano dagli Stati Uniti alla Cina, di rapporti, sia pure non ufficiali, con autorità di Stato, non si chiarirebbe l’intera dinamica del personaggio. Se lo si punisse per fatti vecchi di decenni ma no si chiarisse come mai sia potuto arrivare ai più alti livelli gerarchici, nonostante le sue “manie” fossero un segreto di pulcinella (come riportano i media), a poco varrebbe una esemplare punizione. Se McCarrick venisse punito per un grave abuso di un giovanottino di 16 anni di 50 anni fa, e non venisse portata alla luce la causa (l’omosessualità) di tutti gli abusi fatti su innumerevoli seminaristi, e le relative complicità legate ad una rete omosessualista ben presente nella Chiesa, persino in Vaticano, come ha riconosciuto lo stesso papa emerito Benedetto XVI nel suo ultimo libro intervista, a poco varrebbe una pesante punizione. Occorrerebbe infine chiarire come mai dopo che papa Benedetto XVI ha costretto McCarrick ad una vita appartata e di preghiera a vita, l’ex cardinale sia tornato attivo e nel pieno della sua notevole influenza.
Bisognerebbe pertanto rispondere alle seguenti domande: chi ha protetto McCarrick? Chi ha nascosto cosa?
E qui si arriva all’arcivescovo Carlo Maria Viganó ed alle sue scioccanti accuse, che molti hanno criticato ma nessuno è riuscito a mettere in discussione. Anzi. Mons. Jean-Francois Lantheaume, che una volta ha servito con l’arcivescovo presso la nunziatura apostolica a Washington, ha detto semplicemente: “Viganó ha detto la verità” (qui). Il cardinale Leonardo Sandri, che per anni ha guidato l’ufficio vaticano che si occupa di tali pratiche, ha confermato che le gravi lamentele su McCarrick sono giunte a Roma almeno nel 2000 (qui). Anche il cardinale Marc Ouellet (qui), che ha rimproverato Viganó per aver reso pubbliche le sue lamentele, ha riconosciuto che papa Benedetto XVI aveva “fortemente consigliato” a McCarrick di mantenere “uno stile di vita discreto, di preghiera e di penitenza per il proprio bene e per quello della Chiesa”.
Dunque, a poco varrebbe punire McCarrick, quando si lasciassero al loro posto tutti coloro che hanno beneficiato nella loro carriera del rapporto con il cardinale, sottacendo la conoscenza dei suoi misfatti.
Sarebbe, in altre parole, una giustizia incompleta. Ovvero, la punizione avrebbe un valore del tutto simbolico.
E qui torna utile una dichiarazione del Vaticano fatta nei mesi scorsi che specificava di aver ordinato uno “studio approfondito di tutta la documentazione presente negli archivi dei dicasteri e degli uffici della Santa Sede” per accertare “tutti i fatti rilevanti, per collocarli nel loro contesto storico e valutarli oggettivamente“.
Non è dato sapere quando tali risultati saranno resi pubblici. Però il Vaticano qualche mese fa ha detto (qui) che saranno resi pubblici “a tempo debito” poiché, aveva aggiunto, “Sia l’abuso che il suo insabbiamento non possono più essere tollerati”. La cosa che sappiamo è che quel “tempo debito”, al momento, non è ancora arrivato.
In conclusione, le attese di questo incontro mondiale di febbraio in Vaticano sono molto alte. Naturalmente tutti ci aspettiamo che esse vengano soddisfatte, almeno tendenzialmente. Aiuterebbe il fatto che di McCarrick non si facesse il classico capro espiatorio, ma che si andasse al fondo del “fenomeno”, piuttosto che alla sola figura specifica.
Queste attese vengono però in parte smorzate da due dichiarazioni recenti. La prima viene da Andrea Tornielli, il nuovo direttore editoriale dei media vaticani, la seconda direttamente da Papa Francesco stesso. Tutte e due concordi nel mettere in guardia dal nutrire attese eccessive dal prossimo vertice.
Che dire? Pregheremo e staremo a vedere.

di
 Sabino Paciolla
Zollner, incontro di febbraio: “non ci può essere una linea guida unica per tutta la Chiesa”
Padre Hans Zollner, gesuita, è membro della Commissione vaticana contro la pedofilia e presidente del Centro protezione dei minori, istituito presso l’Università Gregoriana, ha rilasciato una intervista a Crux. Zollner è membro del Comitato ristretto organizzativo dell’Incontro mondiale sugli abusi che si terrà in Vaticano dal 21 al 23 febbraio, insieme al cardinale Blase Cupich di Chicago; il cardinale Oswald Gracias dall’India e l’arcivescovo Charles Scicluna di Malta, l’ex procuratore principale del Vaticano per i crimini sessuali. Egli, che è un esperto di primo piano nel campo della protezione dell’infanzia, ha detto che mentre uno degli obiettivi del prossimo summit vaticano sulla prevenzione degli abusi è quello di mettere sulla stessa linea i vescovi del mondo, non esiste una soluzione uniforme al problema degli abusi clericali.
Vi propongo questa intervista di Elise Harris e John L. Allen, nella mia traduzione.
Padre Hans Zollner, sj
Padre Hans Zollner, sj

Crux:  Come si sta sviluppando il programma dell’incontro?

Zollner: Stiamo facendo buoni progressi. L’incontro sarà radicato nella preghiera e nei sacramenti, con una liturgia penitenziale e una Messa di chiusura. Sarà un incontro di pastori che ascolteranno le testimonianze delle vittime sopravvissute e si concentreranno sui temi della responsabilità, del dover rendere conto e della trasparenza attraverso sessioni plenarie e gruppi di lavoro. Il Santo Padre sarà sempre presente.

Sarà eventualmente pubblicata una lista con i nomi dei presenti, compresi i sopravvissuti?

Metteremo a disposizione i nomi di coloro che saranno presenti, ma naturalmente rispetteremo i desideri dei sopravvissuti riguardo al fatto che vogliano o meno che i loro nomi siano conosciuti.

Si tratta di una riunione che porterà a decisioni? In termini di raccomandazioni per le decisioni che il Papa deve prendere, è questo l’oggetto della riunione?

Come ha detto il Papa, si tratta di una riunione di pastori che ascolteranno per essere informati su ciò che devono fare, e per appropriarsene. In questo senso, è certamente un processo decisionale, perché devono prendere una decisione su se stessi: qual è il loro ruolo e la loro responsabilità. Ma in una riunione di tre giorni non si possono prendere decisioni su questioni complesse di diritto canonico, per esempio. Non è questo l’organo competente per farlo.

Ma avrete la possibilità di parlare di queste questioni di diritto canonico, e vi aspettereste che la conversazione avvenga?

Certo, naturalmente.

Quale pensa sia stata l’intuizione originale dietro la decisione di convocare questa riunione?

L’intuizione è che questo è un momento molto pressante, molto impegnativo per la Chiesa e una questione urgente che il Santo Padre ha posto come priorità per sé e per la Chiesa, convocando questo incontro unico.

Il Santo Padre ha detto che questa sarà una sorta di catechesi…..

I tre temi dei tre giorni si riferiscono al funzionamento istituzionale. Il Papa stesso lo ha messo all’ordine del giorno dopo la lettera ai vescovi cileni, la lettera al popolo di Dio in agosto e la lettera ai vescovi (statunitensi, ndr) a Mundelein in gennaio. Quindi sì, sarà un’educazione, ma soprattutto un’educazione alla governance: quasi tutti hanno linee guida, ma la base di tutto è che devono essere messe in pratica.

Può quindi affermare che uno dei punti principali di questo Vertice è la promozione di una sorta di generale (a larghe linee) uniformità globale nel modo in cui dovrà essere affrontato il problema?

Sì. E allo stesso tempo, non ci può essere una linea guida unica per tutta la Chiesa, perché le nostre lingue non traducono certi concetti, i sistemi giuridici sono completamente diversi, le situazioni politiche e sociali sono molto diverse. E se Roma desse a tutti una linea guida, tutti penserebbero che le cose si risolvono una volta per tutte.

Bisogna essere sicuri che i responsabili facciano il lavoro, e questo è il bello della Congregazione per la Dottrina della Chiesa (CDF) che chiede a tutte le Conferenze episcopali di farlo. Le norme fondamentali devono essere chiare. Ciò che si fa sul campo avrà qualche variazione a seconda del Paese, entro i confini delle linee guida fondamentali. Ecco perché le task force, dal mio punto di vista, saranno un risultato importante di tutto questo.

Le task force ?

Ne ho parlato nella mia intervista a Vatican News: che alla fine ci saranno, spero, task force regionali che esaminino le politiche delle Conferenze episcopali e le aiutino a realizzarle. Abbiamo ancora un piccolo numero di Conferenze episcopali – tutte in Paesi molto poveri o con pochissime risorse – che non hanno inviato una bozza della loro politica, e vogliamo essere in grado di aiutare coloro che hanno bisogno di sostegno.

Solo sei o sette?

Sì. Quasi tutti hanno inviato e ricevuto le osservazioni della CDF.

Finora, abbiamo sentito sia il cardinale Parolin che papa Francesco parlare del pericolo di eccessive aspettative per il vertice. È un sentimento che condivide? Cosa pensa sia realistico aspettarsi?

Questo incontro è un passo importante del nostro lungo cammino in risposta al grave problema dell’abuso sessuale clericale.

Stiamo lavorando per assicurare che quando i partecipanti ritorneranno a casa, abbiano una piena comprensione della tragedia dell’abuso sessuale clericale e dei suoi profondi effetti sulle vittime e si assumano la piena responsabilità di assicurare che i fallimenti della Chiesa non si ripetano. Vogliamo preparare i partecipanti a farlo lavorando per assicurare che comprendano le leggi e le procedure che si applicano per quanto riguarda la prevenzione degli abusi e la loro copertura e che dispongano degli strumenti per attuarle in modo efficace.

Molti credono che la questione incompiuta da recuperare dagli scandali di abusi sia la responsabilità dei vescovi, non per atti personali di abuso, ma per non aver risposto adeguatamente alle accuse contro altri. Credete che la questione della responsabilità sarà discussa al vertice?

Passeremo un’intera giornata della riunione sulla responsabilità.

I cattolici americani sono ansiosi che il Vaticano divulghi ciò che sapeva e quando lo ha saputo riguardo alle accuse di abuso contro l’ex cardinale Theodore McCarrick. Riesce a pensare a qualche motivo legittimo per cui non è stato possibile divulgare quell’informazione?

Mi risulta che il caso dell’ex cardinale McCarrick sta procedendo speditamente.

Quando si guarda a una situazione – conosco i danni pastorali che il caso McCarrick ha fatto negli Stati Uniti – qual è la strategia di uscita da questo? La gente vuole una pistola fumante (cioè la prova, ndr) che probabilmente non c’è. In assenza di ciò, come possiamo andare avanti?

Credo che presto ci sarà un verdetto su McCarrick….ma so che questo non è abbastanza per la gente.

Sulla scia dello scandalo McCarrick e del rilascio del Pennsylvania Grand Jury Report (i risultati dell’indagine sugli abusi in Pennsylvania, ndr), molte diocesi negli Stati Uniti e altrove stanno rilasciando i nomi di tutti i sacerdoti credibilmente accusati di abusi sessuali. Pensa che questa sia una buona pratica?

Una maggiore trasparenza è la chiave per combattere gli abusi sessuali clericali. Trascorreremo un’intera giornata dell’incontro incentrata su questioni riguardanti la trasparenza, e attendo con ansia le nostre discussioni su questioni particolari in quel momento.

A suo parere, essere più trasparenti sulla questione degli abusi potrebbe aiutare i cattolici a riparare il dolore che provano dopo gli scandali che sono venuti alla luce nell’ultimo anno, compreso il caso McCarrick?

Penso che possa essere un elemento. Credo che si possa ricostruire la fiducia solo se si lavora in modo coerente ogniqualvolta vi sia un errore, qualunque esso sia…..lo si ammette, e si rendono pubbliche le cose e si dispone di tutte le misure in atto per affrontarle secondo gli standard che si hanno. Bisogna conformarsi coerentemente a questo e imparare anche cosa comporta questa responsabilità.

Negli Stati Uniti avete ottimi consigli forniti da esperti, mentre in altre parti del mondo questo non esiste. Sei qui con i mezzi che hai, e hai solo questo tempo, questa quantità di energia e questa quantità di sonno di cui hai bisogno, e non hai intorno a te esperti cui puoi chiedere o fratelli vescovi che si sono occupati di questo perché non ci sono. Sei solo.

Per me sarebbe un enorme successo se coinvolgessimo tutti i partecipanti a questa conferenza, se capissero cosa c’è in gioco e cosa devono fare, e affrontassimo insieme questo grave e urgente problema.
Fonte: Crux

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