ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 16 marzo 2019

Ignoranti impegnati

E se, invece del clima, salvassimo l’uomo?


Mentre attendiamo di sapere se il padrone di santa Marta farà la Pasqua vegana, dobbiamo sciropparci la marcia per la terra o come diavolo si chiama la manifestazione organizzata in ogni città su spinta emotiva data dalla ragazzina con le trecce, che invece di andare a scuola per studiare bene la storia dell’Europa, fa passare il messaggio che sia più importante essere ignoranti, ma ignoranti impegnati a contrastare il cambiamento climatico.

La cosa che ferisce di più di questa patetica messinscena è che vengano indottrinati gli studenti su un argomento palesemente specioso. E che loro non siano abbastanza svegli da dire “no” (c’è da sperare che sotto sotto sia predominante la voglia di marinare, sentimento di gran lunga più sano di quello ecologista). Anche da queste cose si capisce il fallimento di un sistema scolastico. Infatti, da quando esiste il pianeta il clima cambia, non può che essere altrimenti, si chiama equilibrio dinamico ed è tipico di un ecosistema. Il clima cambia e pretendere di fermare questo fenomeno è un’idiozia antiscientifica che riporta la società allo sciamanesimo tribale del neolitico, sarebbe come pretendere di far smettere di piovere mutando i comportamenti sociali. Questi cortei sono il corrispettivo moderno della danza della pioggia tribale. Per di più, tutto l’impianto teoretico in questione viene formulato sul falso assioma che sia l’inquinamento a generare il cambiamento climatico, fatto tutt’ora indimostrato e forse indimostrabile.
Poniamo il continente europeo. Non nego che la temperatura si stia gradualmente alzando, ma il fenomeno non è altro che il naturale ritorno a temperature antecedenti la mini-glaciazione del Medioevo (principi della termodinamica?). In sostanza il clima ritorna a livelli simili al periodo dell’Impero Romano, quando per esempio in Gran Bretagna si produceva uva e olio. Ma le ragazzine con la verità in tasca non lo sanno, hanno saltato l’ora di storia in favore di sterili proteste contro mulini a vento immaginari. Si alza la temperatura di un grado? Meglio.
Altra cosa veramente triste è che venga utilizzata una bambina malata come carne da cannone per portare avanti politiche assurde come questa. E dietro a lei tutti i nostri figli, tutti potenziali proiettili da gettare nel carnaio progressista. Ora, tralasciando il fatto che la ragazzina provenga da una famiglia potente e che sia finanziata da lobby potentissime – sappiate che vostra figlia potrà anche incatenarsi a un cactus, ma non avrà mai la stessa visibilità mediatica – ammettiamo che la trovata è tanto geniale, quanto cinica: Greta Thunberg ha la sindrome di Asperger e dice che il mondo è in fiamme. Ergo chi non è d’accordo non è altro che un bieco retrogrado talmente viscido e di un livello moralmente tanto basso da prendersela con una bambina malata. Di fronte a ciò ognuno di noi non può che ammutolire. Dico, non vorrete far piangere una bambina disturbata da morbo con eziologia ignota!?
E qui torniamo alla lancinante situazione in cui tutto il mondo concorre a mettere i bambini oggi. I bambini sono le vittime sacrificali della nuova ideologia umanitarista: vengono abortiti, fatti a pezzi usati per fabbricare porcherie, vengono abusati in ogni modo, violentati dai sacerdoti che dovrebbero mostrare loro la via della santità e della salvezza, vengono venduti come cani a omosessuali egoisti, manipolati mentalmente per gli scopi economico-politici di adulti senza scrupoli, tutti sacrificati sull’altare del male. Il nuovo Tofet.
Il tofet (o tophet) era un santuario fenicio-punico a cielo aperto, consistente in un’area consacrata dove venivano deposti ritualmente i resti incinerati dei sacrifici infantili. Il cruento rito pagano, mlk/Moloch, è citato in vari passi biblici, nel Secondo Libro dei Re, in Isaia, in Ezechiele e in Geremia, per esempio:
«Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno posto i loro abomini nel tempio che prende il nome da me, per contaminarlo. Hanno costruito l’altare di Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta in mente. Perciò verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet, perché non ci sarà altro luogo. I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell’aria e alle bestie selvatiche e nessuno li scaccerà»(Gr 7,30-33).
«Così farò – dice il Signore – riguardo a questo luogo e ai suoi abitanti, rendendo questa città come Tofet. Le case di Gerusalemme e le case dei re di Giuda saranno impure come il luogo di Tofet; cioè tutte le case, sui tetti delle quali essi bruciavano incenso a tutta la milizia del cielo e facevano libazioni ad altri dèi»(Gr 19,12-13).
«Allora io diedi loro perfino statuti non buoni e leggi per le quali non potevano vivere. Feci sì che si contaminassero nelle loro offerte facendo passare per il fuoco ogni loro primogenito, per atterrirli, perché riconoscessero che io sono il Signore»(Ezechiele 20,25-26).
Ma abbiamo diversi riscontri nelle cronache dei grandi nemici dei Punici, Greci e Romani, che ebbero sempre orrore di questa pratica satanica, iscritta immediatamente nella categoria dell’aberrazione nefasta (nefas).
Poco conosciuta, la tragedia euripidea Le Fenicie, in particolare i passi relativi al sacrificio del figlio di Creonte, tratta del tema. La vicenda è ambientata a Tebe, dove il re Creonte riceve un terribile oracolo: in cambio della salvezza della città egli dovrà lasciar sacrificare il proprio figlio Meneceo. Il padre, da bravo Greco, lo supplica di fuggire per sottrarsi all’oracolo, ma egli sceglie di immolarsi per la patria. A parte la significativa ambientazione tebana (lontano da Atene certe cose), l’immolazione di chi si sacrifica per evitare una catastrofe nazionale, quindi per il bene di tutti, il tipo di morte, aggiunto alla presenza delle donne del coro, le “fenicie” appunto di Cartagine, tradirebbero l’intento di fornire un modello ideologico desunto abbastanza fedelmente da ciò che circolava intorno alle pratiche sacrificali cruente delle genti fenicie e puniche. Appare fuori di dubbio la communis opiniogreca dell’epoca.
Ma il passo più famoso sul sacrificio dei bambini è quello di Clitarco di Alessandria (III secolo a.C.), tramandatoci da varie fonti: «Afferma Clitarco che i Fenici, ma soprattutto i Cartaginesi, che onorano Kronos, allorché cercano di ottenere qualcosa di importante, giurano di offrire in sacrificio al dio uno dei loro figli, qualora ottengano ciò che desiderano»(Clitarco, fr. 9 Jacoby, FrGrHist II B, n. 137). Segue poi la spiegazione orribile riguardo la nostra espressione “riso sardonico”: «V’è infatti presso di loro un Kronos bronzeo posto in piedi, con le mani protese, le palme levate verso l’alto, sopra un braciere di bronzo, che arde il bambino. Quando il corpo è avvolto dalle fiamme, le membra si stirano e la bocca appare contratta come in chi ride, fino a che il bambino scivola nel braciere in un estremo spasmo. È per questo che tale riso largo è detto “sardonico”, dato che essi muoiono ridendo. Σαίρεινsignifica infatti “contrarre la bocca e sbadigliare”».
Per quanto riguarda i Romani, lo scrittore latino Ennio (III-II secolo a.C.) riferisce lapidariamente che i Cartaginesi erano soliti sacrificare bambini agli dei, senza specificare nel dettaglio l’identità dei destinatari del rito: «Poeni suos soliti dis sacrificare puellos»(Cfr. 221 Vahlen).
Esiste poi un frammento di Varrone (II-I secolo a.C.) riportato da sant’Agostino in un passo del De civitate Dei (VII, 26), il quale riferisce ancora tale usanza, aggiungendovi che i Romani non hanno mai accettato la pratica.
Ne tratta più volte e più dettagliatamente lo storico Diodoro Siculo, che parla dell’uso ancestrale dei Cartaginesi di sacrificare a Kronos (il corrispettivo greco del fenicio Baal-Hammon, che, a differenza di quello greco, divoratore dei propri figli, istituisce una precisa pratica sacrificale – e che in fin dei conti è Satana) i figli delle famiglie più in vista, un obbligo che sarebbe stato nel tempo aggirato dai nobili grazie all’acquisto di bambini da famiglie povere, da usare come vittime ed evitare così di far morire i propri figli.
«Rimproverarono a se stessi d’essersi alienati (il favore di) Kronos, dato che a lui avevano un tempo offerto i figli dei cittadini più autorevoli, ma in seguito avevano dismesso tale usanza acquistando in segreto dei bambini allevati per essere offerti in sacrificio. Ricerche svolte portarono a scoprire che tali bambini erano bambini sostituiti. Prendendo cognizione di questo, vedendo poi che i nemici avevano posto il campo sotto le loro mura, essi furono colti da un terrore superstizioso per avere dismesso le pratiche religiose dei padri. Ansiosi di riscattare la trascuratezza, effettuarono allora un pubblico sacrificio di 200 bambini, presi dalle più nobili famiglie; altri ancora, invece, implicati in false accuse, si offrirono spontaneamente e non erano in numero inferiore a 300»(XX 14,1-7). Fatto confermato anche da Plutarco «… del tutto consapevoli e consci essi offrivano i loro figli e quelli che ne erano privi, acquistavano i figli dei poveri come fossero agnelli o uccellini, mentre la madre senza piangere ed emettere un gemito era il presente; se gemeva o piangeva, perdeva il guadagno della vendita, mentre il bambino finiva ugualmente sacrificato; davanti alla statua poi tutto lo spazio era invaso dal suono dei flauti e dei tamburi perché le grida non si udissero»  (De superst. 17lC-D).
Secondo Dionigi di Alicarnasso e Curzio Rufo i sacrifici continuarono fino alla distruzione di Cartagine, nel 146a.C.
Sia Roma sia l’Ellade vissero con sdegno il fatalismo tenebroso dei Punici, sacrificatori di bambini col loro insaziabile rito di morte, Moloch (tofèt) offrendo al maligno l’intera possibilità vitale dei fanciulli immolati, pasto poderoso per questo demone antropofago. Plutarco ricorda anche di come Gelone di Siracusa, l’eroico vincitore di Imera nel 480 a.C, sconfitti i Cartaginesi, avrebbe imposto loro di cessare i sacrifici di bambini a Crono.
Servirebbe un nuovo Gelone, o un nuovo Scipione, quello Scipio di cui tanto si riempiono la bocca gli Italiani prima delle partite di calcio, per fermare questa follia. A partire dalla scuola. Un docente che abbia spronato i propri alunni a scioperare, non li ha spinti all’utilizzo autonomo dell’intelligenza critica, ma, al contrario, li ha spinti a ridicolizzarsi nella fiumana di protesta zombificata che abbiamo visto nelle nostre città. La mia collega (per altro favorevole, quindi fonte attendibile) che ha assistito alla scena, dato che il corteo è passato proprio sotto le finestre dei suoi uffici, ha riferito che erano belli, verdi e “profumavano di erba”. Facile dedurre che non fosse profumo di erba medica. Nichilismo, svuotamento di valori per sostituirli con ciarpame, e droghe. Bel sistema scolastico.
Dato che il problema dell’inquinamento è intimamente legato all’attività antropica, qualunque essa sia, da quando Adamo fu cacciato dall’Eden, il fine ultimo di questa ideologia ecologista è la distruzione dell’uomo, considerato un virus, un male in sé, e soprattutto un male per il mondo, il pianeta, o Gea come lo chiamano certuni, che, in sintesi, starebbe molto più in salute senza il verme umano. Non è forse, oltre che il rifiuto in toto della Parola di Dio, il peccato di Satana? Nel frattempo, la bambina dalle treccine, già orrendamente manipolata, viene perfino candidata per Nobel per la Pace, capirai, se l’hanno dato a Obama. Noi proponiamo, invece, Catone il Censore. Nobel per la PAX alla carriera.
Eppure, avrebbe ben altro di cui preoccuparsi la piccola Greta, perché nel suo Paese, gli stupri sono aumentati del 1400% negli ultimi 15 anni, non è difficile arguirne il motivo, dovrebbe manifestare per il diritto naturale delle donne svedesi a non essere stuprate. Invece parla in modo mitopoietico del suo mondo che va a fuoco (in Svezia), una realtà più immaginaria che altro. Dovrebbero avvisarla che ha molte più probabilità di essere stuprata prima di raggiungere la maggiore età, piuttosto che morire di sete nell’incipiente deserto lappone.
La stessa cosa andrebbe spiegata ai nostri figli, che si sono sporcati il viso di verde (utilizzando sostanze probabilmente inquinanti), hanno fatto cartelloni con bombolette spry (superinquinanti) e postato foto (con smartphone sicuramente inquinanti), per un’allucinazione collettiva. L’inquinamento è certamente un problema e va affrontato, ma non è causa dei cambiamenti climatici, che sono eventi naturali. Come spiegano questi signori l’ultima glaciazione, altrimenti? 10.000 anni fa non esistevano industrie. Il pericolo non è il clima, l’uomo si è adattato a vivere in qualsiasi area climatica del pianeta, dal deserto al polo nord, il pericolo è il ritorno ai sacrifici umani tramite il ricorso a un’ecodittatura malthusiana, all’uso degli innocenti come capro espiatorio globale per le stupidaggini e le scempiaggini degli adulti.
E il nostro cuore si spacca al pensiero di aver distrutto Cartagine,con immenso prezzo di sangue dei nostri padri, per nulla. Quindi, concludendo «ceterum censeo Carthaginem esse delendam» («Infine credo che Cartagine debba essere distrutta»).
 – di Matteo Donadoni
https://www.riscossacristiana.it/e-se-in-vece-del-clima-salvassimo-luomo-di-matteo-donadoni/

“Sciopero contro chi?”

Un salutare dubbio

Un salutare dubbio, espresso attraverso un articolo di un professore di Chimica di grande prestigio (in alto a destra il suo curriculum).
Vedi qui:

Greta Thunberg e i grandi affari dietro gli scioperi sul clima

DI MAURO BOTTARELLI
ilsussidiario.net
Oggi esordisce in grande stile l’ultima pagliacciata politically correct che il sistema si è inventato per rendere non solo accettabile ma anche socialmente apprezzato il proseguire di default nella politica di spesa pubblica indiscriminata e deficit come unica religione laica: la lotta ai cambiamenti climatici. Vi ho già parlato di questa nuova campagna globale, quando ho messo tutti in guardia dalla profilo da rock-star che la stampa globale sta riservando ad Alexandria Ocasio-Cortez, la giovane deputata democratica, figli di portoricani e cresciuta nel Bronx facendo la cameriera per pagarsi gli studi (sembra un film di Netflix, d’altronde le lobbies i candidati li cercano per bene, fanno i provini e si affidano a esperti di comunicazione e marketing), che ha lanciato il suo Green New Deal, ovvero un colossale piano di indebitamento a fondo perso spacciato per riconversione del sistema in nome della sostenibilità ecologica che, nei fatti, rappresenta la versione non direttamente monetaria del piano di espansione della Fed. Insomma, il Qe con altri mezzi. E, soprattutto, con l’alibi di salvare orsi polari, balene e bambini vittime dell’enfisema da smog.
Come avrete notato, negli ultimi giorni siamo in piena esplosione del fenomeno. E oggi è il giorno del primo sciopero globale per la lotta contro i cambiamenti climatici, il D-day della nuova arma di distrazione di massa. Non più tardi di mercoledì è stata l’Onu a lanciare l’allarme: l’inquinamento provoca un quarto dei morti nel mondo. Peccato che altri due quarti siano frutto di guerre che l’Onu finge di non vedere, tipo quella in Yemen. Poco importa, il commercio di armamento val bene un po’ di ipocrisia. Tipo, casualmente, mettere i sauditi – i quali donne, bambini vecchi yemeniti li massacrano quotidianamente – a capo del Comitato Onu per i diritti umani.
Il giorno precedente, ricordando la tragedia del Vajont, è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a metterci in guardia: siamo alle soglie di una catastrofe climatica. Ma il Presidente – con tutto il rispetto dovuto – lo fa per obbligo formale di moral suasion, visto che è politico di esperienza e grande equilibrio, finissimo studioso di diritto, ma, appunto, uomo dalle competenze accademiche giuridiche. Non un fisico, né un climatologo. E poi, ecco saltare fuori l’anello di congiunzione di due paure: avanti di questo passo, i cambiamenti del pianeta potrebbero portarci entro il 2050 ad avere 50 milioni di migranti climatici. Quindi, se si vuole fermare l’immigrazione clandestina, oltre ad “aiutarli a casa loro”, occorre intervenire su desertificazione e alluvioni, carestie ed epidemie.
A fare da collante a tutti questi allarmi in ordine sparso, Greta Thunberg, la 16enne svedese che con i suoi scioperi del venerdì in nome della lotta ai cambiamenti climatici sta diventando la vera e proprio guru globale della battaglia del secolo. Ieri, poi, la certificazione della pagliacciata, ma anche del carattere di colossale mistificazione della campagna in atto: la sua proposta di candidatura al Nobel per la Pace. Il quadro è completo. E via, quindi, in grande stile al #fridaysforfuture anche in Italia, ovvero il giorno della settimana dedicato all’impegno ecologista. Non bastavano gli scioperi strategici dei mezzi pubblici, di fatto weekend lunghi assicurati a fronte di tavoli di trattativa aperti da secoli per rivendicazioni fotocopia, adesso c’è una nuova scusa per allungare il fine settimana e, finita la manifestazione in piazza, caricare l’automobile (la quale, ontologicamente, non inquina) e andarsene al mare o in montagna o a fare shopping al centro commerciale.
Ora, io sono notoriamente cinico e disincantato, ma non ho mire di proselitismo: non mi importa che la gente la pensi come me, voglio solo che sia informata, che senta tutte le campane. E conosca i fatti. Per questo, mi chiedo e soprattutto vi chiedo: se, giustamente, lottiamo per le vaccinazioni e ci affidiamo a medici e specialisti e non a stregoni e accademici da ricerca su Google per evitare il ritorno di malattie che pensavamo debellate, se chiediamo a ingeneri e architetti di fare in modo che non accadano più tragedie come quella del Ponte Morandi, in base a quale coerenza e criterio scientifico dovremmo intraprendere una battaglia, la cui capofila è una studentessa 16enne svedese con le sue teorie catastrofiste e le sue accuse da ribellismo adolescenziale verso il “sistema”?
Sarà certamente un genio, bravissima, con un QI degno di un docente universitario di Harvard di 55 anni, avrà divorato migliaia di testi scientifici e seguito centinaia di conferenze: ma resta una studentessa di 16 anni, cari lettori. Affidarsi alla sua guida, fosse anche solo simbolica e di testimonianza, in quella che viene dipinta come la battaglia del millennio, equivale a farsi operare di peritonite da qualcuno con la licenza media, ma che non ha perso nemmeno una puntata di ER o Grey’s Anatomy, ne siete consci vero? Davvero siamo sicuri che la sua crociata, al netto delle buone intenzioni e del genuino e appassionato impegno per il prossimo, su cui non nutro dubbi almeno fino a prova contraria, si basi su fondamenti reali e non sull’ennesima suggestione collettiva, la stessa che seguì per qualche mese la campagna di Al Gore? Salvo finire in fretta nel dimenticatoio e fuori dalle agende politiche di intervento di organismi proprio come l’Onu, quando la Cina minacciò tutti di far deragliare il commercio globale (e i mercati), se si continuava a romperle l’anima con la questione delle emissioni inquinanti.
Vi faccio qualche esempio, tanto per rifletterci su nella giornata dell’impegno ecologista e nel suo day after. La prossima panzana che vi refileranno sul tema, a occhio e croce, sarà quasi certamente legata alla decisione presa venerdì scorso dal Fondo sovrano norvegese, un gigante da 1 triliardo di dollari di assets con forte concentrazione sul comparto energetico fossile, di scaricare i titoli azionari che ha in portafoglio legati ad aziende petrolifere. Ovviamente, vi verrà spacciata come una decisione frutto di nuova coscienza ecologica di fronte alla catastrofe ambientale che abbiamo di fronte. Una vittoria di Greta e dei suoi venerdì di protesta silenziosa e solitaria. Balle. È soltanto puro hedging finanziario nei confronti di un comparto che vede i propri prezzi al palo dal 2014 e che all’orizzonte non garantisce prospettive di rinnovato profitto. Anzi, lo scorso anno, bilancio alla mano, è costato al Fondo norvegese un bel -6,1% di return-on-equity, pari a una perdita di 485 miliardi di corone.
E che l’operazione non abbia nulla di “verde” non lo dice il sottoscritto, bensì lo stesso Fondo sovrano nel suo comunicato stampa. Il quale venderà sì titoli azionari legati al comparto, ma soltanto quelli di aziende puramente esplorative, mentre terrà quelle delle big con operatività integrata su più comparti della filiera. Insomma, 134 compagnie vedranno le loro azioni scaricate, ma giganti come Royal Dutch Shell ed Exxon Mobil, ad esempio, potranno dormire sonni tranquilli. Ecco le parole del ministro delle Finanze norvegese, Siv Jensen: «L’obiettivo è ridurre la vulnerabilità del nostro benessere finanziario comune da quello che è ormai un permanente calo del prezzo del petrolio. A tal fine, è più accurato vendere aziende che esplorano e producono gas e petrolio che vendere un settore energetico ampiamente diversificato». D’altronde, parliamo di un Fondo cui fa capo un controvalore di titoli azionari petroliferi da 37 miliardi di dollari, da BP a Shell fino a Total.
E sapete quale sarà l’obiettivo principale del tanto declamato disinvestimento “ecologista”? Piccole aziende indipendenti, i cui titoli hanno un controvalore di 8 miliardi di dollari circa nel totale del portafoglio norvegese. Insomma, il Fondo vende, ma lo fa con accuratezza finanziaria, non iconoclastia ambientalista. Meramente per un calcolo finanziario. E, attenzione, in base alle regole statutarie di investimento, anche l’eliminazione di quei titoli richiederà anni. La ragione? Semplice, il Fondo è controllato al 67% da Equinor, il gigante petrolifero e del gas norvegese, un tempo noto come Statoil, il quale non ha la minima intenzione di ridimensionare il suo business e concentrarsi sull’eolico o la raccolta di margherite, quindi venderà i titoli a piccoli blocchi e diluendo nel tempo le operazioni proprio per non creare caos nel comparto, scaricando posizioni eccessive in un momento di grande delicatezza, fra Opec allo sbando, prezzo bassi e nuove dinamiche geopolitiche tutte da ridisegnare. Di ambientalista, nonostante le Ong e i Partiti verdi di mezza Europa gridino alla vittoria e alla svolta epocale, non c’è proprio niente nella decisione di Oslo. Nemmeno a medio-lungo termine.
Anzi, qualcosa c’è. Ed è terribilmente strategico. Non solo i grandi operatori petroliferi nei giacimenti di shale statunitense hanno appena annunciato la loro intenzione di aumentare la produzione al massimo, ma hanno, di fatto, aperto la porta ai prodromi della nascita di un cartello petrolifero indipendente a stelle e strisce, una sorta di Opec americana tutta incentrata sullo scisto. Ecco come Micheal Wirth, presidente e amministratore delegato di Chevron, ha prospettato la situazione: «I produttori ed esploratori indipendenti stanno per essere spremuti dalle banche, le quali vogliono che producano maggiori profitti o escano del tutto dal grande gioco di scala del Permian». Insomma, cannibalismo delle majors sui piccoli. Casualmente, gli stessi piccoli che il Fondo norvegese ha messo in cima alla lista di vendita del suo portafoglio azionario. Ecologismo?

Mauro Bottarelli
Fonte: www.ilsussidiario.net
Link: https://www.ilsussidiario.net/news/cronaca/2019/3/15/spy-finanza-greta-thunberg-e-i-grandi-affari-dietro-gli-scioperi-sul-clima/1859212/
15.03.2018
Fine prima parte
I dati che smontano la “rivoluzione” ecologista dei millennials (seconda parte)
La generazione dei Millenials, piena di debiti, è quella che protesta in piazza contro i cambiamenti climatici. E non è un caso
DI MAURO BOTTARELLI
ilsussidiario.net
E se in Europa abbiamo mezze verità spacciate come rivoluzioni e una 16enne come capopopolo, con tanto di candidatura al premio più screditato della storia contemporanea, Oltreoceano non sono messi meglio. Mi riferisco ad Alexandria Ocasio-Cortez e al suo Green New Deal, il quale in base a un sondaggio condotto dalla prestigiosissima Università di Yale vede favorevole addirittura l’80% degli elettori statunitensi. Di più, siamo di fronte a qualcosa di straordinariamente (e strategicamente) bipartisan come supporto, visto che il 92% di chi si dichiara Democratico e il 64% di Repubblicani si sono detti pronti a supportare in maniera più o meno decisa il pacchetto di riforme che trasformerà completamente il settore energetico Usa su modello “verde” nel prossimo decennio. Se il sondaggio è stato condotto da un’istituzione come l’Università di Yale, ci sarà da fidarsi.
CONTINUA QUI

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.