Propongo all’attenzione dei lettori di questo blog l’autorevole parere dei Phil Lawler, scrittore e giornalista, esperto della Chiesa, sulla testimonianza di Benedetto XVI che ieri ho pubblicato.
Ve lo propongo nella mia traduzione.
Piazza San Pietro (foto di Manuela Cacciaguerra / emblema)
Piazza San Pietro (foto di Manuela Cacciaguerra / emblema)
Dopo sei anni di silenzio pubblico, rotto solo da qualche mite commento personale, il Papa-emerito Benedetto si è espresso in modo drammatico, con un saggio di 6.000 parole sull’abuso sessuale che è stato descritto come una sorta di enciclica post-papale. Chiaramente il Pontefice in pensione si sentiva in dovere di scrivere: dire cose che non venivano dette. Benedetto ha pensato che l’argomento fosse troppo importante per permettere il suo continuo silenzio.
I funzionari delle comunicazioni vaticane hanno pensato in modo diverso, a quanto pare. Il saggio di Benedetto è diventato pubblico il mercoledì sera, ma il giovedì mattina non c’era alcun riferimento alla straordinaria dichiarazione nei notiziari vaticani. (Più tardi nel corso della giornata il servizio di Vatican News ha pubblicato un servizio che riassume il saggio di Benedetto; è apparso “sotto l’inserto” sulla pagina web di Vatican News, sotto il titolo di un articolo sugli interventi di soccorso alle vittime di cicloni in Mozambico.) A questo proposito è da notare che la dichiarazione dell’ex Papa non è stata pubblicata da un organo di stampa vaticano, ma è apparsa per la prima volta sul Klerusblatt tedesco e sul Corriere della Sera, insieme alle traduzioni in inglese della Catholic News Agency e del National Catholic Register.
Benedetto riferisce di essersi consultato con Papa Francesco prima di pubblicare il saggio. Non dice che l’attuale Papa ha incoraggiato la sua scrittura, ed è difficile immaginare che Papa Francesco fosse entusiasta del lavoro del suo predecessore su questo tema. I due Papi, passato e presente, sono molto distanti nell’analisi dello scandalo degli abusi sessuali. Benedetto non cita da nessuna parte il “clericalismo” che Papa Francesco ha citato come causa principale del problema, e raramente Papa Francesco ha menzionato il degrado morale che Benedetto attribuisce allo scandalo.
Il silenzio dei media ufficiali vaticani è una chiara indicazione che il saggio di Benedetto non ha trovato una calda accoglienza nella residenza di Santa Marta. Ancora più rivelatrice è la reazione frenetica dei più ardenti sostenitori del Papa, che hanno inondato internet con le loro imbarazzate proteste, le loro lamentele secondo cui Benedetto si sbaglia tristemente quando suggerisce che la protesta sociale ed ecclesiastica degli anni Sessanta abbia dato origine all’epidemia degli abusi.
Queste proteste contro Benedetto – i sospiri di finte-afflizioni che tutti sappiamo secondo cui l’abuso sessuale non è una funzione dell’immoralità sessuale dilagante – dovrebbero essere visti come segnali ai media laici. E i canali secolari, solidali con le cause della rivoluzione sessuale, porteranno debitamente il messaggio che Benedetto è fuori dal mondo, che la sua tesi è già stata smentita.
Ma i fatti, come ha osservato John Adams, sono cose ostinate. E i fatti testimoniano senza ambiguità a favore di Benedetto. Qualcosa accadde negli anni Sessanta e successivamente per scatenare un’ondata di abusi clericali. Sì, il problema era sorto in passato. Ma ogni indagine responsabile ha mostrato uno sbalorditivo picco di abusi clericali, che si è verificato subito dopo il tumulto che Benedetto descrive nel suo saggio. Certo, l’ex Pontefice non ha dimostrato, con certezza apodittica, che il crollo dell’insegnamento morale cattolico ha portato ad abusi clericali. Ma respingere con disinvoltura la sua tesi, come se fosse stata testata e respinta, è assolutamente disonesto.
I fatti sono fatti, non importa chi li proclama. La crisi degli abusi si è manifestata nelle confuse conseguenze del Vaticano II. Benedetto propone una teoria per spiegare perché ciò è accaduto. La sua teoria non è congeniale alle idee degli intellettuali cattolici liberali, ma questo fatto non giustifica il loro tentativo di sopprimere una discussione, di negare le realtà di base. (A pensarci bene, non è la prima volta che i difensori pubblici di papa Francesco hanno incoraggiato l’opinione pubblica a ignorare i fatti, a considerare la possibilità che 2+2=5 (chiarissimo il riferimento a padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, ndr)).
Quel messaggio – il messaggio del Papa-emerito Benedetto – è una divergenza impressionante dai messaggi che sono stati emessi da tanti leader della Chiesa. L’ex Papa non scrive di “politiche e procedure”; non suggerisce una soluzione tecnica o legalistica ad un problema morale. Al contrario, egli insiste sul fatto che noi concentriamo tutta la nostra attenzione su questo problema morale e poi passiamo a una soluzione che deve necessariamente essere trovata anche in ambito morale.
Come sfondo del suo messaggio, Benedetto ricorda gli anni Sessanta, quando “si è verificato un evento vergognoso, di dimensioni senza precedenti nella storia”. Scrive del crollo della morale pubblica, che purtroppo è stato accompagnato dallo “dissoluzione dell’autorità dell’insegnamento morale della Chiesa”. Questa combinazione di eventi ha lasciato la Chiesa in gran parte indifesa, dice.
In un’analisi senza parsimonia, Benedetto scrive dei problemi della formazione sacerdotale, come “sono state costituite cricche omosessuali, che hanno agito più o meno apertamente e hanno cambiato significativamente il clima nei seminari”. Riconosce che una visita ai seminari americani non ha prodotto grandi miglioramenti. Accusa che alcuni vescovi “hanno rifiutato la tradizione cattolica nel suo insieme”. Egli vede lo sconvolgimento come una sfida fondamentale all’essenza della fede, osservando che se non ci sono verità assolute – nessuna verità eterna per la quale si possa volentieri dare la propria vita – allora il concetto di martirio cristiano sembra assurdo. Scrive: “Il fatto che il martirio non è più moralmente necessario nella teoria sostenuta [dai teologi cattolici liberali] dimostra che qui è in gioco l’essenza stessa del cristianesimo”.
“Un mondo senza Dio può essere solo un mondo senza senso”, avverte Benedetto. “Il potere è allora l’unico principio”. In un tale mondo, come può la società difendersi da coloro che usano i loro poteri sugli altri per l’autogratificazione? “Perché la pedofilia ha raggiunto tali proporzioni?” Chiede Benedetto. Risponde: “In definitiva, la ragione è l’assenza di Dio”.
È ripristinando la presenza di Dio, dunque, che Benedetto suggerisce che la Chiesa deve rispondere a questa crisi senza precedenti. Egli collega la rottura della morale con la mancanza di venerazione nel culto, “un modo di trattare con Lui che distrugge la grandezza del Mistero”. Piangendo i modi grotteschi con cui i sacerdoti predatori hanno bestemmiato il Santissimo Sacramento, egli scrive che “dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere il dono dell’Eucaristia dagli abusi”.
In breve, il Papa-emerito Benedetto traccia il collegamento tra la mancanza di rispetto per Dio e la mancanza di apprezzamento per la dignità umana – tra l’abuso della liturgia e l’abuso dei bambini. I fedeli cattolici dovrebbero riconoscere la logica e la forza di quel messaggio. E infatti Benedetto esprime la sua fiducia che i figli e le figlie più leali della Chiesa lavoreranno – stanno già lavorando – per favorire il rinnovamento che attende:
Se ci guardiamo intorno e ascoltiamo con cuore attento, possiamo trovare testimoni ovunque oggi, soprattutto tra la gente comune, ma anche nelle alte sfere della Chiesa, che si ergono per Dio con la loro vita e la loro sofferenza.
Tuttavia, il rinnovamento non sarà facile, ma comporterà sofferenza. Per Benedetto, quella sofferenza includerà le ondate di ostilità che il suo saggio ha provocato, l’atteggiamento sprezzante di teologi molto minori, la campagna per cancellarlo come una vecchia manovella. Senza dubbio l’ex Papa ha anticipato l’opposizione che il suo saggio avrebbe incontrato. Ha scelto comunque di “mandare un messaggio forte”, perché la sofferenza per la verità è una potente forma di testimonianza cristiana.
L'ultima "enciclica" di Benedetto XVI
Si presenta come un piccolo contributo al tema della pedofilia nella Chiesa, ma la lettera che il papa emerito Benedetto XVI ha reso pubblica ieri tocca molti punti nevralgici e suona come un’umile offerta di soccorso ai pastori della Chiesa per evitare il naufragio totale, ormai prossimo. Richiama al vero male che porta come conseguenza tutti gli altri: l'allontanarsi da Dio. E risponde ai Dubia riconfermando l'esistenza di atti intrinsecamente malvagi, denuncia la banalizzazione della Comunione, richiama al dovere di proteggere la fede anche nei processi penali.
- LA STRADA È SEGNATA, di Riccardo Cascioli
Li chiama “appunti con i quali fornire qualche indicazione che potesse essere di aiuto in questo momento difficile”, con riferimento al probelma della pedofilia, ma in realtà ci troviamo di fronte a quella che potrebbe essere considerata l’ultima “enciclica” di Benedetto XVI, una straordinaria diagnosi della “grande calamità” con cui “è stata colpita la vergine, figlia del mio popolo”, una radicale terapia per guarire la sua “ferita mortale” (cf. Ger. 14, 17).
C’è tutto Benedetto in questo scritto: tutti i temi a lui cari si ritrovano qui intrecciati per dare al lettore una visione d’insieme che gli permetta di affrontare la presente tempesta su un’imbarcazione sicura. È dunque una mano tesa a noi cristiani sballottati da venti tumultuosi e sempre in pericolo di essere travolti dalla mareggiata; ma è anche e principalmente un’umile offerta di soccorso ai pastori della Chiesa, in primis papa Francesco, per evitare il naufragio totale, ormai prossimo.
Il cuore pulsante di tutta la riflessione è racchiuso nella terza parte, dopo due sezioni dedicate a ripercorre il collasso della società e della teologia morale e le sue ripercussioni sulla formazione sacerdotale: “La forza del male nasce dal nostro rifiuto dell’amore a Dio”. Come già affermava Sant’Ireneo di Lione, “la comunione con Dio è la vita, la luce e il godimento dei suoi beni. Ma su quanti si separano da lui per loro libera decisione fa cadere la separazione scelta da loro”. Se allontaniamo da noi la vita, la luce, la purezza, il bene, perché sorprenderci se a poco a poco la morte ci serra la gola, le tenebre ci avvolgono, la sporcizia morale ci imbratta ed il male ci soffoca? È un tema tanto caro a Benedetto XVI, che ne aveva parlato anni fa con Peter Seewald in questi termini: “Chi si allontana da Dio, chi si allontana dal bene, sperimenta la sua collera. Chi si pone al di fuori dell'amore, sprofonda nel negativo. Non è quindi un colpo inferto da un dittatore assetato di potere, ma è soltanto l'espressione della logica intrinseca a un'azione. Se io mi pongo al di fuori di ciò che è conforme alla mia idea di creazione, al di fuori dell'amore che mi sorregge, allora precipito nel vuoto, nelle tenebre”.
Quando le cose precipitano, nel mondo e nella Chiesa, è il segno evidente che ci siamo allontanati da Dio, che abbiamo invitato Dio ad accomodarsi nella sala d’attesa di un mondo che si vanta del proprio laicismo e di una Chiesa che fa sfoggio di essere ormai adulta ed emancipata. È solo in questa prospettiva che si può comprendere tutta la serietà di un’affermazione che i soloni dei nostri salotti mediatici saranno pronti a bollare come riduttiva e semplicistica: “Come ha potuto la pedofilia raggiungere una dimensione del genere? In ultima analisi il motivo sta nell’assenza di Dio. Anche noi cristiani e sacerdoti preferiamo non parlare di Dio, perché è un discorso che non sembra avere utilità pratica”.
Ecco perché pensare di uscire da questa crisi agitandosi per costruire una Chiesa fatta da noi, una Chiesa dall’orizzonte solo sociale e politico “non può rappresentare alcuna speranza” ed è “in verità una proposta del diavolo con la quale vuole allontanarci dal Dio vivo”. Ed ecco perché Benedetto XVI punta tutto su quella che ormai è conosciuta come “opzione Benedetto”: “Creare spazi di vita per la fede”, ispirandosi al catecumenato antico come “spazio di esistenza nel quale quel che era specifico e nuovo del modo di vivere cristiano veniva insegnato ed anche salvaguardato rispetto al modo di vivere comune”. Bisogna ripartire da qui, “iniziare di nuovo da noi stessi a vivere di Dio [...] cambia tutto se Dio non lo si presuppone, ma lo si antepone. Se non lo si lascia in qualche modo sullo sfondo ma lo si riconosce come centro del nostro pensare, parlare e agire”.
Si comprende allora come mai Benedetto XVI denuncia con dolore un atteggiamento “largamente dominante” nei confronti dell’Eucaristia, “un modo di trattare con Lui che distrugge la grandezza del mistero”; il riferimento è particolarmente alla banalizzazione della Comunione, che ormai viene data a tutti, come gesto di cortesia per la loro presenza.
Ed è ancora questo mettere da parte di Dio che permette di comprendere il crollo della vita e della teologia morale. Benedetto XVI lega la verità, da lui ribadita ben tre volte, dell’esistenza di “azioni che sempre e in ogni circostanza vanno considerate malvagie” al primato di Dio: “Ci sono valori che non è mai lecito sacrificare in nome di un valore ancora più alto e che stanno al di sopra anche della conservazione della vita fisica. Dio è di più anche della sopravvivenza fisica. Una vita che fosse acquistata a prezzo del rinnegamento di Dio, una vita basata su un’ultima menzogna, è una non-vita. Il martirio è una categoria fondamentale dell’esistenza cristiana. Che esso in fondo, nella teoria sostenuta da Böckle e da molti altri, non sia più moralmente necessario, mostra che qui ne va dell’essenza stessa del cristianesimo”.
Bisognerà tornare e ritornare sui contenuti di questo intervento di Benedetto XVI; qui si è voluta dare solo una chiave di lettura. Penso che intanto sia di fondamentale importanza tirare almeno tre conseguenze.
La prima. L’affermazione concreta del primato di Dio, di Gesù Cristo, nella vita dei singoli, delle società e della Chiesa è l’unica soluzione per uscire realmente dalla crisi epocale che stiamo vivendo. A questo primato è legato tutti il resto: la vita morale, la professione della retta fede, la vita liturgica, l’azione apostolica. Il punto è che, se è vero che tutte queste dimensioni dell’essere cristiano, vengono adulterate quando non sono più centrate in Dio, è altrettanto vero che il primato di Dio non si realizza altrimenti nella vita cristiana che in tutte queste sue dimensioni. Esse dunque simul stabunt, simul cadent. Questo scritto è un grande appello all’unità delle forze sane presenti nella Chiesa e nel mondo: agire perché si riconosca il primato di Dio sulla vita umana, lavorare perché nelle nostre liturgie Dio torni ad essere il centro, insegnare la retta dottrina ai piccoli e ai grandi, tutto questo concorre al bene delle anime e al risanamento della Chiesa. Perdersi dietro a considerazioni su chi sia il più grande (cf. Lc. 22, 24), su cosa sia più importante, etc., finisce per fiaccare l’energia del corpo mistico.
Seconda. La Chiesa è la Sposa di Cristo ed è Cristo che la conduce, la purifica, la salva. E l’essenza profonda della Chiesa è quella di aprirsi alla vita e alla salvezza che proviene dal suo Sposo. Quando c’è una crisi nella vita della Chiesa, è perché si è confidato in qualche idolo “opera delle mani dell’uomo” (Sal. 115, 4), si è andati dietro a “mariti adulteri” da cui ci siamo lasciati sedurre. Dunque, per favore, meno piani pastorali, e più vita della grazia.
Infine, quando si leggono e si meditano interventi di questo tipo, non è possibile non provare un po’ di timore. Non ci si deve nascondere: se si legge bene il testo, si capisce che Benedetto XVI ha risposto con chiarezza ai famosi dubia dei quattro Cardinali e ha respinto l’idea che certe circostanze possano mutare l’intrinseca malvagità di un atto; ha preso posizione sulla concessione dell’Eucaristia ai divorziati-risposati e ai protestanti; ha chiaramente messo il dito nella piaga del “pastoralismo” in voga; si è pronunciato sull’esclusività del garantismo nel diritto penale, a discapito della protezione della fede. Ha fatto capire con chiarezza che stiamo finendo nel baratro.
Forse che sia l’ultimo richiamo dal Cielo per dare una vera svolta a questa “stagione ecclesiale”? Lo si ascolterà? O forse, come si sta già facendo per il pontificato di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto XVI, si continuerà a fare finta che essi siano ormai superati?
“Io inviai a voi tutti i miei servitori, i profeti, con premura e sempre; eppure essi non li ascoltarono e non prestarono orecchio. Resero dura la loro nuca, divennero peggiori dei loro padri [...] Questo è il popolo che non ascolta la voce del Signore suo Dio né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca” (Ger. 7, 25-26.28). Per capire cosa accade a chi non ascolta gli estremi appelli di Dio, andate a leggere il capitolo 8 di Geremia. Noi no abbiamo il coraggio di riportarlo.

Luisella Scrosati

http://www.lanuovabq.it/it/lultima-enciclica-di-benedetto-xvi

GLI APPUNTI DI BENEDETTO, IL COMMENTO DI GIOVANNI FORMICOLA. E UN ROMANA VULNERATUS CURIA INCANDESCENTE…



Cari lettori di Stilum Curiae, gli appunti di Benedetto XVI tengono ancora campo; e oggi vi vogliamo offrire una riflessione che l’avvocato Giovanni Formicola ha condiviso con alcuni amici, e che gli abbiamo chiesto il permesso di rendere nota a una platea più ampia. En passant, notiamo che gli appunti di Benedetto XVI, che non contengono nessuna scandalosa novità, rispetto a quanto si sapeva (basta controllare i grafici e le cifre del John Jay Report) hanno scatenato una tempesta fra i cosiddetti “progressisti” oltre che all’interno del Circo Bergoglio. Basta fare un giro sui social, per vedere le reazioni, indignate, o acidule, o velenose degli esponenti della Misericordia 2019. Siamo troppo maligni se fra queste reazioni poniamo anche l’incredibile, istrionesco, imbarazzante baciapiedi del Pontefice regnante? Un’amica mi ha scritto: “Si è visto rubare la scena da Benedetto, e ha dovuto compensare…”. La mia opinione è che a dispetto degli sperticati elogi all’umiltà (bah…) fatti dai suoi spin-doctor, compreso quel gesuita che Bergoglio si tiene appollaiato sulla spalla l’incredibile proskynesis abbia segnato un altro passetto verso il basso. Ma ecco Formicola:
♥♥♥
Cari amici,
oggi (ieri per chi legge, n.d.r.) Benedetto XVI ha parlato. E non poco. Ma stranamente non ha fatto il minimo cenno, non ha neppure evocato in modo indiretto, tra i problemi e i mali da affrontare, il cambiamento climatico, il riscaldamento globale, lo stato di salute del pianeta (forse non ‘è consultato con Greta), i migranti e nemmeno i poveri (addirittura!). veramente strano… Si è concentrato sulla sconvolgente crisi di fede e morale del nostro mondo, e dell’abuso che si fa dell’Eucaristia. E’ evidente ch’è poco aggiornato. Il Papa regnante non ha mai (davvero MAI) parlato di queste cose, mentre delle prime in modo alluvionale (a proposito di crisi climatica), fino a “benedire” i Movimenti Popolari, autentica sentina dei liquami ideologici – socialismo, peronismo, ecologismo, genderismo, abortismo, eutanasismo, omosessualismo, odio per la famiglia, ATEISMO, etc. – scaricati nell’Occidente che fu cristianità.

Poi, sempre dagli appunti del Papa emerito oggi pubblicati, traggo un paio di dati che vi partecipo.

  1. Già un caro amico – compreso in uno dei quattro blocchi d’indirizzi cui scrivo – l’altro giorno mi aveva aperto gli occhi (chiusi da quasi sessant’anni, e non son pochi), ma oggi le riflessioni “benedettine” me li hanno spalancati. Mc 9,42 (quello della macina al collo per chi scandalizza i “piccoli che credono”) io l’avevo sempre letto, da autentico ciuccio, “è meglio SI metta…”, quindi come istigazione al suicidio inteso auto-punizione (diciamo “alla Giuda”). In realtà è un’istigazione (figura retorica, naturalmente) alla pena di morte, “è meglio GLI si metta”, che evidentemente Gesù non aveva ancora capito ch’è inammissibile di principio in quanto contraria alla dignità umana (per la verità non l’aveva capito neppure san Disma, il buon ladrone, che riconobbe che la pena che gli era stata inflitta e in corso d’esecuzione era meritata e secondo giustizia).
  2. Una breve premessa. Il Papa martella sul fatto che siamo tutti peccatori (cfr. ieri all’udienza generale: “davanti a Dio siamo tutti peccatori e abbiamo motivo di batterci il petto – tutti!”). Ed ha ovviamente ragione. Siamo tutti (tranne la santissima Vergine Maria, che è nata santa, non “diventata”, come ha detto Francesco – magari gli è scappata) nati nel peccato. E poi al cospetto della santità assoluta di Dio, altro non possiamo dire di noi. E in ogni caso, per quel che mi riguarda, mi basta anche uno sguardo fuggevole a me stesso per convincermene. Epperò qualcosa non mi suonava. Detto così, senza un minimo di distinguo e precisazione sui santi, i giusti di Dio, mi suonava un po’ luterano. E poi “tutti peccatori, nessuno peccatore”, in fin dei conti.
Così invece scrive Benedetto XVI nei suoi “appunti”, e devo dire mi rischiara le idee (e ce ne vuole!), mi convince e soprattutto scioglie i miei piccoli patemi.
“[…]proprio quello di cui parla l’Apocalisse: il diavolo vuole dimostrare che non ci sono uomini giusti; che tutta la giustizia degli uomini è solo una rappresentazione esteriore. Che se la si potesse saggiare di più, ben presto l’apparenza della giustizia svanirebbe. Il racconto inizia con una disputa fra Dio e il diavolo in cui Dio indicava in Giobbe un vero giusto. Ora sarà dunque lui il banco di prova per stabilire chi ha ragione. “Togligli quanto possiede – argomenta il diavolo – e vedrai che nulla resterà della sua devozione”. Dio gli permette questo tentativo dal quale Giobbe esce in modo positivo. Ma il diavolo continua e dice: “Pelle per pelle; tutto quanto ha, l’uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell’osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia” (Gb2, 4s). Così Dio concede al diavolo una seconda possibilità. Gli è permesso anche di stendere la mano su Giobbe. Unicamente gli è precluso ucciderlo. Per i cristiani è chiaro che quel Giobbe che per tutta l’umanità esemplarmente sta di fronte a Dio è Gesù Cristo. Nell’Apocalisse, il dramma dell’uomo è rappresentato in tutta la sua ampiezza. Al Dio creatore si contrappone il diavolo che scredita l’intera creazione e l’intera umanità. Egli si rivolge non solo a Dio ma soprattutto agli uomini dicendo: “Ma guardate cosa ha fatto questo Dio. Apparentemente una creazione buona. In realtà nel suo complesso è piena di miseria e di schifo”. Il denigrare la creazione in realtà è un denigrare Dio. Il diavolo vuole dimostrare che Dio stesso non è buono e vuole allontanarci da lui”.
Giovanni Formicola
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E questa mattina ci è arrivato un messaggio incandescente da Romana Vulneratus Curia. Di cui condividiamo tutto, salvo la richiesta di licenziamento per il collega responsabile del titolo che ha fatto infuriare RVC. Eccolo:
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“Caro Tosatti, mi riferisco ai commenti  al breve memoriale di Benedetto XVI.  Ma stavolta solo  con due righe che parlano da sole.  Il Corriere (articolo di GianGuido Vecchi) titola così: “IL TIMORE CHE GLI APPUNTI DI BENEDETTO XVI SIANO USATI DAL FRONTE CONSERVATORE PER ATTACCARE PAPA FRANCESCO”. Letteralmente DEMENZIALE, l’autore di questo titolo andrebbe licenziato seduta stante per incapacità di intendere e volere.
– Subito a destra di questo illuminante articolo, c’è la foto di Papa Francesco, letteralmente prostrato a terra , che bacia il piede del Presidente del  sud Sudan  ( Salva Kir).  Non ho commenti, sono sgomentato. E aspetto con ansia  di leggere la intervista di mons. Carlo Maria Viganò che Tosatti immagino pubblicherà appena uscita”.

RVC
Marco Tosatti