“Era possibile prevedere gli eventi (dell’Istituto Giovanni Paolo II) che oggi hanno scosso l’opinione pubblica mondiale? Era possibile. Le manovre dottrinali fatte durante i due sinodi sul matrimonio e sulla famiglia nel 2014 e nel 2015 non hanno lasciato dubbi sul fatto che le tendenze postmoderne del comportamento e del pensiero al di là del bene e del male hanno invaso la Chiesa attraverso teologi e pastori che, per ragioni a loro note, hanno iniziato a distorcere la Parola di Dio per adattarla a quelle tendenze. Usando parole ambigue e dichiarazioni oblique hanno abilmente creato caos e confusione nelle menti e nei cuori di molte persone.”
Così Grygiel, amico fraterno di Papa San Giovanni Paolo II, in questa importante intervista rilasciata a Hanna Nowak, pubblicata su PCh24.pl, e che presento ai lettori di questo blog nella mia traduzione,
Hanna Nowak (Teologia Polityczna): Nei giorni scorsi ci sono stati grandi cambiamenti nell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia, che avete creato insieme a Karol Wojtyła 40 anni fa. Come si organizzerà a fronte del suo licenziamento? Era possibile prevedere una tale situazione?
Prof. Stanisław Grygiel (filosofo, eticista, antropologo): Non ci sono stati cambiamenti nell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia. L’Istituto è stato semplicemente sciolto da Papa Francesco esattamente due anni fa. Nello stesso motu proprio (Summa Familiae Cura, 8 settembre 2017) il Papa ha sciolto l’opera di San Giovanni Paolo II con una delibera e nel successivo ha creato un proprio Istituto, che conserva ancora il nome del suo santo predecessore. Il nuovo Istituto si chiama Il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia. Una parola nuova nel nome dice tutto: scienze. Quali scienze? Non c’è scienza del matrimonio e della famiglia. Che cosa descrive questo nome? Solo il fatto che la sociologia, la psicologia e le scienze affini decideranno come e cosa pensare del matrimonio e della famiglia nel neonato Istituto. A un certo punto ho chiesto di togliere il nome di San Giovanni Paolo II dal nome dell’Istituto, perché, come ho detto, non dovrebbe essere usato come una foglia di fico…. La teologia morale e anche l’adeguata antropologia di Wojtyła sono state abbandonate dall’Istituto – significa allora che l’etica delle persone sposate sarà determinata dai sondaggi di opinione? Il fatto che molte persone rubano, commettono adulterio, mentono, ecc. ci autorizza a sciogliere i Dieci Comandamenti? Chi pone domande sul senso della vita e cerca il cammino da seguire senza perdere la risposta a queste domande, non può vivere in una casa costruita su meandri sociologici e psicologici sul matrimonio e la famiglia in queste cosiddette diverse culture. Cristo non predicava le opinioni sociologiche ma la Parola del Dio vivente.
Come mi organizzerò in questa situazione? Mi tengo in contatto con i miei amici, in particolare con l’indimenticabile defunto cardinale Carlo Caffarra. Questo mi aiuta a creare una realtà scientifica di tipo familiare, in accordo con i pensieri e i desideri di Giovanni Paolo II per l’Istituto. Sono sorpreso da parole come “rinnovamento, espansione e approfondimento” di questo Istituto, che vengono pronunciate da coloro che lo stanno distruggendo insieme alla sua fondazione. Distruzione non significa rinnovamento.
Era possibile prevedere gli eventi che oggi hanno scosso l’opinione pubblica mondiale? Era possibile. Le manovre dottrinali fatte durante i due sinodi sul matrimonio e sulla famiglia nel 2014 e nel 2015 non hanno lasciato dubbi sul fatto che le tendenze postmoderne del comportamento e del pensiero al di là del bene e del male hanno invaso la Chiesa attraverso teologi e pastori che, per ragioni a loro note, hanno iniziato a distorcere la Parola di Dio per adattarla a quelle tendenze. Usando parole ambigue e dichiarazioni oblique hanno abilmente creato caos e confusione nelle menti e nei cuori di molte persone. Le parole di Cristo si sono avverate: “Ma il vostro parlare sia: ‘Sì, sì; no, no’; poiché il di più viene dal maligno.” (Mt 5,37). Quando si entra in questo “il di più”, la credibilità del Vangelo e della Tradizione della Chiesa viene minata. Basti ricordare l’affermazione dell’attuale generale dell’ordine dei gesuiti, secondo il quale non possiamo essere sicuri se Cristo abbia detto veramente le parole che gli evangelisti ci hanno tramandato perché non avevano il registratore. La mancanza di registratori, secondo il generale, significa che dobbiamo dipendere dalle interpretazioni delle interpretazioni. Pertanto, dobbiamo chiederci qual è l’influenza sulla Chiesa di persone che confidano non solo nella Parola del Dio vivente, presente nella Chiesa e dette “una sola volta” (semel dixit), ma anche in un tipo o nell’altro di interpretazioni sociologiche o psicologiche di questa Parola. La fede religiosa dipende dalla fiducia dell’uomo nel Dio vivente in una conversazione quotidiana e diretta con Lui e non attraverso le proprie opinioni su di Lui. Si desidera parlare con una persona cara faccia a faccia e non con la voce di quella persona registrata su un registratore.
Molti intellettuali sono stati licenziati dall’Istituto per la loro reazione alle voci che erano alternative alla Tradizione che seguivano. Questi eventi possono essere trattati come un momento simbolico, un sintomo tangibile di queste trasformazioni cui la Chiesa istituzionale sta cedendo?
Sì, possono. Possono e dobbiamo trattarli come tali. Sono convinto che quello che è successo all’Istituto è legato ai cambiamenti che potrebbero essere introdotti dall’imminente Sinodo pan-amazzonico. Potremmo porci una domanda: “La Chiesa, che ha guardato l’uomo alla luce della verità rivelata in Cristo, può anche guardare l’uomo quasi allo stesso livello della luce delle culture locali (per esempio, quella amazzonica) o la Chiesa deve rimanere in una luce evangelica e predicare ciò che può vedere?” L’abolizione dell’Istituto Giovanni Paolo II è divenuto un segno che ha rivelato i pensieri di molti cuori. Alcuni professori sono stati allontanati dall’Istituto, alcuni professori che leggono Amoris Laetitia alla luce della fede della Chiesa radicata nel Vangelo e nella Tradizione, e non, come ha chiesto il cardinale Christoph Schönborn di Vienna nel suo colloquio con il cardinale Carlo Caffarra, di leggere la Tradizione presente nell’insegnamento dei papi precedenti alla luce di quel documento (cioè dell’Amoris Laetitia, ndr). È in nome della Tradizione che entrambi i modi di camminare verso la verità sono importanti nella Chiesa. Leggendo la verità rivelata sull’uomo solo alla luce di del qui e ora dell’oggi, è molto facile scendere al punto di abbellire quelle verità da cui dipende la propria carriera. Quando Cristo dice che chi lascia la moglie e vive con un’altra donna commette adulterio, nessuna interpretazione, anche da parte del più intelligente teologo o ministro, può cambiare il significato della parola “chiunque”. Se diciamo che in questo o quel caso qualcuno non commette adulterio, perché giustificato da questo o quello, significa che allo stesso tempo, diciamo che Cristo non sapeva quello che diceva, perché non sapeva cosa c’è in un essere umano. Avrebbe dovuto chiedere agli altri. Ma San Giovanni dice che Cristo “conosceva tutte le persone” e non doveva chiedere a nessuno (Gv 2,25). Secondo la voce imperiosa degli odierni seguaci dell’etica situazionale e del discernimento pseudo-Ignaziano, Cristo non sapeva cosa si nascondesse in ogni uomo, perché, ad esempio, non sapeva cosa si nascondesse nell’uomo con la coscienza pulita che viveva nella sua seconda o terza unione pseudo-matrimoniale….. Quindi Cristo non era Dio. Qualcuno di molto importante nella Chiesa di oggi ha già osato dire che Cristo è diventato Dio solo dopo il momento della sua morte.
Da tempo si notano segnali inquietanti riguardanti i cambiamenti all’interno dell’Istituto. Alla luce di questo fatto, si è pensato di salvare l’identità dell’Istituto, ad esempio spostando la sede centrale da qualche altra parte? Si potrebbe dire che la parte del personale docente che è stata licenziata ha i propri diritti d’autore, poiché sono stati loro a crearlo secondo le decisioni di Giovanni Paolo II. Forse una tale mossa, basata sul riunirsi in un altro luogo, avrebbe impedito quello che è successo con la dispersione dei professori licenziati?
Non si può parlare di professori dell’Istituto con diritti d’autore. L’Istituto aveva i diritti papali, non quelli dei professori. Tuttavia, l’Istituto fondato da San Giovanni Paolo II ha lasciato il suo spirito tra migliaia di studenti in tutto il mondo. In quei giorni la loro voce si è rivelata così forte da sorprendere persino i professori stessi. I professori non sono dispersi. Rimangono ancora l’unica famiglia che San Giovanni Paolo II voleva. Il suo Istituto rimane ma in modo diverso.
Facendo riferimento alla domanda precedente vorrei chiederle come vede il ruolo della Chiesa polacca negli studi sul pensiero di Giovanni Paolo II e sulla sua divulgazione?
Penso che i nostri vescovi polacchi dovrebbero aver cura e fare in modo che i dipartimenti dedicati alla filosofia di Karol Wojtyła e all’insegnamento di Giovanni Paolo II siano stabiliti e Messi all’opera nei seminari e nelle università su cui hanno influenza. Studi antropologici e teologici basati sull’adeguata antropologia di Wojtyła e sulla teologia del corpo aiuteranno i sacerdoti a preparare i giovani a una vita di amore bello nel matrimonio e nella famiglia e anche alla vita sociale e dello stato. Questi studi aiutano la vita nella Chiesa. Le celebrazioni e le elaborate cerimonie in onore del Santo Padre non sono sufficienti. C’è bisogno del lavoro della mente e del cuore, un lavoro minuzioso nel quale la verità libera la persona che la cerca dalla schiavitù egiziana del male. Tali dipartimenti dovrebbero essere chiamati dipartimenti dell’amore responsabile o dipartimenti della libertà.
Nel difficile momento attuale le Chiese locali hanno bisogno di vescovi che professino coraggiosamente la loro fede in Cristo e dicano un forte “No” al diavolo. Le recenti dichiarazioni dell’arcivescovo di Cracovia Marek Jędraszewski, che ha espresso il suo “NO” evangelico all’ideologia dell’arcobaleno deformato, incoraggiano e portano speranza non solo ai polacchi. Molti cardinali e vescovi di altri Paesi lo hanno affiancato, vedendo in lui un degno successore dei cardinali Adam Stefan Sapieha e Karol Wojtyła. Dio non abbandona mai il suo popolo. Egli dona sempre dei pastori capaci di affrontare le sfide che potrebbero incontrare. L’arcobaleno dell’alleanza tra Dio e l’uomo ha sette colori sacramentali. Sono la vita della Chiesa. Tutti ci parlano dell’amore che si rivela e si realizza in loro. Togliere un colore dall’arcobaleno gli impedisce di essere un’epifania della luce dell’Amore di Dio, dispersa in sette colori. Il falso arcobaleno porta il caos nell’amore umano, che riflette l’Amore che è Dio. In questo caos la mente e il cuore dell’uomo diventano brutalizzati e schiavizzati. È dovere dei vescovi e dei sacerdoti difendere l’ovile loro affidato contro questo caos e contro coloro che usano questo caos per prendere il potere. La loro responsabilità è, quindi, quella di dire “Sì, Sì, No, No” e non menare il can per l’aia e cercare il proprio successo privato in quel qualcosa di più. Forse è comodo stare con il Diavolo, ma non è mai onorevole.
Una sera San Giovanni Paolo II mi dette una lettera scritta da un noto teologo. Disse: “Leggila e dimmi cosa ne pensi”. Quel teologo consigliava a Giovanni Paolo II di cambiare l’etica dei rapporti sessuali coniugali, perché se non l’avesse cambiata, molte persone avrebbero lasciato la Chiesa. Subito dopo aver letto la lettera dissi bruscamente: “Questo è stupido!” Dopo un momento di silenzio il Papa disse semplicemente: “Sì, è vero, ma chi glielo dirà?” Poi, senza dire una parola, andò in cappella e rimase lì da solo.
Qual era l’intenzione di Giovanni Paolo II al momento della fondazione dell’Istituto? Su quali valori lo stavate costruendo? Come ricorda i suoi primi colloqui con Karol Wojtyła?
San Giovanni Paolo II era ben consapevole del fatto che il destino della Chiesa si basa su ciò che è nel matrimonio e nella famiglia e anche che il destino del mondo era [da essi] determinato. Nelle nostre conversazioni a Cracovia e poi a Roma ci siamo scambiati riflessioni antropologiche e teologiche sull’amore coniugale e familiare, che dovrebbero plasmare la teologia e la filosofia coltivata nella Chiesa. Nell’amore coniugale e familiare, concepito nell’atto della creazione dell’universo e dell’uomo da Dio nel suo Figlio, si rivela la Verità – il Logos del Dio vivente, che noi chiamiamo, sit venia verbo, la dottrina della Chiesa (Mc 5,33-34). Affidandosi a questa Parola, in cui Dio pensa creativamente alla persona umana, sia la teologia che la filosofia dovrebbero essere coltivate nella Chiesa. La forza della fede nell’uomo e della fede in Dio si manifesta nella forza del nostro “No” a coloro che, per ragioni ideologiche, esigono che la società rispetti la vita umana solo a determinate condizioni e non incondizionatamente nella sua fase iniziale (aborto) e nella sua fase finale (eutanasia). La negazione dell’inizio e della fine dell’amore, a cui sono chiamati il matrimonio e la famiglia, amore che è un’epifania dell’Amore che unisce il Padre e il Figlio nella Santissima Trinità, piega l’ecclesiologia a una dimensione solo orizzontale e, con l’aiuto di metodi di ragionamento sociologico-psicologico, sottopone l’uomo alle ideologie che dominano in questo momento. Giovanni Paolo II ha messo in guardia e difeso la Chiesa e la società contro questo pericolo. A chi dice che non ha avuto successo rispondo brevemente che voleva una vittoria eterna. Si è affidato alla Verità eterna inchiodata alla Croce e ha piegato le ginocchia davanti a Lui. Non si è inginocchiato davanti al Maligno, trionfante in un tempo e in uno spazio particolare e promettente regni transitori di questo mondo. Con il potere della Parola del Dio vivente ha affermato che la libertà non dipende dal fare ciò che l’uomo sente di fare oggi o che avrebbe voluto fare domani, ma dal fare ciò che tutti dovrebbero desiderare. E la Verità ci dice cos’è che l’uomo dovrebbe volere. La libertà viene dalla Verità e non dall’illegalità. Non ha nulla a che fare con la mancanza di regole.
Già 40 anni fa Giovanni Paolo II parlava della crisi della famiglia. Questo tema è stato molto importante in tutto il suo pontificato e la sua espressione formale è stata l’esortazione apostolica Familiaris Consortio.L’insegnamento papale è in pericolo ora, quando la crisi si è ulteriormente aggravata e l’Istituzione, che avrebbe dovuto contrastarla, sta subendo cambiamenti così radicali?
Le minacce alla Verità presenti nella fede della Chiesa e nell’amore dell’uomo al prossimo, poi alla Verità presente anche nell’insegnamento di Giovanni Paolo II, che esprime la fede in Dio e nell’uomo, potrebbero ferire dolorosamente le persone; tuttavia non è mai una minaccia mortale alla Verità stessa. La Verità sarà sempre misericordiosamente presente all’uomo. Grazie a questo, anche nel cuore delle tenebre, l’uomo porta con sé un dono di speranza contro la speranza (spes contra spem). Cristo, che risuscita i morti perché siano santi, è presente in questo dono. La Chiesa vive grazie alla libertà risorta della loro fede, speranza e carità. Cristo è presente in queste tre epifanie del dono della libertà. Egli non è presente nelle opinioni su di Lui, specialmente quelle create da alcuni teologi e ministri secondo il principio marxista: Praxis (in questo caso la cosiddetta prassi pastorale) determina la verità, o Logos. Oggi, l’esortazione apostolica Familiaris Consortio o l’enciclica Redemptor Hominisdovrebbero essere lette nelle chiese ogni giorno. Ogni cristiano dovrebbe incidere nella sua mente e nel suo cuore le parole di Cristo: “poiché tu non puoi far diventare un solo capello bianco o nero. Ma il vostro parlare sia: “Sì, sì; no, no”; poiché il di più viene dal maligno.” (Mt 5,37). Nei documenti della Chiesa docente non c’è posto per l’ambiguità o per il ben noto detto in Polonia, “Io sono a favore e persino contro”. L’ambiguità nella Chiesa potrebbe anche avere conseguenze tragiche. Introduce nella vita della Chiesa una comprensione della verità in una concezione lineare della storia, non secondo il punto di vista del Redentore dell’uomo che “è il centro dell’universo e della storia” (cfr. Redemptor Hominis, 1).
Che cosa significano le proposte della nuova ideologia e in che misura sono una vera minaccia per la Chiesa, per la famiglia nel lungo periodo?
La risposta a questa domanda è nelle risposte alle domande precedenti. Aggiungo solo che in queste proposte ci sono parole che hanno cambiato significato. Sono state distaccate dalla realtà che le riguarda. Nelle ideologie postmoderne parole come l’amore, la libertà, la giustizia, la pace, la tolleranza appartengono solo alle opinioni create per volere delle mode transitorie, che sono governate dal principio: “Fate quello che volete!” Oggi vale la pena ricordare le parole profetiche di Vladimir Soloviev contenute nel suo libro Anticristo (guardate il card. Biffi che ne parla, ndr), pubblicato nel 1899, secondo cui quando l’Anticristo apparirà assumerà la forma del pacifista, del vegetariano, dell’ecologista e dell’ecumenista. La famiglia si disgregherà? Sono sicuro che non lo sarà. Perché? Perché la Verità, a cui una persona umana è affidata, e quindi anche il matrimonio e la famiglia, non si distruggerà. Dio non può essere distrutto da nessuna opinione su di Lui. Quindi c’è qualcuno a cui tornare e nel Quale è possibile tornare a una nuova vita. La Verità ci difende.
Secondo George Weigel, la Chiesa postconciliare ha seguito due strade contraddittorie. La prima emerge dalla filosofia di Hegel, Feuerbach, Marx. L’altra, quella tradizionale, si è riferita all’insegnamento del patrono dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia. Vorrei porre una domanda filosoficamente ingenua, ma proprio per il puro stupore: come ha potuto un potere così forte e parallelo nella Chiesa prendere piede con una posizione culturale che ne attacca le caratteristiche vitali?
È una domanda difficile. Cristo metteva in guardia i suoi discepoli dal non avere una vigilanza intellettuale e orante (cfr. Mt 26,41). Molti fattori hanno contribuito al suo indebolimento. Suppongo che una delle ragioni principali di questa mancanza di vigilanza sia la mancanza di preghiera, ma anche la mancanza di cultura. Sto parlando della cultura di cui parlava San Giovanni Paolo II e senza la quale nessuna cultura storica è cultura. Parlo della cultura come cultura che coltiva l’umanità nell’uomo grazie alla grazia della verità liberatrice e sanante senza la quale nessun uomo può comprendere se stesso. Il compimento dell’umanità nell’uomo è la Terra Promessa per tutti, verso cui ci dirigiamo fino all’ultimo momento della vita. Morenti, la vediamo e la salutiamo solo da lontano (cfr. Eb 11,13). Come un leone ruggente il Maligno si aggira intorno alla nostra speranza, in attesa di un momento opportuno per attaccare. L’Istituto è stato attaccato da teologi e ministri che non avevano speranza e fede. Hanno smesso di credere alla grazia che viene dal vivere nella santità del sacramento del matrimonio e credono che questo (il matrimonio, ndr) sia un ideale impossibile da realizzare. Sono loro che hanno sostituito la dimensione verticale della metafisica e a fortiori della teologia morale e dell’adeguata antropologia di Wojtyła con il piano orizzontale della sociologia, della psicologia e delle scienze simili. Il nuovo nome dell’Istituto mostra un nuovo fondamento del pensare al matrimonio e alla famiglia, il che significa una diversa percezione dell’amore e della libertà.
Perché una prestigiosa scuola cattolica, quando c’è una crisi universitaria, chiama “sviluppo” la sua riformulazione, copiando de facto schemi delle università laiche? Perché il pragmatismo sostituisce il kerygma?
Questa è una grande domanda. Grazie per averlo chiesto. L’esperienza mi dice che il pragmatismo soppianta il kerygma ovunque la voce decisiva appartiene a persone che sono state corrotte in un modo o nell’altro dalla “debolezza della carne” (cfr. Mt 26,41), ed è per questo che non vegliano e non pregano. Vogliono giustificare il male che hanno fatto, perché non credono che l’unico rimedio al peccato sia la misericordia di Dio. Credono solo nel potere della politica e del possesso. Quindi non sorprende che la loro idea di misericordia sia solo la distribuzione del pane e con questa misericordia vogliono giustificarsi. Nella loro misericordia pragmatica allontanano le persone dalla misericordia che è la Parola redentrice del Dio vivente. Il dono della verità è misericordia per l’uomo. L’uomo si suppone che cerchi il suo regno e il resto gli sarà dato (cfr. Mt 6,33). Le università secolari, che prima di tutto cercano le cose “date”, perdono la strada verso la verità e infine dimenticano come chiedere la via e sprofondano nella insensatezza. La gente nella Chiesa vuole che le sue università condividano il destino delle università secolari? Alcuni forse lo fanno. Perché? Questa è la domanda.
Lo chiederò ironicamente, anche se non senza timore, il prossimo passo sarà sostituire il dogma con l’attuale programma alla moda di cooperazione tra accademici e imprese?
Questo può essere realizzato attraverso il modo di pensare di molti teologi e ministri, che è guidato da un principio marxista allargato: la prassi pastorale crea la verità. Il lavoro pastorale è diventato per loro una specie di attività di impresa. La volontà di raggiungere un notevole successo li spinge a cercare nei sondaggi di opinione il criterio del bene e del male, della verità e della menzogna. I sacerdoti, i teologi, i filosofi e gli istituti per i quali lavorano saranno giudicati in base all’efficienza del successo dimostrato sperimentalmente. Alcuni pastori e arcipreti sembrano dimenticare che la contemplazione della verità, del bene e della bellezza non può essere trattata allo stesso modo della produzione di secchi, martelli o chiodi.
La disputa che stiamo avendo non è semplicemente una discussione sui punti di vista. Quando si tratta del cristianesimo, le dispute nozionali hanno sempre il loro peso materiale, concreto. I cambiamenti strutturali in atto in Vaticano non solo confermano alcune tendenze presenti da tempo nella Chiesa, ma costituiscono anche una nuova realtà. Come vede il suo ruolo – sia come creatore intellettuale dell’Istituto sia come cattolico – di fronte a questa nuova realtà?
Non mi preoccupo di cosa fare oggi, ma di come dovrei essere qui e ora, per non soccombere alla paura, ma di prendermi cura con dignità del dono della fede, della speranza e della carità. Respingo l’idea orizzontale della nuova Chiesa, o del nuovo mondo predicato dai teologi fans di Aldous Huxley. Questo è il principio marxista: la prassi decide ad ogni costo ciò che è vero, portando a ciò che non è vero. Ogniqualvolta sia necessario, chi crede nel potere del Verbo di Dio fatto carne dovrebbe sempre dire un “No” forte e inequivocabile a chi si affida ad altri poteri. Tale persona dovrebbe alzare il bicchiere nel brindisi del cardinale Newman alla coscienza.
Sulla base della sua esperienza di molti anni di lavoro a Roma, vede qualche errore dal punto di vista ortodosso nel modo in cui avete insegnato sul matrimonio e sulla famiglia? Siamo in grado di esprimere i valori tradizionali e immutabili nelle forme comunicative moderne? Quale linguaggio dovrebbe essere usato per parlare della Sacra Famiglia oggi? La Sacra Famiglia ci racconterà di se stessa da sola e alla fine non dovremmo preoccuparci del silenziamento del Vangelo?
Abbiamo commesso degli errori in questo senso in cui abbiamo parlato del matrimonio e della famiglia con parole vuote, cioè con parole che non sono risuonate con l’amore per la verità sull’amore umano. Le parole in cui non eravamo presenti erano “un gong rumoroso o un cembalo che tintinna” (1 Cor 13,1). Spero che abbiamo detto anche parole che non erano vuote perché piene della Parola. Confidiamo in questa Parola e nelle conseguenze della nostra fede in essa. Affidarci alla Parola del Dio vivente è difficile e facile allo stesso tempo. Chiunque può affidarsi a Lui indipendentemente dalla sua educazione. La fede dell’analfabeta a volte è così grande che i teologi non possono approfondirla con la loro mente limitata. La difficoltà della fede sta nel fatto che richiede la conversione a Dio da parte di tutti, analfabeti e studiosi. Un ministro è un ministro e un teologo è un teologo, quando indicano con una parola che è un atto e con un atto che è una parola verso questa parola-atto che è il Redemptor Hominis (il Redentore dell’uomo, ndr) – “il centro dell’universo e della storia”. Hegel direbbe che alla gente dovrebbe essere costantemente ricordata la morte perché solo quando essa li guarda negli occhi possono affrontare la domanda sul senso della loro vita. Cominciano a pensare.
Troppo spesso i politici usano parole vuote. Per questo motivo vengono applauditi e votati da persone che non pensano. La Chiesa non ha a che fare con la politica, ma con la salvezza in Cristo – con la Parola del Dio vivente. Nella Chiesa non c’è posto per predicare parole vuote e per l’insensatezza. Teologi e ministri, prima di iniziare a cercare parole per i loro discorsi, dovrebbero inginocchiarsi davanti alla Parola, la quale dovrebbero rendere evidente agli altri e ascoltarla. Questa Parola è la stessa di duemila anni fa. Non cambia. Quindi, le parole che si suppone trasmettano la Parola devono essere assolutamente chiare. Le parole sporche che escono dalla bocca degli uomini, che si lasciano ingannare dal Maligno, non aprono nessuno a Dio, ma servono come strumenti per sottomettere la Sua presenza nelle coscienze di tutti gli uomini alla volontà dei governanti di questo mondo. Cristo parla sempre la stessa Parola, perché comunica se stesso, il Figlio del Dio vivente. Le uniche parole impossibili da comunicare sono quelle che non contengono la Parola. La Parola in cui avviene l’atto della creazione. La Sacra Famiglia è una prova epifanica dell’atto della creazione e allo stesso tempo l’atto di salvezza, prova unica e irripetibile nella storia dell’umanità. Nessuno e niente può soffocarla, perché nessuno e niente può soffocare la Parola, che è il centro dell’universo e della storia.
Traduzione dal polacco all’inglese di Jan J. Franczak
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