ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 31 agosto 2019

Ispiratori e formatori di futuri vescovi

I teologi cattolici sono diventati innanzi tutto degli ermeneuti postmoderni




  

In seguito all’articolo [Lo strano nuovo arcivescovo di Marsiglia - https://www.riposte-catholique.fr/archives/152809), un lettore ci scrive:

A. In linea generale, ciò di cui parlate è “strano” solo per quelli che ignorano che un buon numero di teologi cattolici, specialmente fra i Domenicani e i Gesuiti, per prima cosa non sono dei teologi cattolici ormai da lungo tempo, nel senso che essi non fanno più della teologia cattolica, nell’accezione ortodossa e realista del termine, dalla fine degli anni ‘60 o dai primi degli anni ‘70.


B. Questo non significa che questi teologi cattolici siano diventati dei teologi proto-eretici o dei teologi cripto-protestanti, ma significa che questi teologi cattolici sono diventati innanzi tutto degli ermeneuti postmoderni, discepoli o eredi di altri teologi cattolici anch’essi diventati ermeneuti postmoderni, e cioè dei teologi cattolici che subordinano la teologia cattolica ad un ragionamento filosofico pienamente propizio alla sottomissione della teologia cattolica ad un approccio attualizzante e interpretativo piuttosto che oggettivante ed esplicativo; l’approccio ermeneutico postmoderno è infatti frequentemente dogmatico ad intra ed ecumenista ad extra.

C. Dire che un buon numero degli odierni teologi cattolici non sono più, nei fatti, dei teologi cattolici, ma sono di fatto degli ermeneuti postmoderni; o dire che questi teologi cattolici non fanno più da lungo tempo della teologia cattolica, ma fanno dell’ermeneutica postmoderna dalla fine degli anni ’60, è una constatazione e non certo un insulto o un giudizio, tanto più che le loro riflessioni sfociano talvolta in opere di un grande interesse.

D. D’altronde, alcuni di questi teologi cattolici, divenuti prima di tutto ermeneuti postmoderni, e non degli ultimi, hanno mostrato e assunto, fin dai primi anni ‘70, o mostrano e assumono, ancora oggi, alla fine degli anni 2010, tale sottomissione o subordinazione della loro teologia cattolica all’ermeneutica postmoderna: essi cioè hanno fatto proprio un modo di ragionare a carattere anti-metafisico o post-metafisico.

E. Coloro che non si rendono conto di ciò che qui è in giuoco, leggano i libri del domenicano Claude Geffre (nella foto) e del gesuita Joseph Moingt, e comprenderanno il significato di questa constatazione: questi autori sono stati (Claude Geffre è morto nel 2017) o sono ancora (Joseph Moingt è ancora in vita) ufficialmente dei teologi cattolici che non fanno più effettivamente della teologia cattolica, nel senso che non fanno più della teologia cattolica non asservita all’ermeneutica postmoderma e ad un approccio dogmatico ed ecumenista dalla fine degli anni ’60 o dai primi degli anni ’70. Lo stesso Claude Geffre l’ha anche legittimato e teorizzato, anche se logicamente non l’ha esplicitato così.

F. Occorre rendersi conto che alcuni di questi teologi cattolici che sono diventati degli ermeneuti postmoderni o la cui teologia cattolica è diventata innanzi tutto ermeneutica postmoderna, da mezzo secolo sono ispiratori e formatori di futuri vescovi e di futuri teologi; il che implica che certi vescovi e certi teologi odierni, anche se avvertono il problema, non sono in grado di comprendere l’ampiezza e la portata della differenza di natura tra la teologia cattolica non asservita e la teologia cattolica asservita all’ermeneutica postmoderna … al punto che non si tratta più di teologia cattolica intesa secondo l’accezione preconciliare di questa espressione.

G. In queste considerazioni non v’è alcuna rigidità né alcun settarismo, dal momento che certi chierici cattolici, istituzionalmente importanti e intellettualmente influenti, nonché ispiratori di altri chierici cattolici, hanno cominciato ad aderire e a fare aderire a quello che Claude Geffre chiama, fin dal 1972: “una nuova età della teologia”; con la conseguenza che spesso non siamo più in presenza di una produzione intellettuale caratteristica della teologia cattolica, secondo l’accezione di questa espressione anteriore all’avvento di tale “nuova età”; ma spesso siamo in presenza di una produzione intellettuale caratterizzata da un “rifacimento” della teologia cattolica ad opera dell’ermeneutica postmoderma.

H. D’altronde, tutto questo costituisce una delle ragioni per le quali ciò che si chiama “crisi nella Chiesa” non dà cenni di voler terminare, poiché il nuovo modo di ragionare di cui parliamo qui, e che è molto più filosofico e postmoderno (ispirato in particolare a Gadamer, Levinas ecc.) che teologico e cattolico, nell’accezione non adogmatica né ecumenista dei termini, è diventato qua e là nella Chiesa il modo di ragionare quasi esclusivo e quasi ufficiale.
Tale modo di ragionare, partito con l’essere quasi anti-tomista e divenuto quasi post-tomista, con la sua vittoria ha reso difficile la vigilanza e la resistenza dottrinale e spirituale dei cattolici a fronte del confusionismo, del consensualismo e dell’egualitarismo in religione, e a fronte del relativismo e del soggettivismo nella morale.

E non può essere diversamente, poiché  ci troviamo spesso in presenza di una produzione intellettuale non primariamente cattolica, ma primariamente postmoderna, che non ha un carattere regolatore ad intra, a beneficio della fede cattolica e della fede dei cattolici, ma un carattere simpatizzante ad extra, in particolare a beneficio dell’adesione dei cattolici alla concezione dominante di almeno una parte dei valori contemporanei.

Ancora una volta, quanto detto fin qui non significa che i futuri vescovi e i futuri teologi che si rimettono o si sottomettono alle componenti e alle conseguenze della trasformazione in generale e in particolare della trasformazione della teologia cattolica ad opera dell’ermeneutica postmoderna (al punto da trarre in parte ispirazione dalla filosofia tedesca e dalla teologia protestante liberale), sono degli “apostati” o degli “eretici”, ma significa che questi chierici cattolici subiscono gli effetti di un “cambiamento di paradigma”, apparso intorno al 1969, che è ancora più “decattolicizzante” di quello che si manifestò introno al 1939 (Cfr. Chenu, Congar, Rahner, Theilhard), il che non è certo di poco significato. 


di
 Maximilien Bernard



Articolo pubblicato sul sito francese Riposte Catholique



http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3134_Bernard_Teologi_diventati_ermeneuti.html

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