Un gruppo di frati francescani ha difeso la pubblicazione di un biglietto di auguri natalizi  raffigurante la dea della terra andina “Pachamama” accanto alla Beata Vergine Maria.
C’è ne parla Martin M. Barillas in questo suo articolo pubblicato su LifeSiteNews.
Eccolo nella mia traduzione.

Pachamama e la Beata Vergine Maria
Pachamama e la Beata Vergine Maria

Un biglietto di auguri natalizi di Franciscans International (FI), un gruppo per i diritti umani formato da vari ordini francescani, ha raffigurato la dea della terra andina “Pachamama” accanto alla Beata Vergine Maria.
In una e-mail ad un cattolico preoccupato ottenuta da LifeSiteNews, il direttore esecutivo di FI, padre Markus Heinze OFM, si è difeso in questo modo.
“Per quanto riguarda la sua accusa al messaggio della cartolina di Natale, non voglio entrare nei dettagli, non capisco perché consideri un sacrilegio l’unione di Maria con il simbolo pagano della madre terra mentre tutti noi siamo abituati a mettere un asino accanto al neonato Gesù”, ha scritto. “L’asino è il simbolo dei pagani. E lo facciamo perché crediamo che Dio sia venuto nel nostro mondo in Gesù per incontrare tutte le persone, compresi i pagani”.
“Quindi il sacrilegio non è incontrare i pagani, il sacrilegio è quando non li incontriamo con rispetto come ha fatto il cristianesimo in passato quando hanno ucciso centinaia di migliaia di indigeni e distrutto la loro terra e la loro cultura”, ha concluso Heinze.
Nell’originale saluto natalizio di FI, Heinze ha scritto:
Nel contesto della natività, Luca ci racconta dell’incontro tra Maria e sua cugina Elisabetta. Le due donne, entrambe in attesa di un bambino, si incontrano con attenzione e sensibilità. All’apertura del Sinodo, Papa Francesco ci ha chiesto di avvicinarci ai popoli dell’Amazzonia “in punta di piedi”.
In questa immagine lei vede Maria, che noi onoriamo come “la nuova Eva” o Madre della Vita, insieme alla Pachamama, che alcuni popoli indigeni onorano come “la madre della terra”. Anche Francesco d’Assisi descrive la terra come nostra madre nel Cantico.
La Pachamama, una donna amazzonica incinta, nuda e con il ventre rosso, sta di fronte alla Vergine Maria nell’immagine che FI ha usato in cima alla sua e-mail di saluto. 
Il biglietto di auguri si è concluso con: “Festeggiando il Natale, desidero che ci avviciniamo a Dio e che ci avviciniamo l’un l’altro in punta di piedi, in modo da sperimentare in questi incontri il “vero vivere””.
Biglietto di auguri natalizi dei Franciscans International
Biglietto di auguri natalizi dei FranciscansInternational
Papa Francesco ha benedetto il 4 ottobre una statua della Pachamama in occasione di un rituale in cui sono stati piantati alberi nei giardini vaticani che ha dato il via al Sinodo dell’Amazzonia. Diverse statue della Pachamama sono state poi esposte all’interno della chiesa di Santa Maria in Traspontina, vicino al Vaticano. Questo ha spinto il 26enne austriaco Alexander Tschugguel a rimuoverle e a gettarle nel Tevere.
Si presume che siano state recuperate. In seguito, Papa Francesco rilasciò una dichiarazione in cui si scusava come “Vescovo di Roma” per la rimozione delle “statue della Pachamama” dalla chiesa. Ha affermato che erano lì “senza intenzioni idolatriche”.
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò si è unito a più di 100 altri cattolici di spicco nel chiedere a Papa Francesco di pentirsi per la sua partecipazione al rito pagano. Separatamente, eminenti ecclesiastici come il Cardinale Walter Brandmüller, il Cardinale Raymond Burke, il Cardinale Gerhard Müller, il Cardinale Jorge Urosa Savino, il Vescovo Athanasius Schneider, il Vescovo José Luis Azcona Hermoso, il Vescovo Rudolf Voderholzer e il Vescovo Marian Eleganti hanno anche espresso la loro preoccupazione per i rituali della Pachamama.
Franciscans International dice sul suo sito web che gode dello status consultivo presso le Nazioni Unite come “organizzazione non governativa internazionale non profit per i diritti umani” per “promuovere e proteggere i diritti umani e la giustizia ambientale”.
I suoi post sui social media indicano che è attualmente impegnata in una campagna contro l’infanticidio rituale nel paese dell’Africa occidentale del Benin.
L’infanticidio commesso dai nativi dell’Amazzonia è emerso più volte durante le conferenze stampa del Sinodo.
Francia, la crisi del cattolicesimo racconta il tramonto dell’Occidente
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La Francia, patria del tradizionalismo cattolico ed europeo, vive la sua crisi di fede. L’immagine della cattedrale di Notre Dame che brucia come raffigurazione plastica del tramonto della civiltà occidentale: abbiamo imparato ad accettare l’utilizzo della simbologia europea che viene meno, anche in senso fisico, come allegoria dei tempi che corrono. Succede più o meno lo stesso con le parrocchie trasformate in supermercati nel nord Europa o con quelle che, addirittura, cambiano destinazione d’uso in moschee. Ma quando è il Papa della Chiesa cattolica – com’è successo tramite gli auguri rivolti alla Curia di Roma per le festività natalizie di quest’anno – ad avvertire, mediante argomentazioni che nella premessa sono apparse ratzingeriane ma che, per via della continuazione del ragionamento papale, hanno subito virato verso il progressismo, che quella a noi contemporanea non è più un’epoca cristiana, allora il contorno di un singolo episodio, come quello di Notre Dame, assume fattezze tanto realistiche quanto drammatiche.
Quando Jorge Mario Bergoglio ha pronunciato quella frase, ossia “non siamo più in un regime di cristianità, serve un cambio di mentalità della Chiesa”, il pontefice si è anche riferito, con toni “martiniani”, nel senso del cardinal Carlo Maria Martini, ad una sorta di cambio di paradigma: l’Ecclesia è troppo indietro per il Santo Padre. Per questo prima si parlava di progressismo: il vescovo di Roma pensa ad uno scatto più che ad una marcia indietro. E tutti gli ambienti ecclesiastici sono chiamati ad evolvere. Può essere una ricetta salvifica. In Francia, per anni, hanno pensato l’esatto contrario. L’ex arcivescovo di Buenos Aires, nel momento in cui ha dovuto scegliere il nuovo arcivescovo parigino, ha optato per Michel Aupetit, che è considerato un conservatore e che pone spesso gli accenti delle sue omelie sui “valori non negoziabili”. Ci si aspettava un nome differente. Uno magari più in linea con la pastorale di Bergoglio. Ma Oltralpe, e il Papa lo sa bene, bisogna fare i conti con il tradizionalismo di cui sopra. “Durante quest’anno, uno su cinque, ossia il 20 per cento dei nuovi preti in Francia appartengono a queste comunità: tre sono state le ordinazioni per l’Istituto del Buon Pastore, due per la Fraternità San Pietro e due anche per l’Istituto di Cristo Re e Sommo Sacerdote. Queste comunità inoltre possono contare su un notevole gruppo di sacerdoti giovani”. A scriverlo, come riportato da Settimana News nel 2018, è stata la Croix. E il trend sembra interessare anche altre zone del Vecchio Continente.
I “cugini” transalpini divengono così in grado di raccontare meglio di altri popoli occidentali quello che sta accadendo al cattolicesimo in Europa. La “minoranza creativa”, quella fedele ai dogmi e al Depositum Fidei, la stessa di cui aveva già parlato Benedetto XVI, avanza, mentre i cattolici tout court, nel senso di battezzati, diminuiscono in maniera graduale ma prospetticamente ineluttabile. Il bivio, per salvare la confessione cristiano-cattolica, è sempre lo stesso: legarsi mani e piedi al tradizionalismo o abbracciare il mondo mediante la fuoriuscita della Chiesa da se stessa. Se ne discute in ogni ambiente teologico. Sappiamo quale sia la versione fornita dal Santo Padre. Ma conosciamo pure qualche disamina di peso. Come quelle riportate da Il Foglioin un articolo a firma di Mauro Zanon, che parla di un vero e proprio “sgretolamento” del cattolicesimo francese. Una ennesima spada di Damocle che pende sullo stato di salute della Chiesa.
Sì, certo, esistono casi di abusi sessuali, presunti o provati, che influiscono sulla fama delle istituzioni ecclesiastiche. Il cardinale Philippe Barbarin, ormai ex arcivescovo di Lione, si è presentato in Vaticano a metà del marzo scorso. Egli, che è un altro considerato un campione del tradizionalismo, si sarebbe voluto dimettere dopo la condanna in primo grado a sei mesi per “omessa denuncia di maltrattamenti”. Detta in altre parole: coperture o insabbiamenti. Ma il pontefice argentino vuole vederci chiaro. E Bergoglio ha ricusato quelle dimissioni. Ma il caso Barbarin, sempre se tutte le verifiche e le indagini successive alla prima sentenza dovessero confermare il quadro complessivo, è soltanto un altro dei simboli di una crisi, che sembra dipendere per lo più da ulteriori fattori.
Il cardinale Robert Sarah, che in Francia ha un ruolo di peso e che sempre in Francia usa rilasciare la maggior parte delle sue dichiarazioni, ha letto la situazione generale pure attraverso la seguente analisi: “La crisi che il clero, la Chiesa, l’Occidente e il mondo stanno vivendo è radicalmente una crisi spirituale, una crisi di fede in Dio. È una crisi antropologica; quella economico-sociale – ha aggiunto il cardinale, come si legge sul blog di Aldo Maria Valli – ne è solo un corollario: certamente drammatico, ma un corollario. Il declino della fede nella presenza effettiva di Gesù Eucaristia è al centro dell’attuale crisi e declino della Chiesa, specialmente in Occidente”. Un corollario, appunto, che in Francia sembra acquisire la dignità di teorema.