ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 9 dicembre 2019

Riconoscere la propria miseria umana



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Ho parlato a lungo, per telefono, con un santo, anziano sacerdote. Aveva saputo da un’amica comune della diagnosi di carcinoma che mi è stata fatta per la prostata. Mi conosceva, per aver letto alcuni miei libri.

Mi ha detto parole edificanti, commoventi. Un privilegio parlare con lui.

Mentre parlava, mi è passata davanti la mia vita di povero peccatore. Vivere la Grazia significa, soprattutto, riconoscere la propria miseria umana ed accettare tutto quello che Dio decide per me, nel totale abbandono a Lui. Solo così, si può dare un senso alle umiliazioni, alle sofferenze che si devono sopportare. Considerarle una prova alle quali si viene sottoposti e offrirle per quelle che sono: un richiamo di Dio alla nostra realtà di uomini macchiati dal peccato originale, che nel percorso terreno devono purificare la loro vita e donarla al Re dei Re.


Le prove alle quali Dio ci sottopone sono Suoi gesti d’amore nei nostri confronti.

Egli vuole sempre il nostro bene e sa trasformare in bene il male che permette si manifesti.

L’anima dell’uomo, nella sofferenza, si distacca completamente dalle cose che appartengono alla terra. Chiede a Gesù di non indurci in tentazione e di liberarci dal male – lo diciamo nell’unica preghiera che ci ha insegnato Gesù, che ora hanno inteso cambiare, come se questo possa accadere senza che Egli usi il braccio della Sua giustizia, che Sua Madre ancora trattiene – e ci avvicina alla nostra vita vera, quella eterna.

Noi siamo nati per vivere nell’eternità, attraverso un cammino di santificazione personale che ha per fondamento l’imitazione di Gesù, dei Suoi comportamenti, dei Suoi gesti, della Sua Parola. Tutto il resto, non conta nulla, in questa vita, dove abbiamo il dovere di rispondere con il bene al male che riceviamo, quello che proviene dai nostri nemici, che sono sempre subdoli, infingardi, vendicativi, come lo è il maestro della menzogna.
Gesù ci vuole Santi. Suoi per sempre. Uomini e donne capaci di vivere con coraggio ogni situazione, di dedicare e di vivere anche verso i nostri nemici – che negheranno sempre di essere tali, perchè sono privi di coraggio e di lealtà – l’amore che nutriamo per la Persona-Dogma che si è sacrificata per noi.

L’amico sacerdote, che soffre tanto per la situazione in cui si trova la Chiesa e per quello che dicono e fanno – e non dicono e non fanno – gli uomini che fanno parte della gerarchia ecclesiastica, mi ha invitato a continuare a scrivere, anche in questo momento di prova. Secondo lui, quello che scrivo fa del bene a molti. Verso lacrime, allora. All’inizio della mia avventura di “scrittore” - iniziata nel 2012 e che mi ha portato a pubblicare, finora, dieci libri, compreso l’ultimo, che a pare di molti è forse il più bello, “Maria e il serpente” (*) – dicevo a me stesso che se quello che scrivevo sarebbe servito anche ad una sola persona, ne sarei stato felice. Dio ha voluto che migliaia di persone fossero “toccate” dalla mia storia e dalla mia testimonianza.

Come il Cireneo, che passava dalla strada che percorreva Gesù con la Croce addosso, non mi sono sottratto ad aiutarLo. A darGli una mano. Indegno come sono. Suo “servo inutile”. Quale grande privilegio mi ha dato Gesù. Dare una mano a Lui, piuttosto che a Pannella e a Bonino! Mi ha riservato una grande, inattesa “sorpresa”. Un nuovo inizio della mia vita, che ho affrontato e sto affrontando dedicando solo a Lui il mio tempo. Questo tempo, in attesa di poter vivere per sempre accanto a Lui, se me lo concederà, rivedendo i mei cari genitori, che non ci sono più da molti anni, morti a distanza di tre mesi l’uno dall’altro e le persone che mi hanno voluto bene. Almeno, lo spero, perchè dipenderà dal giudizio che Gesù esprimerà su di me.

Che grande mistero è la vita. Si pensa di non doverla lasciare mai. Per questo nessuno parla della morte, soprattutto chi dovrebbe farlo per “mestiere”. Si tenta di esorcizzarla con il silenzio, tacendo la sua realtà. Se ne prova una feroce paura, che non deriva dal giudizio finale e particolare – anch’esso ignorato da una Chiesa che accondiscende all’immanenza e al materialismo – ma dalle miserie umane, quelle che hanno dato origine al peccato originale.

Nel cristiano, vita e morte si prendono per mano. Camminano insieme. Non disponiamo della nostra vita. Tutto è nelle mani di Dio, che ci accoglierà in Paradiso se l’avremo meritato nel nostro percorso terreno. Altrimenti, ci punirà con il supplizio terribile del Purgatorio o con quello eterno delle fiamme dell’Inferno. Ci giudicherà sull’amore, come scrive San Giovanni della Croce: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore». Perchè l’amore è Dio. E’ lo stare dalla Sua parte, sempre. E’ osservare le Sue leggi. E’ testimoniarle a chi non le conosce. L’amore è riconoscere Dio. E’ chiedergli perdono, come fece il “buon ladrone”, con Gesù che gli era accanto. L’amore è conversione della nostra anima, perchè viva nella consapevolezza che istante dopo istante – fino alla fine – dobbiamo vivere nell’umiltà di fare la volontà di Nostro Signore, come disse la Santa Vergine all’Angelo che l’andò a visitare per annunciarLe che avrebbe messo al mondo, da Immacolata Concezione, il Figlio di Dio.

Se la Chiesa tornasse a parlare dei “Novissimi” - liberandosi dal laccio di quell’essere immondo che costringe molti membri della gerarchia ad ignorarli, dando voce solo a quel che il mondo, nelle mani del nemico di Gesù, vuole sentirsi dire – terminerebbe la sofferenza di quel mio amico sacerdote e dei tanti che soffrono come lui, per le ambiguità, le falsità, le menzogne, che ascoltano da oltre sessant’anni a questa parte.

Che Gesù, attraverso la Mediazione di Sua Madre, abbia pietà di noi e sconfigga presto il male dilagante che ci circonda.

(*) "Maria e il serpente. Chiesa, politica, società immersi nel mistero dell'iniquità", pp. 236, 18 euro.

Scrivetemi il Vostro indirizzo all'email pasqualedanilo.quinto@gmail.com.

Per la donazione di 18 euro:

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Danilo Quinto
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A Fatima, il catechismo della Madonna: Dio e il peccato


Pubblicata dalla FSSPX il 16 novembre 2019


Il centro del messaggio della Madonna di Fatima è Dio: la Sua gloria e l’adorazione che Gli deve la creazione.

Il mondo di oggi ha perduto completamente il senso della dignità infinita di Dio e della Sua eclatante maestà. In realtà, ogni creatura è «niente» davanti a Lui, neanche una goccia d’acqua in un oceano senza limiti. La storia e l’esistenza del mondo dall’inizio della creazione fino alla fine dei tempi sono meno di un secondo se paragonati ai milioni di anni prima della Sua eternità. Tutti i Santi ci insegnano ad essere coscienti che noi siamo come polvere davanti a Lui; è così che essi si sono umiliati più che potevano nel corso della loro vita terrena.

Questa era la più eclatante delle esperienze mistiche del piccolo Francesco di Fatima durante le apparizioni: «Chi è Dio? Non potremo mai dirlo con le nostre parole. Sì, è qualcosa che in effetti noi non potremo mai esprimere!».
Egli era talmente assorbito dalla sublime maestà di Dio, che aveva paura -  “andandoLo  a vedere» dopo la sua morte- di dimenticare le richieste di Lucia e degli altri. Noi dovremmo chiedere alla Madonna una grazia simile, necessaria per la nostra vera vita spirituale e per ogni vera relazione con Dio stesso: essere pieni di ammirazione per la Sua immensa gloria ed essere come gli angeli che tremano di santa meraviglia davanti alla Sua maestà (prefazio della Messa).

L’immensità di Dio ci fa comprendere il niente totale della creazione e quanto l’uomo sia ridicolo quando si gonfia d’importanza con la sua piccola persona e la sua storia insignificante, considerandosi, lui e i suoi affari, come il centro del mondo.
La infinita maestà di Dio non è solo una verità di fede da considerare, ma anche un invito a partecipare alla grandezza di Dio, ad essere «riempiti della pienezza di Dio», come dice San Paolo.
Francesco aveva solo questo scopo nella vita. Quando gli si chiedeva chi volesse diventare, rispondeva sempre: «Voglio diventare niente! Voglio morire e andare in Paradiso». Ma per lui il Paradiso era prima di tutto «vedere Nostro Signore» e amarLo per sempre. Il piccolo Francesco seguiva alla lettera la massima del suo Santo Patrono, il grande San Francesco: «Deus meus et omnia – Mio Dio e mio tutto!»

Vedendo Dio nella Sua maestà e nel Suo amore infinito, Francesco misura la gravità del peccato. A Fatima, la Madonna ci insegna che cos’è realmente il peccato e quali sono le conseguenze. Il peccato è in primo luogo il peggiore degli insulti possibili, la negazione dell’essenza stessa di Dio, della Sua munificenza , della Sua misericordia, del Suo amore. Se questo fosse possibile, il peccato distruggerebbe la Sua regale dignità. Il peccato è un’orribile negligenza ed un’ingratitudine delle creature, perpetrate contro il loro Creatore.

Se noi riceviamo un regalo molto prezioso da un benefattore, sarebbe inimmaginabile rimanere indifferenti o essere ingrati. Ma è ancora più inimmaginabile che in risposta ad un regalo prezioso noi insultiamo il benefattore, gli sputiamo in faccia, lo cacciamo di casa e arriviamo fino al punto di tentare di ucciderlo. Ma è proprio quello che noi facciamo quando pecchiamo: Dio ci mantiene in ogni momento nel nostro essere e ci dà quello che abbiamo, e spesso noi siamo, non solo indifferenti verso un tale amore, ma gli sputiamo in faccia e Lo cacciamo dalle nostre anime che sono Sue proprietà.

Francesco provava un grande orrore quando si rendeva conto fino a che punto noi disprezziamo questo amore infinito, ed esclamava: «Non dobbiamo più commettere peccato!»

http://www.unavox.it/Rubrica_spirituale_FSSPX/22_Fatima_messaggio_della_Madonna.html
AVE MARIA

RUBRICA SPIRITUALE DEDICATA ALLA
SANTISSIMA VERGINE MARIA


a cura della Fraternità San Pio X


A Fatima, il catechismo della Madonna: consolare Dio




Pubblicata dalla FSSPX il 22 novembre 2019


La Madonna è apparsa alla Cova di Iria per ricordare al mondo che la «sola cosa necessaria» è cercare prima di tutto e soprattutto il Regno di Dio e la Sua giustizia.

Questo significa che noi dobbiamo rendere a Dio quello che Gli è dovuto: ogni onore e gloria. Se la Sua maestà è offesa dall’orgoglio dell’uomo, allora la giustizia consiste nella perfetta riparazione alla Sua maestà oltraggiata: con la penitenza, l’espiazione e tutti gli atti che ristabiliscono il vero ordine.

Qual è allora la risposta più perfetta che noi possiamo dare, poveri peccatori messi di fronte all’agonia di Nostro Signore e alla Sua crudele Passione? Quale potrebbe essere questo perfetto atto d’amore che Dio ci chiede nel Suo primo e più grande comandamento? Nostro Signore stesso ci dà la risposta: «Io ho cercato la compassione, ma invano, ho cercato un consolatore, ma non ne ho trovato alcuno».
La devozione al Suo Sacro Cuore non è altro che un atto di riparazione e di espiazione, per consolarLo. Il cuore pieno d’amore dice a Nostro Signore: «Se Voi bussate dappertutto e nessuno Vi risponde; se Voi siete buttato fuori dalla società, dalle istituzioni, dalle famiglie e perfino dalle Vostre chiese; se Voi siete solo e disprezzato, Voi, il Creatore e il Maestro di tutto, allora io desidero offrirVi interamente il mio cuore, desidero offrirVi conforto e rifugio, perché riceviate un luogo d’accoglienza, certo povero, ma sincero, in cui potrete riporre la Vostra testa e trovare un posto per riposare. Più essi Vi rigettano, più io voglio riceverVI; più essi Vi dimenticano, più io voglio ricordarmi di Voi; più essi si allontanano da Voi, più io voglio rivolgermi a Voi; più essi disprezzano il Vostro amore, più io voglio onorarVI; più essi riempiono la Vostra anima di tristezza e di lacrime,  più io voglio consolarVi!»

La Madonna ha scelto i ragazzi di Fatima per aiutarci a comprendere la grandezza e l’importanza di questi desiderii del cuore. Il piccolo Francesco non era in grado di condurre la vita di un missionario e di un monaco contemplativo; egli poteva offrire solo le sue semplici preghiere e i suoi sacrifici, come Santa Veronica poté presentare solo un velo a Nostro Signore torturato e schernito. Esteriormente, queste cose sono niente, ma interiormente costituiscono un supremo gesto d’amore, che fece meritare a Veronica di diventare santa e di vedere Cristo sofferente imprimere il Suo volto non solo sul suo velo, ma anche nella sua stessa anima. E chi, tra noi, non è in grado di imitare le semplici azioni di un ragazzo per consolare Nostro Signore e la Madonna?

Dal momento che il mondo nega la gloria e l’onore che sono dovuti a Dio, è necessario fare quest’atto di riparazione. E questo si fa innanzi tutto con l’amore, e il primo atto d’amore consiste nell’essere con l’essere amato, nel contemplarlo e nel vivere sempre alla sua presenza. Il secondo atto d’amore è riparare l’offesa con una spinta opposta. Non vi è forse niente di più toccante che il cuore riconoscente di un fanciullo che vuole dare gioia a suo padre e a sua madre e li consola con un sorriso e un ardente fiamma d’amore.
http://www.unavox.it/Rubrica_spirituale_FSSPX/23_Fatima_catechismo_della_Madonna_consolare_Dio.html


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