Bergoglio tradisce San Francesco d'Assisi e travalica la lezione del Vangelo
Analisi della nuova enciclica del Papa e della sua dichiarazione sugli omosessuali in cerca di Dio
Ora che i plausores hanno finalmente smesso di battere le mani e i laudatores ormai si sono zittiti, ritengo che sia tempo di tentare una valutazione, quanto più possibile onesta e accettabile, non soltanto della lettera enciclica ma, altresì, della più recente e impattante dichiarazione di Bergoglio su quegli omosessuali che vanno in cerca di Dio e, per ciò stesso, hanno diritto, tra le altre facoltà all'uomo riconosciute come altresì alla formazione di una famiglia, al calore che da essa promana, alla tenerezza che un nucleo domestico soffonde di cui le coppie di omosessuali dichiarati vanno allo spasmodico accatto, come alla ricerca di genitorialità e di figli;
costoro In questi giorni, gli interpreti del verbo bergogliano si sono sbizzarriti con assoluta goduria nell'affermare che il loro “idolo” ha inteso virare totalmente rispetto alla millenaria declinazione del pensiero della Chiesa inerente la questione della omosessualità e del matrimonio omofilo.
L'argomento è troppo serio, e troppo delicato e spinoso, per essere lasciato in balìa dei bizantinismi di un transeunte Bergoglio e degli esegeti “della domenica” che vanno cianciando, a destra e a manca, di ponti da gettare -se sono come quello di Genova, crollato all'incirca un paio di anni fa, il Signore ce ne scampi e liberi- di soglie e davanzali da oltrepassare, e di muri da abbattere. Per tanto, è assolutamente necessaria una moratoria, una sospensione ponderata del giudizio per evitare equivoci ed ambiguità fuorvianti che non fanno altro che aggravare la situazione creando, anche a causa dei mestatori professionali, appositamente, malintesi e confuse esegesi come scontata conseguenza.
Fratelli tutti! Devo affermarlo apertis verbis. Sono un imperdonabile sbadato. Non me ne ero proprio accorto! Dopo oltre duemila anni di Cristianesimo e le mie personali, innumeri, partecipazioni al sacrificio divino, quasi ogni domenica e durante le occasioni, anch'esse numericamente indeterminate, delle feste comandate che si susseguono nel corso dell'anno liturgico, non mi ero assolutamente reso conto di avere al mio fianco una caterva di fratelli e sorelle che m'incalzano, mi si accalcano intorno: mi assediano, starei per dire, se il politically correct non me lo vietasse tassativamente per non offenedere, non sia mai, l'altro, il prossimo, il fratello.
Ci volevano Bergoglio e la sua chiesa per averne contezza; perchè ne fossi avvertito. Prima, no! Prima, io vivevo felicemente ignaro nonostante avessi recitato, sin dalla più tenera età, quella preghiera corale di noi Cattolici che inizia con un tenero Padre nostro: molto intimo, molto confidenziale.
Anche la lingua latina è stata cassata dalle encicliche bergogliane. È stata cassata e demonizzata come un residuato del Concilio di Trento (1545 – 1563); di quell'assemblea convocata per contrastare l'eresia luterana, proiezione di quel tizio che venne definito dal pontefice Leone X (1475 - 1521) aper de silva, un porco selvatico; quell'adunata di “facinorosi” che ha visto la Chiesa Romana emandarsi, sia in capite che in membris, delle sue debolezze, delle proprie umanissime pecche per la brama ossessiva. Tutto per quella quasi patologica manìa di voler imporre, a tutti i costi, il suo concetto di fratellanza umana permeata di un inquietante masochismo, e tornare così orgogliosamente allo spirito dei grandi pontefici che rispondono ai nomi di Gregorio Magno (590 - 604), Leone I (390 - 461), Gregorio VII (1015 - 1085), Innocenzo III (1161 - 1216). Quel Concilio che, nei 18 anni del suo svolgimento, ha fornito alla Chiesa Cattolica una novella sicurezza di sé ed una rinnovata coscienza della sua missione di salvezza, del mondo e nel mondo, in una più mirata disciplina dei costumi politico-ecclesiali, per un rigoroso e consapevole percorso di escatologia verso la salvezza eterna, secondo la lezione impartita dal Vangelo, fuori del quale, come ha insegnato il Messia-Risorto, nulla esiste, nulla è possibile, se soltanto e semplicemente non si “vaneggia”.
Evviva! Dal 4 ottobre scorso mi sento più protetto; ho la sensazione e una esaltante consapevolezza di poter contare sulla solidarietà di ciascuno e di tutti in un mondo ormai idilliaco, assecondato da una visione irenica dell'esistenza che non conoscerà ormai più egoismi, gelosie, aggressioni, fanatismi, guerre, pandemie.
Evviva! Dal 4 ottobre siamo “fratelli tutti” in una società nella quale l'altro non sarà più tale e si vivrà, come nelle favole, felici e contenti, in una sorta di rinnovato eden, di apollineo eldorado dal quale saranno scacciati tutti i “caini” e si vivrà in una serenità liquida, di innocenti “abeli”: soltanto. È quanto si auspica, credo, nella enciclica firmata da Bergoglio presso la tomba del “Serafico”, ad Assisi, nella quale si stravolge, però, lo spirito francescano autentico. In un ambrasson-nous onirico e gioioso che fornirà vita ad una solidarietà globale, per cui gli spaventosi problemi politici, sociali, economici, culturali che attanagliano il mondo intero, che lo investono fin nelle più intime latèbre, spariranno come d'incanto solo perchè lo ha scritto e se lo augura Bergoglio, nel suo enciclico guazzabuglio, prendendoci paternamente per mano onde condurci ad acque tranquille e riposare su pascoli erbosi.
Ora, io mi chiedo: tutto questo non era stato postulato, già dal XVIII secolo, da quell'associazione solidale, razionalistica, ispirata al deismo, all'affrancamento dei popoli da qualsiasi soggezione politica, religiosa -propriamente cattolica- il cui spirito essenziale si fonda sull'attuazione dell'ideale della fratellanza umana che tutto permea e tutto risolve. È stato l'illuminismo, poi, che ha fornito l'imput decisivo a questa “filosofia di vita”, a parole solidaristica e pervasiva, dotandola di quella facies che ognuno conosce ma dalla quale si dipartono gelidi tentacoli.
Nel corso dei secoli della propria esistenza questa organizzazione ha prodotto solo dei frutti avvelenati di cui le cronache, specialmente negli ultimi anni, sono state intasate riempiendo delle sue “gesta” le pagine di innumerevoli mass-media che, a propria volta, si sono sentiti in dovere, scandolezzandosi, di informare il pubblico dei lettori con articolesse dal taglio a sensazione per rendersi corrivi nei confronti delle istituzioni e dei poteri costituiti.
Un frutto avvelenato della fratellanza universale, utopistica ed ingannevole, che travalica i salvifici dettami del Vangelo, può essere, senza ombra di dubbio alcuno, considerata la dichiarazione di Abu Dhabi sottoscritta, l'anno scorso, da Bergoglio e dal Grande Imam di al- Azhar. È nello spirito di questa ”pronuncia” che ha preso corpo la lettera enciclica che è stata ufficializzata ad Assisi ma che, a considerare bene, tradisce platealmente lo spirito del Vangelo che postula come non ci sia salvezza al di fuori della buona novella del Cristo. Io credo che si possa pacificamente affermarlo in quanto, con questo “gesto”, si viene meno allo spirito di Francesco d'Assisi (1181 – 1228) che, per tenere fede alla dottrina del Cristo Signore, si recò nel vicino Oriente, in Egitto, nel 1219, presso il sultano, per convertirlo al Verbo Divino.
Un uomo, il Serafico, non arrendevole, non buonista, ma combattente con le armi amorose del Vangelo, per l'affermazione della dottrina cattolica nel suo spirito di fermezza dei principi che informano l'esistenza quotidiana: nella poliedrica declinazione che rende il messaggio evangelico un'affermazione di libertà sia per quanto riguarda la persona che la collettività; la società stessa.
In “Fratelli tutti” -c'è stato chi, maliziosamente, si è preso la briga di contarne le volte- il nome di quel grande Imam sunnita, d'Egitto, al Taieb viene citato in ben cinque passaggi. Lo stesso numero che riguarda il riferimento al nome della Beata Vergine Maria.
Ma, colui che ha annusato l'aria, percependo con un certo margine di anticipo da quale parte stesse ormai spirando il vento, si è rivelato il governatore della Regione Puglia il quale, con una davvero encomiabile tempistica, ha preceduto tutti e tutto, varando un bando che serva ad accogliere quei turisti che, ospiti delle strutture ricettive pugliesi, sono dotati di un badget ingente di petrodollari. I quali desiderano trascorrere in terra di Puglia un rilassante soggiorno presso qualche antica masseria del Salento alla quale si dovrebbe accedere invogliati dalla complice tramontana carica degli afrori carnali che, provenienti dallo Jonio e dall'Adriatico, rendono le terre salentine altrettanti veicoli di sensualità sfrenata e di intime sensazioni meridiane.
Stoppato dalla vigile attenzione della presidente di F. d' I. Giorgia Meloni, il bando della Regione Puglia contempla, tra le altre voci, il finanziamento di quelle strutture turistiche-ricettive che annullano i simboli religiosi cristiani e diventano “Muslim Friendly”, secondo la strapaesana dizione inglese, oggi tanto in voga, onnipresente in ogni espressione dell'esistenza di ogni giorno in cui si possa avvertire il menomo sentore di una qualsivoglia inclinazione linguistico- lessicale che volga verso l'internazionale.
Questo fatto risulta di una gravità inaudita. Rinunciare alla propria identità storica e sociale, ad un millennario percorso di fede innervato di entusiasmi e di tensioni, di vittorie e di lacerazioni, di progressi e di disperazioni, di certezze e di dubbi e di regressi vuol dire soltanto un fatto: essere ancora immaturi; significa solamente non voler attribuire valore a se stessi e a quei simboli religiosi e civili che hanno “fatto”, nel bene e nel male, la nostra personalità di uomini dell'Occidente latino e cristiano il cui humus ha fornito linfa e slancio vitale agli essere raziocinanti dell'intero orbe terracqueo che, senza di essi, sarebbe inconsapevole e povero e privo, altresì, della esperienza propria e degli altri. Barattare tutto questo “per un pugno di dollari”, anzi, di petrodollari, è delittuoso perchè in tal modo ci si annulla, si vanifica il proprio itinerario culturale e spirituale che ha fornito l'indelebile imprinting ad una civiltà profondamente umana ed ideale che possiede come referente il Rinascimento italiano ed europeo nato dalle speculazioni filosofiche, letterarie ed artistiche di alcuni personaggi che si chiamano G. Pico della Mirandola (1463 - 1494), N. Machiavelli (1469 - 1527), F. Guicciardini (1483 - 1540), L. Ariosto (1474 - 1533), Raffaello (1483 - 1520), Tiziano (1490 - 1576), via via fino ai giorni attuali che hanno visto farsi protagonisti della mente e dell'intelletto anche due pensatori, sconosciuti ai più, sì, ma che tanto hanno contribuito, pioneristicamente, ad arricchire l'avventura umana del pensiero di una poliedrica articolazione, di una gamma significativa di argomentazioni che hanno reso il mondo ancora più libero dagli idòla che lo ottenebravano come un gravoso fardello, sia psicologico che sociale e storico: Franz Brentano ed il suo discepolo più fedele e caro: Oronzo Suma che, con le loro speculazioni argomentate sulla realtà dell'uomo interiore e sullo spiritualismo psicologista hanno fornito l'ossatura agli odierni studi sulla coscienza e sulla sua sede nel cervello dell'uomo.
“Chi crederà e sarà battezzato -recita un significativo versetto tratto dal Vangelo di Marco- sarà salvato ma chi non crederà sarà condannato”. Bergoglio ha cancellato questa affermazione pronunciata dal Signore nel corso del proprio magistero pedagogico, prima del supplizio sulla croce, pur di seguire le ubbìe che gli ottenebrano la mente, in maniera parossistica. Ciò è molto grave perchè, con disinvoltura, egli travalica la lezione del Vangelo e l'esperienza di vita del “più santo degli Italiani, del più Italiano tra i Santi”, del quale si proclama imitatore e virtuale disceopolo: ossia Francesco d'Assisi, che volle morire sulla nuda terra in segno di grande umiltà e di infinita modestia, che nasceva da “Modonna Povertà”, alla quale volle rendere sempre un ligio omaggio in modo virile, mai sdolcinato, mai snervato, mai arrendevole, con matura essenza: Francesco, il Santo Patrono d'Italia.
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