ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 20 ottobre 2020

La danza macabra del Coronavirus

Parlateci della vita eterna

In un talk show televisivo (Stasera Italia, 14 ottobre 2020), il sociologo progressista Marco Revelli ha denunciato allarmato il clima di angoscia collettiva che si diffonde in Italia e in Occidente in seguito alla danza macabra del Coronavirus. “La morte circola in Occidente”, ha detto, evocando questo spettro.

La morte però non ha mai cessato di circolare. Si muore e si continua a morire ogni giorno in mille modi. La morte è una delle poche certezze, forse la prima, della nostra vita. Viviamo, ma la vita del nostro corpo ha un inesorabile limite.

La società moderna ha cercato di rimuovere il pensiero della morte, che infrange la legge del piacere e del benessere di massa.
La morte è la conseguenza del peccato originale e la società moderna nega il peccato originale, nega ogni peccato, presume che sia possibile sconfiggere la malattia e la morte.

Questa presunzione è un sogno diabolico, perché ispirato da colui che ispirò il primo peccato, il principe delle tenebre, colui che continua a ripetere agli uomini: “Sarete come dei” e propone loro di raggiungere questo obiettivo attraverso la scienza, e in particolare la manipolazione genetica,

La proibizione di parlare della morte si è sempre espressa nell’indignazione suscitata contro quei sacerdoti che nelle loro prediche invitavano a quello che una volta si chiamava l’esercizio della buona morte: la preparazione al momento fatale che attende ognuno di noi. Sant’Alfonso de’Liguori, che ha scritto un bellissimo libro dal titolo Apparecchio alla morte, nelle sue Massime eterne ci ricorda che la morte è un momento dal quale dipende l’eternità: un’eternità felice o sempre infelice, di gioie o di affanni, di ogni bene o di ogni male, un’eternità o di un Paradiso o di un inferno (Massime eterne, Roma 1910, pp. 11-12).

Ma se un cattolico parla della morte viene accusato di voler creare terrore ed angoscia e viene messo al bando come un profeta di sventura, quasi che parlare della morte significasse desiderare, o accelerare, questo momento. E il silenzio sulla morte è stata la parola d’ordine fin qui dominante.
In pochi mesi tutto è cambiato, Lo spettro della sua morte, con la sua falce si è imposto alla società e viene evocato da quegli stessi scienziati che avrebbero dovuto sconfiggere le malattie e la morte e che si rivelano impotenti di fronte alla pandemia del coronavirus.

Per chi sa che la morte non è la fine di tutto, ma è l’inizio di un’altra vita, sarebbe un’occasione d’oro per svolgere l’apostolato della buona morte. Ma i pastori tacciono e a parlare della morte sono sociologi come Revelli o scienziati, come Massimo Galli, che si definiscono pubblicamente atei, e dunque incapaci di gettare lo sguardo oltre la morte.

Non c’è da meravigliarsi se la società contemporanea, incapace di dare un senso alla vita, cade nell’angoscia di fronte alla malattia e alla morte. C’è da meravigliarsi invece del silenzio di chi avrebbe tutte le armi per sconfiggere, non la morte, ma l’angoscia che la circonda: i ministri della Chiesa cattolica apostolica romana, che custodisce tutte le verità che riguardano la vita e la morte degli uomini e il loro destino ultraterreno ed è l’unica ad avere parole di vita eterna (Gv, 6,88)

Il nostro è un appello umile, ma ardente. In quest’ora tragica e confusa della nostra storia, Pastori, parlateci non di questa vita terrena, ma dell’altra, la vita eterna, la vera vita, in cui noi riponiamo tutte le nostre speranze.

https://www.radioromalibera.org/parlateci-della-vita-eterna/

Mons. Negri: “Il mondo non ha bisogno che la Chiesa dica cose banali, ma che dica la Verità, tutta intera la Verità”

Di seguito stralci di un’intervista che mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, ha rilasciato al giornalista Alessandro Rico de La Verità del 19 ottobre scorso. 

 Mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio

Monsignor negri, nell’enciclica il Papa attribuisce a San Francesco, in visita dal sultano, una “fraterna sottomissione” all’interlocutore musulmano. La storia non andò un po’ diversamente?

È inevitabile provare un po’ di disagio di fronte a domande che sembrano chiedere di correggere, addirittura, il Santo padre.

Lungi da noi….

Mi limito a fare riferimento a quello che ritengo acquisito e documentato dalla storia.

Sarebbe?

La Chiesa non ha mai avuto il problema di piegare eventuali istanze laiche o religiose, nella fattispecie la posizione dell’Islam, a proprie visioni, e neppure il contrario, di sottomettersi ad esse. È, infatti, legittimo che la Chiesa -quando giudica gli avvenimenti- abbia il dovere, prima ancora che la necessità, di essere fedele alla propria identità.

Quindi?

Io non credo che si possa dire storicamente che ci sia stata, con San Francesco, una sottomissione della Chiesa all’Islam.

Appunto. Lei intravede, nel concetto di “fratellanza umana”, che spira questo documento, una sorta di svuotamento dell’identità cattolica?

Non ho fatto fino ad ora una lettura approfondita dell’enciclica. Quello che mi sento di dire è che la preoccupazione fondamentale della Chiesa non è di passare indenni i giudizi del mondo, bensì di annunciare Cristo come unica possibilità di salvezza.

In “Fratelli tutti”, questo c’è?

Nell’enciclica mi pare che questa preoccupazione sia fondamentalmente riproposta; se viene mantenuta tale prospettiva, il rischio dello svuotamento non c’è. È chiaro che sulla visione di fondo possono e debbono essere fatte tutte le specificazioni che gli studiosi ritengono utile di fare.

La “fratellanza umana” si richiama al documento condiviso con il grande Imam di Abu Dhabi. Si può dire che almeno in quella occasione, l’imperativo del dialogo ha rischiato di determinare un annacquamento delle rispettive identità?

Le varie identità devono essere realmente riproposte, in ogni momento storico, per quello che sono. E’ responsabilità specifica della Chiesa presentarsi secondo la propria identità. Occorre imparare a confrontarsi con il “diverso”, nella Chiesa e fuori dalla Chiesa, con molta obiettività e con molto rispetto senza però rinunciare a dire chi siamo.

Riguardo poi ad una domanda del giornalista sul modo di affrontare i fenomeni migratori da parte di Papa Francesco, mons. Luigi Negri risponde:

La Chiesa non può avere la preoccupazione di risolvere tutti i problemi sociali. La Chiesa, nel turbinoso evolvere degli avvenimenti, ha il compito di salvaguardare la proclamazione di Cristo, unico Redentore dell’uomo e del mondo.

Dunque?

Essa deve valutare se, di fronte a certe interpellanze della società, abbia la forza di giudizi e suggerimenti chiari che non nascano da visioni ideologiche, ma dalla fede stessa. Questo è il criterio da tenere presente. Io ritengo che si debba tenere il discorso a questo livello profondo, in modo tale da evitare la sensazione sgradevole che qualcuno voglia insegnare al Papa a fare il Papa.

Riguardo poi ad una domanda del giornalista che tende a vedere la Chiesa con la logica delle fazioni, pro o contro Francesco, tipica della politica , mons. Negri risponde:

Non credo che criteri e sollecitazioni di questo tipo debbano essere utilizzati, altrimenti si rischia di parlare della Chiesa in termini politici. Questo è il primo tradimento che gli uomini di Chiesa devono evitare.

Ovvero?

Ovvero, ridurre la sua natura soprannaturale e il suo compito di evangelizzare il mondo a qualche cosa di sostanzialmente più banale. Il mondo non ha bisogno che la Chiesa dica cose banali, ma che dica la Verità, tutta intera la Verità, proclamandola con il coraggio dei poveri e degli umili. Sottrarsi a questo compito è il vero tradimento insopportabile.

Infine, ad un’ultima domanda sul futuro della Chiesa, mons. Negri risponde:

Il futuro della Chiesa dipende dalla fedeltà all’assunzione, vigorosa e coraggiosa, del compito affidatole da Cristo: una proclamazione energica della fede e una volontà di amore agli uomini che non si ritirino di fronte a nessuna obiezione o difficoltà.

Come ottemperare a questo compito?

Occorre che gli uomini di Chiesa recuperino il coraggio di annunciare, con animo aperto, di fronte al mondo, quello che gli uomini desiderano veramente, magari senza neanche più essere consapevoli: la salvezza è già venuta e abita in mezzo a noi.

https://www.sabinopaciolla.com/mons-negri-il-mondo-non-ha-bisogno-che-la-chiesa-dica-cose-banali-ma-che-dica-la-verita-tutta-intera-la-verita/

Mons. Camisasca: Il nostro popolo può correre il rischio di entrare in una visione paranoica della realtà

Mons. Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla
Mons. Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla

IL VESCOVO DI REGGIO EMILIA-GUASTALLA

Cari fratelli,

assistiamo tutti, durante questi giorni, ad una crescita di allarme e di incertezza, favorita anche dai mass-media e dalle insicurezza della politica. Il nostro popolo, già provato dalla pandemia nei mesi del Lockdown può correre il rischio di entrare in una visione paranoica della realtà, distaccata cioè dalle vere dimensioni del pericolo.

Tutti quanti noi, assieme agli altri responsabili della vita sociale e civile, abbiamo un compito importante: aiutare la nostra gente e a vivere con prudenza, ma anche con serenità, fiducia in Dio e capacità di relazioni e aiuto reciproco. Non dobbiamo assolutamente favorire il diffondersi di timori esagerati che possono portare ad una corrosione profonda della salute mentale ed emotiva. Mai come in questo momento è chiaro che le ragioni della fede sono le ragioni della vita: Dio non ci abbandona, ci prende per mano, e lo fa anche chiedendoci di soccorrere a suo nome chi è bisognoso. Non possiamo permetterci che, di giorno in giorno, l’unico criterio sia chiudersi in casa. Senza demordere da tutte le attenzioni dovute, come la mascherina, l’igiene delle mani e il distanziamento, dobbiamo continuare a vivere.

Le nostre chiese, proprio in ragione di tutto il lavoro che abbiamo svolto, sono luoghi sicuri sia per la preghiera liturgica, sia per eventuali incontri.

Sosteniamo dunque la fede, la speranza e la carità del nostro popolo.

Con la mia benedizione,

                                                +Massimo Camisasca

Reggio Emilia, 19 ottobre 2020

 

fonte: familiarisconsortio

Camisasca Massimo, avvertimento sulla paura da covid

https://www.sabinopaciolla.com/mons-camisasca-il-nostro-popolo-puo-correre-il-rischio-di-entrare-in-una-visione-paranoica-della-realta/

Un pomeriggio fra le Rane Bollite


di Massimo

Oggi sono stato a Roma per un impegno. Appena finito mi sono recato alla Grotta dell’Apparizione della Vergine della Rivelazione alle Tre Fontane. Visto che la cappella era piena di persone tutte con la mascherina ho fatto un giro dietro dove ci sono tutte le iscrizioni dei Santi devoti a Maria Santissima pensando di tornare alla Grotta dopo quando si sarebbe svuotata.

Mentre stavo pregando davanti alla statua di Padre Pio è arrivato un tizio con la mascherina che mi ha aggredito dicendo che dovevo indossarla.

“Non sa che è obbligatorio anche all’aperto”? No, ho risposto. “Non vede la TV? Tutti ne parlano”! Non ho la TV, ho ribadito. “Ma che persona è lei che non ha nemmeno la TV! Ma dove vive”?

Allora l’ho affrontato citandogli i vari articoli che mettono in discussione la mascherina e per ultimo il TULPS legge 85 che vieta di girare a volto coperto per la legge antiterrorismo.

Lui si è arrabbiato ed ha incominciato ad inveire contro di me dicendo: “Eccoli questi qua! Schifosi! Adesso ci penso io! Vado a chiamare la polizia”!

È andato verso la cappella. Io sono rimasto lì a pregare davanti alle statue dei santi.

Mentre si allontanava intimava alle persone di non avvicinarsi a me perché ero senza mascherina. 4 donne che venivano verso di me mi hanno scansato, guardandomi come fossi un appestato.

Dopo un po’ il tizio è tornato con un funzionario di pubblica sicurezza in borghese che si occupa di vigilare il santuario. Il funzionario di PS mi ha invitato gentilmente a mettere la mascherina ho ribadito che all’aperto non è necessario.

Ne è nata una discussione e lui mi ha letto l’ordinanza regionale che impone l’uso obbligatorio della mascherina anche all’aperto. Mi ha detto che questo è anche quello che ha stabilito Conte col nuovo DPCM.

Un avvocato che era lì con loro, anche lui con fare bonario, mi invitava a mettere la mascherina: ” Vede io sono d’accordo con lei ma questa è la legge”.

Quando ho fatto notare che i decreti sono inferiori alla legge costituzionale il poliziotto è intervenuto dicendo che questo che dice il governo lo dice anche la CEI.

Siccome io sono una capa tosta non ho mollato di un millimetro. La discussione è andata avanti per una mezz’ora. Colui che aveva acceso la miccia se ne è andato sconsolato.

Il poliziotto ha minacciato ripetutamente di farmi la multa di 400 euro ma si capiva che lo faceva solo perché me ne andassi.

Mi hanno offerto anche le loro mascherine ma le ho rifiutate e alla fine me ne sono andato sapendo che non avrei cavato un ragno dal buco. Poi ho pensato che se andassimo uniti in questi luoghi forse l’effetto sarebbe diverso”.

Non credo

https://www.maurizioblondet.it/un-pomeriggio-fra-le-rane-bollite/

Fai la comunione? Arrivano i carabinieri


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Giancristiano Desiderio, 20 ottobre 2020

https://www.nicolaporro.it/fai-la-comunione-arrivano-i-carabinieri/

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