CLAMOROSO ERRORE
Manca un traduttore al Corriere, ma c'è Paglia
Sul presunto stop alle Messe di Natale chiesto dalla Commissione Europea clamoroso abbaglio del Corriere della Sera: un errore di traduzione trasforma il divieto di "raduni di massa" in divieto di "celebrare le messe". Era tanto il desiderio di vedere vietate le messe che hanno preso fischi per fiaschi. E per finire ci hanno anche messo un'intervista a monsignor Paglia che ci spiega Gesù in lockdown.
La sera del 30 novembre siamo rimasti molto colpiti quando sul sito del Corriere della Sera è apparsa alle 19.47 la notizia che la Commissione Europea chiedeva lo stop alle Messe natalizie. Per quanto fosse una raccomandazione (valutare di «non permettere la celebrazione delle messe») la gravità della cosa non può sfuggire. Infatti, a seguire altri hanno rilanciato la notizia e noi stessi l’1 dicembre ne abbiamo dato conto nell’articolo in Primo Piano. Quella pubblicata dal Corriere era un’anticipazione del documento poi uscito ieri pomeriggio, “Staying safe…”, 15 pagine di linee guida per mettersi al riparo dal Covid in questo periodo invernale.
Ma nel testo reso pubblico ieri – sorpresa – quella frase sulle Messe non c’è più. C’è invece l’altra parte citata nell’anticipazione del Corriere, ovvero un’indicazione più generale sulle cerimonie religiose, per le quali vanno evitati assembramenti e favorite in streaming, Tv e radio, con proibizione in ogni caso dei canti comunitari (basta canti natalizi, insomma).
L’ingerenza della Commissione Europea resta grave, ma comunque non c’è il divieto di Messa anticipato dal Corriere. Un ripensamento dell’ultimo momento? Temiamo proprio di no. Scorrendo le raccomandazioni agli Stati membri, troviamo infatti questa indicazione (nel testo in inglese): «Valutare di non permettere raduni di massa». In originale: «Consider not allowing any mass gatherings». Mass, in inglese, indica sia la Messa (ma si scrive in maiuscolo) sia la massa, nel senso di folla. Possiamo dunque ritenere che, vista la polemica in Italia sull’orario delle Messe della notte di Natale, a qualche genio del Corriere non sia parso vero di leggere la notizia desiderata: stop alle Messe, quando invece il testo della Commissione si riferiva a raduni di massa.
Un errore può capitare, ma qui è qualcosa di clamoroso, oltretutto sul principale quotidiano italiano: deve essere la cattiva influenza del nostro governo, con ministri e sottosegretari impegnati nella gara a chi si mostra più ignorante, tra verbi sbagliati e incapacità di comprendere testi.
Come si diceva, non è che non sia comunque grave l’ingerenza della Commissione Europea sulla libertà religiosa, che va a sommarsi alle iniziative dei singoli governi che cercano di bloccare o limitare la partecipazione alle Messe (vedi Belgio e Francia, oltre che l’Italia); ma è chiaro che se avesse veramente chiesto la proibizione delle Messe natalizie avrebbe assunto un significato ben più grave. Probabilmente era nei desideri di chi dirige il Corriere della Sera.
Lo si vede anche dagli ecclesiastici di cui vanno alla ricerca per delle interviste. Proprio ieri abbiamo potuto leggervi le parole in libertà del solito monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sempre a proposito delle Messe di Natale. Ovviamente il buon Paglia ci viene a spiegare che quest’anno abbiamo l’opportunità di riscoprire il vero Natale, cosa che da come la dice lui sembrerebbe impossibile quando c’è libero accesso alle Messe. Anzi, quest’anno abbiamo la possibilità, unica in duemila anni di storia, di vivere il Natale come fu all’origine. Dice Paglia: «Com’è andato il Natale duemila anni fa? Per quel bambino ci fu un lockdown totale, trovò tutto sbarrato, e non è che tornò in cielo perché Natale non si poteva fare: andò in una stalla pur di mostrare quanto ci voleva bene. E intorno c’erano solo pochi pastori».
Ecco, ci mancava solo Gesù in lockdown. Che dire? Con vescovi così non c’è neanche bisogno degli interventi della Commissione Europea per liquidare la Chiesa.
Riccardo Cascioli
https://lanuovabq.it/it/manca-un-traduttore-al-corriere-ma-ce-paglia
"Fuoco al clero". E Twitter grazia chi odia i cristiani
Spagna incendiaria. L'assalto su Twitter della campagna #Fuegoalclero in coincidenza con la discussione sulla Legge Celaá, che vuole limitare le scuole paritarie, soprattutto cattoliche, e l'insegnamento della religione. I vertici spagnoli del social non intervengono nonostante le numerose denunce e il popolo cristiano reagisce con l'hashtag #Yoapoyoalclero. La Sinistra cerca di ricreare lo stesso clima della guerra civile in cui furono uccisi oltre 4.000 sacerdoti. In cinque anni, da quando c'è Podemos, attacchi moltiplicati per sette a chiese e cristiani.
Da una settimana in Spagna è trend topic su Twitter l’hastag #Fuegoalclero. Non è casuale, ma sicuramente è stato orchestrato da gruppi di estrema sinistra. Questo hastag, che ha ricevuto migliaia di retweet, arriva proprio nei giorni in cui si discute in Parlamento la nuova legge sull'educazione, conosciuta come Legge Celaá. Questa legge cerca di intrappolare l'educazione paritaria in Spagna (la maggior parte delle scuole paritarie hanno un'impronta cattolica) e l'insegnamento della religione.
Per molti gruppi laicisti, la legge dovrebbe essere ancora più drastica: per loro dovrebbe esistere solo l'educazione di Stato e l'insegnamento della religione dovrebbe scomparire, sia essa cattolica, evangelica o musulmana. Secondo questi movimenti, nei centri educativi paritari si indottrinano i bambini. Evidentemente loro sono gli unici che possono rendere i bambini davvero liberi, quando nella scuola di Stato si indottrinano i bambini sotto forme varie come l'ideologia Lgbt.
Inoltre, è stato completamente tralasciato l'articolo 27.3 della Costituzione spagnola, che garantisce ai genitori di educare i loro figli secondo le proprie convinzioni.
Questi settori laicisti hanno intensificato con articoli di stampa l’offensiva contro le scuole paritarie e l'insegnamento della religione, arrivando in molti casi all'attacco esplicito ai credenti. In verità, sono anni che scrivendo su questi temi ma l'attacco si è intensificato ancora di più negli ultimi mesi.
“Brucerete come nel ‘36”
#Fuegoalclero è strettamente collegato al tema “Brucerete come nel ‘36” che è comparso in numerose occasioni dipinto nelle chiese durante l’8 Marzo, Giornata della donna, insieme a simboli femministi. Si riferisce al desiderio esplicito di ritornare alla Guerra civile del 1936 quando in solo due mesi 142 templi furono incendiati. Questi incendi di conventi incominciarono nel 1931, con l’inizio della Seconda Repubblica e nel 1934 con la Rivoluzione delle Asturie e avevano i medesimi istigatori: il Fronte Popolare comunista e anarchico. Anche durante la Guerra civile furono assassinati 13 vescovi 4.184 Sacerdoti, 2.365 religiosi e 283 religiose, molte delle quali furono anche violentate. Già nel 1934 avevano assassinato più di una trentina di religiosi.
Gli stessi che accusano la Chiesa cattolica e alcuni partiti di “Nazionalcattolicesimo”, di “voler tornare al regime di Franco”, incitano alla violenza della guerra civile. Insieme a “brucerete come nel ‘36”, un altro slogan che si ripete nelle scritte sulle chiese è “la chiesa che più illumina è quella che brucia”. Altre volte nelle manifestazioni femministe radicali si canta “andiamo a bruciare la conferenza episcopale machista e patriarcale”.
Fuoco. Violenza. Odio.
Twitter non risponde
Di fronte al delitto di odio dell'hashtag “Fuegoalclero”, molti sono utenti della rete sociale hanno denunciato Twitter Spagna e il suo direttore generale, Nathalie Picquot. È risaputo che la piattaforma interviene quando ritiene che qualcuno menta. Però, in questo caso non c’è stata nessuna risposta. Ancora una volta i cristiani sono cittadini di serie B.
Molti utenti di Twitter hanno cominciato allora a lanciare l’hastag “#Yoapoyoalclero”, mostrando con dati e testimonianze, la necessità dell’impegno instancabile dei sacerdoti nella società, diventando a sua volta hastag di tendenza. Di fronte all’odio hanno risposto col perdono.
La religione più attaccata.
Secondo il Rapporto sugli attacchi alla libertà religiosa in Spagna, che realizziamo ogni anno come Osservatorio per la libertà religiosa in Spagna, nel 2019 si sono registrati 55 attacchi a templi, la maggior parte chiese. Un numero moltiplicato per 7 a partire dagli ultimi 5 anni, vale a dire dal 2014, anno nel quale il Partito comunista Podemos ha fatto irruzione sullo scacchiere politico.Dei 175 attacchi che hanno avuto luogo l'anno scorso, l’80% ha avuto come oggetto i cristiani. Gli attacchi sono divisi in 5 sezioni: violenza fisica contro le persone, attacchi ai templi, vessazioni ai credenti, scherno alla religione e laicismo belligerante.
La religione cristiana è la più attaccata nel mondo. In Europa l'attacco non è solo fisico, ma si prendono di mira i templi, come abbiamo visto e i credenti nel loro contesto sociale. Si pretende che i cristiani non si manifestino come tali nella vita pubblica e che debbano vivere la loro fede soltanto in privato. Gli insulti su internet sono numerosi, è impossibile contarli, però risulta chiaro che quando questi insulti si convertono in tendenza su un social (e maggior ragione non si fa nulla per impedirlo) è evidente che si tratta di un’azione orchestrata, che ha come obiettivo il portare in campo un laicismo belligerante, che rinchiuda i cristiani nelle loro case e le loro chiese.
Maria Garcia*
* Presidente dell'Osservatorio spagnolo per la libertà religiosa e di coscienza
- CRISTIANOFOBIA, UN PROBLEMA EUROPEO di Lorenza Formicola
- L'APPELLO DELLA BUSSOLA: ORA UN OSSERVATORIO
https://lanuovabq.it/it/fuoco-al-clero-e-twitter-grazia-chi-odia-i-cristiani
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