Quest’anno di Corona, tra l’altro, ha ulteriormente vivificato un genere che nella comunicazione ha sempre goduto di una certa fortuna, vale a dire la similitudine (se non metafora) bellica. Quante volte abbiamo sentito ripetere che siamo in guerra contro il Covid? Che le vittorie tattiche o le sconfitte (di circostanza) non debbono far dimenticare la strategia di fondo, il Piano per la Vittoria? E giù a cascata tutta una serie di corollari sulle risorse a disposizione, sul sacrificio delle vite umane, sulla necessità di una resistenza, in attesa di una offensiva?

È un parlare stucchevole, senza dubbio. Magari anche efficace, chissà. È una scelta che di solito fa sentire molto intelligente chi la pratica, ma tu guarda che idea originale che ho avuto per farmi capire a modino da tutti! Qui non interessa tanto perdersi in analisi della comunicazione. Piuttosto, è interessante sottolineare che questo modo di parlare, cioè di pensare, rivela pienamente tutte le peggiori costanti antropologiche italiane. Se vogliamo parlare di guerre – e se questa è una guerra, sia pure di genere, grado e qualità tutta diversa, per fortuna –, allora noi siamo andati a combattere e continuiamo a farlo così come abbiamo sempre fatto. Cioè, prima di tutto, parlando a vanvera.



Ci si passino tutti i paradossi che seguono, si tenga d’occhio lo sfondo. Oggi come cent’anni fa, la stessa storia: andiamo a combattere il virus, perché la guerra al virus è la sola igiene del mondo!… E dunque corriamo tutti alla stazione per salutare con canti e bandiere tricolori i nostri valorosi soldati che partono per il fronte e vanno a fare un culo così al Nemico! – usciamo tutti sui balconi per urlare il nostro sostegno ai medici e gli infermieri che stanno al fronte per noi!… Del resto, l’ha detto il Presidente, l’ha detto il Re: Cittadini e soldati, siate un esercito solo! Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradimento

E dunque stringiamoci tutti a coorte, che questa cosa della Serrata Totale è una novità, quindi potrebbe pure essere un bel diversivo.

E fioccano i libri istantanei, trionfa la Letteratura! E già qualcuno si accorge – con stupefacente visionarietà! – che star da soli, chiusi in casa, è un po’ come stare d’autunno sugli alberi le foglie. Fa soffrire, pensa un po’.

Cioè, no. Aspettate. La Storia (che siamo noi) si ripete, ma questa è la seconda volta: dunque se la prima è una tragedia, questa volta sarà il turno della farsa. E quanto a farse, si sa, non c’insegna niente nessuno. Per cui contrordine, compagni e cittadini: ci siamo sbagliati, si resta in trincea. Serve un nuova ardita resistenza sul Piave. Ma nessuno ci ha più voglia di uscire sul balcone a cantare Azzurro, tu guarda. E intanto i mesi passano, porca miseria: i nostri valorosi soldati non torneranno a casa per fine anno. Resteranno bloccati in trincea. Che poi, a dirla tutta, sono i medici e gli infermieri quelli veramente malati: ma di Sindrome del Reduce. Sai che due palle

Dalle casematte di cemento dove rimane asserragliato in attesa di nuovi ordini, il popolo – fondamentalmente annoiato – comincia a chiedersi se questo Nemico sia poi proprio così nemico, oppure se si possa trovare un modo per conviverci. Ha ucciso migliaia dei nostri, dobbiamo continuare a combattere anche per loro!, dicono alcuni. Lui non è cattivo, è che lo disegnano così: e poi dobbiamo campare, teniamo famiglia!, rispondono altri.

E non basta, perché il problema è più grande: l’attacco è arrivato da Oriente, la minaccia (per quanto gialla) resta sempre rossa! E c’è pure chi si è reso colpevole di Intelligenza Proprio Con Quel Nemico! Come venirne fuori, se dall’altra parte siamo assediati dal Complotto demo-pippo-pluto-giudaico-massonico delle Grandi Multinazionali del Farmaco? In mezzo si resta schiacciati! Servirebbe una nuova autarchia!…

Il Governo reclama unità nazionale, un fronte comune che raccolga tutte le migliori forze produttive e morali del Paese. Ma qualcosa comincia a sgretolarsi, la gente crede sempre meno ai bollettini che puntualmente vengono riferiti alla Nazione. I successi vengono ingigantiti, le sconfitte nascoste – conosco l’amico del cugino del cognato di un Professorone di quelli che mi ha garantito che il Governo mente sulle cifre!

E pare anche che ci sia chi riesce ad arricchirsi, sopra questa tragedia – Italia milionaria! –, e però la nuttata non passa, maledizione, non passa. Ah, se solo qui non fosse così qui, se solo fosse come all’estero, dove pure combattono la stessa guerra, ma  le cose vanno meglio: guarda i crucchi, guarda la perfida Albione! Lì sì che ricostruiranno in fretta sopra le macerie. Noi invece qui stiamo ancora a litigare sul nome da dare al nuovo Piano Marshall: che senza i soldi degli altri, come sempre, non se ne uscirà.

Servono i quattrini, servono le armi – arriverà il Vaccino Straniero e vendicheremo Caporetto, passeremo la Linea Gotica, libereremo tutte le città dall’assedio in cui sono costrette da mesi!…

Siamo malati di coazione a ripetere sempre le stesse parole, gli stessi pensieri. E le stesse azioni, di conseguenza. I costumi nazionali sono questi, c’è poco da fare. Vedremo come andrà a finire, vedremo quando.

Certo, adesso il nostro problema più urgente, a parte la Vittoria, è quello di capire bene dove stia il tavolo dei futuri vincitori. Perché è lì che qualcuno andrà a sedersi – c’è sempre qualcuno che vince e che detta le condizioni del Futuro. E si sa che noi siamo sempre stati abilissimi nell’andare a soccorrere i vincitori che hanno bisogno di qualche maggiordomo che li aiuti a prender posto a tavola – sai mai che quello procuri un posticino anche per noi, che gli siamo fedeli forse non da sempre, ma certo già da un po’. E speriamo che basti.

Di solito questa manovra è anticipata da una mutazione di rotta, un crollo di regime, un cambio di governo, almeno un rimpastino. Tutto lascia pensare che anche questa volta non mancheremo di rispettare le tradizioni nazionali, a tempo debito.

*In copertina: Alfred T. Palmer, “A Package For Hitler”, 1942

Cino Vescovi

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