ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 9 gennaio 2021

Le volpi dei nostri giorni

LA POLITICA COVID

Hai l'emicrania? Tagliati la testa

Tutti gli italiani in stato di confusione dietro al gioco delle regioni a colori imposto dal governo. E malgrado il lockdown duro abbia dimostrato la sua inutilità e dannosità gli espertoni lo vogliono ancora più duro. Un "gioco" che promette di andare avanti all'infinito perché il vaccino non porterà alcuna liberazione.


Giallo, arancione, rosso. Giovedì e venerdì abbiamo sperimentato anche il giallo “rinforzato”, e i giornali lo scrivono come se fosse una cosa seria. Colori che cambiano con la frequenza di un semaforo. Ormai la gente, sempre più disorientata e confusa, passa il tempo a chiedersi: «Di che colore siamo oggi?». E si attende con ansia il “giorno dei colori”, questa settimana è stato ieri: per la prossima settimana cinque regioni indosseranno l’arancione (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Calabria, Sicilia), tutte le altre il giallo. Scampato il rosso, per ora.

Ma allora tutti questi titoli catastrofici sul Veneto fuori controllo come si conciliano con questo colore che non è il peggiore? Non si sa. Siamo tutti appesi all’indice Rt, di cui il 99,9% degli italiani (politici compresi) ha capito che esiste, che è importante, ma non ha la più pallida idea di cosa sia esattamente e come valutarlo. Vale a dire che siamo in mano a dei tecnici (o presunti tali) di cui dobbiamo avere fiducia cieca.

Ed eccoli allora i nostri “tecnici” che sanno come superare questa confusione: un unico colore, per sempre, il nero. Cioè, chiudere tutto, completamente e senza la minima eccezione. Ieri a battere la grancassa i soliti noti: l’infettivologo primario dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, e il super-consulente del governo Walter Ricciardi. Ma senza rinunciare a provocare nelle persone uno stato confusionale. Prendiamo il primo, ad esempio: in una intervista a Repubblica, riesce a dire il tutto e il suo contrario nello spazio di una risposta: «Il lockdown totale è un fallimento», dice, per poi aggiungere che «però non si può stare a combattere continuamente con i cromatismi». Cioè? «È peggio avere continui apri e chiudi che una situazione netta». Perché la gente è stupida: «Se appena affermi la liceità di una cosa questa viene interpretata come un liberi tutti allora resta solo il lockdown».  Quindi? Ecco l’esempio della peste a Milano del 1576 quando il governatore De Guzman chiuse tutti in casa e non guardò in faccia a nessuno, neanche a San Carlo Borromeo che non era d’accordo. Conclusione: il lockdown totale è un fallimento però bisogna farlo ancora più totale.

Il dottor Galli sarà pure un bravo infettivologo, ma quanto a logica e buon senso lascia un bel po’ a desiderare. Se il governo, ad esempio, decide di far riaprire i ristoranti e i negozi, con tutte le misure di distanziamento rispettate, cosa dovrebbero fare le persone? Restare comunque tappate in casa e fare la spesa online per dimostrare a Galli di aver capito la lezione?Il dottor Galli sarà pure un bravo infettivologo, ma quanto a logica e buon senso lascia un bel po’ a desiderare. Se il governo, ad esempio, decide di far riaprire i ristoranti e i negozi, con tutte le misure di distanziamento rispettate, cosa dovrebbero fare le persone? Restare comunque tappate in casa e fare la spesa online per dimostrare a Galli di aver capito la lezione?

Infatti, se adesso aumentano i casi di Covid-19 la colpa è dei bagordi di Natale. Ma come, non c’era il lockdown? Non eravamo tutti in rosso? Ah no, dimenticate il fine settimana di shopping natalizio, prima del 24 dicembre, è quello che ci ha fregato, conferma Galli; lo diceva lui che non bisognava aprire (ma «il lockdown totale è un fallimento», sia ben chiaro), adesso ne paghiamo le conseguenze. Insomma è andata così: Mario e Anna sono andati a comprare i regali per i figli e per gli anziani genitori, si sono beccati il Covid, ovviamente asintomatici, e poi qualche giorno dopo, a Natale, lo hanno portato a casa di genitori o suoceri che si sono ammalati; probabilmente a Santo Stefano hanno infettato anche la vecchia zia Enrica a cui erano andati a dare un saluto. Ed ecco la nuova esplosione di contagi.

Lo conferma anche Repubblica: «Sette contagiati su dieci sono stati traditi dal Cenone, li chiamiamo contagi da Covid-panettone». È un medico che parla: «Non c’è telefonata che faccio che non mi dicano: “Ah, sì, eravamo a cena il 24, a pranzo il 25, un tè il 26, ma eravamo pochi e tutti in famiglia”. Ecco appunto, tutti in famiglia. Giù le mascherine, su i calici, le fette di panettone che passano di mano insieme al virus». La fetta di panettone come la mela avvelenata di Biancaneve. E allora non c’è che una soluzione: lockdown totale, totalissimo. Ognuno chiuso nella sua stanza, a tempo indeterminato: arretsi domiciliari e in isolamento.

A nessuno che venga in mente che la circolazione del virus magari è indipendente dai lockdown: l’Italia è il paese che in questo anno l’ha imposto più duramente di qualsiasi altro, eppure abbiamo una tra le peggiori situazioni in Europa quanto a contagi e morti dichiarati. Farsi qualche domanda?

Certo, tagliare la testa è il modo più radicale e sicuro per combattere l’emicrania, ma siamo sicuri che sia anche il migliore?

Concentrarsi su un solo fattore, per quanto importante, ignorando tutti gli altri porta a conseguenze ben più gravi della malattia che si vuol sconfiggere. Combattere il virus ignorando la persona provoca danni gravi alla salute e la devastazione psicologica. Ci si ammala gravemente e si muore anche per la solitudine forzata, come dimostrano l’aumento dei suicidi – soprattutto fra i giovani – e l’impennata di ricorsi allo psicologo. Per non parlare delle altre malattie mortali che vengono trascurate.

E andando avanti sarà sempre peggio, perché presto tutti capiranno che il vaccino è un’illusione. Da mesi la gente è stata educata all’attesa del vaccino miracoloso che ci libererà dalla schiavitù della malattia. E ora invece si comincia ad ammettere sempre più esplicitamente che non sarà così: intanto non è dimostrato che il vaccinato non è più contagioso, quindi necessariamente restano tutte – dicasi tutte - le misure precauzionali (mascherine, distanziamento e ovviamente lockdown); poi in questi giorni stiamo anche scoprendo che ci vogliono molti giorni prima di essere immunizzati dal vaccino, siamo già arrivati a sei settimane. Vale a dire: mi vaccino lunedì 11 gennaio, sarò al riparo dal virus - se va bene - il 22 febbraio.

Ma una copertura vaccinale sufficiente a parlare di “immunità di gregge” non si avrà comunque prima della fine dell’anno: da ultima lo ha spiegato l’altra sera l’immunologa Antonella Viola a “Otto e mezzo”, e comunque basta fare due conti e dividere la popolazione italiana per il numero di vaccinazioni quotidiane che realisticamente si possono fare, per capirlo. Quindi per tutto il 2021 la prospettiva è ancora il lockdown, con il gioco dei colori. Niente liberazione. E per il 2022 la musica non cambia: perché l’effetto del vaccino – se va bene – dura 9-12 mesi. Vale a dire che tra un anno si ricomincia perché nel frattempo chi si sta vaccinando oggi non sarà più coperto, per non parlare delle varianti del virus che nel frattempo si stanno diffondendo. E quindi – con questo approccio al Covid – andremo avanti all’infinito

Impegnare le persone con il gioco dei colori e con il senso di colpa collettivo, sembra il modo più efficace per rafforzare il potere.

Riccardo Cascioli

https://lanuovabq.it/it/hai-lemicrania-tagliati-la-testa

C‘era una volta un pollaio. Chicken Little, le bugie, la paura e noi

C’era una volta un pollaio nel quale vivevano galli, galline, pulcini, tacchini, paperi. La comunità, che aveva a capo un gallo, comprendeva anche Chicken Little, un polletto considerato un po’ debole di cervello.

Nel pollaio la vita scorreva felice, perché tutti erano protetti da una grande e robusta recinzione che teneva a bada i predatori.

Un giorno la volpe, che voleva mangiarsi tutti i membri della comunità, dopo aver a lungo osservato la recinzione, pensò di usare la psicologia.

Da un libro, intitolato proprio Psicologia, la volpe apprese questo consiglio: “Per influenzare le masse, punta prima ai meno intelligenti”. Così fece credere a Chicken Little che il cielo stesse per cadere e che tutti fossero condannati a una brutta fine. A meno che… non si fossero lasciati condurre dalla volpe in una caverna, al riparo.

Nel libro, infatti, c’era scritto: “Se racconti una bugia, non raccontarla piccola, ma grossa”.

La volpe, dunque, prese un cartello blu, con sopra dipinta una stella, lo gettò nel pollaio e lo fece cadere sulla testa di Chicken Little.

Il polletto ne restò atterrito e poi, quando, parlando attraverso la recinzione, la volpe gli fece credere di essere la voce del destino, Chicken Little corse immediatamente ad avvertire tutto il pollaio: “Il cielo sta cadendo!”. E, per dimostrarlo, mostrò il bernoccolo sulla testa.

Immediata la reazione delle galline: “Mio dio, che paura! Che cosa faremo? Saremo uccisi tutti!”

Non siate stupide, è solo un pezzo di legno caduto sulla testa di Chicken Little” disse il gallo, ma la volpe, ricorrendo ancora al suo libro di psicologia, iniziò a minare la fiducia dei polli facendo circolare la voce che il gallo fosse un incapace, inadatto a governare sul pollaio. Poi, sempre sussurrando attraverso la recinzione, convinse Chicken Little: “Il vero capo devi essere tu! Tu ne hai le capacità, non il gallo!”.

Le galline implorarono Chicken Little di salvarle, e lui adottò il consiglio della volpe: non c’era un minuto da perdere, bisognava aprire il pollaio e correre a rifugiarsi nella caverna.

Sarebbe bello poter raccontare un lieto fine, ma questa storia un lieto fine non ce l’ha. Tutti gli abitanti del pollaio, infatti, seguendo i cartelli predisposti dalla volpe, corsero di filato verso la caverna. Qui furono mangiati, e la volpe fu per sempre grata alla psicologia.

La storia di Chicken Little (che risale al 1943 e fu pensata, ma poi non prodotta, come film di propaganda degli Stati Uniti in funzione antinazista) viene ora ripresa da Pete Baklinski che su LifeSiteNews, a proposito di quanto stiamo vivendo con il Covid, commenta: “Ci sono diverse lezioni importanti da trarre da questa storia”. Eccole: creare o capitalizzare una crisi è il modo migliore per spostare le masse verso un obiettivo predeterminato dai controllori; le bugie possono controllare le persone, specialmente gli ignoranti e coloro che non sono in grado di pensare da soli; se dici una bugia abbastanza grossa e continui a ripeterla, alla fine le persone finiranno per crederci; la paura per la propria sicurezza è il modo migliore per spingere le masse ad accettare la soluzione indicata dai controllori; una volta che la menzogna sarà acquisita dalle masse, la soluzione proposta dai controllori apparirà logica.

Per chi è in grado di vedere, ci saranno sempre segni evidenti che le menzogne e la narrativa fondata sulla paura create dai controllori contraddicono la realtà, la ragione e il buon senso, ma la paura rende ciechi. Così la volpe che vuol mangiare i polli ha buon gioco, agendo attraverso la menzogna, a indurre l’intero pollaio a adottare la sua soluzione: correre verso la caverna. Per chi si è convinto che il cielo stia cadendo sopra il pollaio la soluzione di correre verso la caverna è del tutto logica. Il punto è che il cielo non sta cadendo sopra il pollaio.

All’inizio della vicenda del Covid, osserva Baklinski, ci venne detto che milioni di persone sarebbero morte e così in tutto il mondo si diffuse il terrore. La narrativa dominante lo ha alimentato e le masse, spinte dalla paura, si sono sottomesse a normative del tutto illiberali, che hanno provocato pesantissime conseguenze sul piano economico, sociale ed emotivo.

Baklinski nel suo saggio rimanda a numerose fonti che dimostrano, con abbondanza di prove e dati, che le cose non stanno come ce le sta raccontando la narrativa dominante. Visto che su Duc in altum ne parliamo da tempo, non è il caso di ripercorrere tutti i punti. Mi limito a citare quello in cui l’autore, ricordando

Il libro di C.S. Lewis The Great Divorce, dove lo scrittore descrive l’inferno come un luogo in cui i suoi abitanti si stanno allontanando gli uni dagli altri perché si disprezzano e si odiano a vicenda, ricorda che l’inferno è allontanamento sociale. Quindi, “trattarci l’un l’altro come potenziali assassini infettati da virus e dai quali dobbiamo mantenere le distanze è un attacco diretto alla nostra chiamata divina alla comunione”.

Un ultimo punto da sottolineare, dice Baklinski, riguarda “il colpo di genio di Satana nell’usare la crisi per chiudere le chiese e negare ai fedeli l’accesso ai sacramenti, qualcosa che atei e comunisti si sforzano di fare da molto tempo”.

Il Catechismo della Chiesa cattolica è piuttosto chiaro: “Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il ‘mistero di iniquità’ sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne” (n. 675).

È tempo per noi – conclude Baklinski – di esaminare le prove e di giudicare la situazione in cui ci troviamo con il retto giudizio. Se le volpi dei nostri giorni ci dicono di correre nella caverna per essere al sicuro, dobbiamo mettere in discussione tutto e rifiutarci di andare d’accordo con la loro narrazione se non corrisponde alla realtà. Se gli imperatori dei nostri giorni ci dicono di assecondare i loro schemi che alla fine sono contrari a ciò che vediamo, alla ragione e al buon senso, siamo degli sciocchi se li accettiamo. Alla fine, solo la verità ci renderà liberi. Ed è vivendo secondo verità che viviamo in libertà come figli di Dio”.

https://www.radioromalibera.org/cera-una-volta-un-pollaio-chicken-little-le-bugie-la-paura-e-noi/

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