6 gennaio - Epifania
La ragione di questa solennità vi è stata resa chiara dalla lettura del Vangelo (Mt 2, 1-12). È una pagina di storia. A nessuno venga in mente di credere che ci sia qualche cosa di leggendario; no, è storia. Bisogna ricordare che un particolare – il fatto della stella – ha avuto un'eco in tutto l'Oriente: nella Mesopotamia, nella Persia, nell'India. Dappertutto nelle letterature e nei dati archeologici si ritrova il segno di questa stella. Ma non dobbiamo fermarci, per il momento, davanti alla nostra storia.
Debbo avvertirvi che tutto il Vangelo, compreso pertanto quello dei Re Magi, è anche profezia, perché tutto quello che fu nella storia di Cristo Capo, tutto avverrà, nelle proporzioni adeguate, nella storia del Corpo mistico di Cristo, quello che siamo noi con tutti i nostri fratelli di prima, di ora e di poi.
Nel racconto dei Magi noi vediamo che Dio stesso chiama costoro, li chiama mostrando, per le loro particolari attenzioni astronomiche, un lume nuovo in cielo e con quello li guida. Ma Dio interviene molto di più con una mozione interna: non è tanto la stella che li ha portati – non credo sarebbe stata sufficiente – ma è la mozione interna della Grazia di Dio che li ha portati a compiere un viaggio eroicamente lungo, penoso, faticoso, con tutte le difficoltà della mancanza di ogni agio, che i luoghi attraversati potevano offrire ai Magi.
Ora, tutto questo è anche profezia, perché nella storia vorrei dire sono più quelli che alla fede chiama Dio stesso con la mozione interna della Grazia, che quelli che bene o male raccapezzano i missionari. La misericordia di Dio è infinita, e l'Incarnazione del Verbo ha per scopo mediato, non ultimo, quello della redenzione degli uomini, quello di portarli a Dio. Ma molto più è quello che agisce e conclude nel sotterraneo del mondo della Chiesa e non quello che si vede. Per far questo nessuna meraviglia se, per annunziare il Suo Figlio nato, Dio ha posto un lume in cielo, che ha potuto condurre, adeguandosi alle distanze (e pertanto non è una delle stelle né tanto meno quella di Halley che stanno vagolando ora per il cielo), se Dio ha potuto muovere uno strumento in cielo dandogli caratteristiche e capacità di indicazioni fino a designare il posto, la casa, dove Gesù era. Dio fa cose che noi non conosciamo per salvare molti degli uomini.
C'è Erode di mezzo, il quale agisce in modo degno di lui e di tutta la sua storia. Vuol sapere dov'è il Bambino. Veramente quest'uomo diventa ridicolo. Perché? Era già avanzato negli anni e ha timore di un bambino che ha soltanto qualche mese tutt'al più. Non poteva sperare, ammalato come era Erode, di bloccare questo Bambino, perché non arrivasse a un regno che Egli non cercava. Perché Cristo ha costituito un Regno eterno, spirituale e non aveva niente da portar via agli uomini cinti di corona. Però questa nota di ridicolo serve ad indicare qualcosa, dico è profezia: ci sarà sempre qualche Erode in questo mondo, e oggi ce n'è più di uno. Però sono ridicoli, perché prendersela con il Cielo, prendersela con quell'ordine dove si stabilisce quando fa caldo e quando fa freddo, quando piove e quando deve venire la neve, è proprio essere senza senso, ed è quello che mostrano quanti oggi, in un modo o nell'altro, prendono come obiettivo delle proprie satire e delle proprie forze la Santa Chiesa di Dio. Sappiamo come finisce: finisce sempre così! Erode muore, Gesù vive, trionfa e se ne ritorna a Nazaret.
La storia continua; questo ne è lo schema. Per questo ho detto che non solo è una pagina di storia questa, ma è, come tutto il Vangelo, una profezia dei fatti che secondo i tempi si snoderanno e che noi chiamiamo storia e che spesso sono semplicemente una dipintura esterna dei fatti che nel loro sotterraneo hanno ben altra grandezza e raggiungono ben altre conclusioni.
Card. Giuseppe Siri, Omelie per l'anno liturgico
Incarnazione e Redenzione
L’adorazione del Bambino Gesù da parte dei Tre Re e i doni che loro Gli offrono attestano la Sua vera identità, la persona del Dio Figlio nella quale sono unite la natura divina e la natura umana per la salvezza del mondo. Quanto risulta essere attuale la Festa della Epifania, della luce di Cristo che brilla nei cuori Cristiani per la salvezza del mondo. Oggi, nella Chiesa stessa sono entrate quelle tenebre che potrebbero ingannarci e condurci lontano dalla Luce che è Cristo.
Dopo la proclamazione del Vangelo nella grande festa dell’Epifania, è solennemente annunciato il giorno della Pasqua del Nostro Signore Gesù Cristo. Celebrando la manifestazione del Mistero dell’Incarnazione a tutte le nazioni, rappresentate dai Tre santi Re d’Oriente, la Chiesa riconosce la finalità totalmente salvifica dell’Incarnazione del Dio Figlio. Osservando i grandi momenti della Nascita del Signore, dell’Adorazione dei Tre Re, del Suo Battesimo nel Giordano da parte di san Giovanni Battista, e del Suo primo miracolo alle Nozze di Cana, il nostro sguardo è subito indirizzato alla consumazione dell’Incarnazione nella Passione, Morte, Risurrezione e Ascensione del Signore.
I grandi Misteri dell’Incarnazione e della Redenzione sono inseparabilmente legati. Il Bambino Gesù è il Salvatore del mondo. Per questo motivo, la stella natalizia ha condotto i Tre Re ad una mangiatoia a Betlemme, nella quale Maria ha deposto il suo neonato Divino Bambino ed accanto alla quale veglia san Giuseppe, Suo padre putativo, a protezione di Gesù e della Madre di Dio, sua vera sposa. Poco dopo i Tre Re avevano consultato il re Erode circa il luogo della Nascita del Messia. Narra, infatti, il Vangelo:
Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i lori scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. (1)
L’adorazione del Bambino Gesù da parte dei Tre Re e i doni che loro Gli offrono attestano la Sua vera identità, la persona del Dio Figlio nella quale sono unite la natura divina e la natura umana per la salvezza del mondo.
L’adorazione del Divino Bambino è infatti l’adorazione del Re del Cielo e della Terra, del Messia che solo salva il mondo dalla tirannia del peccato e della morte. I Tre Re e noi stessi siamo testimoni della vittoria della Luce divina sulle tenebre del mondo che avrebbe la pretesa di essere divino, ribellandosi contro Dio ed il Suo piano per la salvezza. Noi vediamo, come i Tre Re hanno visto, il compimento della Parola di Dio trasmessaci dal Profeta Isaia:
Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli: ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. (2)
Nonostante le più violente manifestazioni dello spirito del mondo, lo spirito immondo che, per la sua natura ci inganna e ci mente conducendoci sulla via delle tenebre e della morte, Cristo, nato a Betlemme e adorato dai Tre Re, ha portato al mondo la luce. È la luce che risplende dal Suo Cuore glorioso nei nostri cuori, scacciando le tenebre che portano alla morte e illuminando la via che conduce alla vita eterna, alla dimora celeste, che è il nostro vero destino. Cristo vivo nella Chiesa, ininterrottamente trasmessoci dagli Apostoli e dai loro successori, che è la sorgente e la sostanza della nostra Fede cattolica, scaccia le tenebre che vorrebbero avvolgerci e distruggerci.
Quanto risulta essere attuale la Festa della Epifania, della luce di Cristo che brilla nei cuori Cristiani per la salvezza del mondo. Oggi, nella Chiesa stessa sono entrate quelle tenebre che potrebbero ingannarci e condurci lontano dalla Luce che è Cristo.
La risposta di molti pastori alla crisi in merito al Wuhan virus ha dimostrato poca fede in Cristo e nella salvezza che Egli ci offre nella Chiesa, specialmente tramite i Sacramenti.
I fedeli, guardando ai pastori per la direzione in una situazione di tanta disinformazione e confusione, frequentemente hanno ricevuto il consiglio di seguire quello che lo Stato, con i suoi presunti esperti, afferma. Certamente la Chiesa rispetta sempre lo Stato e la verità dimostrata dalle scienze. Allo stesso tempo, ha il dovere di rispondere allo Stato con la coscienza che i suoi membri sono non soltanto cittadini della terra ma primariamente cittadini del Cielo. Allo stesso modo, la Chiesa risponde alla verità dimostrata con la carità di Cristo.
Vediamo l’esempio di una tale risposta alla verità di una gravissima malattia, la peste nera, in San Carlo Borromeo e molti altri santi in tempi di piaghe. Non è lo Stato che ci insegna come rispondere, ma noi, seguendo la sana dottrina della Chiesa, siamo chiamati ad essere un esempio per lo Stato.
Nella Chiesa odierna si sente molto parlare del cosmos, del nostro posto e perfino del posto di Cristo nel cosmos, come fosse il cosmos la realtà divina che illumina e governa tutto. Si sente parlare di una conversione ecologica, invece della conversione a Cristo, di un patto globale mondano per salvarci e per salvare il nostro mondo, invece del piano eterno di Dio. Nel momento attuale, sembra che la vaccinazione di tutta la popolazione contro il Wuhan virus sia l’unico modo di salvarci dalla piaga.
È stato perfino detto da alcuni nella Chiesa che la vaccinazione ci è imposta dalla carità stessa di Cristo, anche se la ragione, per non parlare della fede, ci suscita dei dubbi. Mentre lo Stato minaccia di imporre in modo assoluto la vaccinazione, che, per la sua natura, deve essere una scelta personale, il cristiano è tenuto a seguire la sua ben informata coscienza. Sembra, infatti, che la vaccinazione universale sia un primo passo significativo a realizzare un unico governo mondiale.
In molti di questi discorsi non si trova neanche la menzione di Cristo e del Mistero dell’Incarnazione Redentiva, o si presenta addirittura falsamente il mistero di Cristo nella Chiesa quale subordinato ad un culto idolatra della creazione stessa, invece del culto «in spirito e verità» (3) del Creatore. Il Figlio Divino di Maria, il Cristo, in modo blasfemo, è presentato come un’elemento nel cosmos che è invece ritenuto la vera pienezza della rivelazione di Dio a noi.
Noi, con i santi Tre Re, adoriamo Cristo, l’unico Salvatore del Mondo. Cristo Salvatore non cessa mai di compiere la Sua opera salvifica nella Chiesa. Egli conta su ciascuno di noi, secondo la nostra vocazione e le nostre particolari doti, per dare testimonianza, in tutti i modi possibili, della realtà che celebreremo solennemente il giorno della Epifania, ovvero che Egli solo è la pienezza della rivelazione di Dio, che Egli solo ci salva dal peccato e dalla morte, che Egli solo riempie i nostri cuori con la grazia divina, che Egli solo ci porta sulla via della Croce che conduce al nostro vero destino, la vita eterna per la quale Dio Padre Lo ha mandato nel mondo, Lo ha mandato nella nostra natura umana.
La luce di Cristo che ogni giorno illumina i nostri cuori ci conduce, giorno dopo giorno, sulla via giusta, al culto di Dio «in spirito e verità», al servizio di Dio secondo la giustizia, che anticipa l’inaugurazione di «nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» (4) perfettamente e per sempre.
Per questo non dobbiamo cedere allo scoraggiamento o alla disperazione di fronte alle menzogne, alla confusione ed alla divisione che opprimono la società e perfino la santa Madre Chiesa, ma, con gioia, dobbiamo prendere sulle nostre spalle, insieme con Cristo, la sofferenza che è necessaria al fine di rimanere degli araldi fedeli e dei servi disinteressati del grande Mistero dell’Incarnazione Redentiva.
Dom Prosper Guéranger, commentando il Vangelo della Festa della Epifania, ci incoraggia a vivere secondo la verità dell’Epifania:
"I Magi, primizie della Gentilità, sono stati introdotti presso il gran Re che cercavano, e noi tutti li abbiamo seguiti. Il Bambino ha sorriso a noi come a loro. Tutte le fatiche di quel lungo viaggio che porta a Dio sono dimenticate; l’Emmanuele rimane con noi, e noi con lui. Betlemme, che ci ha ricevuti, ci custodisce per sempre, perché a Betlemme possediamo il Bambino, e Maria Madre sua. In quale posto del mondo troveremmo tesori così preziosi? Supplichiamo questa Madre incomparabile di presentarci essa stessa il Figlio che è la nostra luce, il nostro amore, il nostro Pane di vita nel momento in cui ci avvicineremo all’altare verso il quale ci conduce la Stella della fede. Fin da questo momento apriamo i nostri tesori; teniamo in mano il nostro oro, il nostro incenso e la nostra mirra, per il Neonato. Egli gradirà questi doni con bontà, e non sarà in ritardo con noi. Quando ci ritireremo come i Magi, lasceremo come loro i nostri cuori sotto il dominio del divino Re, e anche noi per un’altra strada, per una via del tutto nuova, rientreremo in quella patria mortale che deve ancora trattenerci, fino al giorno in cui la vita e la luce eterna verranno a far sparire in noi tutto ciò che vi è di ombra e di tempo". (5)
Nel Mistero dell’Epifania, nel Mistero dell’Incarnazione Redentiva, troviamo la fonte e la forza per la conversione della nostra vita a Cristo, per la trasformazione del mondo secondo il piano salvifico di Dio Padre, realizzato dal Dio Figlio Incarnato, per il quale lo Spirito Santo inabita la Chiesa, inabita i nostri cuori.
Condotti all’altare del Sacrificio Eucaristico dalla stella, che è la nostra fede Cattolica, offriamo i nostri cuori, insieme con la Vergine Madre di Cristo, san Giuseppe, Padre Putativo di Gesù, e i santi Tre Re, al glorioso Cuore trapassato del Signore. I nostri cuori, restando fermamente nel Suo Sacratissimo Cuore, diventeranno luce in Lui e saranno luce nella nostra casa, luce nei nostri posti di lavoro e di studio, luce per tutti quelli che incontreremo, e scacceranno le tenebre della confusione, dell’errore, del peccato e della morte.
Raymond L. Burke*
* Cardinale
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(1) Cf. Mt 2, 9-11.
(2) Is 60, 1-3.
(3) Gv 4, 24.
(4) 2 Pt 3, 13.
(5) “Le Mages, prémices de la Gentilité, ont été introduits auprès du grand Roi qu’ils cherchaient, et nous les avons suivis. L’Enfant nous a souri comme à eux. Toutes les fatigues, de ce long voyage qui mène à Dieu sont oubliées ; l’Emmanuel reste avec nous, et nous avec lui. Bethléhem, qui nous a reçus, nous garde à jamais ; car à Bethléhem nous possédons l’Enfant et Marie sa Mère. En quel lieu du monde trouverions-nous des biens aussi précieux ? Supplions cette Mère incomparable de nous présenter elle-même ce Fils qui est notre lumière, notre amour, notre Pain de vie, au moment où nous allons approcher de l’autel vers lequel nous conduit l’Étoile de la foi. Dès ce moment ouvrons nos trésors ; tenons à la main notre or, notre encens et notre myrrhe, pour le nouveau-né. Il agréera ces dons avec bonté ; il ne demeurera point en retard avec nous. Quand nous nous retirerons comme les Mages, comme eux aussi nous laisserons nos cœurs sous le domaine du divin Roi ; et ce sera aussi par un autre chemin, par une voie toute nouvelle, qui nous rentrerons dans cette patrie mortelle qui doit nous retenir encore, jusqu’au jour où la vie et la lumière éternelle viendront absorber en nous tout ce qui est de l’ombre et du temps”. Prosper Guéranger, L’Année liturgique, Le Temps de Noël, Tome II, 20ème éd. (Tours: Maison Alfred Mame et Fils, 1923), pp. 106-107. Versione italiana: Prosper Guéranger, L’Anno liturgico, Vol. I – Avvento e Natale, tr. P. Graziani (Alba: Edizioni Paoline, 1956), p. 244-245.
- I MAGI E LA STELLA, L'ASTRONOMIA DÀ CONFERME, di Ruggero Sangalli
https://lanuovabq.it/it/nellepifania-si-fondono-incarnazione-e-redenzione
Epifania con Benedetto XVI / “L’approvazione delle opinioni dominanti non è il criterio a cui ci sottomettiamo”
Cari amici di Duc in altum, seguendo una tradizione iniziata da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI nel giorno dell’Epifania conferiva l’ordinazione episcopale ad alcuni sacerdoti. Fece così anche nel 2013 e nel corso dell’omelia tracciò una sorta di identikit del vescovo. Ecco le sue parole.
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[…] Come dev’essere un uomo a cui si impongono le mani per l’Ordinazione episcopale nella Chiesa di Gesù Cristo? Possiamo dire: egli deve soprattutto essere un uomo il cui interesse è rivolto verso Dio, perché solo allora egli si interessa veramente anche degli uomini. Potremmo dirlo anche inversamente: un Vescovo dev’essere un uomo a cui gli uomini stanno a cuore, che è toccato dalle vicende degli uomini. Dev’essere un uomo per gli altri. Ma può esserlo veramente soltanto se è un uomo conquistato da Dio. Se per lui l’inquietudine verso Dio è diventata un’inquietudine per la sua creatura, l’uomo. Come i Magi d’Oriente, anche un Vescovo non dev’essere uno che esercita solamente il suo mestiere e non vuole altro. No, egli dev’essere preso dall’inquietudine di Dio per gli uomini. Deve, per così dire, pensare e sentire insieme con Dio. Non è solo l’uomo ad avere in sé l’inquietudine costitutiva verso Dio, ma questa inquietudine è una partecipazione all’inquietudine di Dio per noi. Poiché Dio è inquieto nei nostri confronti, Egli ci segue fin nella mangiatoia, fino alla Croce. “Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai redento con il supplizio della Croce: che tanto sforzo non sia vano!”, prega la Chiesa nel Dies irae. L’inquietudine dell’uomo verso Dio e, a partire da essa, l’inquietudine di Dio verso l’uomo devono non dar pace al Vescovo. È questo che intendiamo quando diciamo che il Vescovo dev’essere soprattutto un uomo di fede. Perché la fede non è altro che l’essere interiormente toccati da Dio, una condizione che ci conduce sulla via della vita. La fede ci tira dentro uno stato in cui siamo presi dall’inquietudine di Dio e fa di noi dei pellegrini che interiormente sono in cammino verso il vero Re del mondo e verso la sua promessa di giustizia, di verità e di amore. In questo pellegrinaggio, il Vescovo deve precedere, dev’essere colui che indica agli uomini la strada verso la fede, la speranza e l’amore.
Il pellegrinaggio interiore della fede verso Dio si svolge soprattutto nella preghiera. Sant’Agostino ha detto una volta che la preghiera, in ultima analisi, non sarebbe altro che l’attualizzazione e la radicalizzazione del nostro desiderio di Dio. Al posto della parola “desiderio” potremmo mettere anche la parola “inquietudine” e dire che la preghiera vuole strapparci alla nostra falsa comodità, al nostro essere chiusi nelle realtà materiali, visibili e trasmetterci l’inquietudine verso Dio, rendendoci proprio così anche aperti e inquieti gli uni per gli altri. Il Vescovo, come pellegrino di Dio, dev’essere soprattutto un uomo che prega. Deve essere in un permanente contatto interiore con Dio; la sua anima dev’essere largamente aperta verso Dio. Le sue difficoltà e quelle degli altri, come anche le sue gioie e quelle degli altri le deve portare a Dio, e così, a modo suo, stabilire il contatto tra Dio e il mondo nella comunione con Cristo, affinché la luce di Cristo splenda nel mondo.
Torniamo ai Magi d’Oriente. Questi erano anche e soprattutto uomini che avevano coraggio, il coraggio e l’umiltà della fede. Ci voleva del coraggio per accogliere il segno della stella come un ordine di partire, per uscire – verso l’ignoto, l’incerto, su vie sulle quali c’erano molteplici pericoli in agguato. Possiamo immaginare che la decisione di questi uomini abbia suscitato derisione: la beffa dei realisti che potevano soltanto deridere le fantasticherie di questi uomini. Chi partiva su promesse così incerte, rischiando tutto, poteva apparire soltanto ridicolo. Ma per questi uomini toccati interiormente da Dio, la via secondo le indicazioni divine era più importante dell’opinione della gente. La ricerca della verità era per loro più importante della derisione del mondo, apparentemente intelligente.
Come non pensare, in una tale situazione, al compito di un Vescovo nel nostro tempo? L’umiltà della fede, del credere insieme con la fede della Chiesa di tutti i tempi, si troverà ripetutamente in conflitto con l’intelligenza dominante di coloro che si attengono a ciò che apparentemente è sicuro. Chi vive e annuncia la fede della Chiesa, in molti punti non è conforme alle opinioni dominanti proprio anche nel nostro tempo. L’agnosticismo oggi largamente imperante ha i suoi dogmi ed è estremamente intollerante nei confronti di tutto ciò che lo mette in questione e mette in questione i suoi criteri. Perciò, il coraggio di contraddire gli orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo. Egli dev’essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti. Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi. “Chi teme il Signore non ha paura di nulla”, dice il Siracide (34,16). Il timore di Dio libera dal timore degli uomini. Rende liberi!
In questo contesto mi viene in mente un episodio degli inizi del cristianesimo che san Luca narra negli Atti degli Apostoli. Dopo il discorso di Gamaliele, che sconsigliava la violenza verso la comunità nascente dei credenti in Gesù, il sinedrio chiamò gli Apostoli e li fece flagellare. Poi proibì loro di predicare nel nome di Gesù e li rimise in libertà. San Luca continua: “Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno … non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo” (At 5,40ss). Anche i successori degli Apostoli devono attendersi di essere ripetutamente percossi, in maniera moderna, se non cessano di annunciare in modo udibile e comprensibile il Vangelo di Gesù Cristo. E allora possono essere lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per Lui. Naturalmente vogliamo, come gli Apostoli, convincere la gente e, in questo senso, ottenerne l’approvazione. Naturalmente non provochiamo, ma tutt’al contrario invitiamo tutti ad entrare nella gioia della verità che indica la strada. L’approvazione delle opinioni dominanti, però, non è il criterio a cui ci sottomettiamo. Il criterio è Lui stesso: il Signore. Se difendiamo la sua causa, conquisteremo, grazie a Dio, sempre di nuovo persone per la via del Vangelo. Ma inevitabilmente saremo anche percossi da coloro che, con la loro vita, sono in contrasto col Vangelo, e allora possiamo essere grati di essere giudicati degni di partecipare alla Passione di Cristo.
I Magi hanno seguito la stella, e così sono giunti fino a Gesù, alla grande Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr Gv 1,9). Come pellegrini della fede, i Magi sono diventati essi stessi stelle che brillano nel cielo della storia e ci indicano la strada. I santi sono le vere costellazioni di Dio, che illuminano le notti di questo mondo e ci guidano. San Paolo, nella Lettera ai Filippesi, ha detto ai suoi fedeli che devono risplendere come astri nel mondo (cfr 2,15).
Cari amici, ciò riguarda anche noi. Ciò riguarda soprattutto voi che, in quest’ora, sarete ordinati Vescovi della Chiesa di Gesù Cristo. Se vivrete con Cristo, a Lui nuovamente legati nel Sacramento, allora anche voi diventerete sapienti. Allora diventerete astri che precedono gli uomini e indicano loro la via giusta della vita. In quest’ora noi tutti qui preghiamo per voi, affinché il Signore vi ricolmi con la luce della fede e dell’amore. Affinché quell’inquietudine di Dio per l’uomo vi tocchi, perché tutti sperimentino la sua vicinanza e ricevano il dono della sua gioia. Preghiamo per voi, affinché il Signore vi doni sempre il coraggio e l’umiltà della fede. Preghiamo Maria che ha mostrato ai Magi il nuovo Re del mondo ( Mt 2,11), affinché ella, quale Madre amorevole, mostri Gesù Cristo anche a voi e vi aiuti ad essere indicatori della strada che porta a Lui. Amen.
Benedetto XVI
Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore, 6 gennaio 2013
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