La grande sfida della Chiesa: cosa ci ha insegnato Ratzinger
Coronavirus, restrizioni, vaccini. La pandemia ha confinato gli uomini di Chiesa. E si riapre il confronto con la scienza
Coronavirus, restrizioni, vaccini. La pandemia ha confinato gli uomini di Chiesa. E si riapre il confronto con la scienza
Il primo caso di pandemia globale sviluppatasi in poche settimane ha costretto la Chiesa cattolica a porsi problemi nuovi. Nel corso della storia, l'Ecclesia si è già dovuta confrontare con i tragici effetti delle situazioni epidemiche. Difficile negare che più di qualcosa sia cambiato. Nella narrativa comune, quello tra fede e ragione è un rapporto complicato.
Vale per le pandemie come per altri fenomeni. Come vedremo, in verità fede e ragione, quindi religione e scienza, non sono avversarie. Il pensiero di Joseph Ratzinger ha forse messo la parola fine al battage mediatico-intellettualistico sul conflitto tra scienza e religione cristiano-cattolica (o religioni in generale).
Certo, con l'avvento del Sars-Cov2, la Chiesa cattolica, con il Papa regnante in testa, ha dovuto rinunciare a buona parte della sua funzione pubblica. La "Chiesa in uscita" di Jorge Mario Bergoglio è rimasta confinata all'interno delle mura leonine. L'ex arcivescovo di Buenos Aires, giusto per dirne una, ha dovuto interrompere le sue visite apostoliche. Il prossimo viaggio dovrebbe essere in Iraq, ma lo stesso pontefice argentino ha ammesso di non poter distribuire certezze sulla partenza. Il virus può modificare i piani. Sono tutte discrete differenze rispetto ad altre situazioni pandemiche della storia dell'uomo, dove gli uomini di Chiesa hanno organizzato processioni pubbliche, eretto santuari di protezione e così via. Da qui a postulare uno scollamento netto tra fede e ragione, però, ce ne passa. La sensazione è che religione e scienza abbiano spesso camminato su sentieri paralleli. Tanti scienziati sono stati cattolici. E tanti cattolici hanno fatto sì che la scienza facesse passi avanti decisivi.
Le indicazioni di Benedetto XVI
Il pontificato di Benedetto XVI è stato decisivo: il 28 gennaio del 2007, attraverso l'Angelus domenicale, il teologo tedesco postula, ricordando San Tommaso d'Aquino, l'esistenza di una perfetta coincidenza tra fede e ragione. Una dialettica che non deve tuttavia scadere nell'abbraccio allo scientismo, che nega qualsiasi fenomeno non sia esperienziale. Rivolgendosi alla consueta piazza gremita, Ratzinger afferma che "lo sviluppo moderno delle scienze reca innumerevoli effetti positivi, come noi tutti vediamo; essi vanno sempre riconosciuti. Al tempo stesso, però - aggiunge - , occorre ammettere che la tendenza a considerare vero soltanto ciò che è sperimentabile costituisce una limitazione della ragione umana e produce una terribile schizofrenia, ormai conclamata, per cui convivono razionalismo e materialismo, ipertecnologia e istintività sfrenata". La critica non è rivolta alla scienza in sé, bensì allo scientismo esasperato che priva della ragionevolezza la fede nel logos divino.
La fede, per il professore di Tubinga, "suppone" la ragione. Nel corso del pontificato, le critiche non mancano: Ratzinger viene spesso tacciato di oscurantismo. Diventano celebri i dialoghi tra l'ex pontefice teutonico e alcuni esponenti dell'ateismo, come Piergiorgio Odifreddi e Jurgen Habermas. Viene da chiedersi come avrebbe reagito oggi la Chiesa ratzingeriana alla pandemia. Conoscendo le scelte dell'emerito (quelli che abbiamo appreso in questi mesi, con il blocco delle visite per esempio), il fatto che si sia vaccinato e le preoccupazioni sorte per il suo momentaneo trasferimento in Germania al capezzale del fratello Georg, possiamo suppore che l'atteggiamento ratzingeriano non si sarebbe discostato dalle scelte compiute da papa Francesco. Questo è di certo vero, al netto dello stile e dei messaggi, che avrebbero potuto essere differenti.
Durante questo anno pandemico, la Chiesa cattolica si è espressa sui vaccini, sulle misure di distanziamento, sulle precauzioni da adottare, sulle priorità che gli uomini immersi in un contesto pandemico dovrebbero tener presente, sulla distribuzione dei sacramenti in relazione ai divieti di assembramento ( e quindi in alcuni casi di celebrare le funzioni religiose), sulle grandi questioni bioetiche che l'avvento del nuovo coronavirus porta in dote e così via. Alcune iniziative provenienti da realtà parrocchiali - come le cosiddette "Messe clandestine" - hanno, oltre ad alimentare la disapprovazione delle istituzioni pubbliche, riaperto uno dei grandi temi della contemporaneità, tra cui possibile scollamento tra lo sviluppo scientifico-tecnologico ed il ruolo svolto dalle confessioni religiose. La sinistra culturale, in buona sostanza, ha trovato terreno fertile per scagliare i suoi attacchi.
L'evoluzione del rapporto tra scienza e fede
Per lo storytelling progressista, scienza e fede collidono, e non c'è niente da fare. Attraverso questa chiave interpretativa, si comprende meglio perché i fedeli cristiano-cattolici che rivendicano l'urgente necessità di aprire le chiese per ricevere sacramenti vengano attaccati da sinistra. É successo con cadenza continua ogni volta che il tema è stato posto. E il comunicato diretto al governo giallorosso della Conferenza episcopale italiano sulla violazione del diritto alla libertà di culto fa parte del filone di chi cerca di segnalare l'esistenza di "urgenze spirituali". Per un cattolico ricevere l'eucaristia non è secondario.
Il professor Francesco Agnoli, che si è occupato delle questione legate alla dialettica tra scienza e fede attraverso decine di libri, non pensa che i due ambiti siano separati: "Basti pensare che Pitagora è considerato nei testi di filosofia una sorta di mistico. Nella riflessione della matematica, il dio musico attraversa la storia dai greci fino ai grandi matematici dell'ottocento e del novecento. Il rapporto tra scienza e fede è sempre molto stretto. Pensiamo alla scienza medioevale, che è la scienza francescana. Andando avanti, mi vengono in mente due grandi francesi, Cartesio e Pacal, che sono cattolici. Newton è devotissimo, e la ricerca di Dio per lui è al primo posto. Abbiamo un'idea strana di questo rapporto per via del processo a Galielo Galilei, che viene portato ad esempio di un contrasto che non c'è mai stato". Qualcosa cambia - ci dice Agnoli - con l'avvento dell'illuminismo, che strumentalmente ricerca la separazione tra scienza e fede.
Il ruolo decisivo del pensiero ratzingeriano
Il professor Francesco Agnoli, che ha approfondito questi argomenti ne "Il misticismo dei matematici" e in altri libri, pensa con Benedetto XVI che fede e ragione coincidano. Per l'ex pontefice tedesco, la matematica e la musica costituiscono due linguaggi di Dio. Anche la pandemia, insomma, può essere affrontata da un cattolico, tenendo in forte considerazione questa sincronia tra due ambiti che tendono ad essere divisi dal relativismo e dalla secolarizzazione. "Ratzinger è un tedesco - premette Agnoli - , La storia della scienza tedesca passa pure per Keplero, che era un teologo. Keplero unisce lo studio teologico all'astronomia, che in principio è un interesse degli antichi sacerdoti. Si pensi ai sacerdoti babilonesi".
La forza del pensiero tedesco risiede quindi in questa capacità di sintesi, che può far storcere il naso agli scientisti, ma che è incardinata nella parabola storica di parecchie vicende scientifiche: "La Germania ha espresso grandi scienziati nel 900: Einstein, che era avverso all'ateismo in sé e per sé, e soprattutto Planck e Heisenberg, che il papa emerito conosce bene e che sono due giganti della meccanica quantistica", Planck e Heisenberg vedevano "nel cattolicesimo un ostacolo alla distruzione del mondo contemporaneo, in specie ai tempi del nazionalsocialismo". Il nazismo viene quindi contrastato dai grandi pensatori cattolici anche in quanto ideologia atea, materialista e in alcune circostanze panteista, comunque contraria al credo verso un Dio trascendente. L'indirizzo teologico ratzingeriano può essere letto, partendo da questi presupposto storico-filosofici: tra scienza e fede non vi è alcuna incompatibilità.
La Chiesa contemporanea dinanzi alla pandemia
La pandemia scoppiata nel 2020, almeno in parte, non è come le precedenti. Se non altro perché il mondo contemporaneo ha ritmi e logiche nuove, Anche la maniera con cui il Sars-Cov2 si è diffuso nel mondo è stata facilitata dal contesto economico globale. Rispetto alle grandi questioni poste dal cattolicesimo, però, secondo Agnoli le novità non sono poi così rimarchevoli: "Non è la prima pandemia, tuttavia ci racconta che l'uomo, attraverso la scienza, non è capace di dominare ogni cosa. I virus e i batteri sembrano un mondo semplicissimo per la biologia, ma rimangono complicatissimi per l'uomo. Gli esseri umani - i credenti - non possono che continuare a seguire le vie sempre indicate dalla Chiesa: scientia e caritas, cioè bisogna conoscere ed amare, come secondo le indicazioni di San Camillo de Lellis, patrono degli infermieri". La pandemia va dunque sconfitta mediante intelligenza e cure. E sugli interventi degli uomini di Chiesa? "Quando un pontefice (o gli uomini di Chiesa, ndr) interviene in argomenti scientifici deve fornire il quadro generale, come nel caso del rispetto del creato o della bontà della medicina, ma non scendere nei dettagli riguardo a ciò su cui la stessa comunità scientifica è divisa. Non è di sua competenza, mentre lo è dare una lettura teologica dei fatti. Oggi accade il contrario di ciò che dovrebbe, complice una spasmodica voglia d'intervenire sui temi d'attualità" conclude Agnoli. Scienza e fede non confliggono, dunque, ma la Chiesa dovrebbe continuare ad occuparsi di spiritualità.
Francesco Boezi
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