ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 4 maggio 2021

Chi è devastato?

Fedez fa la vittima, mentre una deputata rischia il carcere

La faccia tosta di Fedez che afferma «sono devastato» perché «ho visto che c’è chi mi ha attaccato su tutto», mentre i giornali di mezzo mondo lo osannano per il suo discorso livoroso contro chi crede che la famiglia sia quella naturale. Sì, ci vuole davvero una gran faccia tosta, tenuto conto che la parlamentare finlandese Päivi Räsänen rischia 6 anni di carcere per aver citato la Bibbia sulle unioni contro natura. Ma anche se la donna potrebbe perdere tutto, quello che conserva è la dignità, a differenza degli sponsor piagnucoloni del Ddl Zan.

Ci vuole un bel coraggio da parte del rapper Fedez, che con la moglie e “influencer” Chiara Ferragni è diventato un marchio (i “Ferragnez”) da incassi milionari, a fare la vittima sociale, affermando che “sono devastato” perché "ho visto che c’è chi mi ha attaccato su tutto, sul discorso che ho fatto”, mentre i giornali di mezzo mondo lo osannano per il suo monologo pieno di astio durante il concerto del Primo Maggio contro chi crede che la famiglia sia quella naturale.

Sì, ci vuole davvero una gran faccia tosta, per sponsorizzare in diretta Rai l'introduzione in Italia di un reato di opinione (il Ddl Zan) ergendosi a martire della censura, soprattutto quando c’è chi veramente avrebbe decine di motivi per dirsi “devastata” e invece lotta per ciò in cui crede contro l’opinione pubblica del suo paese ma senza vittimizzarsi. Si tratta della parlamentare ed ex ministro degli Interni finlandese Päivi Räsänen, che per aver citato un versetto della Bibbia in un post di Tweeter rischia sei anni di carcere proprio grazie alla legge sull'"omofobia". Ma come siamo arrivati fino a qui?

Forse anche grazie alla cultura del piagnisteo e del vittimismo arcobaleno, per cui Fedez si batte e per cui basta dirsi oppressi dal “bigottismo” di quei cattivoni dei cattolici e della destra per poter fare e dire quello che si vuole (non importa se ciò significa denigrare qualcun altro). Una cultura che ha davvero del patetico: con quale dignità, infatti, Fedez, fa l'offeso e il perseguitato che lotta contro la censura? Con che argomentazione può fingersi superstite del sistema, quando si può permettere di fare "diti medi" in tv (come a X Factor contro il Family Day) e di sciorinare una lista di proscrizione di politici e personaggi pubblici solo per il livore che nutre nei loro confronti (che c’entra il citato Formigoni con il Ddl Zan?) senza incorrere in alcuna sanzione, anzi acquisendo ancor più visibilità da cui trarre guadagno?

Il questo mondo di ruoli alla rovescia e di paradossi, si può dire che il cantante maschio avrebbe molto da imparare in quanto a virilità e forza dalla parlamentare femmina finlandese. Päivi Räsänen, medico, madre di cinque figli e nonna di sei nipoti, rischia ben due anni di carcere per ciascuno dei tre presunti “crimini” per cui è accusata. A procedere contro di lei per il reato di “discorso d’odio” grazie alla legge finlandese, simile al Ddl Zan, è stata la procura generale della Finlandia nel 2019.

Il primo reato d’odio da lei commesso consisterebbe nel tweet in cui Räsänen citava san Paolo (Romani 1, 24-27) criticando le posizioni della leadership della chiesa Evangelica Luterana in appoggio alla marcia arcobaleno del 2019. Membro di questa chiesa, la parlamentare aveva voluto ricordare ai suoi ministri la posizione del Vangelo di fronte a chi si oppone all’ordine naturale della creazione. Räsänen aveva poi espresso la sua convinzione sul matrimonio come solo fra uomo e donna in un opuscolo pubblicato ben 17 anni fa, in merito a cui la polizia aveva già precedentemente concluso che non vi era alcun contenuto criminoso. La terza accusa proviene dalle sue parole sulla fede, sul mondo e sulla famiglia naturale rilasciate in un lungo colloquio con una giornalista in un programma andato in onda nel 2018.

A differenza di Fedez, celebrato dai grandi media universali (anche se sua moglie ha avuto l’ardire di commentare che è fiera del marito che avrebbe “avuto il coraggio di andare contro tutto e contro tutti”), l’opinione della politica cristiana non gode del consenso della vulgata politicamente corretta. Perciò ad avere coraggio, ben sapendo di essere in una posizione di minoranza, è stata unicamente lei. Inoltre, mentre il rapper si è appunto lamentato del peso di qualche critica, lei non ha voluto nascondere la verità dicendosi disposta a pagarne le conseguenze. Così, nonostante il carcere che lei, e non Fedez, rischia per le sue idee, ha affermato: “Non tornerò indietro rispetto alle mie opinioni. Non mi lascerò intimidire fino a nascondere la mia fede”. Anche perché “più i cristiani tacciono su temi controversi, più si restringe lo spazio per la libertà di parola”.

È questo un esempio mondiale di eroismo e di battaglia per una minoranza oggi sempre più discriminata e messa ai margini della società, quella di chi crede che la realtà abbia una sua oggettività da rispettare. Una battaglia che non pretende il bavaglio per chi la pensi diversamente ma che vuole difendere il diritto democratico di potersi esprimere differentemente rispetto alla massa. Mentre, al contrario, chi parla sponsorizzando l’ideologia che piace ai potenti vorrebbe mettere a tacere chiunque dissenta. Non a caso, quanti seguono il politicamente corretto diventano icone che cambiano il mondo denigrando chi si discosta pubblicamente dal pensiero Lgbt dominante e rischiando la carriera, la fama e perfino il carcere (come prevede anche il Ddl Zan).

Nonostante tali conseguenze, ha continuato Räsänen, continuerà la sua battaglia, perché non “posso accettare che esprimere le mie convinzioni religiose possa significare la prigionia...non mi considero colpevole di aver minacciato, calunniato o insultato nessuno. Le mie dichiarazioni sono tutte basate sugli insegnamenti della Bibbia sul matrimonio e la sessualità". E siccome la gerarchia della chiesa protestante del suo paese è stata già messa a tacere, la donna ha affermato che difenderà “il diritto di confessare la mia fede cosicché nessun altro sia privato del diritto alla libertà religiosa e di parola".

È questo un discorso con cui si rischia grosso per una minoranza che magari non ti sostiene nemmeno pubblicamente, non quello riecheggiato dal palco del concerto del Primo Maggio che ha portato a chi lo ha pronunciato e al suo marchio fama e popolarità. Fra i pochi onesti a riconoscerlo era stato Platinette, fra i primi personaggi della tv italiani travestiti: “Il prossimo scontro, già in atto, è tra chi vuole una vita ordinaria e chi cerca visibilità e sale sul carro del pensiero dominante anche se non ci crede. Mi lasciano perplesso le battaglie di tutti questi vip a favore della legge Zan, secondo me non l’hanno neppure letta. Agiscono in branco, come chi assale un inerme”, perché “i veri discriminati oggi” sono quelli capaci “per tutta la vita di rapporti sessuali ordinari, in grado di tener vivo il desiderio senza mezzi alternativi”. Come Räsänen o Forstater e centinaia di altre persone che, nel silenzio mediatico, vengono licenziate o discriminate solo per un pensiero, ma che, a differenza di chi si vende al mondo, non perde comunque la dignità. Probabilmente facendo crescere la rabbia di quanti sono così fragili da non riuscire nemmeno ad accettare che esista qualcuno capace di mette in discussione il loro modo di pensare e di vivere.

Benedetta Frigerio

-L'IRLANDA VUOLE BANDIRE LE TERAPIE RIPARATIVE di Tommaso Scandroglio

https://lanuovabq.it/it/fedez-fa-la-vittima-mentre-una-deputata-rischia-il-carcere

FEDEZ, FERRAGNI E LA “MUTAZIONE ANTROPOLOGICA”


Contestualizziamo tutto, incluso il caso Fedez. In cointeressenza con la moglie Ferragni, Fedez regge una fiorente attività imprenditoriale nel campo editoriale-pubblicitario legato alle multinazionali statunitensi che hanno perimetrato il web all’interno dei grandi recinti dei social network. È un capitano d’industria diversissimo da chi poteva fregiarsi di questa definizione trent’anni fa in Italia, nel mondo ancora legato all’industria novecentesca.

Se non vi distraete pensando che i suoi tatuaggi e le sue costose smandrappature siano l’antitesi dello stile dei vecchi protagonisti del capitalismo, vi accorgerete che Federico Leonardo Lucia incarna il grande borghese di oggi, l’uomo di potere di questo neocapitalismo con le sue regole, le sue battaglie per definire con urgenza un nuovo senso comune, le nuove egemonie, lo stato spirituale di un’intera nazione.
È eccessivo tutto questo per un rapper? Voi vi fermate a una fase troppo precoce degli uomini di potere. Vedete Rocco Casalino eterno concorrente del Grande Fratello, ma intanto diventa uno degli ‘spin doctor’ più sulfurei in grado di tenere in pugno partiti e governi. Vedete Luigi di Maio a vendere per sempre le bibite gassate allo stadio, ma intanto vi ha riorganizzato con acrobazie democristiane un pezzo dei piani alti della politica italiana. Vedete Fedez nei secoli dei secoli come il mediocre rapper dei furbi luoghi comuni finto-trasgressivi, ma nel frattempo ha più follower della somma di tutti i principali organi di stampa nazionali e divora grossi contratti pubblicitari.
Quando qualcuno accumula un significativo potere economico e mediatico per ciò stesso deve poter essere soggetto a una critica del potere. Nessun suo atto pubblico potrà essere esente da scrutinio, con lo stesso spessore che si dovrebbe usare per analizzare le strategie di un’impresa. Fedez, il grande borghese dell’oggi, è in quest’orbita e non farà eccezione. Nessuno dei suoi atti è il solo atto di un artista. È una forte proiezione imprenditoriale e politica.

Fans di Fedez accorrono ai suoi concerti


La sua manovra di questi giorni è l’operazione mediatica di un uomo di potere con elevata influenza di “agenda setting“: cioè la potestà di dettare l’ordine del giorno nella gerarchia delle notizie. È un mondo nuovo che coincide con il trionfo dei nuovi media che hanno il cuore nella Silicon Valley e il portafogli a Wall Street. Fedez ha perciò avuto partita facile contro i mediocri funzionari del carrozzone RAI in una fase crepuscolare della storia della tv pubblica. Qualche anno fa Renzi fece nominare per la RAI un consiglio di amministrazione composto da portaborse e incompetenti sottogovernativi, proprio mentre stava per abbattersi sul sistema audiovisivo il ciclone Netflix, di cui non sapevano nulla. Le cose sono peggiorate nel tempo.
La Rai era sino a poco fa un universo attardato, dove la politica comandava la televisione, quella televisione si imponeva sul mondo dello spettacolo, e si lavorava solo se si obbediva a quella catena. I dirigenti Rai che erano fermi a quel mondo e ancora oggi non sanno cosa sia davvero Netflix. Lo spiega meglio di me Piero Armenti:
«Quando hanno chiamato Fedez dovevano tenere a mente che dall’altra parte della cornetta non c’era un artista desideroso di visibilità, ma una “media company” potente quanto la Rai stessa. Perché questo è il punto cruciale su cui bisogna focalizzare la riflessione. “Fedez è un mass media”. Non ha bisogno della TV, non ha bisogno della Rai, non ha bisogno di Mediaset o di Berlusconi. Non ha bisogno di nessuno perché il Mass Media è lui. Se lo vogliono, detta lui le condizioni, figlio com’è di una rivoluzione della comunicazione pari alla stampa di Gutenberg, che ha creato un vero e proprio ribaltamento di potere.

Fedez il nuovo idolo e influenser dei giovani


Fedez ha un suo pubblico coltivato bypassando l’Italia e le sue logiche di dominio e di controllo, soprattutto politiche. Usa Instagram e Youtube per veicolare il suo messaggio, se vuole fare qualcosa di televisivo può farlo su Amazon Prime o Netflix, tutte aziende americane che non subiscono alcun ricatto dalla politica italiana perché sono più grandi della politica stessa, e dettano a loro volta le condizioni.»

In un paese dove si censura tantissimo in tutto lo spettro dei media senza che nessuno alzi un dito, Fedez ha avuto agio a maramaldeggiare su una miseria moribonda come le “moral suasion” (neanche più censura, attenzione) dei funzionari RAI. La telefonata che Fedez ha pubblicato è piena di evidenti e numerosi tagli che lo fanno strategicamente giganteggiare al cospetto delle titubanze dei funzionari, che potrebbero essere state magari più argomentate rispetto ai mugugni irresoluti che il noto imprenditore ha salvato dal taglia e cuci. Edgar Hoover, l’immarcescibile direttore dell’FBI, diceva: “fate parlare qualcuno per mezzora e se vogliamo gli cuciamo una confessione di omicidio”. Fedez, più modestamente, è stato capace di trascinare tutti nel suo gioco e a impiegare le tecniche dell’indignazione a comando, su cui cadono perfino molti dei più smaliziati. Lo “spin” prendeva direzioni precise.
Il politico leghista citato da Fedez era stato espulso dalla Lega per le sue posizioni. Ed è sotto processo in base alle leggi vigenti. Tener conto di questo è necessario non per alleggerire la Lega, ma per una questione di verità. Quanto alla verità, sarei curioso di sentire la registrazione completa, non quella tagliata da Fedez.
I funzionari Rai non sono dei cuor di leone e se c’è chi può sollevare questioni che possono causare querele scelgono sempre di dissuaderlo. Immagino sia accaduto anche stavolta, più in termini di responsabilità penale e di opportunità politica, che di censura vera e propria (che di fatto non ha più la forza di un tempo).

Adunata dei fans di Fedez a migliaia a Orio (Bergamo)

Fedez ha ingrandito e polarizzato l’episodio, soprattutto per creare un senso comune blindato sull’argomento che più poteva insinuarsi nelle divisioni della politica, il controverso disegno di legge Zan, sul quale non tutto può ridursi a scontri destra-sinistra, perché esiste un dibattito molto più aperto anche nel mondo Lgbtq+, così come nel femminismo storico. Mondi che non vogliono ridurre tutto al ritmo di Tik Tok e che manifestano enormi preoccupazioni sulle potenziali minacce alla libertà di opinione insite nelle nuove fattispecie del disegno di legge. Questioni vere, non riducibili all’omofobia. Queste posizioni e queste questioni, anche quando sono lontane dalla nostra sensibilità, hanno cittadinanza in una democrazia.
Sempre Armenti ricorda: «il gesto di Fedez non è un atto di coraggio, ma è un richiamo alla realtà. L’artista ha rischiato zero perché il suo mondo non è quello antico: non ha bisogno della Tv italiana e men che meno quella pubblica. Non ci troviamo dinanzi ad un Davide che ha sfidato Golia, ma davanti ad un Golia che ha sfidato un altro Golia, ed ha vinto. Fedez non ha avuto coraggio nel senso tradizionale del termine, ma ha fatto un qualcosa di possibilissimo e consequenziale: ha ricordato che il potere è lui. Punto
Così, Fedez, il testimonial pubblicitario di Amazon, il profeta che dà smalto al neocapitalismo iper-consumista, prende facilmente a bersaglio la TV contro cui si scagliava anche Pier Paolo Pasolini, ma per ragioni opposte rispetto a quest’ultimo. Quando Pasolini raccontava l’avvento «del consumismo e del suo edonismo di massa: evento che ha costituito, soprattutto in Italia, una vera e propria rivoluzione antropologica», non avrebbe immaginato che un giorno potesse riassumersi nei Ferragnez. Commenta Matteo Brandi: «un conformismo totale, nascosto da una patina di glitter, perfetto per essere venduto ad una platea di giovani che vogliono sentirsi “fuori dagli schemi” ma senza esserlo davvero. Diversi sì, ma come tutti gli altri. Ed è qui che sta la bravura di Fedez e di quelli come lui. Nell’aver trovato in questo mondo artificiale una vena d’oro, da prendere freneticamente a picconate per estrarne ricchezza a non finire. Soldi, visibilità, sponsor. Il tutto riuscendo persino ad apparire, al suo folto pubblico, come un eroe.»
Dopo i politici-influencer dell’Era RAI e Mediaset, ecco arrivare l’influencer-politico che ridisegna lo spazio di ciò che si può dire. Le vecchie censure vengono abbattute, ed è un bene. Ma vengono dimenticate le nuove censure: il titanismo narcisista instagrammatico, distratto dalla vicenda Fedez, non sa dire nulla sulla miriade di censure che colpiscono – su Facebook, Youtube, Amazon, ecc. – tutte le forme di pensiero divergente che si manifesti sui grandi temi dominati dai media del neocapitalismo.
Milioni di docili follower vedranno come un dramma la censura su Fedez (che non si è attuata), ma non si accorgeranno della censura molto più silente ed efficace che non fa loro sapere nulla su Julian Assange o sullo sfruttamento dei lavoratori di Amazon e sui nuovi inferni della precarizzazione di massa.

Fonte: Pino Cabras

https://www.controinformazione.info/fedez-ferragni-e-la-mutazione-antropologica/


Il ben visibile logo della Nike sul cappellino esibito dal cantante Fedez dovrebbe già bastare a risvegliare i più dal sonno dogmatico: nella società dello spettacolo, come la descrisse Debord, lo spettacolo figura come rapporto sociale mediato da immagini. Lo staff di Fedez, composto indubbiamente da professionisti di primo livello, è verosimilmente riuscito a trasformare la situazione in una poderosa risorsa di business, mentre le fantozziane sinistre fucsia inneggiavano al nuovo eroe milionario. Intanto, oggi il “Corriere della Sera” – il tempio degli autoproclamati “professionisti dell’informazione”  – dedica le prime 5 pagine del giornale alla vicenda di Fedez: serve altro per capire la reale situazione in cui versa questo irredimibile Paese in cui ci troviamo a vivere?



https://www.diegofusaro.com/ancora-sulla-vicenda-fedez/


Il ddl Zan spiegato a Fedez


Non sappiamo se Fedez abbia mai letto il ddl Zan. Né se, avendolo letto, l’abbia capito, o se tutto il suo attivismo conformistico, organico alla sinistra delle superstar, sia in fondo un’operazione di marketing. Ma visto che la Rai, lungi dal censurarlo, gli ha anzi permesso di imbastire un comizietto senza contraddittorio, può essere utile spiegare a lui e, per interposti Ferragnez, ai lettori, cosa c’è di aberrante in una legge inutile e pericolosa. Che peraltro, a differenza di quello che crede il signor Federico Lucia, i parlamentari hanno tutto il diritto di sabotare in Senato, anche con l’ostruzionismo.

Lo Stato nelle mutande

Punto primo. Lo sa, il prode Fedez, che il ddl Zan pretende di imporre per legge una definizione “genere”, “orientamento sessuale” e, addirittura, “identità di genere”, concepita come “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso”? Non trova egli agghiacciante che il Parlamento si occupi di organi genitali e “manifestazioni” della sessualità? Perché c’è bisogno di usare la legislazione per cristallizzare un’antropologia, peraltro discutibile? Capiamo che lui e consorte siano abituati a lasciar entrare il pubblico persino nei loro gabinetti. Ma è giusto lasciar entrare lo Stato nelle nostre menti e nelle nostre mutande?

Il pericolo liberticida del ddl Zan

Punto secondo. È consapevole, Fedez, che la clausola salva idee non stempera affatto il potenziale liberticida del ddl Zan? L’articolo 4 esclude, sì, la punibilità della “libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte”. Ma chiarisce: “Purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.

Così, la legge rischia di dare adito a una serie interminabile di denunce temerarie, precipitando nell’incertezza giuridica chiunque difenda posizioni difformi dall’ortodossia arcobaleno. Attenzione: il ddl non parla di idee che conducono direttamente a discriminazioni e violenze, cioè istigazioni a commettere reati. Parla di idee “atte a determinare il pericolo” che si compiano quegli atti. Ma chi e come stabilisce che sussista quel pericolo e che quella precisa opinione lo abbia provocato?

Il bavaglio alla stampa

Ad esempio: scrivere su un giornale che gli omosessuali non dovrebbero poter adottare un bambino determina o no il pericolo che qualcuno compia atti discriminatori o violenti? Ne diciamo una ancora più grossa: un omosessuale cattolico, difendendo apertamente la “libera scelta” di astenersi dalle pratiche sessuali cui lo condurrebbe la propria natura, determinerebbe o no il pericolo che qualcuno compia discriminazioni o violenze?

Nella migliore delle ipotesi, il ddl Zan sarebbe inutile, perché finirebbe per non punire nessuna condotta che già non sia reato. Nella peggiore – quella che noi temiamo – si trasformerebbe in un osceno bavaglio. Su queste delicate questioni, che raffinate opinioni hanno maturato i coniugi Lucia-Ferragni?

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Indottrinamento nelle scuole

Punto terzo. Che ne dice, Fedez, della Giornata nazionale contro le varie “fobie”, che coinvolgerebbe anche le scuole? Gli studenti saranno sottoposti a “cerimonie, incontri” e altre iniziative, tutte rientrati nel quadro dell’offerta formativa curriculare. Cosa ci sia dietro questo articolo 7, lo aveva spiegato candidamente Michela Murgia e noi lo avevamo subito sottolineato: con la scusa di “insegnare ai bambini a non discriminare”, come ha detto ieri a Quarta Repubblica Emanuele Fiano, cercheranno di infilare l’educazione gender nel percorso scolastico. Con un’aggravante: mentre oggi i genitori hanno il potere di sottrarre i figli alle molteplici trovate di qualche insegnante zelante, domani questo potere non ce l’avranno più. La formazione dei loro ragazzi diventerà proprietà delle sigle del mondo Lgbt, puntellate dalla forza pubblica.

E allora, signor Fedez, permette che ci inquieti il fatto che i bambini siano sottoposti a un programma coatto di sessualizzazione? Ci può dar fastidio che la scuola pubblica, per cui tutti paghiamo le tasse, diventi veicolo di un’ideologia e di un’antropologia che, fino a prova contraria, abbiamo il diritto di non condividere? Queste cose possiamo fargliele notare, gentile Fedez, o siccome la pensiamo così, lei è convito che bruceremmo un figlio gay in un forno? Che Italia sogna, lei? Un’Italia in cui i ragazzini, oltre a finire spiattellati sui social fin dal primo vagito, siano anche soggetti a sistematico lavaggio del cervello da parte delle associazioni di parte? Con l’incoraggiamento di Amazon e del dio Stato?

Alessandro Rico, 4 maggio 2021https://www.nicolaporro.it/il-ddl-zan-spiegato-a-fedez/

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